Fino a poco tempo fa, l’idea di un papa che promulgasse un errore dottrinale significativo era impensabile. Oggi questo è però il timore di molti. Eppure la verità di Cristo rimane. Il suo Vangelo è tramandato nella Scrittura, nella Tradizione, e nell'insegnamento magisteriale cumulativo di papi, vescovi, concili e sinodi nel corso della storia. I vescovi anzitutto, ma anche i semplici fedeli hanno il dovere e il privilegio di difendere la fede.
I santi Pietro e Paolo
La parola "impensabile" è un'espressione divertente, un ossimoro avvolto in una sola parola. Tuttavia, ci indirizza verso alcune cose molto spiacevoli a cui siamo costretti a pensare, come la guerra nucleare o una Chiesa in crisi.
Fino a poco tempo fa, l’idea di un papa che promulgasse un errore dottrinale significativo era impensabile. Ma molti di noi ora sono preoccupati per gli ambigui pronunciamenti papali definiti come "un magistero autentico" che si oppongono direttamente alla Scrittura e alla Tradizione.
È sempre utile ricordare che un papa non crea dottrine; egli chiarisce le dottrine per conservare la Fede che ha ricevuto. I Padri del Concilio Vaticano I hanno definito l'autorità magisteriale del papa. Ma collegano la sua autorità alla Scrittura e alla Tradizione, l'intera storia dottrinale della Chiesa:
«I Romani Pontefici. . . a volte convocando consigli ecumenici oppure consultando l'opinione delle Chiese sparse in tutto il mondo, a volte con sinodi speciali, a volte approfittando di altri mezzi utili offerti dalla divina provvidenza, hanno definito come dottrine da tenere quelle cose che, con l'aiuto di Dio, essi sapevano essere in sintonia con la Sacra Scrittura e le tradizioni apostoliche». (Vaticano I, capitolo 4, corsivo aggiunto).
Anche i Padri del Concilio Vaticano II collegano l'autentico magistero alla Tradizione e alla Scrittura:
«Quando poi il romano Pontefice o il corpo dei vescovi con lui esprimono una sentenza, la emettono secondo la stessa Rivelazione, cui tutti devono attenersi e conformarsi, Rivelazione che è integralmente trasmessa per scritto o per tradizione dalla legittima successione dei vescovi e specialmente a cura dello stesso Pontefice romano, e viene nella Chiesa gelosamente conservata e fedelmente esposta sotto la luce dello Spirito di verità (Vaticano II, Lumen Gentium 25, corsivo aggiunto).
Ad esempio, l’insegnamento infallibile sull'Immacolata Concezione e l'Assunzione di Maria è emerso da una teologia cattolica non ancora concorde sul punto. Ma una comprensione più profonda può essere spiegata alla luce della Tradizione e in relazione con il resto delle dottrine e dei dogmi cattolici.
Per quanto riguarda le questioni sessuali, l’insegnamento costante della Chiesa nel suo magistero ordinario sulla natura e i beni del matrimonio - e i disordini sessuali intrinseci come gli atti contraccettivi e il comportamento omosessuale - sono insegnamenti infallibili ben definiti della Chiesa radicati nella Scrittura e nella Tradizione. Queste dottrine chiare non solo offrono una guida morale precisa, ma anche opportunità per una riflessione teologica fruttuosa che porti ancora più chiarezza.
I Padri conciliari hanno accuratamente definito l'autorità dei vescovi e hanno presupposto la loro fedeltà e buona volontà nel conservare e insegnare fedelmente la verità cattolica. Ma i Padri sicuramente conoscevano i molti modi in cui i vescovi infedeli tradiscono il loro ufficio, di solito per negligenza, ma a volte con insegnamenti errati.
Apparentemente i Padri non vedevano il bisogno di affermare l'ovvio: le violazioni dottrinali dell'insegnamento della Chiesa da parte dei vescovi, in coscienza non possono obbligare i fedeli. In modo analogo è almeno immaginabile che un papa possa anche rifiutare e abusare della grazia del suo ufficio. Tali errori possono intorbidare le acque del magistero ordinario, ma ovviamente non possono obbligare in coscienza.
