Non sollevate gli scudi della difesa, perché è proprio Papa Francesco che ci autorizza A DUBITARE… su di lui! Forse è sfuggito a molti il discorso (sempre a braccio) che ha tenuto il 13 ottobre ai Seminaristi in visita dalla Lombardia, vedere qui testo ufficiale. 13 ottobre… speravamo e pensavamo a qualche parola su Fatima, era sperare davvero troppo dopo che il 13 ottobre 2016 si presentò in aula Paolo VI all’udienza con tanto di omaggio alla statua di Martin Lutero? 13 ottobre dunque, mentre la Cattolica Chiesa ricorda Fatima e invita a volger lo sguardo a COLEI CHE MAI HA DUBITATO, ecco che il Vicario di Cristo (??? ma sarà poi vero?) eleva IL DUBBIO a dogma infallibile. Del resto, parola di Papa Francesco: Io non ho fiducia nelle persone che non dubitano mai…. Dunque non ha fiducia nella Madre di Dio, o è convinto che anch’Ella, “donna come noi, donna laica…” dubitava del Figlio o della propria vocazione?
Certamente non c’è un invito esplicito a dubitare DELLA FEDE, ma dire:
- “La croce del dubbio è una croce, ma feconda. Io non ho fiducia nelle persone che non dubitano mai. Il dubbio ci mette in crisi; il dubbio fa domandare a noi stessi: “Ma questo va bene o non va bene?”. Il dubbio è una ricchezza. Sto parlando del dubbio normale, non di quelle persone dubbiose che diventano scrupolose. No, questo non va. Ma il dubbio normale della personalità è una ricchezza, perché mi mette in crisi e mi fa domandare: questo pensiero viene da Dio o non viene da Dio? Questa cosa è positiva o non è positiva? Tu hai detto “la croce del dubbio”, e io ti sto rispondendo riguardo al dubbio interiore, al dubbio che tu hai nel tuo orientamento spirituale.”
Va bene! Diciamo pure che la provocazione è stata offerta al Papa, dal seminarista, su di un vassoio d’argento, su di quei piatti prelibati che solo un demonio è capace di preparare…. ma è altrettanto chiaro che, nella risposta, il Vescovo di Roma ha perso l’occasione d’oro per rispondere come il Vangelo comanda di fare e il suo Predecessore, san Pietro, aveva insegnato di dire e di fare: “….adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.”(1Pt.3,15-16)
Dubbio per dubbio, chiediamoci: cosa è vera ricchezza LA FEDE O IL DUBBIO, come affermerebbe Bergoglio? NO! Il dubbio non è una ricchezza MA E’ UNA SCIAGURA quando non lo si risolvesse con la retta coscienza; il dubbio è TENTAZIONE che senza dubbio ha un valore iniziale quando – intrapresa la via del discepolato in Cristo – ci conduce A NON DUBITARE PIU’ senza aspettarsi, come l’apostolo Tommaso, di dover pretendere di mettere il dito nel costato trafitto, per credere… e non dubitare più.
Va bene! Ma Bergoglio non stava parlando della fede ma della “vita interiore”…. Scusate IL DUBBIO ma è proprio della FEDE di cui parla, del cammino del “nuovo sacerdote” in un mondo che, secondo Bergoglio, dubbi non ne ha più (e qui forse tiene anche ragione) ma che esso è una croce da: “Prendete il dubbio come un invito a cercare la verità, a cercare l’incontro con Gesù Cristo: questo è il vero dubbio. Va bene?“
No che non va bene!! Non è questo il “vero dubbio” (??). Un conto sarebbe stato, infatti, se avesse avuto davanti uno Scalfari di turno, uno di quei suoi amici agnostici, atei, attraverso i quali il dubbio è l’argomento che può giustificare un dialogo tra un credente e un non credente, ma non certo utile a dei Seminaristi i cui legittimi dubbi andrebbero subito DISSIPATI dal Vicario di Cristo il quale, per altro, invece di rispondere come avrebbe potuto usando l’esempio di Maria Vergine… introduce le risposte con questa affermazione: “Io le domande le ho, perché me le hanno inviate; ma voi ditele: io prendo nota delle cose che mi vengono perché voglio essere spontaneo nella risposta….”
