Ma se togliamo la Croce di Cristo non ci resta che il deismo (massonico)
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Sulla grande stampa è stato unanime il plauso per il documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, da papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar.
Ovviamente i tentativi di instaurare rapporti d’amicizia con il mondo islamico sono da accogliere positivamente, ma bisogna vedere come si costruiscono.
Quando nel testo della dichiarazione leggiamo a un certo punto che “il pluralismo e le diversità di religione” nascerebbero da “una sapiente volontà divina”, noi cristiani restiamo perplessi: affermare che le diversità di religione sono volute da Dio non significa forse entrare in contraddizione con la richiesta di Gesù di andare in tutto il mondo e proclamare il Vangelo a ogni creatura? Se le diversità di religione sono frutto della “sapiente volontà divina” vuol dire che le diversità vanno bene così, perché Dio non può volere qualcosa di sbagliato. Ma allora, se le diversità sono buone, perché Gesù ha esortato a evangelizzare tutte le genti?
Alcuni osservatori hanno sostenuto che in realtà tale contraddizione non c’è. La dichiarazione, si dice, afferma che ogni religione possiede peculiari valori per i quali esse si completano e si arricchiscono a vicenda, ed è per questo che Dio vuole la pluralità. Altri ancora hanno detto che Dio può tollerare le differenze per rispetto della libertà umana. Ma sono spiegazioni che suonano capziose e non fanno i conti con la questione della vera religione né con il mandato missionario che Gesù ha assegnato agli apostoli. E comunque il risultato della dichiarazione è stato quello di rafforzare nell’opinione pubblica il comune sentire, secondo il quale tutte le religioni sono uguali, tutte sono accettabili, tutte nascono alla fin fine da convinzioni personali e nessuna può sostenere di essere più vera di un’altra. Nulla a che fare con la religione rivelata.
L’altro motivo di perplessità riguarda l’accento posto con grande enfasi sulla fraternità, valore bellissimo, ma che, dalla prospettiva cattolica, va a sua volta precisato.
Ne parliamo con il teologo e liturgista monsignor Nicola Bux, studioso dell’Oriente che ha conseguito un dottorato al Pontificio Istituto Orientale di Roma, ha soggiornato e insegnato a Gerusalemme e collaborato con l’esperto di Islam padre Samir Khalil Samir. Fu inoltre nominato da Benedetto XVI perito al sinodo sul Medio Oriente nel 2010.
Monsignor Bux, inutile nasconderlo: fin dal titolo, l’incontro di Abu Dhabi presenta un retrogusto che sa di relativismo e sincretismo. Ed anche, diciamolo fuori dai denti, di massoneria. È stato caratterizzato infatti da un umanitarismo di stile prettamente massonico. Viene in mente Il padrone del mondo di Benson, là dove si profetizza che, con il contributo della massoneria, in futuro sarà l’umanitarismo la “religione” universale e avrà un proprio rituale e un proprio credo. Come abbiamo puntualmente visto ad Abu Dhabi.
È vero. Mi hanno fatto notare che cliccando su Google “documento fratellanza umana” dopo un po’ esce “La luce massonica”. La Dichiarazione di Abu Dhabi è un documento dal tono geo-politico ed è apparentemente condivisibile, ma in realtà recepisce il programma massonico di un solo governo mondiale. Si usano concetti, come quello di famiglia, che sono interpretati e vissuti diversamente dalla dottrina cattolica e da quella islamica. Soprattutto, come direbbe l’Apostolo, si ricorre ad “argomenti persuasivi di sapienza umana” (1 Cor 2,2s), ben diversi, per esempio, da quelli dei martiri gesuiti giapponesi, san Paolo Miki e compagni: “Non c’è altra via di salvezza, se non quella seguita dai cristiani”. Una cosa è la sapienza umana, un’altra il mistero della fede e della salvezza. Gesù non ha firmato col sommo sacerdote ebreo Caifa e col pagano Ponzio Pilato una dichiarazione, ma è morto in croce. La Croce è sapienza e potenza di Dio, scandalo per i giudei e follia per i pagani. Quando la Chiesa prescinde dalla Croce, riscuote l’applauso del mondo, ma non il gradimento di Dio. “La sapiente volontà divina” a cui accenna la Dichiarazione non risiede nel pluralismo delle religioni, ma nella Croce di Cristo, venuto per radunare i figli di Dio che erano dispersi e per fare dei due un solo popolo. È qui la radice della vera fratellanza umana.