Naturalmente le deliberate ambiguità nell'insegnamento pontificio, l'incompetenza e l'infedeltà che corrompono il "magistero autentico" sarebbero disastrose: seminare confusione e persino suggerire l'impensabile, cioè che le porte degli inferi hanno prevalso nella Chiesa. Ma questo non può essere da un punto di vista logico. La verità di Cristo rimane. Il suo Vangelo è tramandato nella Scrittura, nella Tradizione - e nell'insegnamento magisteriale cumulativo di papi, vescovi, concili e sinodi nel corso della storia.
La grazia perfeziona la natura e l'autorità magisteriale del papa non è magia. Ogni presunto pensiero magisteriale che un papa alla fine decreta deve sempre essere giudicato in accordo alla Scrittura e alla Tradizione. Anche le dichiarazioni conciliari, comprese le dichiarazioni del Vaticano II, devono essere in linea con la Scrittura e la Tradizione.
Forse che questo implica un magistero "à la carte"? No. La forza interconnessa della Scrittura e della Tradizione e l'autentico magistero sviluppatosi nella storia assicurano che la verità di Cristo non sarà aggirata dalle innovazioni. A volte devono essere fatte delle correzioni - come Paolo ha corretto Pietro ad Antiochia. (cfr Galati 2: 11-21)
Quindi, i vescovi (sostenuti dai teologi ortodossi) devono riconoscere il loro obbligo di rispondere alle dichiarazioni papali che sono pericolosamente ambigue o che contraddicono la Scrittura e la Tradizione. Devono farlo con rispetto, ma con fermezza e senza paura, sia perché - sotto la guida dello Spirito Santo - con il loro giuramento hanno solennemente promesso di farlo, sia perché hanno il contenuto storico della Rivelazione dalla loro parte.
Le correzioni possono anche venire dai fedeli che, dopo tutto, sono dotati del sensus fidei (senso della fede). Ma l'eliminazione delle deviazioni e degli errori dottrinali (e il ripristino della chiarezza dottrinale) è difficile. Come dimostra il diffuso dissenso clericale nei confronti di Humanae Vitae, la riparazione e la restaurazione dottrinale possono portare a generazioni di conflitti dolorosi.
Sfortunatamente, così come la prospettiva di una guerra nucleare, la possibilità di significativi passi falsi dottrinali di un papa non è più impensabile. Ma dovremmo essere certi che l'errore dottrinale e lo scisma possono essere evitati, con la grazia di Dio, da una logica attenta e insistente che protegge l'integrità della fede: l'autentica autorità magisteriale pontificia non può essere in contrasto con la storia dottrinale della Chiesa.
Fedeli, sacerdoti e vescovi non devono sottrarsi all'obbligo di difendere la Fede. Dovremmo considerarlo un privilegio: "Siccome abbiamo lo stesso spirito di fede, che è espresso in questa parola della Scrittura: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo, perciò parliamo". (2 Cor 4:13)
* Questo articolo è apparso nella versione originale in lingua inglese su The Catholic Thing con il titolo "Thinking the unthinkable" (Pensare l'impensabile)
Jerry J. Pokorsky
http://www.lanuovabq.it/it/difendere-la-fede-dagli-errori-un-dovere-di-ogni-cattolico
LA "CONFESSIONE"
Il clericalismo colpisce nel portafoglio chi non si allinea
Il primo "pentito" della correctio filialis ammette di essere stato ostracizzato dalla sua università dopo aver firmato quel documento. "Mi hanno colpito nella pagnotta, è stato terrificante". Sorte ben diversa è toccata agli intellò che firmavano appelli contro Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: sono ancora in cattedra a pontificare. Alcuni di loro ora sono anche vescovi.
Il portale Vaticaninsider ha pubblicato nei giorni scorsi un’intervista illuminante al primo “pentito” dell’operazione Correctio filialis. Si tratta dello studioso Giuseppe Reguzzoni, che viene definito come ricercatore e studioso di filosofia e teologia. Giova soffermarsi su un passaggio in particolare perché è una spia significativa di come girano le cose oggi nel mondo accademico cattolico e soprattutto è rivelatrice di un clima da caccia alle streghe che vede vittime tutti quei cattolici che non si sono piegati al mainstream corrente e, pur essendo accusati di essere nemici del Papa, in realtà hanno semplicemente manifestato filialmente un atto di correzione dopo la pubblicazione di Amoris Laetitia.
