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Expecta Dominum et custodi viam eius (Sal 36, 34).
Sia nei testi del Vaticano II che nel rito della nuova Messa si trovano locuzioni e affermazioni che un cattolico sincero e ben formato non riesce proprio a digerire. Di solito il conservatore conciliare, nel disperato tentativo di salvare capra e cavoli, si appiglia con ansioso zelo al principio secondo cui chiunque abbia una retta fede interpreta spontaneamente ambiguità e stranezze in modo ortodosso mediante un’opportuna contestualizzazione effettuata a partire da una giusta precomprensione. Ma, a questo punto, sorge inevitabilmente una serie di domande: come fa chi, dopo cinquant’anni di confusione dottrinale, quella giusta precomprensione non l’ha più o non l’ha mai avuta? perché mai chi, per grazia di Dio, ne è invece ancora dotato dev’essere obbligato a questo sforzo ermeneutico, quando prega in chiesa o si forma nella fede? e per qual recondito motivo bisognava inserire tutte quelle ambiguità e stranezze, se non per aprire delle crepe che poi, sotto un’enorme pressione culturale, facessero saltare la diga?
C’è però un altro aspetto da considerare. Fin qui abbiamo parlato di esseri umani che, per sincerità, interesse o ignavia, si sono semplicemente fidati dell’autorità (anche nelle materie più sensibili), interpretando in modo positivo le sue espressioni e disposizioni come qualcosa che, per principio, non potesse contenere errori né provenire da volontà cattiva. Il diavolo, tuttavia, non funziona così. A lui non interessa affatto come i buoni cattolici comprendano ambiguità e stranezze, anche perché non può saperlo finché rimane nei loro pensieri; se invece ciò viene esplicitamente teorizzato da teologi, biblisti e liturgisti, si diverte un mondo a metterci lo zampino confondendo quelle menti spesso piene di superbia – ammesso che non si siano dichiaratamente poste al suo servizio. Ad ogni modo, l’unica cosa che per lui conta è che gli si renda pubblicamente omaggio nelle chiese e nelle facoltà teologiche: per esempio, nominandolo nel cuore della Messa come Dio dell’universo o corrompendo giovani intelletti con sofismi fumosi che li intossicano, a volte senza rimedio. A lui basta questo per vedersi riconosciuto nella Chiesa un presunto diritto di esercitare sui suoi membri un potere più o meno velato.
Come sia stato possibile un simile attentato senza precedenti al culto cattolico si può spiegare solo in parte. Bisogna certo riconoscere la diabolica abilità del perfido traditore che, in un clima di fretta scriteriata nel trattare una materia delicatissima, riuscì a imporre la propria volontà ingannando tutti, sia la commissione incaricata della riforma con il solito: «Lo vuole il Papa», sia quest’ultimo con la menzogna inversa: «Lo chiede la commissione». Ma questo non basta: perché Montini, sia pure avvertito dagli autorevoli cardinali Bacci e Ottaviani, si prestò ad approvare riluttante quello che egli stesso, in modo del tutto incoerente, definì un gran sacrificio assurdamente accettato in nome di un vantaggio inconsistente, cioè di un accesso del popolo alla liturgia che già era possibile e andava semplicemente incrementato con una formazione più capillare? Fu forse ricattato? Come tutte le rivoluzioni, anche quella liturgica calò sulla testa di clero e fedeli che non l’avevano assolutamente voluta né richiesta, ma se la videro imporre con un’intransigenza di sapore maoista.
In realtà il rito di Bugnini (la cui compilazione e imposizione è comunque illegittima, in quanto viola l’espresso divieto di san Pio V) non è stato praticamente mai osservato integralmente, visto che ogni prete lo “interpreta” a modo suo, quasi fosse un canovaccio. Ora, nel diritto, la costante inosservanza di una legge può provocarne l’abrogazione per desuetudine. La “riforma” liturgica, oltre a essersi risolta in un enorme fallimento, cadrà alla fine nel dimenticatoio perché nessuno andrà più alla Messa nuova, finché un papa di nuovo cattolico non la abolirà del tutto. È per questo che agiscono in modo così inesorabile con le realtà ecclesiali che propugnano la Messa di sempre: chiunque la riscopra (specie fra i giovani e fra quanti ritornano alla fede) ne è talmente affascinato che, dopo aver gustato il cielo, non vuol più saperne del ridicolo varietà in salsa chiesastica cui han ridotto la liturgia cattolica.
