La congregazione dei Salesiani: "tu quoque"!
Ogni tanto si sente una notizia che esibisce la perdurante crisi dei religiosi: prima i Gesuiti, che da 37.000 furono ridotti alla metà; poi i Cappuccini, un tempo amatissimi dal popolo; poi i Domenicani, che chiudono perfino il convento del Beato Angelico; adesso i Salesiani di Don bosco, che sembravano immuni, hanno avuto tracolli impressionanti per cattiva amministrazione dei loro grandi patrimoni. E questo arriva quando hanno raggiunto invidiabili posti cardinalizi e perfino la Segreteria di Stato in Vaticano.
E questo pensare che quando i Salesiani erano poverissimi spandevano i loro missionari nei vari continenti, oltre che provvedere a tante miserie e a proteggere tanta gioventù.
A quel tempo perfino i massoni al governo veneravano i Salesiani.
Don Ennio Innocenti.
http://www.fraternitasaurigarum.it/wordpress/?p=792
VATICANO-ANO-ANO - MONS. FILIPPO DI GIACOMO: E’ DAL 2007 CHE SI PARLA APERTAMENTE DI “LOBBY GAY” NELLA SANTA SEDE - ORA C’È IL SOSPETTO CHE IL CASO CHARAMSA E LO SCANDALO DEI CARMELITANI SIANO MANOVRE DI QUELLA LOBBY, VOGLIOSA DI INFLUENZARE LA CHIESA E DI METTERE SOTTO SCACCO IL PAPA
Nella primavera successiva alla sua elezione, papa Bergoglio esternava il proposito di sgominare in curia quella «lobby gay» che, a suo dire, vi aveva trovato viva e vegeta - Nei mesi successivi alla sua elezione, sono stati una ventina gli addetti alla Congregazione per il clero che il Pontefice ha mandato via…
Filippo Di Giacomo per “il Venerdì - la Repubblica”
È forse l’estrema difesa degli anti bergogliani quella cortina fumogena innalzata da anonimi curiali sul dibattito tra i vescovi riuniti nel Sinodo per trovare risposte pastorali a problemi spinosi? Il 3 ottobre monsignor Krzysztof Charamsa, polacco di 43 anni, residente a Roma da 17 come ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede con il ruolo di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, si dichiara «sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità» e presenta urbi et orbi il proprio compagno-convivente.
Quasi in simultanea, un anziano e chiacchierone prete di provincia confessa a una giornalista televisiva (con la camera nascosta) di «comprendere» i pedofili ma non gli omosessuali.
Passano pochi giorni e presso la parrocchia romana di Santa Teresa al Corso d’Italia è la volta di un’altra brutta storia che ha odore di ricatto: un frate dedito a frequentazioni gay mercenarie, due frati trasferiti (si dice) perché responsabili di aver fatto scoppiare il caso («coperto» dai superiori per almeno vent’anni), i parrocchiani che scrivono al Papa e al Vicario di Roma e che domenica 11 ottobre, dopo la messa, si insultano e si spintonano sul sagrato. «La verità vi renderà liberi» è scritto nel Vangelo di Giovanni.
«La verità venderà libri» deve aver letto, nonostante gli studi teologici, monsignor Charamsa, dato che il suo coming out conteneva anche l’annuncio dell’imminente pubblicazione del minuzioso racconto della sua umana vicenda. E poi, per gradire, la sua partecipazione alla prima assemblea internazionale dei cattolici lgbt organizzata dal Global Network of Rainbow Catholics alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, per sostenere il dialogo con i gay cattolici e partecipare (bene accolti come graditi fratelli e sorelle) alla preghiera in Piazza San Pietro.
È da qui che nasce il sospetto, rimbalzato sui media, che le recenti e non eccelse cronache clericali siano attribuibili alle manovre di quella potente lobby gay capace di influenzare i destini della Chiesa, una «cupola» di preti omosessuali, rampa di lancio (e al bisogno, gogna) per carrieristi con la tonaca desiderosi di forzare la mano anche ai Padri Sinodali?
Nella primavera successiva alla sua elezione, papa Bergoglio con una certa fermezza esternava il proposito di sgominare in curia quella «lobby gay» che, a suo dire, vi aveva trovato viva e vegeta. Fino ad ora sembra non sia accaduto, anzi nel suo inner circle sono stati ammessi, facendo fortuna, personaggi della cui omosessualità praticata anche in Vaticano, come quasi tutti in Italia, hanno avuto notizia e immagini grazie ad alcuni servizi televisivi (quello trasmesso dalle Iene nel luglio 2010 dedicato a tre preti in servizio presso organismi vaticani e al Vicariato di Roma) e alle loro vivaci e ostentate presenze sui social.
In realtà, nei mesi successivi alla sua elezione, sono stati una ventina gli addetti alla Congregazione per il clero che il Pontefice ha «ringraziato» e rinviato in diocesi con l’unico conforto di un’immaginetta della Madonna e l’invito a pregare per lui.