E’ interessante notare le conseguenze di quell’atto, senza entrare nel merito delle motivazioni che hanno spinto Reguzzoni a disconoscere quella firma apposta in calce alla correctio e che vedeva protagonisti un nutrito numero di accademici e intellettuali nel mondo. Anche perché a leggere bene l’intervista, Reguzzoni non sembra affatto convinto su Amoris Laetitia dal momento che definisce senza giri di parole la correctio una risposta sbagliata ad un documento sbagliato, mal fatto e mal messo, ma che comunque ha avuto il merito di aver posto un problema, quello dei cosiddetti divorziati risposati.
Non ci addentreremo dunque nei meandri della disputa teologica, perché non è questo il luogo deputato. Ma soltanto far notare una risposta che Reguzzoni fa alla domanda dell’intervistatore, il giornalista Andrea Tornielli.
Domanda: Quali sono state le conseguenze per quella firma da lei apposta alla Correctio?
La risposta merita di essere letta tutta: «Terrificanti. L'Università Cattolica di Milano prima mi ha mandato una raccomandata di diffida perché, secondo loro, il titolo di “ricercatore esternoˮ da me utilizzato non esisterebbe. Poi, quando ho mandato la copia del documento in cui mi si indicava proprio con questo titolo, non hanno risposto, ma mi hanno depennnato, senza preavviso, dalla lista web dei collaboratori, senza una sola parola di spiegazione. Anzi, no; un docente, su mia richiesta, mi ha risposto con un messaggio alquanto secco su whatsapp. Diverse case editrici cattoliche non mi hanno più mandato lavori di traduzione. Insomma, mi hanno colpito sulla pagnotta, il che mi rende difficile credere nei discorsi vaticani sulla “misericordiaˮ. Quella che ho sperimentato io sono legnate, senza troppi commenti».
Aggettivi come “terrificanti” e parole come “diffida”, “legnate” e “pagnotta” sono un qualche cosa di più di un incidente di percorso. Sembrano essere semmai un grido d’allarme di un cattolico che si è sentito umiliato nella sua indipendenza culturale e in definitiva nella sua libertà di fedele.
L’effetto che fanno su un lettore qualunque non avvezzo alle cose vaticane, basti pensare alla frase sui discorsi sulla misericordia, è quello di un controllo forzato da parte dei centri di potere di quello che si è soliti definire il consenso. Non sappiamo se l’Università cattolica abbia davvero proceduto ad ostracizzare il ricercatore in questione, ma un’assenza di smentite, sia sua che dell’ateneo tirato in ballo, portano a pensare che le cose siano andate proprio così.
In ogni caso è significativo che, mentre si accusava gli estensori della correctio di voler abbattere il pontificato di Francesco per conservare gli strapuntini di potere accumulati, in realtà si scopre che a parlare con parresia e franchezza, ci si rimette dal punto di vista della carriera e in definitiva dei soldi. Eppure, se gli intellettuali che hanno espresso critiche al documento papale fossero stati dei maneggioni assetati di potere, forse oggi li vedremmo ben pasciuti sullo scranno più alto di qualche facoltà teologica. Invece, dobbiamo constatare che ad essere coerenti con la propria coscienza, il rischio sia quello di rimetterci il cotto e il crudo perché in fondo, lo sappiamo, tutti teniamo famiglia.
Non è forse questo un esempio illuminante di clericalismo, malattia che infesta molti cattolici, sia laici che religiosi, tanto che mentre pensano di lavorare per la Chiesa, a forza di cercare prebende e posti di potere, non si accorgono che è la Chiesa che lavora per loro?
In ogni caso è significativo che il clima da caccia alle streghe, in cui un appello filiale a correggere quei tratti di un documento magisteriale che in coscienza si ritengono forieri di eresie, si sia nutrito di accuse facili a bollare questi tentativi come “atti sovversivi”. Compiuti i quali, alle povere vittime non è restato altro che abiurare o, appunto, dover rinunciare alla pagnotta.