Occorre poi notare che far risalire la diversità di religioni alla “sapiente volontà divina” suona come parafrasi della sura 5, in cui è Allah che parla: “A ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Vi ha voluto però provare con quel che vi ha dato. Gareggiate in opere buone: tutti ritornerete ad Allah ed Egli vi informerà a proposito delle cose sulle quali siete discordi” (Corano 5, 48)”.
Parlavamo di massoneria: in Medio Oriente c’è? E tra ebrei e musulmani?
In Medio Oriente, così come in America Latina, vi sono potenti logge massoniche, ma gli ebrei e i musulmani che vi appartengono – in genere persone di alto livello o di potere – non sono ben visti dai rispettivi correligionari e spesso sono considerati traditori della religione, perché vogliono servire due padroni.
Torniamo alla dichiarazione di Abu Dhabi. Dal testo sembra emergere l’idea che cristiani e musulmani siano complementari. Ma un cristiano può accettare quest’idea?
Tra i cattolici, analogamente a quanto è successo con il dialogo ecumenico, che ha indotto non pochi a ritenere che la Chiesa cattolica sia complementare ad altre chiese cristiane, il dialogo interreligioso ha portato non di rado a ritenere la Rivelazione di Gesù Cristo complementare al contenuto delle altre religioni, in quanto nessuna da sola avrebbe la verità. Ma a questo punto sorge una domanda: se le cose stanno così, si può ancora parlare del cristianesimo come della vera religione? Giovanni Paolo II nel 2000 volle dare una risposta con la Dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, affidata all’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger. Vi si afferma che le visioni relativistiche, secondo le quali tutte le religioni sono valide vie di salvezza, non possono essere accettate. Resta dunque valida la pretesa cristiana di essere la religio vera, in cui metafisica e storia si sono rapportate ed è avvenuta la sintesi tra ragione, fede e vita. Questo era anche il presupposto della lezione di Benedetto XVI a Regensburg. Invece nella Dichiarazione di Abu Dhabi, pur ripetendo alcune volte “in nome di Dio”, non si nomina mai Gesù Cristo. Ma la Chiesa cattolica sa che “non v’è altro nome nel quale è stabilito che gli uomini abbiano salvezza”(At 4,12)! Se si esclude questa pietra angolare, qualsiasi sforzo dei costruttori è vano.
Quando noi ci poniamo questi problemi, che dovrebbero nascere spontanei nella coscienza di un cattolico alla luce del Vangelo di Gesù, veniamo facilmente attaccati come “sedicenti cattolici” e “complottisti” oltre che “ultra-tradizionalisti”. Lei come risponde?
Rispondo che siamo cattolici i quali sanno coniugare tradizione e innovazione. Non servono i pregiudizi ideologici, ma le risposte agli argomenti che vengono dalla Scrittura e dal magistero. La Dichiarazione di Abu Dhabi è in contrasto con la Dominus Iesus, mette in questione la fede e provoca turbamento. Sovvengono le parole di Paolo VI, quando affermò che “all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia” (Conversazione con Jean Guitton, 8 settembre 1977).
Del resto in nome del “pluralismo religioso” è stata prodotta teologia quanto meno singolare…
Certamente. L’idea del pluralismo religioso non di rado si è tradotta tra i cattolici in affermazioni teologiche ed ipotesi erronee e ambigue, come attribuire ai testi sacri di altre religioni la medesima ispirazione della Bibbia; fare di Gesù una figura non esclusiva ma complementare ai fondatori delle religioni; intendere l’attività dello Spirito Santo in modo indipendente da Cristo; ritenere che nel dialogo interreligioso, a proposito del significato e del valore dell’evento salvifico di Cristo, si possano omettere termini come “unicità”, “universalità”, “assolutezza” (cfr DI, n.15). La mentalità relativistica, penetrata nella Chiesa, rifiuta il carattere definitivo e universale della rivelazione di Gesù Cristo (cfr DI, n 5). Invece Egli è l’unico vero rivelatore del Padre (cfr Gv 1,18). Chi, dunque, nell’itinerario del dialogo interreligioso odierno, omette l’annuncio di Cristo redentore o tace la scelta divina dell’Incarnazione, compie una retrocessione nell’economia salvifica e favorisce il deismo, in specie quello massonico.
Nella Dichiarazione di Abu Dhabi manca qualsiasi riferimento al peccato, alla conversione e alla salvezza, ovvero a tutto ciò che rende possibile l’unità e la pace proclamate da Gesù, alla base della vera fraternità. Anche questo aspetto mi sembra significativo.
