Nato da qualche mese, il marchio editoriale Monasterium è frutto del lavoro di un piccolo gruppo di monaci e laici che intendono offrire ai lettori testi e testimonianze delle fonti cristiane occidentali e orientali. Tra i titoli già pubblicati c’è “Un lembo di vita buona. Come riposare nel cuore di Dio”, una bellissima raccolta di testi certosini sul Sacro Cuore, tradotta e curata da Giuseppe Fausto Balbo. Il mese di giugno ci sembra quanto mai il momento opportuno per far conoscere ai nostri lettori quest’opera pubblicandone la prefazione. Chi fosse interessato può acquistare l’opera nella sezione libraria di Emporio Mondo piccolo: clicca qui.
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Per qual fine Dio ci ha creati?
Nel 1886 fu pubblicato Semaine du Sacré-Coeur, suivi d’un mois du Sacré-Coeur et de prières par d’anciens auteurs cartusiens. Toulouse, Apostolat de la Prière, e nel medesimo anno seguì una nuova edizione dal titolo modificato, Mois du Sacré-Coeur de Jésus avec une semaine et des prières en son honneur par d’anciens auteurs chartreux, Montreuil, Notre-Dame des Prés, stampata con i tipi della Certosa di Montreuil.
Benché il libro si ponesse come un testo devozionale tipico della fine del 1800, raccoglieva testi di autori certosini di gran classe vissuti tra il XIV e il XVIII secolo. Il curatore dell’opera, dom Cyprien-Marie Boutrais, certosino, predisponendo il libro seguì un criterio che rispondeva alla “sensibilità” propria del suo tempo e anche noi ne seguiremo la traccia con una veste redazionale che possa corrispondere al gusto attuale.
Dom Boutrais era consapevole degli sconvolgimenti che stavano attraversando la società del suo tempo e della conseguente necessità di rispondere con la fede e la preghiera agli eventi. Inserì la sua opera nel clima “riparativo” che la devozione al Sacro Cuore aveva assunto a seguito delle rivelazioni avute da santa Margheria Maria Alacoque nel 1600.
Se alla fine del XIX secolo il cristianesimo era, in Occidente, ancora una realtà abbastanza scontata, oggi i rivolgimenti e gli stravolgimenti dalla società si sono riversati nella Chiesa e, ora, toccano l’anima di ciascuno.
Se ci fermiamo alcuni minuti sulla domanda posta in epigrafe, un tempo studiata nel catechismo, possiamo sinceramente affermare di comprenderne il senso? La stessa predicazione della Chiesa che sembra eclissare Dio e si affanna a porre i bisogni dell’uomo al centro per non sentirsi al margine ha dimenticato i diritti di Dio per il Quale invece cerca sempre nuove forme di doveri (dalla giustizia, alla storia alla misericordia e così via…).
Come potremmo immaginare che questa domanda possa essere la bussola con la quale affrontiamo il viaggio della vita? Gli strumenti della fede che erano il bagaglio del nostro mondo interno non ci sono più insegnati e noi riusciamo ancora a decodificarla? Il nostro sguardo riesce a portarsi aldilà della nostra esclusiva realtà di soggetti ormai spinti a ripiegarci solo su noi stessi o sulla natura?
I monaci certosini, che nel corso dei secoli hanno espresso il loro animo con le parole che compongono questo libro, non erano degli ingenui incapaci di comprendere la vita, ma persone reali, con i problemi delle persone reali (e la storia dell’Ordine lo conferma ampiamente), però in loro fede e vita coincidevano.
Anche per noi la fede è il sangue della nostra vita? Se nessuno ci ha insegnato il catechismo (che non dimentichiamo è anche, soprattutto, uno strumento per i tempi di crisi della fede), le parole di questi monaci potrebbero aiutare a ritrovare la risposta …, come un tesoro!
