oppure che il demonio e l’inferno non esistono, oppure
che
Gesù non è risorto fisicamente, oppure che il peccato
originale
è solo un errore dei progenitori, oppure che la S. Messa non è
il
sacrificio della Croce, ma soltanto un banchetto; oppure che
bisogna riconsiderare la presenza reale e la conversione
eucaristica
perché sarebbero posizioni sbagliate; oppure che la Chiesa
e i preti
non erano nel pensiero di Gesù storico, ma sono entrambi
un’invenzione della comunità cristiana dopo la risurrezione
o più tardi; che all’inizio della Chiesa non esistevano
i preti
che furono inventati nel terzo secolo oppure che la Chiesa
è scomparsa nel 3° scolo ed è riapparsa solo col Concilio
Vaticano II; oppure che la differenza
tra sacerdozio ministeriale e comune sarebbe solo di grado e non
di essenza; oppure
che il magistero della Chiesa e l’insegnamento
del Papa sono un optional; oppure
che l’infallibilità del Papa o
del Magistero non sono da considerare come punti fissi;
oppure che
la Tradizione della Chiesa è un elemento ingombrante, perché ciò
che conta
è solo la moderna esegesi biblica; oppure che il Concilio
Vaticano II è stata una rottura rispetto
a tuta la Tradizione della
Chiesa; oppure che gli insegnamenti morali del Magistero della
Chiesa sono solo orientativi, e vanno rivisti, soprattutto in merito
ad omosessualità,
anticoncezionali,
rapporti prematrimoniali,
fecondazione artificiale, ecc.,
oppure che l’ascetica era adatta per gli uomini del MedioEvo,
ma oggi sarebbe insignificante;
e poi, addirittura – al colmo del ridicolo – si afferma pure
che chi si attiene all’insegnamento
ufficiale della Chiesa avrebbe una fede infantile. Ebbene in
questi ed atri casi, siete autorizzati
a contestare pubblicamente questi pseudo-teologi e anche ad
andarvene (costoro non solo
sono dei falsi teologi, ma sono anche dei falsi cristiani), ma
soprattutto dovete denunciare,
in qualche modo, questi abusi prima all’autorità competente e
poi, senza escludere nessuna
altra ipotesi, anche alla Santa sede. Il principio enunciato nel
Documento della Congregazione
per il culto divino “Redemptionis Sacramentum, al n. 183,
non vale solo per la liturgia, ma anche
per la catechesi.
L’Istruzione
sulla vocazione ecclesiale del teologo, emanata il 24 maggio
1990 dalla
Congregazione per la Dottrina della Fede con l’approvazione del
Sommo Pontefice
Giovanni Paolo II, vide la luce in un contesto che non è giusto
dimenticare: venne
infatti pubblicata negli anni di massima contestazione e dissenso
verso il Magistero.
Il contesto storico, senza nulla togliere o aggiungere
all'autorevolezza della dottrina
insegnata, lo riveste anche della luce della Provvidenza
divina.
1. Prologo in Germania e prime manifestazioni del dissensoAlla
fine del 1988 viene diffuso
dai mass media mondiali un testo di Bernhard Haring fortemente
critico verso il pontificato
di Giovanni Paolo II - in particolare per l'appoggio da lui
dato alla benemerita opera
di Mons. Carlo Caffarra in materia di etica sessuale -, seguito,
il 25-1-1989, dalla cosiddetta
Dichiarazione di Colonia, firmata da numerosi ed influenti
teologi tedeschi, olandesi, svizzeri e
austriaci.
La prima presa di posizione italiana a favore della citata
Dichiarazione, proviene - ovviamente -
delle cosiddette Comunità di base (CdB), d'origine
brasiliana e di impostazione marxista, che
manifestano solidarietà verso il notissimo teologo Hans Kung -
che verrà in seguito sospeso
dall'insegnamento - e sperano in “un cambiamento di una chiesa
autoritaria e centralistica [...]