Era inevitabile, vista la natura del documento. Ma i cattolici devono sapere che né l’Onu delle nazioni né qualunque tipo di Fratellanza delle religioni potranno mai realizzare una unità più vera di quella che la Chiesa manifesta con la missione ad gentes, e non per virtù propria, ma del mistero di Cristo che si riflette in essa. Dispiace che anche qualche missionario di lungo corso in queste ore se ne sia dimenticato.
Ma la Dichiarazione di Abu Dhabi sarà accolta dall’Islam ortodosso?
Bella domanda. Di certo essa contrasta con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’Islam (Il Cairo, 1990), di cui i paesi islamici si dotarono perché non condivisero quella dell’Onu. Infatti, il Corano e la Sunna (Tradizione) mirano a proteggere la comunità islamica, non l’individuo; pertanto l’Islam non considera fratelli, né esseri umani con la stessa dignità, gli appartenenti alle religioni ebraica e cristiana; tantomeno quelli di altre religioni e gli atei. Il cristianesimo invece riconosce pari dignità a uomini e donne in ragione della creazione divina e della redenzione operata da Gesù Cristo: per questo non si può prescindere da Lui quando si parla di fratellanza universale. Ricordiamo san Paolo: “non sapere altro… se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1 Cor 2,2). Può la Chiesa cattolica ricorrere a un metodo diverso da quello apostolico? No. Possiamo certamente usare l’espressione “fratellanza universale” e anche “nuovo ordine mondiale”, ma non nel senso in cui lo usavano la rivoluzione francese o George Bush ai tempi della Guerra del Golfo, bensì nel senso in cui lo usava Gesù: “Uno solo è il maestro, voi siete tutti fratelli… E non fatevi chiamare ‘maestri’ perché uno solo è il Maestro, il Cristo” (Mt 23,8).
Insomma c’è il rischio della mistificazione…
Certamente. Gesù Cristo ha rivelato che solo riconoscendo Dio Padre e diventando figli in Lui, Figlio, noi siamo fratelli. Se si adottano due orfani, essi sapranno di essere fratelli solo quando riconosceranno il padre. Se da soli sapessero riconoscersi fratelli, perché farli adottare da un padre? La fratellanza degli israeliti era di natura etnica e religiosa, quindi naturale; ma con il Nuovo Testamento per mezzo della rinascita in Cristo diventa soprannaturale e solo così abbraccia veramente tutti gli uomini. La rinascita avviene col battesimo. Per questo Gesù ha chiesto di battezzare tutte le creature, al fine di estendere la figliolanza e favorire la fraternità soprannaturale. Il fondamento di tutto ciò è la morte redentrice di Cristo. La preferenza fraterna va verso i fratelli di fede (cfr Gal 6,60;2 Pt 1,7) però deve restare aperta al prossimo (cfr Lc 10,30-37). Comunque, bisogna guardarsi dai falsi fratelli al nostro interno, perché la fraternità soprannaturale non nasce dal legame con gli uomini, ma con Dio (cfr 1 Ts 1,4). La Dichiarazione sulle religioni non cristiane (Nostra aetate) del Vaticano II, premettendo che la vera religione è quella cristiana (n.1), può affermare la necessità del comportamento fraterno che tolga ogni appiglio a discriminazioni e atti contro la dignità dell’uomo (n.5). Mi chiedo: gli estensori della Dichiarazione di Abu Dhabi hanno chiarito reciprocamente tutto questo prima di redigerla, oppure si è lasciato a ciascuno di recepirla a modo suo?
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Intanto fra le numerose voci critiche circa la Dichiarazione di Abu Dhabi particolarmente significativa e decisa appare quella del professor Josef Seifert. Il filosofo austriaco, infatti, in un articolo nel quale si domanda “Come può Dio volere religioni che negano la divinità e la resurrezione di Cristo?”, afferma che la dichiarazione ha un contenuto eretico perché trasforma Dio in un relativista che “non sa” che esiste una sola verità e “non si interessa” del fatto che gli uomini credano il vero o il falso.
Secondo Seifert con il documento di Abu Dhabi papa Francesco rifiuta il cristianesimo e lascia intrendere che Dio si oppone a una Chiesa, come quella cattolica, che respinge ogni relativizzazione della religione cristiana.
Seifert chiede dunque a Francesco di abiurare la sua eresia: “Se non lo fa, temo che si possa applicare la legge canonica, secondo cui un papa perde automaticamente il suo ufficio petrino se professa un’eresia, e specialmente se professa la somma di tutte le eresie”.
A cura di Aldo Maria Valli
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