Monsignor Viganò: “Ecco come rispondo al cardinale Ouellet. E’ il momento di uscire allo scoperto”
“Testimoniare la corruzione nella gerarchia della Chiesa cattolica è stata per me una decisione dolorosa, e lo è ancora. Ma sono un anziano, uno che sa che presto dovrà rendere conto al Giudice delle proprie azioni e omissioni, che teme Colui che può gettare corpo e anima nell’inferno”.
Scrive così monsignor Carlo Maria Viganò nella nuova testimonianza che mi ha fatto pervenire dal luogo segreto in cui si trova.
“Ho parlato – precisa l’ex nunzio negli Usa – nella piena consapevolezza che la mia testimonianza avrebbe provocato allarme e sgomento in molte persone eminenti: ecclesiastici, confratelli vescovi, colleghi con cui ho lavorato e pregato. Sapevo che molti si sarebbero sentiti feriti e traditi. Ho previsto che alcuni a loro volta mi avrebbero accusato e avrebbero messo in discussione le mie intenzioni. E, cosa più dolorosa di tutte, sapevo che molti fedeli innocenti sarebbero stati confusi e sconcertati dallo spettacolo di un vescovo che accusa confratelli e superiori di misfatti, peccati sessuali e di grave negligenza verso il loro dovere. Eppure credo che il mio continuo silenzio avrebbe messo in pericolo molte anime, e avrebbe certamente condannato la mia”.
Scrive così monsignor Carlo Maria Viganò nella nuova testimonianza che mi ha fatto pervenire dal luogo segreto in cui si trova.
“Ho parlato – precisa l’ex nunzio negli Usa – nella piena consapevolezza che la mia testimonianza avrebbe provocato allarme e sgomento in molte persone eminenti: ecclesiastici, confratelli vescovi, colleghi con cui ho lavorato e pregato. Sapevo che molti si sarebbero sentiti feriti e traditi. Ho previsto che alcuni a loro volta mi avrebbero accusato e avrebbero messo in discussione le mie intenzioni. E, cosa più dolorosa di tutte, sapevo che molti fedeli innocenti sarebbero stati confusi e sconcertati dallo spettacolo di un vescovo che accusa confratelli e superiori di misfatti, peccati sessuali e di grave negligenza verso il loro dovere. Eppure credo che il mio continuo silenzio avrebbe messo in pericolo molte anime, e avrebbe certamente condannato la mia”.
Nel nuovo documento monsignor Viganò fa il punto delle osservazioni da lui mosse, e che non hanno ancora ricevuto risposta. Scrive: “Ho invocato Dio come testimone della verità di queste mie affermazioni, e nessuna di esse è stata smentita”.
Viganò risponde inoltre, punto per punto, al cardinale Ouellet, autore di una dura reprimenda nei confronti dell’arcivescovo: “Il cardinale Ouellet ha scritto rimproverandomi per la mia temerarietà nell’aver rotto il silenzio e mosso accuse gravi contro i miei confratelli e superiori, ma in verità il suo rimprovero mi conferma nella mia decisione e, anzi, conferma le mie affermazioni, una ad una ed in toto”.
Proprio in questi giorni esce il mio piccolo libro Il caso Viganò (https://www.aldomariavalli.it/book/il-caso-vigano/) nel quale ripropongo gli articoli apparsi nel mio blog Duc in altum dal momento in cui il monsignore mi affidò il suo primo memoriale e io decisi di renderlo noto. Ovviamente nel libro non c’è quest’ultimo documento, che mi è appena pervenuto. Credo comunque che la lettura dei testi precedenti e di quello che reca la data di oggi, 19 ottobre 2018, memoria dei martiri dell’America settentrionale, consenta al lettore di farsi un’idea esaustiva su una situazione rispetto alla quale nessun battezzato e nessuna persona di buona volontà può voltare lo sguardo da un’altra parte.
