DEMONI E FALSE RELIGIONI
Si può dire che gli dèi delle false religioni sono in realtà demoni miranti a trascinare l’uomo lontano da Dio, ciò non si può dire degli ebrei, che però non rendono il debito culto al vero Dio: infatti attendono il loro Messia
di Francesco Lamendola
Abbiamo visto, nel precedente articolo Se non sono dèi, allora cosa sono?
(pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 04/01/2019) che fin
dagli inizi della riflessione teologica delle prime comunità cristiane,
la questione delle altre religioni si poneva, senz’altro, come la questione delle false religioni; e che gli dèi del paganesimo altro non erano, in definitiva, che demoni,
i quali avevano a lungo ingannato gli uomini, sospingendoli verso uno
stile di vita dissoluto e immorale. Tale connessione fra idolatria e
immoralità è esemplarmente svolta da san Paolo nella Epistola ai Romani (1, 18-25):
Infatti
l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia
di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di
Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a
loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e
divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo
attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo
di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né
ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e
la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti,
sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile
con un'immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di
quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità
secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri
corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno
adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei
secoli.
Una
volta ammesso il principio della libertà religiosa, come il Concilio ha
fatto con la dichiarazione Dignitatis humanae (legandolo,
significativamente, a un’idea di dignità umana che pare di derivazione
illuminista e massonica, più che autenticamente cristiana), la
conseguenza di riabilitare le altre religioni diveniva inevitabile.
Scrive Eusebio di Cesarea (ca. 265-340 d. C.) nella Preparatio euangelica, IV, 5-13, 1-3 (in: Arcana Mundi. Magia e occulto nel mondo greco e romano, a cura di Georg Luck, Fondazione Lorenzo Valla/ Arnoldo Mondadori Editore, 1997, vol. 2, pp. 423-424):
1.Gli
esperti conoscitori della teologia greca, applicando un criterio
diverso rispetto a quello da noi esposto in precedenza , dividono tutta
la materia in quattro categorie: innanzitutto, rispetto a tutti gli
altri distinguono il Dio sommo e sostengono di sapere che questi è il
primo su tutti, padre e re di tutti gli dèi; dopo di lui c’è come
secondo il genere degli déi, lo segue quello dei demoni e quarto è
quello degli eroi tutti costoro, in quanto partecipano dell’idea di
bene,. , in parte esercitano potere, in parte o subiscono, e tutti
insieme sono detti luce in quanto partecipano della lue. E affermano
ancora che il male è a capo della sostanza deteriore, , e questo è il
genere dei demoni malvagi, che non hanno alcun rapporto d’amicizia col
bene e sono in possesso di una potenza eccellente nell’ambito della
natura contraria al bene, così come Dio la possiede nell’ambito del
bene. Il complesso di tutti questi esseri definiscono tenebra. 2. Avendo
ripartito in questo modo tutta la materia, agli dèi – essi affermano –
sono stati assegnati il cielo e l’etere fino alla luna, .ai demoni gli
spazi vicino alla luna e l’aria, alle anime la regione terrestre e
quella sotterranea. Sulla base di questa ripartizione sostengono che
innanzitutto bisogna venerare gli dèi del cielo e dell’etere, in secondo
luogo i demoni buoni, in terzo luogo le anime degli eroi, in quarto
luogo bisogna ammansire o demoni perversi e malvagi. 3. Mentre in teoria
distinguono così, di fatto confondono tutto, perché venerano soltanto
le potenze malvagie invece di tutte quelle che ho detto, e tutti quanti
sono asserviti a queste, come dimostrerà il prosieguo della mia
confutazione.
Con
il Vaticano II, è arrivata l’apertura verso il mondo; la Chiesa, per
volere del suo sommo pastore e dei padri riuniti in concilio ecumenico,
ha deciso di spalancare le porte dell’ovile, perché non c’erano più
nemici pericolosi che lo potessero seriamente minacciare: come se il
demonio non stesse sempre in agguato, da secoli, pronto a spiare la
minima debolezza, la minima leggerezza, la minima ingenuità dei custodi.
E questo è il commento di Georg Luck
(1926-2013), il grande filologo classico svizzero, apprezzato in tutto
il mondo, che fu professore alle università di Yale, Harvard, Berlino,
Bonn e infine alla John Hopkins University di Baltimora (op. cit., pp.