Che poi, a volerci riflettere…. perché è stata fatta tanta cagnara dagli amici mediatici di Bergoglio come “vatican-insipient” sui famosi Dubia dei 4 cardinali, mentre ora il Papa stesso elogia il dubbio sollevandolo a super-dogma? Ma soprattutto, dove sta nei Vangeli un solo invito del Cristo a “dubitare” della propria vocazione e sulla via intrapresa nella Fede? Dunque il dubbio batte la fede 5-0? Scusateci il dubbio, ma sarà fondamentale ora abituarci al nuovo dogma per poterlo applicare.
- Maria Santissima è sempre Vergine: e chi lo stabilisce? Padre ho un forte dubbio, ma non è che aveva ragione Lutero? – Figliolo, la risposta è il dialogo con la persona che ti accompagna, il dialogo con il superiore, il dialogo con i compagni. Ma il dialogo aperto, il dialogo sincero, cose concrete.
- Gesù è stato Crocefisso ed è morto e poi è risorto: scusi padre, ho alcuni dubbi sulla risurrezione, però sono un seminarista, sento la vocazione dentro di me, ma… non so che fare i dubbi mi assillano, che devo fare? – Figliolo è il dialogo con la persona che ti accompagna, il dialogo con il superiore, il dialogo con i compagni. Ma il dialogo aperto, il dialogo sincero, cose concrete.
- Gesù afferma: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; venite a me ed io vi ristorerò; io SONO Via, VERITA’ e vita…: Ecco vede padre, non è che non credo ma come seminarista, come posso stare di fronte alla croce del dubbio? – Figliolo caro, “LA CROCE DEL DUBBIO” è il mio nuovo super-dogma, ACCOGLI QUESTA CROCE, continua sempre a dubitare perché, chi non dubita, non è un buon cristiano… Ma stai attento, non ti dico “IL DUBBIO DELLA CROCE” ma il contrario, i dubbi sono delle croci potenti, più potenti della FEDE, chi dice di avere fede e non ha dubbi, non è un buon cristiano!
- Atto di Fede, mio Dio io credo che Tu….: scusi padre, ho qualche dubbio di coscienza sull’Atto di Fede, ho qualche dubbio di coscienza sulle parole del CREDO….. – Figliolo, non ti preoccupare. Io non ho fiducia nelle persone che non dubitano mai. Il dubbio ci mette in crisi; il dubbio fa domandare a noi stessi: “Ma questo va bene o non va bene?”. Il dubbio è una ricchezza. Sto parlando del dubbio normale, non di quelle persone dubbiose che diventano scrupolose. No, questo non va. Ma il dubbio normale della personalità è una ricchezza, perché mi mette in crisi e mi fa domandare: questo pensiero viene da Dio o non viene da Dio? Questa cosa è positiva o non è positiva?
Gli esempi già tratti dalle risposte del Vescovo di Roma, potrete continuare a farli voi stessi. Veniamo ad una conclusione.
L’aspetto principale del DUBBIO, tratto dal dizionario e dalla filosofia, porta alla conclusione che il dubbio è qualcosa che, se vi si persiste, conduce all’incertezza fino a capovolgere qualcosa che era creduta vera…. conduce ad una incertezza tale che preclude alla fine la scelta giusta da fare… insomma è proprio il carattere filosofico e del dizionario a contraddire – piuttosto – questa elevazione di grado del dubbio da parte del Papa. PERCIO’, IL DUBBIO E’ INCOMPATIBILE CON LA FEDE, incompatibile con la Fede Cattolica, badate bene che è anche la teologia cattolica ad affermarlo.
