Inutile lamentarsi ora: bisognava svegliarsi prima. Come mai la massoneria ha fatto così tanta strada dentro il cuore della Chiesa, e da dove è venuta fuori la mafia di San Gallo? Il male era lì: nel modernismo ed evoluzionismo
di Francesco Lamendola
Se vogliano essere costruttivi, dobbiamo partire dall’onestà: vale a dire, da un bellissimo esame di coscienza. Ora ci lamentiamo perché la confusione liturgica, pastorale e dottrinale, nella Chiesa cattolica, è arrivata a livelli intollerabili, sfociando in una vera e propria apostasia: e, naturalmente, cerchiamo un colpevole. Molti di noi credono di averlo trovato in Bergoglio; possiamo aggiungerci anche Bassetti, Paglia, Galantino; e Bianchi, e James, e chi più ne ha, più ne metta: l’elenco sarebbe dolorosamente lungo, quasi interminabile. Faremmo prima, assai prima, a ricordare quelli che non fanno parte della cricca modernista ed eretica e quelli che non razzolano nel fango e poi vanno a cercare puntelli teologici, si fa per dire, coi quali scusare, giustificare e perfino ostentare i loro turpi vizi. Che bello parlare dei poveri, e frattanto intascare un mucchio di soldi, come Maradiaga; oppure cianciare di dialogo e discernimento, e poi razzolare nel marcio, o tollerare il marcio in casa propria, come Coccopalmerio, o Ricca, o Zanchetta.
Come mai la massoneria ha fatto così tanta strada dentro il cuore della Chiesa, e da dove è venuta fuori la mafia di San Gallo?
D’altra parte, sempre se vogliamo essere onesti, sappiamo benissimo che il signore argentino non avrebbe mai potuto fare quel che sta facendo, e né incoraggiare o tollerare i suoi a fare e dire quel che fanno e dicono, se non gli fosse stato dato il potere di farlo: sappiamo benissimo, perciò, che la crisi della Chiesa non nasce con lui, non comincia affatto con lui, ma con lui sta culminando, dopo aver fatto, pressoché indisturbata, molta strada. Possiamo prendercela con la mafia di San Gallo, allora: con Danneels, con Martini, eccetera; ma è chiaro che non sarebbe una analisi sufficiente. Bisogna risalire più indietro: da dove è venuta fuori, la mafia di San Gallo? Come mai la massoneria ha fatto così tanta strada fin dentro il cuore della Chiesa? E allora bisogna risalire agli anni di Wojtyla, che poi sono gli anni ruggenti dello I.O.R. di Marcinkus e delle relazioni pericolose con Gelli, Ortolani, Calvi e Sindona: gli anni delle relazioni con la massoneria e con la mafia. Tutto per fare cassa e poter finanziare Solidarnosc: tale, lo sappiamo, era il disegno del papa polacco. Un disegno che pretendeva di operare il bene, abbattere il regime comunista, servendosi del male, i soldi dei banchieri mafiosi e massoni. Un disegno talmente tenebroso, talmente sporco, che forse è costato la vita a papa Luciani, eliminato - ma non ne avremo mai le prove – perché aveva scoperto il gioco del suo predecessore e intendeva rimuovere i Villot e i Marcinkus, e combattere la massoneria ecclesiastica. Mio Dio quanto marciume; e quanta ipocrisia.
Avere due papi è la prova "provata" del "Golpe"? E' un disegno che parte da lontano, talmente tenebroso, talmente sporco, che forse è costato la vita . . . a papa Luciani !
Ma non basta ancora. Queste cose non sono spuntate fuori dal cilindro del prestigiatore: covavano già. Quando la massoneria ecclesiastica si è insediata con forza dentro i sacri palazzi, se non dal momento dell’elezione di papa Giovanni, e poi durante il pontificato di Paolo VI? Guarda caso, gli anni del Concilio: l’opera terribile di devastazione che questo ha innescato, con la subdola abilità di presentarsi in vesti melliflue e seducenti, sì da ingannare la quasi totalità dei fedeli dietro le parole d’ordine del rinnovamento, dell’apertura, del dialogo, del mettersi in relazione con il mondo, del passare da un atteggiamento puramente difensivo a un atteggiamento costruttivo, fiducioso, aperto e coraggioso. E intanto il Concilio stravolgeva l’intera prospettiva della Chiesa, il senso stesso della sua missione: ispirato da un teologo eretico, fornicatore e larvatamente protestante, Rahner, sul piano dottrinale, e da un arcivescovo massone, Bugnini, quanto alla cosiddetta riforma liturgica. In realtà, fu una rivoluzione: ecco perché ora Bergoglio se ne viene fuori a dire che il cristianesimo è rivoluzionario. È falso, naturalmente; ma egli lo può dire perché il Concilio fu realmente una rivoluzione, e ha abituato i cattolici a una mentalità rivoluzionaria: una mentalità che non ha nulla a che fare col Vangelo, col Magistero, con la vera dottrina di sempre; e che non ha nulla a che fare con Gesù Cristo, con l’Incarnazione e la Redenzione. L’idea stessa di rivoluzione è totalmente contraria al Vangelo, perché unisce l’incitamento all’odio di classe alla pretesa dell’uomo di redimersi da sé, ma su un piano puramente terreno e immanente. O si crede nella rivoluzione o si crede nella Redenzione di Cristo: ma tale è stato il cattivo seme conciliare.
