L’opinione. Movimenti ecclesiali
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Il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha emanato un Decreto generale che ha forza di legge e che regola la durata e il numero dei mandati di governo (con un massimo di 10 anni consecutivi) nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e la necessaria rappresentatività dei membri al processo di elezione dell’organo di governo internazionale. Il provvedimento, approvato in forma specifica da Papa Francesco e promulgato oggi, entrerà in vigore fra tre mesi. Sarà vincolante per tutte le associazioni di fedeli e per gli altri enti riconosciuti o eretti dal Dicastero.
Scopo del Decreto è la promozione di “un sano ricambio” nelle cariche di governo, in modo che l’autorità sia esercitata come autentico servizio che si articola nella comunione ecclesiale.
Una Nota esplicativa pubblicata dal Dicastero insieme al Decreto, osserva che Papa Francesco, “in linea con i predecessori, suggerisce di comprendere le esigenze richieste dal cammino di maturità ecclesiale delle aggregazioni di fedeli nell’ottica della conversione missionaria” (cfr. Evangelii gaudium, 29-30), indicando come prioritari “il rispetto della libertà personale; il superamento dell’autoreferenzialità, degli unilateralismi e delle assolutizzazioni; la promozione di una più ampia sinodalità, come anche il bene prezioso della comunione”.
La Nota evidenza che “non di rado la mancanza di limiti ai mandati di governo favorisce, in chi è chiamato a governare, forme di appropriazione del carisma, personalismi, accentramento delle funzioni nonché espressioni di autoreferenzialità, che facilmente cagionano gravi violazioni della dignità e della libertà personali e, finanche, veri e propri abusi. Un cattivo esercizio del governo” – si osserva – “crea inevitabilmente conflitti e tensioni che feriscono la comunione, indebolendo lo slancio missionario”.
L’esperienza ha invece mostrato che “il ricambio generazionale degli organi di governo mediante la rotazione delle responsabilità direttive, apporta grandi benefici alla vitalità dell’associazione: è opportunità di crescita creativa e spinta per l’investimento formativo; rinvigorisce la fedeltà al carisma; dà respiro ed efficacia all’interpretazione dei segni dei tempi; incoraggia modalità nuove e attuali di azione missionaria”.
Nello stesso tempo, il Dicastero, “consapevole del ruolo chiave svolto dai fondatori”, si riserva di dispensarli dai limiti stabiliti ai mandati (Art. 5 del Decreto), tuttavia solo “se lo riterrà opportuno per lo sviluppo e la stabilità dell’associazione o dell’ente, e se tale dispensa corrispondesse alla chiara volontà dell’organo centrale di governo”.
In un articolo per L’Osservatore Romano, il padre gesuita Ulrich Rhode, decano della Facoltà di Diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana e consultore del Dicastero, precisa che, oltre alle 109 entità riconosciute o erette dal Dicastero, il Decreto si applica (ad eccezione dell’Art. 3 sulle procedure di elezione) anche ad altri enti soggetti alla vigilanza del Dicastero, tra cui il Cammino Neocatecumenale, l’Organismo Internazionale di Servizio del Sistema delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione, l’Organismo Mondiale dei Cursillos de Cristiandad e il Catholic Charismatic Renewal International Service (CHARIS). Padre Rhode, quindi, afferma: “Ci si può aspettare che molte associazioni dovranno convocare un’assemblea generale che decida le modifiche da apportare agli statuti da sottoporre al Dicastero per la necessaria approvazione. Una particolare urgenza sussiste per quelle associazioni in cui i limiti previsti dal Decreto sono già stati superati o lo saranno durante il periodo del mandato in corso”. Sottolinea, infine, l’opportunità che le associazioni diocesane e nazionali, pur non essendo tenute a osservare il Decreto, possano prenderlo in considerazione nel caso di una futura estensione delle norme o anche, semplicemente, per la loro ragionevolezza.
Fonte: Vatican News
Nella foto (da Vatican News) fedeli di associazioni e movimenti laicali in piazza san Pietro per la Veglia di Pentecoste col Papa (2013)
RESPINTE LE DIMISSIONI
Marx torna in sella: abusi coprono Chiesa allo sbando
Nel respingere le dimissioni del cardinale Marx, Papa Francesco tace sull’indicazione del cammino sinodale come via d’uscita dalla crisi; ma così si corre il rischio che il reale problema degli abusi sessuali finisca per gettare fumo negli occhi, per impedire di vedere che la Chiesa in Germania è allo sbando sotto tutti i punti di vista e che il cammino sinodale non è la soluzione, ma l’acceleratore di questi problemi.
Con una lettera di ieri scritta in spagnolo e prontamente tradotta in tedesco, Papa Francesco ha respinto le dimissioni che l’arcivescovo di Monaco e Frisinga, Cardinale Reinhard Marx aveva presentato lo scorso 21 maggio, chiedendogli di rimanere alla guida della propria diocesi.
«Fallimenti a livello personale», ma anche «a livello istituzionale e sistematico» erano il contenuto della lettera di dimissioni, che aveva l’aria di una vera e propria denuncia. Marx aveva inoltre calcato la mano sul fatto che «alcuni nella Chiesa non vogliono accettare questo aspetto della corresponsabilità e con esso il concorso di colpa dell’Istituzione», assumendo «un atteggiamento ostile nei riguardi di qualsiasi dialogo di riforma e di rinnovamento in relazione alla crisi degli abusi sessuali».