Le riflessioni racchiuse in questi testi uscirono, per così dire, dal segreto che avvolgeva e proteggeva la certosa con la voce sommessa che caratterizza la solitudine certosina e si pongono come un indicatore sicuro nei tempi così agitati in cui viviamo.
Il cristiano che nonostante tutto e tutti cerca di rimanere fedele, ma forse talvolta può sentirsi stanco, se vorrà ripetere alcune di queste orazioni nate nella calma e nel silenzio di una profonda solitudine, potrà trovare riposo e, con un piccolo sforzo, una certa forma di depressurizzazione.
Avviciniamoci al tema di questo libro soffermandoci per un istante sulla riproduzione posta in copertina. Siamo di fronte ad un pezzo di archeologia religiosa estremamente rara e di grande interesse: il monogramma di Gesù attraversato da una lancia. È un motivo rappresentativo presente nel vecchio chiostro gotico della Grande Chartreuse che data, nel suo stato attuale, al 1474; ne esiste uno più rudimentale in una chiave di volta della prima chiesa del Monastero: volta costruita al più tardi nel 1375. Questo monogramma della lancia, così particolare, esiste forse solamente in quel luogo e prova chiaramente che la devozione al Costato di Gesù era fiorente nell’Ordine certosino da secoli; vengono in mente le parole di Lanspergio: per Illud vulnus, quasi per ostium, in Cor introeatis: attraverso quella ferita, come attraverso una porta, si entra nel Cuore perché ne è facile, in questo modo, l’accesso.
I testi che presentiamo avranno una cadenza “quasi” liturgica, anche per sottolineare la necessità di santificare il tempo o, se si vuole, per riscoprire la santità cristiana del tempo.
La raccolta si apre, quasi come un Invitatorium, con la lettera sulla devozione al Sacro Cuore scritto da Lanspergio verso il 1525 ad un novizio certosino. È un testo fondamentale per comprendere la sensibilità per il tema del Sacro Cuore presso un grande autore che molto influì dentro e fuori la certosa (è probabile che la sensibilizzazione dei Gesuiti su questo tema trovi il suo inizio proprio dalla frequentazione che alcuni primi padri della Compagnia avevano con i certosini).
A seguire 30 letture ognuna per ciascun giorno del mese; sono testi meditativi che potrebbero, idealmente, essere collocati in una preghiera notturna: ad Matutinas.
Con il medesimo criterio, come in un diurnale, tre tipologie di testi: dom Le Masson Settimana del Sacro Cuore (Modo per formarsi alla devozione del sacro Cuore), Piccola settimana del Sacro Cuore di Lanspergio e Pratica della devozione al Sacro Cuore di Gesù secondo l’uso certosino. A seconda della propria inclinazione e disponibilità, questi brani possono accompagnare i vari momenti della giornata o una sola giornata e alcuni momenti della settimana e dell’anno.
Da ultimo alcuni “detti” quasi Collationes, Riflessioni e Sintesi in forma di sentenze, ideali letture prima del sonno, sulla scia di quanto suggeriva san Benedetto nella sua Regola.
L’evoluzione della spiritualità del Sacro Cuore si potrebbe paragonare a un ricordo di infanzia, un ricordo della patria. Nei primi momenti del mondo, racconta la Genesi, dal fianco di Adamo assorto in sonno estatico, Dio formò Eva, la madre dei viventi: immagine, ci dicono tutti i Padri ed i Dottori, di ciò che doveva accadere sul Calvario. Gesù è immerso nel sonno della morte e la Santa Chiesa Cattolica esce del suo Cuore socchiuso: il Cuore di Gesù è il seno da cui ha ricevuto la vita, e la Chiesa, pur nelle lotte, nei tradimenti e negli sviamenti della fede, non riesce a dimenticare il luogo della sua nascita. Nei secoli ci sono sempre stati uomini e donne (si pensi a Santa Gertrude o alla ancor più celebre Santa Margherita Maria Alacoque) che hanno sperimentato un’irresistibile attrattiva per il Cuore di Gesù: si potrebbe dire come un ritorno del rimosso: l’invito ad essere come i poveri del Vangelo, il Povero del Vangelo che non ha più nulla per sé, ma riceve tutto da Dio, anche nell’angoscia più terribile, perché Dio è la sua speranza.
