“Preghiamo affinché Dio Accorci il Tempo della Nostra Prova”.
Carissimi Stilumcuriali, con piacere offriamo alla vostra attenzione e riflessione questo commento di un amico di lunga data del blog, sui tempi difficili che la Chiesa sta vivendo, e noi con essa. Buona lettura.
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Come è stato dato ampiamente risalto in questi giorni, è plausibile che Francesco abbia stabilito una revisione, in senso puramente restrittivo, del Motu Proprio “Summorum Pontificum”, del resto già ampiamente disatteso nella sua applicazione. Infatti, per quanto il testo preveda il passaggio della cosiddetta “forma straordinaria” da un regime indultivo ad uno permissivo (esattamente l’opposto di ciò che auspica il Pontefice regnante), è anche vero che il Motu Proprio in questione è spesso stato ignorato quando non apertamente osteggiato, con alcune diocesi (si veda, ad esempio, il caso eclatante di Palermo, con mons. Lorefice che ha apertamente disobbedito alle disposizioni papali dell’epoca) in cui di fatto è proibito celebrare la Santa Messa di sempre. Per costoro, non è difficile pensare che abbiano fatto propria l’esclamazione, parafrasante il Vangelo, “non abbiamo re all’infuori di Bugnini!”.
Ecco, ragionavo sul fatto che noi, in questo momento storico che dura, ormai, da quasi sessant’anni, siamo come gli ebrei che, dopo aver attraversato il Mar Rossa, vagarono per quarant’anni nel Sinai. In quella landa desolata, infatti, Dio volle mettere alla prova il popolo eletto e punirlo per la sua infedeltà, perché avevano adorato gli idoli e non Lui. Ebbene, noi, nuovo popolo eletto in Cristo, siamo come gli ebrei nel Sinai: a tal proposito, è significativo quanto rivelò Nostro Signore a San Pio da Pietralcina, allora giovane padre cappuccino, riguardo ai sacerdoti che trattano il Suo Corpo ed il Suo Sangue come macellai, ovvero con indifferenza, disprezzo, incredulità.
Ecco, io penso che l’adozione del rito rivoluzionario di Bugnini, frutto dello “spirito del Concilio”, e tutto quanto ne consegue (comprese le restrizioni e le persecuzioni alla Messa autenticamente cattolica tridentino-gregoriana poste in atto da solerti prelati, i quali non sono disposti ad ammettere i loro fallimenti e quindi tentano di punire quelle realtà ancora floride nonostante la loro ideologia), siano frutto di questa indifferenza, di questa mancanza di consapevolezza e di rispetto per il Santo sacrificio che si verifica sull’altare.
Come gli israeliti si fecero un vitello d’oro attorno a cui danzavano, mentre il santo Mosè riceveva le tavole della Legge da Dio, non osservando i comandamenti di Dio, e quindi per questo furono puniti con la scomparsa della generazione che fuggì dall’Egitto, che mai vide la terra promessa, e dovettero essere purificati con il pellegrinaggio nel deserto per essere resi degni di poter entrare a Canaan, così noi siamo puniti per aver considerato scontata la Santa Messa, il Santissimo Sacramento e la santa fede cattolica in generale, dovendo essere purificati perché ne siamo nuovamente, per quanto possibile, degni.
Noi vaghiamo in un deserto spirituale, non per questo meno mortale di quello del Sinai; anzi, molto più pericoloso! Perché il deserto spirituale uccide l’anima, oltre al corpo, mentre il deserto del Sinai può solo uccidere il corpo. Ecco, questo è dovuto anche al fatto che noi abbiamo avuto il compimento della Legge, Gesù Cristo Figlio di Dio, il quale ben supera in ogni aspetto l’antica Legge mosaica: pertanto, poiché noi abbiamo ricevuto un dono dal valore (veramente!) inestimabile, così la nostra pena deve essere più severa, perché possiamo veramente purgarci e ricongiungerci a Lui.