Scrive monsignor Viganò al termine del suo documento: “Desidero ripetere il mio appello ai miei confratelli vescovi e sacerdoti che sanno che le mie affermazioni sono vere e che sono in condizione di poterlo testimoniare, o che hanno accesso ai documenti che possono risolvere questa situazione al di là di ogni dubbio. Anche voi siete di fronte ad una scelta. Potete scegliere di ritirarvi dalla battaglia, continuare nella cospirazione del silenzio e distogliere lo sguardo dall’avanzare della corruzione. Potete inventare scuse, compromessi e giustificazioni che rimandano il giorno della resa dei conti. Potete consolarvi con la doppiezza e l’illusione che sarà più facile dire la verità domani e poi ancora il giorno dopo. Oppure potete scegliere di parlare. Fidatevi di Colui che ci ha detto ‘la verità vi renderà liberi’. Non dico che sarà facile decidere tra il silenzio e il parlare. Vi esorto a considerare quale scelta sul letto di morte e davanti al giusto Giudice non avrete a pentirvi di aver preso”.
Aldo Maria Valli
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Nella Memoria dei Martiri dell’America Settentrionale
Testimoniare la corruzione nella gerarchia della Chiesa cattolica è stata per me una decisione dolorosa, e lo è ancora. Ma sono un anziano, uno che sa che presto dovrà rendere conto al Giudice delle proprie azioni e omissioni, che teme Colui che può gettare corpo e anima nell’inferno. Giudice, che pur nella sua infinita misericordia “renderà a ciascuno secondo i meriti il premio o la pena eterna” (Atto di fede). Anticipando la terribile domanda di quel Giudice: “Come hai potuto, tu che eri a conoscenza della verità, rimanere in silenzio in mezzo a tanta falsità e depravazione?” Quale risposta potrei dare?
Ho parlato nella piena consapevolezza che la mia testimonianza avrebbe provocato allarme e sgomento in molte persone eminenti: ecclesiastici, confratelli vescovi, colleghi con cui ho lavorato e pregato. Sapevo che molti si sarebbero sentiti feriti e traditi. Ho previsto che alcuni a loro volta mi avrebbero accusato e avrebbero messo in discussione le mie intenzioni. E, cosa più dolorosa di tutte, sapevo che molti fedeli innocenti sarebbero stati confusi e sconcertati dallo spettacolo di un vescovo che accusa confratelli e superiori di misfatti, peccati sessuali e di grave negligenza verso il loro dovere. Eppure credo che il mio continuo silenzio avrebbe messo in pericolo molte anime, e avrebbe certamente condannato la mia. Pur avendo riportato più volte ai miei superiori, e persino al papa, le aberranti azioni di McCarrick, avrei potuto denunciare prima pubblicamente le verità di cui ero a conoscenza. Se c’è qualche mia responsabilità in questo ritardo me ne pento. Esso è dovuto alla gravità della decisione che stavo per prendere ed al lungo travaglio della mia coscienza.
Sono stato accusato di aver creato con la mia testimonianza confusione e divisione nella Chiesa. Quest’affermazione può essere credibile solo per coloro che ritengono che tale confusione e divisione fossero irrilevanti prima dell’agosto 2018. Qualsiasi osservatore spassionato, però, avrebbe già potuto ben vedere la prolungata e significativa presenza di entrambe, cosa inevitabile quando il successore di Pietro rinuncia ad esercitare la sua missione principale, che è quella di confermare i fratelli nella fede e nella sana dottrina morale. Quando poi con messaggi contraddittori o dichiarazioni ambigue inasprisce la crisi, la confusione si aggrava.
Quindi ho parlato. Perché è la cospirazione del silenzio che ha causato e continua a causare enorme danno alla Chiesa, a tante anime innocenti, a giovani vocazioni sacerdotali, ai fedeli in generale. In merito a questa mia decisione, che ho preso in coscienza davanti a Dio, accetto volentieri ogni correzione fraterna, consiglio, raccomandazione ed invito a progredire nella mia vita di fede e di amore a Cristo, alla Chiesa e al papa.