599-600):
Nei
libri IV e V della “Preparatio evangelica”, Eusebio sostiene che i
culti pagani, nei loro diversi aspetti (forme di culto - specialmente
idolatria, sacrifici di animali, e, addirittura, sacrifici umani -,
oracoli e altri metodi di divinazione) sono opera di spiriti maligni, al
cui servizio stanno imposti e ciarlatani (…). Nel libro IV si riprende
la tesi che gli dèi pagani, di fatto, non sarebbero altro che i demoni
della tradizione giudaico-cristiana. Nel libro IV, oltre a ribadire
questa tesi, Eusebio stabilisce una connessione tra il sacerdozio di
Cristo e la morte degli antichi demoni che portò al declino finale degli
oracoli. Questo è fondamentalmente il punto di vista di Plutarco:
l’operazione compiuta da Eusebio è di aver adattato la teoria di
Plutarco (…) alla propria teologia. Eusebio esamina poi la natura dei
demoni che sono stati conquistati da Cristo e mostra come gli esseri
umani possono controllarli. A dispetto dei loro diversi punti di vista,
pagani, giudei e cristiani hanno nella demonologia una specie di terreno
comune. È probabile che la maggior parte dei pagani credesse
nell’esistenza di demoni buoni così come di demoni malefici. Molti
possono aver creduto in un “demone” personale, una specie di spirito
custode. Plutarco ricorse ai demoni per preservare la dignità e la
natura trascendentale degli dèi. Per i cristiani, i demoni erano
fondamentalmente maligni; di conseguenza, la parola acquistò una
connotazione negativa, che conserva ancora oggi. Eusebio
qualifica spesso i demoni come kakoi](...). Ma dal momento che essi
possono essere solo cattivi, l’epiteto non sempre è necessario. Quando
Eusebio parla di ‘o daimon’ al singolare, (IV 15,8,1-2; 19, 8,3),
evidentemente pensa a Satana, il demone per eccellenza.
Sant’Agostino, un secolo più tardi, riprende e sviluppa la riflessione di Eusebio; nel De civitate Dei, afferma, citando la Scrittura, omnes dii gentium sunt daemonia, tutti gli dèi dei pagani sono demoni. E nel commento al Salmo 81 dice (da: www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_571_testo.htm):
8.C'è
di più. Noi dobbiamo ritenerci differenti anche dalle divinità che
abiterebbero in dette pietre o statue di legno, d'oro e d'argento.
Alcuni infatti, per potersi in qualche modo difendere, dicono: "Anche
noi sappiamo che i simulacri sono delle vanità, ma noi non veneriamo il
simulacro". E se gli domandi che cosa venerino, ti rispondono: "Le
divinità che sono nel simulacro. Ci prostriamo, è vero, dinanzi alla
figura visibile ma adoriamo l'invisibile". Ma cosa son mai queste
divinità invisibili? Ascoltiamolo dal nostro Dio, che per bocca del
profeta dice: Tutti gli dèi delle genti sono demoni; il Signore invece
ha fatto i cieli, dove i demoni non sono degni di abitare. In un modo il
profeta irride i demoni, in un altro i simulacri. (…) 9. In una
maniera dunque [il salmo] deride i simulacri, dicendo che sono
senz'anima, senza facoltà sensitive e senza vita, e in un'altra gli
esseri che in essi son venerati come potenti, cioè i demoni, contro i
quali si dice: Tutti gli dèi delle genti sono demoni, il Signore invece
ha fatto i cieli. Così anche l'Apostolo: in un modo irride gli idoli e
dice: Noi sappiamo che l'idolo è una nullità, mentre con parole diverse
comanda di tenersi lontani dai demoni dicendo: I sacrifici che immolano i
pagani li immolano ai demoni, non a Dio; e io non permetto che voi
siate in consorzio con i demoni. (…) State attenti, miei fratelli, a
quel che voglio dirvi! Condividere la natura di un idolo, anche se lo
volessi non potresti; essere invece associato ai demoni, se lo vuoi lo
diventi, se non lo vuoi non lo diventi. Comunque, a quelli che sono
dalla parte del diavolo e dei suoi angeli alla fine dei tempi sarà
detto: Andate al fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli
(…) 10. A questo punto ecco che qualcuno della folla mi viene a dire:
"Dio mi guardi dal ricorrere ai demoni; anzi mi conceda di detestarli!