La Fede E’ CERTEZZA e perciò, per la ragione stessa essa è incompatibile con il “dubbio”. Motivo per cui i 4 cardinali fecero la famosa Lettera…. E’ chiaro e del tutto naturale che colui che sta in un percorso di fede, ma che NON ha ancora trovato la fede, si chiede se “credere o non credere”? Ma se sei un seminarista si presume che tu la Fede l’abbia già raggiunta, magari poca, ma non può essere incerta, tornare a dubitare è UN PECCATO….
L’esempio di santa Madre Teresa di Calcutta che per 10 anni ebbe di NON provare più la Fede è calzante perché ella, nel raccontare la sua “Notte dell’anima”, precisa anche di NON AVER MAI DUBITATO nonostante non sentisse più in lei il trasporto della Fede che per anni l’aveva animata. Insomma, SI FIDAVA di quel Cristo che l’aveva chiamata alla vocazione, punto.
Ma poi abbiamo molti riferimenti biblici che CONDANNANO L’INCREDULITA’, IL DUBITARE… (II Re 17,14; Sap 2,22; 12,17; Mt 17,17; Mc 16,11.13; Lc 22,67; 24,25; Gv 3,12; 6,36.64s;10,25; At 28,24: II Ts 2,12; I Gv 5,10; Gd 5; I Pt 2,7s; Ap 21,8).
Ma se io dei dubbi, che debbo fare? SCACCIARLI!! Il dubbio è una TENTAZIONE per questo va combattuto come tutte le tentazioni. Se si persiste a coltivare il dubbio, si finisce per modificare la realtà delle cose per accomodarle alle nostre soddisfazioni personali. Questa è la tentazione a cui conduce il dubbio! Quindi o si ha FEDE o non si ha fede.
Se si è raggiunta la Fede si va avanti, si procede in avanti e non indietro, è Gesù a dirlo: Un altro disse: “Ti seguirò Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa.” Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto al Regno di Dio” (Lc 9,57-62); tre casi di chiamata, tre condizioni che Gesù pone, in entrambe è la FEDE che fa uscire dalle incertezze…. Gesù sta proprio dicendo: ATTENTI AI DUBBI, attenti alle vostre incertezze, attenti ai vostri pensieri che ingombrano il cammino per il quale, IO- e non voi, vi ho chiamati! Ad ogni crocevia, ad ogni dubbio, ad ogni PAURA… inutile volgere lo sguardo indietro, inutile alimentare i dubbi, bisogna scacciarli subito e AVERE FEDE nella chiamata di Gesù.
- Sostenere che la fede è sempre unita al dubbio, anche nella coscienza di chi si professa cristiano e sostenere che chi non mette costantemente in dubbio la propria fede smette di cercare la verità significa adottare categorie di pensiero relativistiche, incompatibili con la dottrina cattolica sulla virtù teologale della fede. (fonte)
Come concludere? Che ognuno, ora è anche LIBERO DI DUBITARE a ciò che dice questo Papa… ma attenzione, a riguardo della vera fede l’atto del credere non può mai includere alcun dubbio, e nessuno dei contenuti della fede. Chi infatti crede, crede tutto ciò che “la Chiesa ha insegnato a credere” (Atto di Fede, appunto) e perciò, se dubita allora vuol dire che è proprio la Fede a mancare, come risulta con chiarezza dal rimprovero che Cristo fa a Pietro che sta affondando per mancanza di fede: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14,31).
Questioni scolastiche – IV – Offendere il Papa è eresia?
Questio I – Se sia lecito criticare
Questio II – Se sia lecito offendere
Quaestio III – Se sia lecito criticare il Papa
premessa: ereṡìa (pop. tosc. reṡìa) s. f. [dal lat. haerĕsis (nel sign. eccles.), gr. αἵρεσις, propr. «scelta», der. di αἱρέω «scegliere»]. – 1. Dottrina che si oppone a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica e, per estens., alla teologia di qualsiasi chiesa o sistema religioso, considerati come ortodossi. (Treccani)
Questio IV: Se le offese al Papa siano eresia
Le offese al Papa sono eresie.