Permettetemi di ricordarvi di nuovo i punti principali della mia testimonianza.
• Nel novembre 2000 il nunzio negli Stati Uniti l’arcivescovo Montalvo informò la Santa Sede del comportamento omosessuale del cardinale McCarrick con seminaristi e sacerdoti.
• Nel dicembre 2006 il nuovo nunzio, arcivescovo Pietro Sambi, informò la Santa Sede del comportamento omosessuale del cardinale McCarrick con un altro prete.
• Nel dicembre 2006, anch’io scrissi un Appunto al cardinale Segretario di Stato Bertone, che consegnai personalmente al Sostituto per gli Affari Generali, Arcivescovo Leonardo Sandri, chiedendo al papa di prendere misure disciplinari straordinarie contro McCarrick per prevenire futuri crimini e scandali. Questo Appunto non ebbe risposta.
• Nell’aprile 2008 una lettera aperta a Papa Benedetto da parte di Richard Sipe fu trasmessa dal Prefetto del Congregazione per la Dottrina della Fede, Cardinale Levada, al Segretario di Stato, Cardinale Bertone, che conteneva ulteriori accuse a McCarrick di andare a letto con seminaristi e sacerdoti. Mi fu consegnata un mese dopo, e nel maggio 2008 io stesso presentai un secondo Appunto all’allora Sostituto per gli Affari Generali, Arcivescovo Fernando Filoni, riferendo le accuse contro McCarrick e chiedendo sanzioni contro di lui. Anche questo secondo mio Appunto non ebbe risposta.
• Nel 2009 o nel 2010 seppi dal Cardinale Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, che papa Benedetto aveva ordinato a McCarrick di cessare il ministero pubblico e iniziare una vita di preghiera e penitenza. Il nunzio Sambi comunicò gli ordini del papa a McCarrick alzando la voce tanto che fu sentita nei corridoi della nunziatura.
• Nel novembre 2011 il Cardinale Ouellet, nuovo prefetto della Congregazione per i Vescovi, riconfermò a me, nuovo nunzio negli Stati Uniti, le restrizioni disposte dal papa a McCarrick, e io stesso le comunicai a McCarrick faccia a faccia.
• Il 21 giugno 2013, verso la fine di un incontro ufficiale dei nunzi in Vaticano, papa Francesco mi rivolse parole di rimprovero e difficile interpretazione sull’episcopato americano.
• Il 23 giugno 2013, incontrai papa Francesco di persona in udienza privata nel suo appartamento per avere chiarimenti, e il papa mi chiese: “Il cardinale McCarrick, com’è?”, parole che io posso solo interpretare come una falsa curiosità per scoprire se fossi alleato o meno di McCarrick. Gli dissi che McCarrick aveva sessualmente corrotto generazioni di preti e seminaristi, e che papa Benedetto gli aveva ordinato di dedicarsi unicamente ad una vita di preghiera e penitenza.
• McCarrick continuò invece a godere di una speciale considerazione da parte di papa Francesco, il quale anzi gli affidò nuove importanti responsabilità e missioni.
• McCarrick faceva parte di una rete di vescovi favorevoli all’omosessualità che godendo del favore di papa Francesco hanno promosso nomine episcopali per proteggersi dalla giustizia e rafforzare l’omosessualità nella gerarchia e nella Chiesa in generale.
• Lo stesso papa Francesco sembra o essere connivente con il diffondersi di questa corruzione o, consapevole di quello che fa, è gravemente responsabile perché non si oppone ad essa e non cerca di sradicarla.
Ho invocato Dio come testimone della verità di queste mie affermazioni, e nessuna di esse è stata smentita. Il cardinale Ouellet ha scritto rimproverandomi per la mia temerarietà nell’aver rotto il silenzio e mosso accuse gravi contro i miei confratelli e superiori, ma in verità il suo rimprovero mi conferma nella mia decisione e, anzi, conferma le mie affermazioni, una ad una ed in toto.