consentendo così una reale autonomia delle chiese locali al cui
interno si affermino libertà e
vangelica, democrazia, coscienza critica, uguaglianza, carismi,
diritti umani” . La stampa italiana -
con la sola eccezione di Inos Biffi su Avvenire in genere
manifesta consenso alla Dichiarazione,
mentre dalle colonne del quotidiano comunista Paese Sera,
il teologo progressista Giovanni
Gennari parla del “momento più difficile” di tutto il
pontificato di Giovanni Paolo II, evidenziando
come l'azione “repressiva” del Papa non abbia fino a quel
momento ottenuto l'effetto desiderato
perché, nel mondo teologico, “la pentola, sotto, bolle, e i
coperchi hanno cominciato a saltare” e
porta
ad esempio il fatto che l'autorevolissima rivista
progressista Concilium dedichi un servizio
speciale al tema delle nomine dei vescovi, uno dei punti centrali
della Dichiarazione di Colonia.
Dal canto suo, Francesco Margiotta Broglio, dalle colonne
del Corriere della Sera, dà spazio
all'opinione del teologo Karl Rahner, membro della Commissione
Teologica Pontificia, secondo
il quale è oggi “molto difficile tracciare con esattezza i
confini dell'ortodossia”. Provoca
sensazione, infine,
la lettera dei giovani comunisti del Triveneto che esprime
condivisione di scopi e obiettivi
della manifestazione promossa dal
movimento Beati i costruttori di pace, con il movimento
Pax Christi,
il suo presidente Mons. Tonino Bello e con il religioso poeta P.
David Maria Turoldo.
Alla Dichiarazione di Colonia, i cui sottoscrittori continuano ad
aumentare, seguono
“dichiarazioni” di intellettuali e teologi francesi, di
sessantadue teologi spagnoli, mentre si
diffondono costantemente nuovi appelli per il “dialogo
nella chiesa” e segnali di dissenso da
parte di esponenti di numerosissimi ordini religiosi. Il 15
maggio 1989, finalmente e purtroppo,
anche teologi italiani diffondono il cosiddetto Documento dei
sessantatre.
2. Il Documento “dei sessantatre” teologi italianiSe la presa
di posizione delle Comunità di Base
non trova molto seguito a causa delle sue tesi estremistiche, più
adatte al mondo latino-americano
che a quello italiano, con il Documento dei sessantatre, invece,
emerge in tutta la sua drammaticità
la condizione delle istituzioni teologiche italiane. Si tratta,
infatti, del primo manifesto pubblico di
dissenso verso il Papa sottoscritto da docenti ed esponenti
della teologia e della cultura, la maggior
parte dei quali esercita la sua professione in seminari ed
istituzioni educative ecclesiastiche.
La “Lettera ai cristiani” - diffusa attraverso la rivista Il
Regno - Attualità e intitolata
“Oggi nella chiesa...” -, nasce dal “disagio per
determinati atteggiamenti dell'autorità centrale
della chiesa nell'ambito dell'insegnamento, in quello della
disciplina e in quello istituzionale”,
nonché dalla “impressione che la chiesa cattolica sia percorsa
da forti spinte regressive”.
I punti su cui i contestatori fanno leva per ignorare o
ridimensionare l'autorità del Pontefice
sono così sintetizzabili:
1. il Concilio Vaticano II costituirebbe una “svolta”,
radicale e irreversibile, nella “comprensione
della fede ecclesiale”; 2. il Deposito della Fede custodito
dalla Sede Apostolica non avrebbe valore
in sè, nè valore assoluto, ma piuttosto lo otterrebbe per la
sua “connotazione pastorale”, la sola
che renderebbe possibile “l'interpretazione fedele della verità
dentro l'esistenza storica della
comunità”; 3. la Santa Sede si farebbe “condizionare dalla
logica mondana”, da una “mentalità
di privilegio”, trascurando lo “stile di Cristo”; 4. la
natura gerarchica della Chiesa Visibile dovrebbe
lasciare il posto a una “concezione della chiesa come
comunione di chiese; 5. la funzione
magisteriale del primato petrino non escluderebbe la
“varietà dei modi di intendere e di vivere
la fede che lo Spirito suscita nelle diverse comunità”; 6. la
funzione del Magistero Pontificio
“nella chiesa delle origini” non era “riducibile alla
funzione di guida della comunità” e, pertanto,
occorre ripensare tale funzione; 7. non si dovrebbe parlare
di infallibilità del Magistero, anche di
quello ordinario universale, ma della sua funzione “pastorale”;
8. la liceità dei pronunciamenti
del Magistero in materia di etica sarebbe “certamente
necessario approfondire”; 9.
l compito dei teologi non si svolge
solo “divulgando l'insegnamento del magistero
e approfondendo le
ragioni che ne giustificano le prese di posizione” ma, piuttosto,
“quando raccolgono e propongono le domande nuove [...] o quando
percorrono [...] sentieri inesplorati”. Nonostante l'ambiguità di
alcune affermazioni, ritengo superfluo commentare queste tesi per la
loro evidente pericolosità.