Chi infatti offende il papa, manca di rispetto a lui e a ciò che rappresenta, cioè Cristo stesso.
Chi infatti offende il papa, manca di rispetto a lui e a ciò che rappresenta, cioè Cristo stesso.
In contrario: Cristo offende Pietro chiamandolo Satana, e come può mancare di rispetto a se stesso? Caterina da Siena ammonisce i Papi con espressioni che rasentano l’offesa, Dante insulta in vario modo diversi Papi che colloca all’inferno, e non è considerato eretico.
Risposta: Nel documento sul Primato Petrino già ricordato, Ratzinger non esita a dire:
“Non sono mancati nella storia del Papato errori umani e mancanze anche gravi: Pietro stesso, infatti, riconosceva di essere peccatore. Pietro, uomo debole, fu eletto come roccia, proprio perché fosse palese che la vittoria è soltanto di Cristo e non risultato delle forze umane. Il Signore volle portare in vasi fragili il proprio tesoro attraverso i tempi: così la fragilità umana è diventata segno della verità delle promesse divine e della misericordia di Dio.”
Ora, dato che questa debolezza umana non solo è riconosciuta, ma è parte integrante della Chiesa, l’indicare queste debolezza in un modo offensivo può davvero essere considerata mancanza di rispetto a Cristo? Fatto salvo il rispetto per i ruolo, l’insulto – e qui valgono comunque le considerazioni delle Questio precedenti – ad una persona può configurarsi come insulto a chi rappresenta? Il dire che alcuni Papi furono pessimi individui è una verità storica, e se si può configurare come offesa quantunque ciò rimane verità. E nessuna verità può essere offensiva per Cristo.
Rifacciamoci poi alla definizione di eresia di cui sopra. Salvo casi particolari, l’insulto non si oppone ad una verità rivelata, ma si configura come offesa al Signore o ad una sua creatura. Questa è la definizione di peccato. Un insulto alla persona del Pontefice non cerca di accreditare una diversa dottrina – di nuovo, salvo casi particolari – anche se rimane qualcosa di male. Se l’eresia è peccato, non tutti i peccati sono eresia.
Quindi, generalmente parlando, le offese al Papa non sono tanto eresie quanto peccati.
Una ulteriore chiosa. Se al Papa non può essere imputata colpa oltre all’eresia, proprio detta accusa – se eseguita con retta intenzione, ancorché erroneamente – può non essere né un peccato né di per sé eretica. Anche se l’attaccare un ufficio qualificante, come quello papale, potrebbe essere visto come offesa, proprio per il ruolo del pontefice non può essere considerato a priori tale, ma gli si deve dare risposta in modo da chiarire ogni possibile dubbio al resto della Chiesa.
https://cronicasdepapafrancisco.com/2018/10/18/papa-francesco-firma-un-nuovo-dogma-il-dubbio/
Dio non permette che veniamo tentati oltre le nostre forze
dal Numero 37 del 30 settembre 2018
di Corrado Gnerre
Dio non permette che veniamo tentati oltre le nostre forze
dal Numero 37 del 30 settembre 2018
di Corrado Gnerre
Ponendo l’uomo a fondamento di tutto – come si fa ai nostri tempi – lo si rende al contempo vittima di tutto. Tutt’altra cosa invece il Cristianesimo, il quale conferisce all’uomo una libertà sovrana in ogni situazione e avvenimento.