• Il Card. Ouellet ammette di avermi parlato della situazione di McCarrick prima che partissi per Washington per iniziare il mio incarico di nunzio.
• Il Card. Ouellet ammette di avermi comunicato per iscritto condizioni e restrizioni imposte a McCarrick da papa Benedetto.
• Il Card. Ouellet ammette che queste restrizioni vietavano a McCarrick di viaggiare e di apparire in pubblico.
• Il Card. Ouellet ammette che la Congregazione per i Vescovi, per iscritto, prima attraverso il nunzio Sambi e poi ancora attraverso di me, ordinò a McCarrick di condurre una vita di preghiera e penitenza.
Il Card. Ouellet che cosa contesta?
• Il Card. Ouellet contesta la possibilità che papa Francesco abbia potuto ricordarsi importanti informazioni su McCarrick in un giorno in cui aveva incontrato decine di nunzi e avendo dato a ciascuno solo pochi attimi di conversazione. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che, in un secondo incontro privato, ho informato il papa, rispondendo ad una sua domanda su Theodore McCarrick, allora cardinale arcivescovo emerito di Washington, figura preminente nella Chiesa degli Stati Uniti, dicendo al papa che McCarrick aveva sessualmente corrotto i suoi stessi seminaristi e sacerdoti.
• Il Card. Ouellet contesta l’esistenza nei suoi archivi di lettere firmate da papa Benedetto XVI o da papa Francesco riguardo alle sanzioni su McCarrick. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che aveva nei suoi archivi documenti chiave – indipendentemente dalla provenienza – che incriminano McCarrick e relativi ai provvedimenti presi nei suoi confronti, ed altre prove del cover-up riguardo alla sua situazione. E lo confermo ancora.
• Il Card. Ouellet contesta l’esistenza negli archivi del suo predecessore, il cardinale Re, di “appunti di udienze” che imponevano a McCarrick le restrizioni citate. Ma non è quello che io ho testimoniato. Io ho testimoniato che ci sono altri documenti: per esempio, una nota del Card. Re non ex-Audientia SS.mi, oppure a firma del Segretario di Stato o del Sostituto.
• Il Card. Ouellet contesta che è falso presentare le misure prese nei confronti di McCarrick come “sanzioni” decretate da papa Benedetto e annullate da papa Francesco. Vero. Non erano tecnicamente “sanzioni”, erano provvedimenti, “condizioni e restrizioni”. Disquisire se erano sanzioni o provvedimenti o che altro è puro legalismo. Sotto il profilo pastorale è esattamente la stessa cosa.
In breve, il cardinale Ouellet ammette le importanti affermazioni che ho fatto e faccio, e contesta le affermazioni che non faccio e non ho mai fatto.
C’è un punto su cui devo assolutamente smentire quanto il Cardinal Ouellet scrive. Il cardinale afferma che la Santa Sede era a conoscenza solo di semplici “voci”, non sufficienti per poter prendere misure disciplinari contro McCarrick. Io affermo invece che la Santa Sede era a conoscenza di una molteplicità di fatti concreti ed in possesso di comprovanti documenti, e che nonostante ciò le persone responsabili hanno preferito non intervenire o è stato loro impedito di farlo. I risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali di McCarrick dell’arcidiocesi di Newark e della diocesi di Metuchen, le lettere di P. Ramsey, dei nunzi Montalvo nel 2000 e Sambi nel 2006, del Dott. Sipe nel 2008, i miei due Appunti al riguardo ai superiori della Segreteria di Stato che descrivevano nei dettagli le accuse concrete contro McCarrick, sono solo voci? Sono corrispondenza ufficiale, non pettegolezzi da sacrestia. I delitti denunciati erano gravissimi, vi erano anche quelli dell’assoluzione di complici in atti turpi, con successiva celebrazione sacrilega della Messa. Questi documenti specificano l’identità dei perpetratori, quella dei loro protettori e la sequenza cronologica dei fatti. Sono custoditi negli archivi appropriati; non è necessaria alcuna indagine straordinaria per recuperarli.