La via d’uscita dalla crisi è, secondo il Cardinale, «unicamente quella della “via sinodale”, una via che davvero permette il “discernimento degli spiriti”». Una via che ha preso, tra l’altro, la direzione di rivedere l’intero insegnamento morale della Chiesa sulla sessualità. Il primo atto del sinodo tedesco, quando Marx era ancora a capo della DBK, si era concluso con una “libera interpretazione” dell’insegnamento della Chiesa su celibato, omosessualità, sessualità. Marx aveva dichiarato che «da una parte ci atteniamo all’ordine della Chiesa, ma dall’altra lo interpretiamo liberamente e apertamente. E cerchiamo di fare qualcosa che, in questa forma, da noi non è mai esistito» (vedi qui).
Adesso che qualcuno si mette di traverso, Marx pesta i piedi e, come un bimbo un po’ viziato, dice: “Io non gioco più. Siete tutti cattivi”. Un evidente tentativo di forzare le mano nella direzione delle radicali “riforme” promosse dal Synodale Weg con un colpo di scena, un messaggio corroborato dalla “testimonianza personale” della disponibilità alle dimissioni come gesto di corresponsabilità, quella corresponsabilità che “altri” non vogliono accettare. Una parvenza di umiltà che rivela però la volontà di puntare subito il dito contro quelli che non vogliono le sue riforme. E contro la Chiesa intera come istituzione.
Il secondo atto della vicenda vede la lettera di Francesco respingere la generosa offerta dell’Arcivescovo di quella che fu la sede episcopale di Ratzinger. «Sono d'accordo con te nel descrivere la triste storia degli abusi sessuali e il modo in cui la Chiesa l'ha affrontata fino a poco tempo fa come una catastrofe. Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo in cui viviamo la nostra fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare», scrive il Papa. Il quale indica la via della riforma della Chiesa come una riforma di se stessi, «fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore». Mettere in gioco se stessi per non fare della riforma un’ideologia, nel «modo che tu stesso, caro fratello, hai assunto nel presentare la tua rinuncia», mentre al contrario quella che il papa nella lettera chiama la «politica dello struzzo», ossia «il silenzio, le omissioni, il dare troppo peso al prestigio delle istituzioni portano solo al fallimento personale e storico».
Ma non basta entrare in crisi; bisogna ridare concretamente a Dio il primato che gli spetta. Poco più di due anni fa, Benedetto XVI aveva descritto la diagnosi del grave problema della pedofilia che affligge il mondo e la Chiesa (vedi qui): «Come ha potuto la pedofilia raggiungere una dimensione del genere? In ultima analisi il motivo sta nell’assenza di Dio. Anche noi cristiani e sacerdoti preferiamo non parlare di Dio, perché è un discorso che non sembra avere utilità pratica». E ne aveva indicato la terapia: «Iniziare di nuovo da noi stessi a vivere di Dio [...] cambia tutto se Dio non lo si presuppone, ma lo si antepone. Se non lo si lascia in qualche modo sullo sfondo, ma lo si riconosce come centro del nostro pensare, parlare e agire». Questo centro, spiegava il Papa emerito, dev’essere ripristinato a partire dalla profonda adorazione della Presenza del Signore nell’Eucaristia, dall’osservanza piena di timore ed amore dei suoi comandamenti, dalla consapevolezza che non il compromesso, ma «il martirio è una categoria fondamentale dell’esistenza cristiana».
Nel respingere le dimissioni del cardinale Marx, Francesco tace sull’indicazione del cammino sinodale come via d’uscita dalla crisi; ma così si corre il rischio che il reale problema degli abusi sessuali finisca per gettare fumo negli occhi, per impedire di vedere che la Chiesa in Germania è allo sbando sotto tutti i punti di vista e che il cammino sinodale non è la soluzione, ma l’acceleratore di questi problemi.
Francesco sceglie anche di non prendere le distanze dall’idea di un fallimento della Chiesa come istituzione, sostenendo anzi il Cardinale nel definire una catastrofe non solo «la triste storia degli abusi sessuali», ma anche «il modo in cui la Chiesa l’ha affrontata fino a poco tempo fa».
Appena due giorni prima di questa lettera di Francesco, il nonagenario Cardinale Julian Herranz pubblicava nella prima pagine dell’Osservatore Romano una sua lettera, nella quale metteva i puntini sulle “i” alle dichiarazioni del ben più giovane confratello tedesco. Non è ammissibile che «gli errori, i peccati e a volte persino i crimini» dei membri della Chiesa, compresi quelli dei membri della gerarchia, siano evocati per «mettere in dubbio la credibilità della Chiesa ed il valore salvifico della sua missione e del suo magistero».
La sparata di Marx era un evidente gettar fango sulla Chiesa tout court, una Chiesa che nel suo complesso avrebbe sistematicamente fallito e dovrebbe attendere il messia del cammino sinodale. Ma così facendo, sottolinea il cardinale spagnolo, si rischia di «compromettere l’opinione pubblica e forse, nelle coscienze dei fedeli, persino la credibilità della Chiesa ed il messaggio evangelico»
«Non è questione di salvaguardare un’immagine “narcisistica” del potere e del prestigio mondano di una chiesa che difende se stessa dimenticando l’umiltà», prosegue Herranz, «ma di riaffermare la divinità della sua origine, la santità dei sacramenti che offre e la perenne attualità e credibilità del messaggio cristiano di salvezza».
In soldoni, le responsabilità degli abusi sessuali o di qualsiasi altro scandalo sono personali, di chi li ha commessi o di chi li ha coperti. Ed anche qualora coinvolgessero ampiamente il soggetto ecclesiastico «questo non può portare a negare o mettere in discussione la legittimità giuridica e la bontà morale delle finalità istituzionali della diocesi», ed ancor meno della Chiesa universale. Esattamente l’opposto del senso che il cardinale Marx ha voluto dare alle sue dimissioni, rifiutate dal Papa.
Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/marx-torna-in-sella-abusi-coprono-chiesa-allo-sbando
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