I nostri tempi sono strani... anche se fino ad un certo punto, perché, con un po’ di sale in zucca, è possibile individuare una logica in questa “stranezza”. Dicevamo: sono tempi strani i nostri, tempi in cui da una parte si vogliono valorizzare le scelte individuali a tal punto da ritenere che ogni desiderio, perché desiderio, debba necessariamente trasformarsi in diritto; dall’altra si è sempre più convinti che l’uomo sia totalmente condizionato (anzi: determinato) da fattori esterni, i più disparati: genetici, neurologici, biologici, sociali, ecc... Insomma, da una parte l’uomo sarebbe un sovrano incontrastato e incontrastabile della propria esistenza e del proprio destino, dall’altra non più che un “automa” costretto ad assecondare impulsi costringenti e opprimenti.
Si tratta però – come dicevamo – di una contraddizione apparente.
Prima di tutto perché quando si vuole troppo valorizzare l’uomo, meglio: quando si vuole valorizzare l’uomo trovando il suo fondamento solo nell’uomo stesso (come ha preteso fare l’antropocentrismo radicale della modernità), tutto si valorizza fuorché l’uomo. Basterebbe a riguardo vedere cosa ne è stato della filosofia moderna e contemporanea: l’uomo vittima di tutto. L’economicismo, l’uomo vittima dell’economia; lo storicismo, l’uomo vittima della storia; lo strutturalismo, l’uomo vittima delle strutture; la psicanalisi, l’uomo vittima dell’inconscio; l’ermeneutica, l’uomo vittima delle interpretazioni; il materialismo, l’uomo vittima della materia... e la cantilena potrebbe continuare. Altro che uomo fondamento immanente di tutto!
Ma c’è anche un altro motivo che palesa la logica nascosta dell’apparente contraddizione di cui sopra. Per dare sostanza all’affermazione secondo cui l’uomo deve poter far tutto, cioè deve farsi guidare unicamente dal proprio desiderio, bisogna riconoscere che l’uomo non è ragione né soprattutto volontà, che la sua natura non è quella dell’antropologia tradizionale (figlia della metafisica classica), bensì quella “nuova” della rivoluzione in interiore homine della cultura sessantottina e post-sessantottina, cioè di quella postmoderna, in cui confluiscono, in una “macedonia” filosoficamente e antropologicamente criminale, la “rivoluzione sessuale” di Wilheim Reich, la Scuola di Francoforte, il freudismo e compagnia bella... pardon: brutta, molto brutta. Insomma, un uomo completamente istintivizzato e “bestializzato”.
E il Cristianesimo? Cosa dice la Teologia cattolica? Che l’uomo rimane sempre libero. Che per quanto siano forti gli impulsi esterni, le tentazioni e i cosiddetti “condizionamenti”, la sua libertà rimane “sovrana”... e soprattutto che questa libertà è aiutata dalla grazia. Ovviamente bisogna chiederla; ma di certo Dio non può mai permettere delle prove al di sopra delle possibilità umane senza dare la grazia sufficiente per poi chiedere la grazia necessaria per vivere cristianamente qualsiasi prova.
Su questo punto facciamo parlare san Pio da Pietrelcina. Altro che i tromboni di cui sopra. Solo alcune citazioni tratte dal suo Epistolario.
Scrive san Pio da Pietrelcina a Raffaelina Cerase: «Comprendo che i nostri nemici sono forti e forti assai, ma l’anima che combatte assieme a Gesù qual dubbio vi potrà esser di riportar vittoria? Oh! Non è forse il nostro Iddio il più forte di tutti? Chi potrà fargli resistenza? Chi avverserà i suoi decreti, i suoi voleri? Non ha egli forse promesso ad ogni anima che egli non permetterà ch’ella venga tentata sopra delle sue forze? Forse che egli non è fedele nel mantenere le sue promesse? Vi sarà anima che ciò il pensi? Se ve n’è una, è quella del pazzo: “il pazzo disse nel cuore suo non vi è Dio (il Dio veritiero)” [Sal 14,1]. E pazzo è l’uomo, o Raffaelina, che pecca per la incredulità, per la mancanza di fiducia. E voi più che mai ne avete avuta non una, ma infinite prove di questa divina promessa. Desse prove sono tante, quante ne sono le vittorie, che enumera l’anima vostra sopra dei suoi nemici. Senza la divina grazia avreste potuto superare tante crisi e tante guerre, cui è stato soggetto il vostro spirito?».