Nelle accuse fatte pubblicamente contro di me ho notato due omissioni, due silenzi drammatici. Il primo silenzio è sulle vittime. Il secondo è sulla causa principale di tante vittime, cioè sul ruolo dell’omosessualità nella corruzione del sacerdozio e della gerarchia. Per quanto riguarda il primo silenzio, è sconvolgente che, in mezzo a tanti scandali e indignazione, si abbia così poca considerazione per coloro che sono state vittime di predatori sessuali da parte di chi era stato ordinato ministro del Vangelo. Non si tratta di regolare i conti o di questioni di carriere ecclesiastiche. Non è una questione di politica. Non è una questione di come gli storici della chiesa possano valutare questo o quel papato. Si tratta di anime! Molte anime sono state messe e sono ancora in pericolo per la loro salvezza eterna.
Per quanto riguarda il secondo silenzio, questa gravissima crisi non può essere correttamente affrontata e risolta fintanto che non chiamiamo le cose con il loro vero nome. Questa è una crisi dovuta alla piaga dell’omosessualità, in coloro che la praticano, nelle sue mozioni, nella sua resistenza ad essere corretta. Non è un’esagerazione dire che l’omosessualità è diventata una piaga nel clero e che può essere debellata solo con armi spirituali. È un’ipocrisia enorme deprecare l’abuso, dire di piangere per le vittime, e però rifiutare di denunciare la causa principale di tanti abusi sessuali: l’omosessualità. È un’ipocrisia rifiutarsi di ammettere che questa piaga è dovuta ad una grave crisi nella vita spirituale del clero e non ricorrere ai mezzi per porvi rimedio.
Esistono senza dubbio nel clero violazioni sessuali anche con le donne e, anche queste creano grave danno alle anime di coloro che le praticano, alla Chiesa e alle anime di coloro che corrompono. Ma queste infedeltà al celibato sacerdotale sono solitamente limitate agli individui immediatamente coinvolti; non tendono di per sé a promuovere, a diffondere simili comportamenti, a coprire simili misfatti; mentre schiaccianti sono le prove di come la piaga dell’omosessualità sia endemica, si diffonda per contagio, con radici profonde difficili da sradicare.
È accertato che i predatori omosessuali sfruttano il loro privilegio clericale a loro vantaggio. Ma rivendicare la crisi stessa come clericalismo è puro sofisma. È fingere che un mezzo, uno strumento, sia in realtà la causa principale.
La denuncia della corruzione omosessuale, e della viltà morale che le permette di crescere, non incontra consensi e solidarietà ai nostri giorni, purtroppo nemmeno nelle più alte sfere della Chiesa. Non mi sorprende che nel richiamare l’attenzione su queste piaghe, io sia accusato di slealtà verso il Santo Padre e di fomentare una ribellione aperta e scandalosa Ma la ribellione implicherebbe spingere gli altri a rovesciare il papato. Io non sto esortando a nulla del genere. Prego ogni giorno per papa Francesco più di quanto abbia mai fatto per gli altri papi. Chiedo, anzi scongiuro ardentemente, che il Santo Padre faccia fronte agli impegni che ha assunto. Accettando di essere il successore di Pietro, ha preso su di sé la missione di confermare i suoi fratelli e la responsabilità di guidare tutte le anime nella sequela di Cristo, nel combattimento spirituale, per la via della croce. Ammetta i suoi errori, si penta, dimostri di voler seguire il mandato dato a Pietro e, una volta ravvedutosi, confermi i suoi fratelli (Luca 22,32).
Concludendo, desidero ripetere il mio appello ai miei confratelli vescovi e sacerdoti che sanno che le mie affermazioni sono vere e che sono in condizione di poterlo testimoniare, o che hanno accesso ai documenti che possono risolvere questa situazione al di là di ogni dubbio. Anche voi siete di fronte ad una scelta. Potete scegliere di ritirarvi dalla battaglia, continuare nella cospirazione del silenzio e distogliere lo sguardo dall’avanzare della corruzione. Potete inventare scuse, compromessi e giustificazioni che rimandano il giorno della resa dei conti. Potete consolarvi con la doppiezza e l’illusione che sarà più facile dire la verità domani e poi ancora il giorno dopo.