Dove eravamo noi, noi cattolici laici, mentre ci scippavano la vera Chiesa?
Così, siamo arrivati al conclave del 1958: il pettine è arrivato al nodo. È lì che le cose hanno cominciato a prende una brutta china, la Chiesa cattolica a deragliare: quando è morto Pio XII ed è stato eletto il tanto decantato “papa buono” (come se gli altri fossero stati “cattivi”)? Certo, vi sono gravi sospetti che tanto Roncalli che Montini fossero massoni: ma se anche così fosse, ed è probabile, ciò basterebbe a spiegar tutto? Oppure, al contrario, questo non richiederebbe forse una spiegazione adeguata: capire, cioè, come sia stato possibile che la massoneria sia riuscita a piazzare sulla cattedra di san Pietro i suoi uomini fin da allora, decenni prima che si costituisse la mafia di San Gallo? Se un complotto c’è stato, non è nato nel 2013: è nato nel 1958. Ma come è potuto accadere? La Chiesa pareva solida, la dottrina pareva eterna, il clero pareva agguerrito e ben preparato, conscio della sua alta missione. Un James Martin, allora, sarebbe stato cacciato a pedate nel sedere; e un Enzo Bianchi sarebbe stato scomunicato, pur essendo un semplice laico, produttore di vino (cosa che ancora oggi molti non sanno, o trascurano di considerare). Ma evidentemente, era solo apparenza: l’organismo non era così sano come appariva, altrimenti un così terribile virus sarebbe stato bloccato immediatamente dagli anticorpi. Eccoci dunque finalmente arrivati a una prima conclusione: la Chiesa era già malata prima ancora del Concilio; non è possibile, non è onesto, vedere nel Concilio la causa della deriva modernista, laicista e filo-protestante, bensì bisogna vedere in esso un effetto. La causa, invece, stava a monte.
Poveri sciocchi cattolici progressisti: la Chiesa, a partire dall’Umanesimo, quale idea ha rappresentato, se non quella di un progressivo adattamento al mondo, alle nuove tendenze della politica, dell’economia, della finanza, del pensiero, della scienza, dell’arte, spacciato per dialogo, apertura ed inclusione?
Ma dove, allora? Dobbiamo forse proseguire all’infinito con questa risalita indietro? Dovremo sempre spostare più in là l’origine del male che oggi sta divorando la Chiesa, la sta letteralmente dissolvendo sotto i nostri occhi, lasciandoci muti, impotenti e amareggiati? Non occorre essere filosofi di professione per capire che qualsiasi regressus ad infinitum non ha senso, serve solo a spostare continuamente l’oggetto della ricerca, senza arrivare mai a una causa prima. Certo, solo pochi anni innanzi al Concilio c’era stato l’affaire Teilhard de Chardin: una vicenda assai significativa, che indicava come proprio i più ferrei custodi della Tradizione, i gesuiti, si stessero mettendo per una strada ben diversa, stessero battendo i pericolosi sentieri della ricerca teologica orgogliosa, succube della scienza evoluzionista. Il male era lì: nell’evoluzionismo, nello storicismo, nell’immanentismo. E possiamo anche notare che il cattivo seme del modernismo esisteva già da oltre mezzo secolo prima del Concilio, tanto è vero che san Pio X lo aveva colpito nel 1907, con l’enciclica Pascendi. Ma ciò significa che sin dagli ultimi decenni dell’800 il male camminava e si diffondeva. E prima? Prima c’era stato il cattolicesimo liberale; c’era stato Rosmini: e non è un caso che la sua figura, a torto o a ragione, sia stata messa sulle bandiere dei progressisti al Concilio. Forse don Milani aveva in mente le sue Cinque piaghe, e forse tutti i novatori e i rivoluzionari del post-concilio si sentivano un po’ gli eredi del filosofo di Rovereto, senza avere, però – a cominciare da don Milani – neanche l’ombra della sua santità, per non parlare della sua obbedienza. E prima ancora? Prima c’era stata la Rivoluzione francese, e prima l’Illuminismo, e prima il Rinascimento… A ciascuna di queste tappe nella storia delle idee, corrisponde una crescente infiltrazione di esse nel tessuto della Chiesa. Tale infiltrazione è stata portata avanti soprattutto dalla massoneria: non, quindi, dal 1900, ma almeno a partire dal 1700. Quella è gente che non ha fretta e che pensa in grande, molto in grande: ha la pazienza di seminare e di aspettare a raccogliere quando i tempi sono maturi; e adesso lo sono. A partire almeno dall’Umanesimo, non è stata più la Chiesa che ha cercato di convertire il mondo, ma il mondo che ha iniziato a convertire la Chiesa: nonostante l’opera eroica di alcuni grandi Santi. Di fatto, a partire dagli albori della modernità, la Chiesa ha perso l’iniziativa; si è attestata a difesa; ma chi si limita a difendersi, prima o poi soccombe. Le guerre non si vincono mai stando solo sulla difensiva; vince chi ha più mezzi, ma soprattutto chi rappresenta un’idea e con quell’idea va all’attacco, e conquista le posizioni nemiche. E la Chiesa, a partire dall’Umanesimo, quale idea ha rappresentato, se non quella di un progressivo adattamento al mondo, alle nuove tendenze della politica, dell’economia, della finanza, del pensiero, della scienza, dell’arte, spacciato per dialogo, apertura ed inclusione? Poveri sciocchi cattolici progressisti, almeno quelli in buona fede (se pure ce ne sono). Come il bambino che si è perso, va dicendo a tutti che si è persa la sua mamma, non lui; così i cattolici del dialogo dicono di aver incluso il mondo, e non vedono che è stato il mondo a divorarseli in un boccone, vestiti e scarpe compresi.