Ancora a Raffaelina Cerase: «Tenete sempre davanti alla mente, quale regola generale e sicura, che Iddio mentre ci prova con le sue croci e con le sofferenze, lascia sempre nel nostro spirito uno spiraglio di luce, per cui si conserva sempre una grande fiducia in lui e si vede la sua immensa bontà».
Scrive a Maria Gargani: «Gesù non ti ha abbandonato, né ti abbandonerà. Non è la giustizia ma l’Amore crocifisso che ti crocifigge e ti vuole associare alle sue pene amarissime, senza conforto e senz’altro sostegno che quello delle ansie desolate. Ecco la verità e la sola verità. Nelle ore della prova non ti affannare, figliuola mia, a cercare Dio; non credere che Egli sia andato lontano da te: Egli è dentro di te anche allora in un modo assai più intimo; Egli è con te, nei tuoi gemiti, nelle tue ricerche, simile ad una madre che spinge il figliuolino a cercarla, mentre essa è dietro ed è con le sue mani che lo costringe a raggiungerla invano».
Leggiamo adesso cosa il Santo di Pietrelcina dice di se stesso: «Ignoro quello che mi accadrà; so soltanto però una sola cosa con certezza, che il Signore non verrà mai meno nelle sue promesse: “Non temere, io ti farò soffrire, ma te ne darò anche la forza – mi va ripetendo Gesù –. Desidero che l’anima tua con quotidiano ed occulto martirio sia purificata e provata; non ti spaventare se io permetto al demonio di tormentarti, al mondo di disgustarti, alle persone a te più care di affliggerti, perché niente prevarrà contro coloro che gemono sotto la croce per amor mio e che io mi sono adoperato per proteggerli”».
Dio non abbandona mai nelle prove: «[...] Il Signore carica e discarica, poiché quando Egli impone una croce ad uno dei suoi eletti, lo fortifica talmente, che sopportando il peso con essa, egli ne è sollevato».
Si tratta però – come dicevamo – di una contraddizione apparente.
Prima di tutto perché quando si vuole troppo valorizzare l’uomo, meglio: quando si vuole valorizzare l’uomo trovando il suo fondamento solo nell’uomo stesso (come ha preteso fare l’antropocentrismo radicale della modernità), tutto si valorizza fuorché l’uomo. Basterebbe a riguardo vedere cosa ne è stato della filosofia moderna e contemporanea: l’uomo vittima di tutto. L’economicismo, l’uomo vittima dell’economia; lo storicismo, l’uomo vittima della storia; lo strutturalismo, l’uomo vittima delle strutture; la psicanalisi, l’uomo vittima dell’inconscio; l’ermeneutica, l’uomo vittima delle interpretazioni; il materialismo, l’uomo vittima della materia... e la cantilena potrebbe continuare. Altro che uomo fondamento immanente di tutto!
Ma c’è anche un altro motivo che palesa la logica nascosta dell’apparente contraddizione di cui sopra. Per dare sostanza all’affermazione secondo cui l’uomo deve poter far tutto, cioè deve farsi guidare unicamente dal proprio desiderio, bisogna riconoscere che l’uomo non è ragione né soprattutto volontà, che la sua natura non è quella dell’antropologia tradizionale (figlia della metafisica classica), bensì quella “nuova” della rivoluzione in interiore homine della cultura sessantottina e post-sessantottina, cioè di quella postmoderna, in cui confluiscono, in una “macedonia” filosoficamente e antropologicamente criminale, la “rivoluzione sessuale” di Wilheim Reich, la Scuola di Francoforte, il freudismo e compagnia bella... pardon: brutta, molto brutta. Insomma, un uomo completamente istintivizzato e “bestializzato”.