Questi monaci probabilmente sarebbero sobbalzati di fronte alla teoria del cristiano adulto o “laico”: per loro Dio è al centro della realtà, non nella periferia.
Le prime testimonianze che la Certosa ci rimanda sulla devozione al Sacro Cuore datano al XIV secolo. Con Ludolfo di Sassonia si scopre una sorgente che sarà feconda per i secoli a venire.
Con il XVII secolo possiamo cogliere una svolta nella devozione al Sacro Cuore di Gesù. Tra quanti sono ancora imbevuti di fede si percepisce, anche nella solitudine e nel silenzio della certosa, che il cuore degli uomini non volge più lo sguardo a Colui che hanno trafitto e questo vien percepito non solo come un nonsense, ma anche come minaccia ad una integrità che deve essere riparata. Se nel medioevo gli amici del Cuore di Gesù non contemplano in Lui che l’amore, non trovano in Lui che la sorgente della fiducia perfetta ed il rifugio assicurato dell’anima, ora subentra la tristezza che sempre colpisce l’uomo che si allontana da Dio e che spesso è arrabbiato senza riuscire a cogliere la radice del suo disagio.
Al principio del XVII secolo, i certosini tedeschi, francesi, spagnoli sembrano già intuire le grandi rivelazioni di Paray-le-Monial. Si constata che i certosini iniziano a parlare con preferenza delle tristezze del Cuore di Gesù e anche in nei loro scritti emerge a tratti l’idea di riparazione che è il segno speciale e nuovo della devozione. Ma è anche un segno d’inquietudine.
«Quella Bontà sempre nuova e sempre antica, per rifarsi alla parola così profonda di sant’Agostino, Bontà del Cuore di Gesù verso la quale gli spiriti devoti sono attratti da una spinta interiore nei vari periodi della storia della Chiesa, spinge da quel momento questi stessi uomini alla riparazione».
Esempio di questa nuova sensibilità lo troviamo nell’Esercizio di devozione al Sacro Cuore di Gesù Cristo, originariamente scritto per le Monache Certosine; rapidamente esaurito, venne ripubblicato nel 1696 nell’ambito del Direttorio per formarsi con ordine e tranquillità al santo esercizio dell’orazione, che aveva per autore il celeberrimo dom Innocent Le Masson, Priore Generale dei Certosini. Il suo Trattato sull’orazione gli meritò l’amicizia di Bossuet, la riconoscenza di tutte le anime sinceramente devote, la stima del Papa e, come sempre succede, l’odio lusinghiero dei settari dell’epoca. Il lavoro sul Sacro Cuore, come indica il suo primo titolo, era destinato unicamente alle Monache Certosine. In seguito Le Masson, giudicando che poteva essere messo utilmente a disposizione di tutti, pubblicò l’opera, non solo più al solo uso interno dell’Ordine.
L’Esercizio di Devozione al Sacro Cuore offre una “pratica” per tutti i giorni della settimana quasi seguendo una prassi liturgica per i vari momenti della giornata.
Per ogni giorno, ci sono tre Considerazioni o Meditazioni intercalate, ciascuna, da un’adorazione, da un atto di lode e di preghiera, e da un’Orazione. Le Meditazioni sono brevi, ma nutrite di dottrina, perché una fede senza dottrina, quicquid dicant, è come un corpo senza salute: prima o poi muore. Le Masson è troppo teologo e troppo versato nelle vie della spiritualità per potere scrivere diversamente. Dal lunedì mattina alla domenica sera segue Nostro-Signore nelle fasi principali della sua vita e, da lì, studia il suo Cuore. Ragione e fede vanno insieme, come devono, per un sano equilibrio: Dio ci sempre ha amati, come Dio, dall’eternità; come uomo, fin dal primo istante della sua vita immortale. Questo continuo amore di Gesù per noi, questo movente invariabile di tutte le sue azioni è l’oggetto dello studio e della riflessione che dom Le Masson ci offre.