Probabilmente l’abolizione del Sacrificio non sarà effettuata per mezzo di decisioni ufficiali che possano essere impugnate o a cui si possa opporre resistenza, ma mediante un graduale slittamento della prassi. Già in molte parrocchie la Messa domenicale è sostituita da una liturgia della parola con, alla fine, la distribuzione dell’Eucaristia per mano di laici o suore. Il pretesto addotto è la scarsità di clero; può tuttavia capitare che a distanza di pochissimi chilometri tre o quattro preti concelebrino insieme. Qual è la ratio di tali provvedimenti? È arduo soffocare il sospetto che, dietro tali scelte, ci sia una visione protestante dell’assemblea liturgica o che si voglia “promuovere” il laicato a detrimento del sacerdozio. Nella diocesi del Papa – udite, udite – si è persino giunti ad affidare la guida pastorale di una parrocchia ad un diacono permanente, il quale si è trasferito in canonica con moglie e figli al seguito. Dato che ciò non è consentito dal diritto canonico, a livello giuridico si è prontamente cucita una pezza nominando un prete amministratore parrocchiale. Egli svolgerà altresì la funzione di distributore automatico di sacramenti e assoluzioni (per chi ancora ci credesse e li reclamasse), ma sotto la direzione del diacono.
Strabuzzate gli occhi? Non riuscite a capacitarvene? La notizia è consultabile in rete. Qualora qualcuno di voi abbia l’impressione che si stia rovesciando l’ordine gerarchico della Chiesa, tenga presente che all’estero i laici dettano legge anche ai vescovi già da decenni; in Italia eravamo rimasti indietro, ma stiamo cercando di ricuperare rapidamente terreno. Tuttavia, ciò che è più grave e allarmante è la sottile strategia mirante, alla lunga, a declassare il sacerdozio e a ridurre i Sacramenti ad atti facoltativi, quasi superflui, in una vita religiosa incentrata sulla “parola”, oltretutto riletta e aggiornata in modo da farle dire l’esatto opposto, nonché così selezionata da relegare nell’oblio i passi politicamente scorretti… È il compimento del progetto di Lutero, una vittoria postuma che realizza lo scopo del suo sulfureo ispiratore: non semplicemente quello di dividere la Chiesa, ma quello di pervertirla dall’interno. A Satana non cale nulla che ci sian voluti cinque secoli: di tempo ne aveva ben davanti a sé – ma ora sta giungendo al termine.
Una visione teologica della storia, fondata sulla speranza teologale, ci obbliga a non arrenderci allo sconforto, sebbene una lettura decantata e obiettiva degli avvenimenti ecclesiali dell’ultimo mezzo secolo possa indurvi. Satana si sta vendicando della cocente sconfitta di Trento e delle successive umiliazioni, ma il suo tempo è già segnato. In preda all’angoscia, Anna Katharina Emmerich scorse in visione un’assise nella quale sulla testa di ogni vescovo si posava un demonio… quelli che Leone XIII vide scendere a stormi su San Pietro? Forse siamo andati un po’ troppo lontano, ma a questo livello di comprensione delle vicende storiche elementi apparentemente disparati si raccordano e chiariscono, indicando altresì il cammino da seguire per uscire dal disastro. Bisogna riannodare la trama recisa con Trento e col Vaticano I, l’ultimo concilio veramente cattolico, rimasto incompiuto e – da quanto mi risulta – mai ufficialmente chiuso, motivo per cui la convocazione del successivo è già di per sé illegittima.
Ci sono splendidi tesori dottrinali (specie sulla fede, sulla grazia e sulla giustificazione, nonché sulla rivelazione e sul primato petrino) cui per decenni ci hanno impedito l’accesso e che non abbiamo sufficientemente assimilato, ma che sono estremamente utili sia alla nostra vita cristiana che alla corretta risoluzione delle gravi sfide che oggi ci si pongono. Ciò di cui abbiamo bisogno è di tornare a respirare l’aria pura e a bere l’acqua cristallina del Magistero perenne, che non obbliga a chissà quali sforzi interpretativi né a sfibranti controversie sul suo reale contenuto. La Madonna ci sta conducendo fuori da un’impasse che, imprigionandoci in una dimensione puramente orizzontale, ci impediva di avanzare nella fede; che Suo Figlio ci conceda così di mollare gli ormeggi verso i lidi eterni che la Chiesa ha sempre additato. Il mondo di quaggiù lo dobbiamo evangelizzare, non idolatrare; la nostra patria è il Cielo.
Pubblicato da Elia
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