Guarire dall’orgoglio e rinascere nell’umiltà. L’orgoglio, in un certo senso, è "il padre di tutti i peccati": non esiste altro rimedio a questa "patologia", se non la "metanoia", cioè una conversione, dall'orgoglio all'umiltà
di Francesco Lamendola
L’orgoglio, in un certo senso, è il padre di tutti i peccati: è per orgoglio che si invidia, che si mente, che si imbroglia, che si ruba – non solo la roba d’altri, ma anche la donna d’altri -, che si uccide; è per orgoglio che si rifiuta Dio, che si disprezza il suo amore e il suo richiamo; ed è ancora per orgoglio che non si crede al suo perdono e che si piomba, così, in un ulteriore e mortale peccato, dal quale raramente si esce vivi, la disperazione. L’orgoglioso è doppiamente peccatore: vuol essere da più dei sui simili, ma, in fondo, vorrebbe essere anche da più, o almeno al pari, di Dio. Non gli va giù che ci sia qualcuno che sta sopra di lui: gli sembra una intollerabile offesa alla sua dignità, una umiliazione cui ha il diritto e quasi il dovere di reagire. Ma è chiaro che l’orgoglioso è anche un potenziale disperato: prima o poi, magari proprio alla fine, arriva sempre il momento in cui si rende conto di essersi sopravvalutato, di aver preteso troppo da se stesso, e scopre di essere assolutamente impari al ruolo di antagonista di Dio.