Oppure potete scegliere di parlare. Fidatevi di Colui che ci ha detto “la verità vi renderà liberi”. Non dico che sarà facile decidere tra il silenzio e il parlare. Vi esorto a considerare quale scelta sul letto di morte e davanti al giusto Giudice non avrete a pentirvi di aver preso.
+ Carlo Maria Viganò Arcivescovo tit. di Ulpiana Nunzio Apostolico 19 ottobre 2018
Memoria dei Martiri dell’America Settentrionale
Inchiesta sugli abusi. Ora negli Usa scende in campo il governo federale
Il Dipartimento di giustizia americano ha avviato indagini sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica avvenuti nello Stato della Pennsylvania. Lo riportano i media degli Stati Uniti, secondo i quali tutte le diocesi dello Stato hanno confermato di aver ricevuto mandati per la presentazione di documenti conservati negli archivi.
È la prima volta che il governo federale degli Stati Uniti interviene in casi di abusi sessuali commessi da esponenti della Chiesa. Finora infatti i casi erano sempre stati gestiti dai singoli Stati e dalle autorità locali.
“La diocesi di Pittsburgh ha ricevuto il mandato dal Dipartimento di giustizia e coopererà con le indagini sugli abusi”, conferma padre Nicholas S. Vaskov, portavoce della diocesi.
I mandati fanno seguito alla pubblicazione del rapporto sugli abusi sessuali redatto dal gran giurì della Pennsylvania, un documento di millequattrocento pagine, risultato di anni di indagini.
Il gran giurì presso la procura della Pennsylvania, guidata dal procuratore generale Josh Shapiro, ha rivelato che almeno a partire dagli anni Quaranta dello scorso secolo centinaia di preti hanno abusato di migliaia di fedeli, spesso minorenni, mentre i prelati loro superiori li hanno sistematicamente coperti.
Il rapporto, il più completo mai realizzato da un ente governativo negli Stati Uniti su casi di abusi, raccoglie un’enorme quantità di testimonianze e documenti, che svelano il meccanismo delle coperture messo in atto dalle autorità della Chiesa per minimizzare o insabbiare. Alcuni esponenti della Chiesa coinvolti non solo sono rimasti al loro posto, ma hanno scalato posizioni nella gerarchia, come nel caso del successore di Theodore McCarrick a Washington, il cardinale Donald Wuerl (settantotto anni il prossimo 12 novembre), le cui dimissioni sono state accettate dal papa soltanto pochi giorni fa.
Secondo due fonti che hanno parlato con l’Associated Press a condizione di mantenere l’anonimato, l’iniziativa del Dipartimento di giustizia segnerà un salto di qualità nell’indagine, considerati i suoi poteri.
“Si tratta di un fatto pionieristico”, commenta Marci Hamilton, direttrice accademica di Child Usa, think tank interdisciplinare che ha lo scopo di studiare e prevenire i casi di abuso e abbandono dei minori. “Finora infatti – spiega Hamilton – il governo federale era rimasto completamente in silenzio circa le indagini a carico di esponenti della Chiesa cattolica”.
Almeno sette delle otto diocesi cattoliche della Pennsylvania (Filadelfia, Pittsburgh, Scranton, Erie, Greensburg, Allentown e Harrisburg) hanno ammesso di aver ricevuto citazioni in giudizio e hanno dichiarato di voler collaborare con i funzionari del Dipartimento di giustizia.
“La citazione non è per noi una sorpresa, considerando l’orribile condotta delle autorità ecclesiastiche, dettagliata nel rapporto del gran giurì in tutto lo Stato”, dice in una nota la diocesi di Greensburg. “I sopravvissuti, i parrocchiani e l’intera opinione pubblica vogliono vedere che ogni diocesi ha intrapreso un’azione radicale, decisiva e di grande impatto. Riteniamo che questa sia un’altra opportunità per rendere la diocesi più trasparente. Ci consideriamo un partner delle forze dell’ordine, con l’obiettivo di eliminare gli abusi”.