Il falso "papa" gesuita, messo al vertice della cricca modernista ed eretica: la crisi della Chiesa non nasce con lui, non comincia affatto con lui, ma con lui sta culminando.
Ma non è ancora finita. Non basta individuare l’origine e le cause del male: bisogna ancora fare la cosa più importante: l’esame di coscienza. Dove eravamo noi, noi cattolici laici, mentre tutto ciò avveniva? Sì, il clero ha avuto le sue pesanti responsabilità. Mentre cardinali e vescovi massoni tramavano nell’ombra, molti, troppi sacerdoti non sapevano parlare, non sapevano spiegare, presentavano ai fedeli una religione fatta di formule, di riti esteriori, di automatismi, una religione legnosa, artritica, senza slancio, senza entusiasmo, senza capacità di parlare in maniera convince e autorevole. Non tutti, ma molti: forse troppi. Così i cattolici sono stati battezzati, comunicati e cresimati, però con un vero deficit culturale e soprattutto spirituale: senza conosce bene la dottrina e senza, soprattutto, aver fatto esperienza della vita interiore, ma solo ripetendo formule astratte. Ciò detto, rimane il fatto che i laici hanno comunque ricevuto le basi di una dottrina ancora integra e sana, di una dottrina non adulterata da quei germi di eresia che oggi la dilaniano e la stravolgono. Hanno anche ricevuti dei buoni, o dei discreti, esempi di vita cristiana: c’erano ancora non pochi sacerdoti ben preparati, seri, coerenti, capaci di far vedere ai loro parrocchiani, e specialmente ai bambini, la verità e la bellezza del Vangelo, con il loro esempio di vita oltre che con le parole e le cerimonie. Anche nelle famiglie c’erano delle figure autorevoli in fatto di spiritualità, specialmente le mamme e le nonne: c’era la frequenza ai Sacramenti, c’era la recita quotidiana del Rosario, c’era l’osservanza del digiuno, e c’era, più importante di tutto, il timor di Dio, insieme alla pratica delle buone opere, senza le quali la fede è fatta di aria. E così come c’erano tante brave maestre, non tutte, ma parecchie, così c’erano tante belle figure di cristiani, fra i sacerdoti, fra gli insegnanti, fra i parenti, fra i vicini di casa, fra gli amici di famiglia. C’erano dei buoni libri, c’era la buona stampa: c’era un giornale, Famiglia Cristiana, che era veramente cattolico, ed era ben fatto; e c’era un giornale a fumetti per i bambini, Il Giornalino, che era buono e bello, e accompagnava i sogni e le fantasie dei giovanissimi, mostrando loro che si può evadere in un mondo di fantasie avventurose senza per questo discostarsi dal retto sentiero della vita cristiana e degli ideali cristiani. C’erano tutte le condizioni, insomma, perché i laici, avendo ricevuto un’educazione cristiana, facessero tesoro di quanto appreso e lo custodissero gelosamente, per tramandarlo, a loro volta, ai propri figli. Invece così non è avvenuto: il serpente del consumismo si è introdotto nel giardino della nostra società a partire dagli anni ’50 e ’60, e non se n’è più andato, inquinando tutto con la sua bava, anche la fede, e trascinandola, via, via, verso il basso, verso il fango della passioni disordinate, degli stili di vita all’americana, superficiali e immorali.
La chiesa in uscita ha aperto i cancelli e le pecorelle si sono disperse, e i lupi sono entrati. Dov’è ora il buon pastore che dà la sua vita per loro?
Inutile lamentarsi ora: bisognava svegliarsi prima
di Francesco Lamendola
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