Queste pagine sono utili anche sotto un profilo puramente culturale. La limpidità delle riflessioni, il percorso intellettuale che porta l’Autore a porre dei principi in ciascuna delle sue Considerazioni, sapendo che l’intelligenza, una volta illuminata da una dottrina solida, permette al cuore di conoscere facilmente il Sacro Cuore. Questo accade perché alla rettitudine di pensiero possono seguire lodi affettuose e preghiere piene di devozione autentica e non sentimentale. Non sarebbe ancora abbastanza: l’amore divino, questo atto del Cuore di Gesù, è un dono che si ottiene attraverso la preghiera: quella che conclude ogni momento del giorno.
Come si diceva l’Esercizio fu pubblicato per le Monache Certosine. Non è privo d’interesse scorrere brevemente la storia di questa pubblicazione. Verso il 1692 le Monache dell’ordine dei Certosini, scrissero al loro Superiore Generale che avevano tra le mani un piccolo libro pubblicato in onore del Cuore di Gesù, in cui si indicavano alcune pratiche recenti relative ad un Appuntamento quotidiano di preghiera al Sacro Cuore; preghiere speciali e una consacrazione; veniva indicata inoltre, per il venerdi dopo l’ottava del Corpus Domini, una comunione riparatrice per onorare il Sacro Cuore di Gesù e manifestargli la sua riconoscenza: questa comunione intendeva riparare gli oltraggi fatti alla Santa Eucarestia e si presentava come festa in onore del Sacro Cuore. Le Certosine chiesero se dom Le Masson intendesse consentire ciò che era richiesto in questo piccolo libro che gli inviavano.
La risposta di dom Le Masson non si limitò ad approvare, ma predispose egli stesso un lavoro speciale ricalcando quel piccolo libro e, poiché il libro invitava alla preghiera quotidiana al Cuore di Gesù, Le Masson ne precisò dei momenti specifici.
Anche in un manoscritto del XVIIII secolo troviamo una Pratica di devozione al Cuore di Gesù ad uso dei Novizi della certosa di Mont-Merle-in-Bresse in cui si coglie il pensiero ed il bisogno della riparazione e si vede, dunque, quanto gli insegnamenti di santa Margherita Maria fossero penetrati rapidamente nelle certose.
Eccoci quindi alle soglie di questi antichi testi: non rimane che entrare, con umiltà, attraverso questa ‘porta’ che ci introduce nel Cuore di Gesù riprendendo, un’ultima volta, la domanda posta in esergo a questa introduzione e ricongiungendola alla sua naturale risposta indicata nel catechismo. Oggi pieghiamo le Verità della Fede ai nostri bisogni, al nostro narcisismo usando senza vergogna le parole più nobili della Fede e, rovinosamente, ci allontaniamo da Dio, cioè da noi stessi e anche dagli altri. Releghiamo la Verità (e le sue esigenze) a un ideale che non crediamo più realizzabile, ma in questo modo non facciamo altro che accecarci e «chi si rende cieco prendendo a pretesto la carità verso il prossimo il più delle volte non fa altro che rompere lo specchio per non vedersi riflesso».
È la Verità della Fede che ci può salvare «senza splendore né bellezza, inchiodata alla croce: così va adorata la Verità».. In questa prospettiva le parole che i certosini, anche se lontani nel tempo, ci hanno lasciato in eredità potranno aiutarci a scoprire la nostra via di accesso a Dio: Per qual fine Dio ci ha creati?
Giuseppe Fausto Balbo
Giugno 25, 2019
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