Che carriera diversa hanno fatto i contestatori dei pontificati di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che hanno scritto lettere, diffuso appelli e esteso manifesti per contestare il magistero di quei pontefici!
Dalla Dichiarazione di Colonia nel 1989 al Documento dei 63 teologi dello stesso anno, per proseguire con libri e attacchi spesso personali, non è difficile oggi andare a ricercare che fine hanno fatto gli estensori di quelle lettere: nessuno ha mai perso il posto di lavoro e molti di loro, ancora vivi e vegeti pontificano con autorevolezza dalle cattedre universitarie e dalle pagine di giornale, dopo aver fatto una eccellente carriera, alcuni diventando persino vescovi.
Sorte ben diversa è toccata a chi ha sposato come metodo i Dubia, che partirono anche su queste colonne da quattro cardinali i quali sono stati bollati e umiliati come "nemici del Papa". Irrisi e il più delle volte ignorati quando non osteggiati, hanno ricevuto il benservito, alcuni di loro finendo gli ultimi giorni di vita nel banditismo più umiliante, nel dolore di non essere compresi nella loro più genuina figliolanza di fronte al Pontefice.
Invece qui abbiamo un pentito che, anche senza collegare la sua ritrattazione alla mancanza di un lavoro, deve definire il trattamento ricevuto per quell’”atto sovversivo” come “terrificante”.
Poscia più che il dolor potè il digiuno.
Andrea Zambrano
http://lanuovabq.it/it/il-clericalismo-colpisce-nel-portafoglio-chi-non-si-allinea
SCHÖNBORN TWITTA A FAVORE DELLE DONNE DIACONO, MA CANCELLA IL CINGUETTIO. TIMOROSO? CHISSÀ PERCHÉ.
30 settembre 2018 32 Commenti --Marco Tosatti
Il cardinale Christoph Schönborn di nuovo all’attenzione dei media. Dopo il discusso episodio della benedizione pre-prandiale a una coppia di amici omosessuali, ora è il momento del diaconato alle donne. Il porporato ha pubblicato su Twitter un cinguettio di questo tenore: “Di recente sono stato in grado di consacrare di nuovo dei diaconi. Una grande gioia. Forse un giorno potrò essere in grado di consacrare donne al diaconato…Cari preti, abbiate il coraggio di lavorare in squadra! Collaborazione, fiducia, sono l’A e la O”. (Immagino Alfa e Omega, n.d.r.).
Il Tweet è stato rapidamente cancellato, ma non così rapidamente che qualcuno non ne abbia fatto uno screenshot, per rilanciarlo.
Nel frattempo siti cattolici di lingua tedesca sottolineavano che il cardinale aveva di fatto marcato “l’apertura nel dibattito sul diaconato delle donne. C’erano diaconesse nella chiesa, in alcune chiese orientali, esistono ancora oggi, ha detto l’arcivescovo di Vienna, secondo l’agenzia stampa austriaca Kathpress sabato nella cattedrale di Santo Stefano”. “Fondamentalmente, è aperto”, avrebbe detto Schönborn, che ha riferito di aver appena consacrato quattordici uomini sposati come diaconi permanenti solo pochi giorni fa. “Forse un giorno le donne come diaconi”, ha detto.
Il cardinale si è, secondo Kathpress, espresso così l’ultimo giorno di un’assemblea diocesana. 1.700 delegati delle parrocchie, delle comunità e dell’Ordine dell’Arcidiocesi di Vienna hanno dato il loro parere sui prossimi passi di un processo di riforma che va avanti da diversi anni .
Già a giugno Schönborn aveva in un’intervista detto cose a favore del diaconato femminile. “L’introduzione di questa prima fase di consacrazione per le donne è quindi in discussione. Allo stesso tempo il cardinale ha escluso un’ordinazione sacerdotale per le donne. Le sacerdotesse non sono mai esistite nella Chiesa cattolica, ha detto. ‘Sarebbe una rottura troppo profonda nella tradizione di 2000 anni e anche papa Francesco ha detto: non è previsto’”, concludeva il sito cattolico tedesco.
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