Obiettivo del procuratore degli Stati Uniti William McSwain di Filadelfia, che ha emesso le citazioni, è verificare se seminaristi, sacerdoti, vescovi o altri abbiano commesso crimini di rilevanza federale. McSwain, nominato dal presidente Donald Trump all’inizio di quest’anno, chiederà ad alcuni esponenti della Chiesa cattolica di testimoniare dinanzi a un gran giurì federale a Filadelfia, ma potrebbero passare mesi prima che ciò avvenga, data la mole di documenti da studiare.
McSwain ha chiesto ai vescovi di consegnare qualsiasi prova utile alle indagini, comprese eventuali immagini scaricate e utilizzate tramite telefono o computer.
“Sono elettrizzato all’idea che si possa indagare in profondità. Ora il governo federale degli Stati Uniti metterà tutto il suo peso e le sue risorse nelle indagini”, ha dichiarato Shaun Dougherty, quarantotto anni, di Johnstown, che ha riferito alle autorità di essere stato molestato da un prete quando era ragazzo.
Anche due diocesi cattoliche di rito orientale della Pennsylvania hanno ammesso di essere sotto inchiesta.
Se i pubblici ministeri federali riuscissero a dimostrare che i responsabili della Chiesa hanno sistematicamente coperto preti abusatori negli ultimi cinque anni, le diocesi potrebbero essere accusate anche in base al Racketeer and Corrupt Organisations Act, o Rico, legge originariamente approvata per combattere il crimine organizzato e in particolare la mafia.
Si tratta di una “grande escalation” nel controllo governativo sulla Chiesa, dichiara Rod Dreher, scrittore e giornalista che da anni segue le vicende legate agli abusi. “La decisione di lanciare una simile indagine, anche se limitata a un singolo Stato, è degna di nota perché il governo federale finora aveva sempre evitato di affrontare le accuse secondo cui la Chiesa per decenni avrebbe nascosto la portata del problema dell’abuso sessuale tra i suoi sacerdoti, permettendo agli abusatori di continuare a lavorare e vivere indisturbati nelle comunità”.
“È uno sviluppo sorprendente, mozzafiato e molto gradito”, dichiara Michael Dolce, un avvocato che rappresenta vittime di abusi sessuali.
Aldo Maria Valli
È la prima volta che il governo federale degli Stati Uniti interviene in casi di abusi sessuali commessi da esponenti della Chiesa. Finora infatti i casi erano sempre stati gestiti dai singoli Stati e dalle autorità locali.
“La diocesi di Pittsburgh ha ricevuto il mandato dal Dipartimento di giustizia e coopererà con le indagini sugli abusi”, conferma padre Nicholas S. Vaskov, portavoce della diocesi.
I mandati fanno seguito alla pubblicazione del rapporto sugli abusi sessuali redatto dal gran giurì della Pennsylvania, un documento di millequattrocento pagine, risultato di anni di indagini.
Il gran giurì presso la procura della Pennsylvania, guidata dal procuratore generale Josh Shapiro, ha rivelato che almeno a partire dagli anni Quaranta dello scorso secolo centinaia di preti hanno abusato di migliaia di fedeli, spesso minorenni, mentre i prelati loro superiori li hanno sistematicamente coperti.
Il rapporto, il più completo mai realizzato da un ente governativo negli Stati Uniti su casi di abusi, raccoglie un’enorme quantità di testimonianze e documenti, che svelano il meccanismo delle coperture messo in atto dalle autorità della Chiesa per minimizzare o insabbiare. Alcuni esponenti della Chiesa coinvolti non solo sono rimasti al loro posto, ma hanno scalato posizioni nella gerarchia, come nel caso del successore di Theodore McCarrick a Washington, il cardinale Donald Wuerl (settantotto anni il prossimo 12 novembre), le cui dimissioni sono state accettate dal papa soltanto pochi giorni fa.