Anche l’allora Prefetto del dicastero vaticano, il cardinale Mauro Piacenza, nel settembre del 2013, venne trasferito alla Penitenzeria Apostolica, un venerabile ufficio senza particolare importanza strutturale. La Congregazione per il clero, organismo deputato a vegliare sulla disciplina dei chierici sin da quando entrano in seminario, vanta un primato. Di «lobby gay» si inizia appunto a parlare nell’ottobre del 2007, quando quel primo (o uno dei primi) servizio televisivo che le Iene dedicato all’argomento ha come protagonista proprio un capo ufficio di questo dicastero vaticano, ripreso sul divanetto del suo ufficio mentre sussurra al giornalista-provocatore: «Quanto sei bono!».
Dopo quasi dieci anni, l’affaire resta ancora sospeso e il monsignore in questione si è sempre difeso sostenendo di aver architettato l’incontro per scoprire la fondatezza di quanto appreso nella sua attività di psicoterapeuta. Nel febbraio del 2014, ha così raccontato al giornalista Giacomo Amadori: «Mi procurava sofferenza ascoltare da diversi parroci di essere ricattati da giovanissimi e giovani adulti, i quali minacciavano di raccontare tutto ai parrocchiani se i sacerdoti non avessero ceduto alle loro richieste.
Gli estorsori erano spesso studenti universitari fuori sede che avevano avuto rapporti sessuali con i preti. Ragazzi che si presentavano in chiesa durante la messa della domenica per terrorizzare i partner in tonaca… Guidato e orientato da alcuni sacerdoti venni a sapere in quale modo avveniva il contatto: mi fecero conoscere i luoghi degli incontri virtuali, ossia le chat online.
Ho assistito in trent’anni quasi duecento pazienti… Posso dire di essermi preso cura di sacerdoti …colpiti da Hiv, dei quali nessuno si è mai curato, sacerdoti omosessuali ricattati per essere costretti alle peggiori forme di sesso, sacerdoti abbandonati a sé stessi dai rispettivi vescovi e allontanati dalle diocesi di appartenenza solo perché sospettati di omosessualità e mai più ricercati (una sera sono corso in piena notte ad aiutare un prete depresso che voleva farla finita perché nella sua piccola parrocchia avevano sospettato che fosse gay).
Era inaudito per me ascoltare in terapia confratelli che erano ricercati e richiesti per fornire il loro sperma per la consacrazione nel corso di celebrazioni e messe nere; inimmaginabile sentire in terapia di amplessi in confessionale o addirittura sulla mensa dell’altare del sacrificio; allucinante udire confidenze fattemi da preti invitati a riti al buio in saune romane dove si verificano le forme peggiori di sodomia».
Tutto falso? I giornalisti che hanno letto le intercettazioni sul caso di monsignor Nunzio Scarano, e tra queste anche i dialoghi tra lui e don Luigi Noli suo ventennale «fidanzato», sono più inclini a pensare che tutto ciò sia vero. Tutto vero? Per chiunque abbia avuto la sorte di seguire la propria formazione alla vita di fede in una delle migliaia di parrocchie italiane, non è difficile ricordare i tanti preti, probabilmente omosessuali, che al pari dei loro confratelli eterosessuali vivevano in perfetta continenza i propri obblighi sacerdotali, seminando nei cuori dei fedeli solo grati ricordi per il bene ricevuto.
Per questo, dice Aurelio Mancuso, fondatore e presidente di Equality Italia, serenamente gay e cattolico: «È ora di smettere di parlare di “lobby” come se l’essere gay comporti necessariamente l’obbligo di complottare e organizzare schifezze. Oltretutto, duemila anni di storia della Chiesa dimostrano proprio il contrario. È meglio parlare senza remore di lotte di potere dentro il Vaticano». Correva l’anno Duemila e Marco Politi, con il libro La confessione, iniziava ad alzare il velo su certe complesse esistenze clerico-gay.
Il protagonista ammetteva di aver parlato apertamente nel refettorio della Casa Sacerdotale dove risiedeva, in Via della Scrofa. All’epoca, quando il cardinale Sodano fece «ricercare» l’anonimo personaggio, nessuno dei sessanta ospiti, tutti impiegati in Vaticano, fece il suo nome. E quando nel 2010 scoppiò lo scandalo di Angelo Balducci e della «cricca», gli atti giudiziari rivelarono un giro di prostituzione maschile, gestito da un corista africano della Cappella Giulia, in cui erano implicati seminaristi e chierici: naturalmente nessuno di loro è stato identificato.
Poi nel 2013, il Pontefice nominò monsignor Battista Ricca prelato dello Ior, e l’Espresso pubblicò le carte che ne motivavano l’allontanamento dal servizio diplomatico vaticano, carte che parlavano di omosessualità; ma il Papa, di ritorno dal viaggio in Brasile, rispose che nel fascicolo che gli era stato consegnato, non c’era più nulla. Forse in Vaticano dimenticano che colui che ha detto «beato chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire» si rivolgeva anche a loro.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.