Riflessioni sul Congresso delle Famiglie di Verona
(di Roberto de Mattei) Dopo dodici tranquilli e inoffensivi congressi tenuti in tutto il mondo, Brian Brown, presidente del World Congress of Families (WCF), non poteva certo immaginare il clima incendiario che ha circondato la 13esima edizione dell’evento, svoltasi a Verona dal 29 al 31 marzo 2019.
“E’ a Verona – scrive Massimo Recalcati– che va in scena lo scontro politico tra le due anime del governo” (“La Repubblica, 31 marzo). Ed è vero. Le polemiche che si sono accese attorno al Convegno sono nate soprattutto dal desiderio della sinistra di allargare le divisioni che esistono tra i due movimenti della Lega e dei Cinque Stelle al governo. Certamente questo non era nelle intenzioni degli organizzatori, che avrebbero però dovuto prevedere le conseguenze della vistosa passerella politica inscenata nel congresso, a cui hanno partecipato professori, esperti, leader pro-life di valore che non hanno avuto però le luci della ribalta.
Al di là delle buone intenzioni, leggiamo poi con preoccupazione queste parole nel documento conclusivo del congresso:
“Tra le richieste della Dichiarazione di Verona: il riconoscimento della perfetta umanità del concepito; la protezione da ogni ingiusta discriminazione dovuta all’etnia, alle opinioni politiche, all’età, allo stato di salute o all’orientamento sessuale; la tutela delle famiglie in difficoltà economiche, specie se numerose, e delle famiglie rifugiate; il contrasto all’inverno demografico, tramite leggi che incentivino la natalità” (Notizie Pro Vita 31 marzo).
Purtroppo questa dichiarazione accetta una categoria giuridica estranea alla legge naturale e al vero diritto: il principio di non-discriminazione. Il vero diritto discrimina, in quanto favorisce e tutela alcuni comportamenti, ritenendoli giusti e ne scoraggia e reprime altri, ritenendoli ingiusti e dannosi. Il principio di non discriminare gli orientamenti sessuali appartiene ai “nuovi diritti” introdotti per capovolgere la legge naturale e cristiana. La non discriminazione degli orientamenti sessuali significa infatti la parificazione di tutte le tendenze e le scelte in campo sessuale, quali esse siano. Ogni critica pubblica di un comportamento difforme dalla legge divina e naturale sarebbe una forma di discriminazione. Chi sostenesse, ad esempio, che la scelta omosessuale è un vizio contro-natura cadrebbe in una forma di discriminazione omofobica, che andrebbe punita dalla legge. Ciò è coerente con quanto ha affermato Luca Zaia, secondo cui “Se esiste una patologia è l’omofobia, non l’omosessualità“, ma quale coerenza ha con la concezione cristiana professata dalla larga maggioranza dei partecipanti al Congresso di Verona? Una volta accettato il famigerato principio di non-discriminazione degli orientamenti sessuali, non si potranno più criticare pubblicamente i comportamenti contrari alla morale cristiana, definendoli, ad esempio “tendenze disordinate”, come fecero Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Se il Congresso è stato la “mente” dell’”evento”, il “cuore”, secondo gli organizzatori è stata la Marcia per la Famiglia che si è svolta domenica 31 marzo. Il presidente del comitato Difendiamo i nostri Figli Massimo Gandolfini, che ne è stato il protagonista, ha voluto far propria la linea indicata dal presidente della CEI Gualtiero Bassetti: “non trasformiamo la famiglia in un’occasione di scontro”. A chi li accusava di combattere una battaglia in difesa della famiglia, gli organizzatori hanno risposto che non si trattava di una battaglia ma di “una proposta”. Sarebbe stato meglio che avessero risposto: non è una battaglia, ma è una guerra. Una guerra aperta, dichiarata dalle femministe e dagli attivisti gay, che il 30 marzo hanno invaso Verona, guidati da Monica Cirinnà, al grido: “Siamo le streghe che non avete bruciato”. Nel loro corteo spiccava una marionetta del senatore leghista Simone Pillon dentro una gabbia e uno striscione con scritto “un orgasmo vi seppellirà”. Il lancio davanti alla Gran Guardia di fumogeni, assorbenti e bottigliette vuote, esprimeva la violenza di cui è carico questo vero e proprio partito dell’odio. La violenza non è solo teorica. Sei milioni di bambini uccisi in Italia grazie alla legge 194 sono il bilancio della guerra in corso. Di fronte a questo massacro, come si può dire di non essere contro la legge abortista?
Tutti gli uomini politici intervenuti al Congresso di Verona, da Matteo Salvini aGiorgia Meloni, hanno affermato che la legge 194 e “i diritti acquisiti” non si toccano. Ciò è grave, perché conferma che nessun deputato in parlamento è pronto a battersi pubblicamente per la difesa integrale della vita. Ma più grave ancora è il fatto che nessuno dei rappresentanti del Congresso, anche solo per correggere il tiro, si sia espresso pubblicamente per l’abrogazione totale della legge 194 o della legge Cirinnà sulle unioni civili. E’ per questo che, come osserva il prof. Corrado Gnerre, il messaggio mediatico che è passato è “che i diritti acquisiti non si devono toccare. Che la 194 non si deve toccare. E che quello che si vuole è solo un maggiore spazio e un po’ più di riconoscimento giuridico per la famiglia tradizionale. Ben poca cosa!”