Veramente io già li detesto profondamente, fuggo da loro e li
aborrisco". Ecco un parlare veramente giusto, un'espressione veramente
buona; ma che dire se poi, quando hai male alla testa, ricorri
all'indovino? se quando hai una causa
rischiosa fai intervenire l'aruspice? Tutti costoro sono strumenti dei
demoni: e allora, come fai tu a ricorrere a strumenti posseduti da
quegli esseri che tu detesti? Dalle opere conoscerò se tu dici la
verità. La tua presa di posizione sembrerebbe ben definita, ma solo
prima che giunga la prova. Riconosci chi sia colui che ti parla, tenendo
presente che satana mai ti parlerà attraverso una statua ma per bocca
di una qualche persona cattiva, della quale ha occupato il cuore. Egli, come asserisce l'Apostolo, agisce tramite i figli che non credono. (…)
Si
può dire che gli dèi delle false religioni sono in realtà demoni
miranti a trascinare l’uomo lontano da Dio, ciò non si può dire degli
ebrei, che però non rendono il debito culto al vero Dio: infatti
attendono ancora il loro Messia.
E
questo ha creduto e tenuto per fermo la Chiesa; e in tal senso ha
ammonito i fedeli, di secolo in secolo, fino a una cinquantina d’anni
fa. Ma poi è arrivato il Vaticano II, è arrivata
l’apertura verso il mondo; la Chiesa, per volere del suo sommo pastore e
dei padri riuniti in concilio ecumenico, ha deciso di spalancare le
porte dell’ovile, perché non c’erano più nemici pericolosi che lo
potessero seriamente minacciare: come se il demonio non
stesse sempre in agguato, da secoli, pronto a spiare la minima
debolezza, la minima leggerezza, la minima ingenuità dei custodi, per
entrare nel recinto delle pecorelle di Cristo. A questo tende da sempre;
del resto, ci ha provato anche con Gesù in Persona, come i Vangeli
narrano riguardo alle tentazioni nel deserto: figuriamoci se non aveva
sufficiente ardire per seguitare a tramare anche dopo l’evento della
Redenzione e la fondazione della Chiesa di Cristo. San Tommaso d’Aquino, il più grande filosofo medievale, scrive nella Summa catholica fidei contra Gentiles, che i giudei sono gens prava atque perversa, mentre i maomettani adorano sacrilegum ac perfidum Mahometum, e sono nefandissimi hostes nominis cristiani, blasphemi, perfidi. Perciò, cari cattolici progressisti,
che avete sempre in bocca il Vaticano II, ma assai meno il Vangelo, e
non parlate mai degli altri venti concili ecumenici, né citate i teologi
dei secoli d’oro della fede e i Padri della Chiesa, vedete un po’ cosa
vi sembra meglio: o dare torto a san Paolo, ad Eusebio, a sant’Agostino,
a san Tommaso, per dare ragione a voi stessi; oppure fare un bel bagno
di umiltà, fare autocritica e riconoscere che non per leggerezza e con
faciloneria, ma dopo aver seriamente ponderato la questione, con tutta
l’attenzione che essa meritava, quelle grandi menti e quelle grandi
anime sono giunte a simili conclusioni. E pensate che sia stato per
leggerezza e superficialità che tutti i papi, tutti i vescovi e tutti i
sacerdoti cattolici, nella liturgia solenne del Venerdì santo, hanno
recitato la formula: Oremus et pro perfidis Judaeis,
a partire dal VII secolo, quando è attestata con certezza, fino al
1959, quando Giovanni XXIII l’ha soppressa? Non era affatto, come gli
ignoranti o persone in malafede vorrebbero far crede, una formula di
maledizione, ma al contrario, una preghiera per la conversione, e quindi
per la salvezza, degli ebrei; dove perfidia non aveva l’accezione moderna, ma significava piuttosto pertinacia, ostinazione.
Del resto, a diversi papi era stato chiesto di toglierla o modificarla;
ma sempre essi, con logica inoppugnabile e con autentica umiltà (non
l‘umiltà ostentata davanti alle folle e a eserciti di giornalisti e di
fotografi, del signore argentino che abita nella Casa Santa Marta)
avevano risposto: I nostri predecessori l’hanno sempre conservata e recitata; perciò non abbiamo il diritto di decidere altrimenti.
Il
cardinale tedesco Agostino Bea, detto "il nonno" del Concilio, nella
foto con il rabbino A.J. Heschel, ebbe un ruolo decisivo nel tessere
nuove relazioni tra Cattolici ed Ebrei: vi fu nel Concilio Vaticano II una precisa volontà di riabilitazione del giudaismo; le altre fedi sono state riabilitate per forza d’inerzia.
Gli dèi delle false religioni sono demoni
di Francesco Lamendola
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