Secondo due fonti che hanno parlato con l’Associated Press a condizione di mantenere l’anonimato, l’iniziativa del Dipartimento di giustizia segnerà un salto di qualità nell’indagine, considerati i suoi poteri.
“Si tratta di un fatto pionieristico”, commenta Marci Hamilton, direttrice accademica di Child Usa, think tank interdisciplinare che ha lo scopo di studiare e prevenire i casi di abuso e abbandono dei minori. “Finora infatti – spiega Hamilton – il governo federale era rimasto completamente in silenzio circa le indagini a carico di esponenti della Chiesa cattolica”.
Almeno sette delle otto diocesi cattoliche della Pennsylvania (Filadelfia, Pittsburgh, Scranton, Erie, Greensburg, Allentown e Harrisburg) hanno ammesso di aver ricevuto citazioni in giudizio e hanno dichiarato di voler collaborare con i funzionari del Dipartimento di giustizia.
“La citazione non è per noi una sorpresa, considerando l’orribile condotta delle autorità ecclesiastiche, dettagliata nel rapporto del gran giurì in tutto lo Stato”, dice in una nota la diocesi di Greensburg. “I sopravvissuti, i parrocchiani e l’intera opinione pubblica vogliono vedere che ogni diocesi ha intrapreso un’azione radicale, decisiva e di grande impatto. Riteniamo che questa sia un’altra opportunità per rendere la diocesi più trasparente. Ci consideriamo un partner delle forze dell’ordine, con l’obiettivo di eliminare gli abusi”.
Obiettivo del procuratore degli Stati Uniti William McSwain di Filadelfia, che ha emesso le citazioni, è verificare se seminaristi, sacerdoti, vescovi o altri abbiano commesso crimini di rilevanza federale. McSwain, nominato dal presidente Donald Trump all’inizio di quest’anno, chiederà ad alcuni esponenti della Chiesa cattolica di testimoniare dinanzi a un gran giurì federale a Filadelfia, ma potrebbero passare mesi prima che ciò avvenga, data la mole di documenti da studiare.
McSwain ha chiesto ai vescovi di consegnare qualsiasi prova utile alle indagini, comprese eventuali immagini scaricate e utilizzate tramite telefono o computer.
“Sono elettrizzato all’idea che si possa indagare in profondità. Ora il governo federale degli Stati Uniti metterà tutto il suo peso e le sue risorse nelle indagini”, ha dichiarato Shaun Dougherty, quarantotto anni, di Johnstown, che ha riferito alle autorità di essere stato molestato da un prete quando era ragazzo.
Anche due diocesi cattoliche di rito orientale della Pennsylvania hanno ammesso di essere sotto inchiesta.
Se i pubblici ministeri federali riuscissero a dimostrare che i responsabili della Chiesa hanno sistematicamente coperto preti abusatori negli ultimi cinque anni, le diocesi potrebbero essere accusate anche in base al Racketeer and Corrupt Organisations Act, o Rico, legge originariamente approvata per combattere il crimine organizzato e in particolare la mafia.
Si tratta di una “grande escalation” nel controllo governativo sulla Chiesa, dichiara Rod Dreher, scrittore e giornalista che da anni segue le vicende legate agli abusi. “La decisione di lanciare una simile indagine, anche se limitata a un singolo Stato, è degna di nota perché il governo federale finora aveva sempre evitato di affrontare le accuse secondo cui la Chiesa per decenni avrebbe nascosto la portata del problema dell’abuso sessuale tra i suoi sacerdoti, permettendo agli abusatori di continuare a lavorare e vivere indisturbati nelle comunità”.
“È uno sviluppo sorprendente, mozzafiato e molto gradito”, dichiara Michael Dolce, un avvocato che rappresenta vittime di abusi sessuali.
Aldo Maria Valli
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