Penso che questa situazione finirà solo quando tutti i “macellai” di San Pio, come gli israeliti vegliardi nel deserto che in gioventù non ubbidirono a Dio, saranno morti, e non vi sarà più odio e disprezzo per la Santa Messa promulgata dal venerabile San Pio V (ma che in realtà semplicemente impose, alla Babele liturgica non dissimile da oggi che l’orbe cattolico latino era diventato, il rito che allora si celebrava a Roma, e che risaliva, almeno in alcune sue parti, ai tempi apostolici). Credo che, forse, solo a noi più giovani (forse nemmeno, ma solo ai nostri figli o nipoti) sarà data la grazia di assistere al Ripristino morale, liturgico, religioso della Chiesa (che non necessariamente coincide col suo trionfo in terra o col ritorno del Divino Sposo): sino ad allora saranno persecuzioni, e dovremo ingoiare l’amarezza e la vergogna di mendicare il pane e di salire e scendere le scale altrui.
Questo perché, come Cristo per la nostra salvezza ha dovuto essere issato sul legno della Croce per la nostra salvezza, così noi dovremo essere issati sulla croce della nostra persecuzione per unirci a Lui: croce, per la prima volta nella storia, non preparata da soldati romani o da altri nemici di Dio, ma da coloro che, a maggior ragione, dovrebbero tutelare, diffondere e proteggere il tesoro della liturgia autenticamente cattolica. Questi ultimi, semplicemente, hanno smesso di credere (se mai lo hanno fatto), preferendo il compromesso con gli uomini a Cristo, il compromesso alla Verità e riducendo la fede cattolica ad una filosofia o, peggio ancora, ad un miserabile sistema morale di stampo simil-socialista.
Da questi eventi però la Chiesa non uscirà annientata, ma rinnovata; crederanno di averla distrutta, dentro e fuori dalle sue mura, quando invece saranno solo riusciti a svelarne la santità e la sua origine divina. Come un incendio boschivo sembra un inferno, e tutto ciò che vi brucia all’interno sembra perduto, ma poi alle prime piogge i semi che covavano sotto le ceneri germogliano e dal vecchio bosco arso ne nasce uno nuovo, così avverrà anche per la Chiesa. Penseranno di aver distrutto definitivamente la “vecchia” Chiesa, e loro ed i loro discepoli se ne andranno orgogliosamente dalla retta Dottrina, abbracciando il mondo ed ogni sua dottrina, finendo dispersi nei pensieri del loro cuore ed annientati dalle loro stesse brame; ma dalle ceneri del martirio da loro stessi auspicato sorgeranno nuovi cattolici che ripristineranno ciò che loro si illudevano di aver distrutto, con l’aiuto di Dio e della Santa Vergine.
In questo contesto desolante, dobbiamo pregare Dio perché accorci il tempo della nostra prova; perché l’errare nel deserto, che dura già da quasi sessant’anni, abbia a finire presto, e perché disperda i superbi nei pensieri del loro cuore. Non ci facciamo scoraggiare, ma lottiamo, perché Dio possa concederci la vittoria e la grazia di uscire dal deserto spirituale (qual è l’Occidente sazio e disperato) in cui ci troviamo.
Lotta che penso vada svolta anzitutto contro noi stessi e poi contro coloro che vogliono mettere a tacere Dio, che vogliono relegare nelle riserve (in vista, un domani, della loro definitiva chiusura) coloro che ancora pregano come l’orbe cattolico, e latino in particolare, ha pregato per svariati secoli, con copiosi frutti a partire dalla fioritura di vocazioni e santità; vocazioni che, devono riconoscerlo, sotto il rito del ’69 stentano a nascere ed a crescere in maniera sistematica.
Eques Fidus
Marco Tosatti
https://www.marcotosatti.com/2021/06/12/preghiamo-affinche-dio-accorci-il-tempo-della-nostra-prova/
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