3.
L'elenco dei firmatari L'elenco dei firmatari è il seguente:
Attilio Agnoletto (Università Statale di Milano), Giuseppe Alberigo
(Università di Bologna), Dario Antiseri (Università LUISS di
Roma),
Giuseppe Barbaccia (Università di Palermo), Giuseppe
Barbaglio (Roma),
Maria Cristina Bartolomei (Università di Milano),
Giuseppe Battelli (Istituto per le Scienze
Religiose Bologna), Fabio
Bassi (Bruxelles), Edoardo Benvenuto (Università di Genova),
Enzo
Bianchi (Comunità di Bose), Bruna Bocchini (Università di
Firenze), Giampiero Bof
(Istituto Superiore di Scienze Religiose
Urbino), Franco Bolgiani (Università di Torino),
Gianantonio
Borgonovo (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano),
Franco
Giulio Brambilla (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano),
Remo
Cacitti (Università di Milano), Pier Giorgio Camaiani (Università
di Firenze), Giacomo Canobbio (Seminario di Cremona), Giovanni Cerei
(Roma), Enrico Chiavacci (Studio teologico fiorentino), Settimio
Cipriani (Facoltà teologica dell'Italia meridionale, Napoli),
Tullio Citrino (Seminario arcivescovile di Venegono, Milano),
Pasquale Colella(Università di Salerno),
Franco Conigliano
(Università di Palermo), Eugenio Costa (Centro Teologico di
Torino),
Carlo d'Adda (Università di Bologna), Mario Degli
Innocenti
(Istituto per le Scienze Religiose Bologna), Luigi Della
Torre
(Direttore di "Servizio della parola", Roma),
Roberto dell'Oro
(Seminario arcivescovile di Venegono, Milano),
Severino Dianich
(Studio Teologico Fiorentino), Achille Erba
(Comunità San Dalmazzo, Torino),
Rinaldo Fabris (Seminario di
Udine), Giovanni Ferretti (Università di Macerata),
Roberto
Filippini (Studio teologico interdiocesano, Pisa), Alberto Gallas
(Università del Sacro Cuore, Milano), Paolo Giannoni (Studio
Teologico fiorentino),
Rosino Gibellini (Direttore Editoriale
Queriniana, Brescia),
Réginald Grégoire (Università di Pavia),
Giorgio Guala (Alessandria),
Maurilio Guasco (Università diTorino),
Giorgio Jossa (Università di Napoli),
Siro Lombardini (Università
di Torino), Italo Mancini (Università di Urbino),
Luciano Martini
(Università di Firenze), Alberto Melloni
(Istituto per le Scienze
Religiose, Bologna), Andrea Milano (Università della Basilicata),
Carlo Molari (Roma), Dalmazio Mongillo (Roma), Mauro Nicolosi
(Istituto di scienze religiose di Monreale, Palermo), Flavio Pajer
(Istituto di liturgia pastorale,
Padova), Giannino Piana (Seminario
di Novara),
Paolo Prodi – fratello del politico Romano Prodi
(Università di Bologna),
Armido Rizzi (Centro S. Apollinare,
Fiesole)Giuseppe Ruggieri
(Studio teologico S. Paolo, Catania),
Giuliano Sansonetti (Università di Ferrara), Luigi Sartori
(Seminario maggiore, Padova), Cosimo Scordato (Facoltà teologica
sicula, Palermo),
Mario Serenthà (Seminario arcivescovile di
Venegono, Milano), Massimo Toschi (Lucca),
Davide Maria Turoldo
(Priorato S. Egidio, Sotto il Monte), Maria Vingiani
(Segretariato
attività ecumeniche, Roma), Francesco Zanchini (Università
abbruzzese, Teramo),
Giuseppe Zarone (Università di Salerno).