E il Cristianesimo? Cosa dice la Teologia cattolica? Che l’uomo rimane sempre libero. Che per quanto siano forti gli impulsi esterni, le tentazioni e i cosiddetti “condizionamenti”, la sua libertà rimane “sovrana”... e soprattutto che questa libertà è aiutata dalla grazia. Ovviamente bisogna chiederla; ma di certo Dio non può mai permettere delle prove al di sopra delle possibilità umane senza dare la grazia sufficiente per poi chiedere la grazia necessaria per vivere cristianamente qualsiasi prova.
Su questo punto facciamo parlare san Pio da Pietrelcina. Altro che i tromboni di cui sopra. Solo alcune citazioni tratte dal suo Epistolario.
Scrive san Pio da Pietrelcina a Raffaelina Cerase: «Comprendo che i nostri nemici sono forti e forti assai, ma l’anima che combatte assieme a Gesù qual dubbio vi potrà esser di riportar vittoria? Oh! Non è forse il nostro Iddio il più forte di tutti? Chi potrà fargli resistenza? Chi avverserà i suoi decreti, i suoi voleri? Non ha egli forse promesso ad ogni anima che egli non permetterà ch’ella venga tentata sopra delle sue forze? Forse che egli non è fedele nel mantenere le sue promesse? Vi sarà anima che ciò il pensi? Se ve n’è una, è quella del pazzo: “il pazzo disse nel cuore suo non vi è Dio (il Dio veritiero)” [Sal 14,1]. E pazzo è l’uomo, o Raffaelina, che pecca per la incredulità, per la mancanza di fiducia. E voi più che mai ne avete avuta non una, ma infinite prove di questa divina promessa. Desse prove sono tante, quante ne sono le vittorie, che enumera l’anima vostra sopra dei suoi nemici. Senza la divina grazia avreste potuto superare tante crisi e tante guerre, cui è stato soggetto il vostro spirito?».
Ancora a Raffaelina Cerase: «Tenete sempre davanti alla mente, quale regola generale e sicura, che Iddio mentre ci prova con le sue croci e con le sofferenze, lascia sempre nel nostro spirito uno spiraglio di luce, per cui si conserva sempre una grande fiducia in lui e si vede la sua immensa bontà».
Scrive a Maria Gargani: «Gesù non ti ha abbandonato, né ti abbandonerà. Non è la giustizia ma l’Amore crocifisso che ti crocifigge e ti vuole associare alle sue pene amarissime, senza conforto e senz’altro sostegno che quello delle ansie desolate. Ecco la verità e la sola verità. Nelle ore della prova non ti affannare, figliuola mia, a cercare Dio; non credere che Egli sia andato lontano da te: Egli è dentro di te anche allora in un modo assai più intimo; Egli è con te, nei tuoi gemiti, nelle tue ricerche, simile ad una madre che spinge il figliuolino a cercarla, mentre essa è dietro ed è con le sue mani che lo costringe a raggiungerla invano».
Leggiamo adesso cosa il Santo di Pietrelcina dice di se stesso: «Ignoro quello che mi accadrà; so soltanto però una sola cosa con certezza, che il Signore non verrà mai meno nelle sue promesse: “Non temere, io ti farò soffrire, ma te ne darò anche la forza – mi va ripetendo Gesù –. Desidero che l’anima tua con quotidiano ed occulto martirio sia purificata e provata; non ti spaventare se io permetto al demonio di tormentarti, al mondo di disgustarti, alle persone a te più care di affliggerti, perché niente prevarrà contro coloro che gemono sotto la croce per amor mio e che io mi sono adoperato per proteggerli”».
Dio non abbandona mai nelle prove: «[...] Il Signore carica e discarica, poiché quando Egli impone una croce ad uno dei suoi eletti, lo fortifica talmente, che sopportando il peso con essa, egli ne è sollevato».
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