4. L'istruzione “
Donum
veritatis” e la reazione dei dissidenti Circa un anno dopo la
presa
di posizione dei teologi italiani - ossia dopo un tempo
brevissimo per le consuetudini della
Sede Apostolica -, la
Congregazione per la Dottrina della Fede emette il chiaroveggente
documento citato all'inizio di questo articolo, cioè l'istruzione
Donum veritatis,sulla vocazione
ecclesiale del teologo. Anche questo
documento viene purtroppo accolto con viva ostilità da
teologi
contestatori vecchi e nuovi. Il quotidiano cattolico ufficiale di
Francia La Croix l'accusa
di porre “la libertà del teologo
dellospazio ristretto di una obbedienza molto
spirituale al
magistero”, mentre il segretario dell'Associazione teologica
spagnola,
Juan José Tamayo sostiene che l'Istruzione “lascia ai
teologi un unico compito,
quello di essere la claque del magistero”.
Seguono pure un "manifesto" di protesta
della Società
Teologica Cattolica d'America e la “Dichiarazione di Tubinga”,
del 12 luglio 1990, firmata da ventidue professori di teologia
tedeschi, olandesi e svizzeri,
in cui si chiede che il Papa rinunci
all'infallibilità in materia morale. In Italia, la ribellione
è
meno organizzata dell'anno precedente, ma comunque significativa. Se
da testate giornalistiche
come Il Manifesto, La Repubblica, Il
Corriere della Sera, vengono i consueti tentativi di inasprire
i
problemi ecclesiali, giunge invece inaspettato un editoriale del
diffusissimo periodico
Il Regno-Attualità intitolato Richiesta di
speranza, secondo il quale la figura di teologo
prospettata dalla
Santa Sede sarebbe in opposizione al Concilio Vaticano II. Sul
quotidiano
Il Secolo XIX, il noto progressista Padre Ernesto
Balducci si rammarica per la mancata
nascita di una chiesa popolare,
che tragga la sua autorità dal basso. Gravissima è
pure
l'ospitalità data dal più diffuso settimanale cattolico d'Italia a
Severino Dianich,
già firmatario della Lettera ai cristiani del
1989, il quale sostiene che “c'è oggi nella Chiesa
una tendenza
ad allargare gli spazi dell'autorità rispetto a quelli della
libertà della ricerca”.
Non mancano le Comunità di Base (CdB),
che per bocca di don Franco Barbero chiedono
all'allora cardinale
Ratzinger di occuparsi non già dei teologi ribelli ma piuttosto di
quelli
“eccessivamente obbedienti”.
A più di vent'anni dai fatti qui narrati, viene da chiedersi: il
movimento di dissenso è sparito
o soltanto entrato “in sonno”?
I teologi firmatari delle varie dichiarazioni hanno modificato
le
loro posizioni oppure hanno continuato ad insegnarle? Con quale
danno per gli studenti?
Siccome siamo sicuri che nessuno di loro è
stato rimosso dal suo incarico, ma che tutti lo hanno
conservato, ci
chiediamo: se lo hanno conservato, hanno ritrattato le teorie che
avevano
sottoscritto? Ricordiamo a tutti che i teologi, di per sé,
non sono magistero, non sono
da obbedire come il Papa, i vescovi,
ecc. Quindi un teologo che pretenda di porsi come
un “magistero
parallelo” non solo è abusivo, ma è anche ridicolo. Ogni cosa
che ci viene
proposta deve essere confrontata col Catechismo della
Chiesa Cattolica e i documenti
ufficiali della Chiesa. Ricordiamo le
illuminate parole dell’ex Card. Ratzinger, oggi Papa
Benedetto
XVI, a proposito della fede della Chiesa: “Ogni cattolico deve
avere il coraggio
di credere che la sua fede (in comunione con
quella della Chiesa) supera ogni “nuovo magistero”
(ogni
“magistero parallelo”), degli esperti, degli intellettuali”
(Rapporto sulla Fede, Edizioni Paoline, 1985, p. 76).
(fonte: Fede e Cultura)
Tratto da:
corsiadeiservi.it