“Perché tutte le leggi si possono discutere ma la 194 no?” si è chiesto Mario Giordano su “La Verità” (31 marzo). Perché, si potrebbe rispondere, nessuno la mette in discussione nella sua totalità e nei suoi fondamenti ideologici. Nessun uomo politico e pochi tra i rappresentanti dei movimenti pro-life italiani osano affermare che questa legge infame va cancellata in toto. Ma in toto la vorrebbero certamente abrogare le migliaia di partecipanti che con generosità ed entusiasmo sono giunti a Verona per partecipare alla Marcia di domenica. Essi costituiscono un popolo della vita che cresce e che deve essere adeguatamente rappresentato, in nome degli autentici principi non negoziabili, e non in nome della Costituzione italiana, che non è intoccabile e che costituisce l’inizio della laicizzazione della nostra società.
Gandolfini ha fatto riferimento al necessario ossequio a papa Francesco, che però, sull’aereo che lo portava in Marocco, ha ripetuto le parole del cardinale Parolin, di condividere “la sostanza, ma non le modalità del convegno”. Quali sono le modalità da cui il Francesco vuole prendere le distanze? Si voleva forse riferire alla presenza al Congresso del ministro Salvini, che il Santo Padre si rifiuta di ricevere finché non cambia la sua politica sui migranti? Si tratterebbe di una considerazione prettamente politica che, come tale, sarebbe più che legittimo non condividere. Del resto papa Francesco ha ricevuto nel mese di marzo il gruppo LGBT+Catholics Westminster Pastoral Council e riceverà venerdì una commissione guidata dal professore argentino Raul Eugenio Zaffaroni, che gli illustrerà una ricerca sulla criminalizzazione delle relazioni omosessuali (Il Fatto quotidiano, 31 marzo). Zaffaroni è un intellettuale di sinistra favorevole all’aborto e ai matrimoni gay, oppositore, come il Papa, del governo di Mauricio Macri. Lo stesso Zaffaroni ha annunciato, per questa occasione, un “discorso storico” di papa Francesco di apertura e solidarietà agli omosessuali. Alle obiezioni che gli fossero rivolte, papa Francesco forse risponderebbe che si tratta solo di nuove modalità pastorali. Per questo non è solo sulla sostanza, ma anche sulle modalità di azione che oggi bisogna confrontarsi, cercando non ciò che piace a noi, ma ciò che è più perfetto e più gradito a Dio. Sarà Lui, in ultima analisi a tracciare la strada e a dare la vittoria a chi combatterà bene la buona battaglia in difesa della vita e della famiglia.
Il Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona e la battaglia contro l’aborto
Venerdì 29 marzo u.s. Massimo Gandolfini, dal palco del «Congresso Mondiale delle Famiglie», ha dichiarato che dal 1978, anno di approvazione della legge 194 che legalizza l’aborto, in Italia sono stati uccisi, sottinteso “legalmente”, 6 milioni di bambini. L’affermazione ha suscitato reazioni sdegnate, normalmente scomposte, ma nessuna smentita nel merito, se non attraverso affermazioni generiche e/o clamorosamente false; un esempio fra i tanti è l’articolo dell’inviata di Repubblica Maria Novella De Luca «Verona, via tra le polemiche al Congresso Mondiale delle famiglie. Gandolfini: “Aborto omicidio, la legge 194 non aiuta”», in cui si dice espressamente che «il pro-life cita numeri non attendibili», quando i dati ufficiali del Ministero della Sanità ci dicono che, dall’entrata in vigore della legge al 31 dicembre 2017, gli aborti effettuati sono 5.895.368. Altra “provocazione” sarebbe stata, secondo i critici, la distribuzione di una riproduzione in gomma a grandezza naturale di un feto di 10 settimane, accompagnata da un cartoncino con la scritta «L’aborto ferma un cuore che batte», definito, nel medesimo articolo, «gadget-shock».
La questione, però, non è tanto sui toni, quanto sulla sostanza di fondo: coloro che criticano Gandolfini e, più in generale, il convegno di Verona non contestano e neppure condannano, in linea di massima, singole affermazioni, ma, normalmente senza dirlo in maniera particolarmente esplicita, negano il diritto a porre in discussione le cosiddette «conquiste di libertà», che fanno il discrimine tra una posizione politica o, anche solo, come nel caso di Verona, culturale accettabile ed una che non lo è. L’accusa, generica, è quella di voler negare diritti ad altri e, secondo questa logica, nessuno dovrebbe essere autorizzato a propagandare pubblicamente idee che, appunto, «tolgono diritti ad altri».
Prima di entrare nello specifico della questione dell’aborto, conviene soffermarsi sull’assoluta irrazionalità e, conseguentemente, falsità della tesi suddetta. Essa, in pratica, sostiene che l’estensione di alcuni “diritti”, o presunti tali, nei confronti di specifiche persone o categorie di persone non compromette quelli degli altri; si giunge ad affermare che sia legittimo rivendicare dei diritti solo se questo non compromette, diminuisce o elimina diritti altrui. Risulta difficile comprendere come una teoria tanto demenziale possa essere sostenuta con tanta arrogante baldanza.
Ogni diritto comporta, inevitabilmente, il dovere corrispondente, in capo a chi quel diritto deve rispettare. Il diritto alla vita in capo a ciascuno, ad esempio, comporta il dovere da parte di tutti gli altri all’astenersi dall’ucciderlo. Conseguentemente, l’estensione di diritti in capo a qualcuno comporta la diminuzione di diritti o l’estensione di doveri (che è un modo diverso di dire la medesima cosa) in capo a qualcun altro. L’attribuire, ad esempio, al coniuge superstite il diritto di subentro nel contratto d’affitto stipulato dal defunto, comprime il diritto di proprietà del padrone dell’immobile, che si vede legato contrattualmente ad una persona con cui non aveva stipulato alcun negozio giuridico.
Mentre, come abbiamo detto, ad ogni diritto corrisponde un dovere, di cui il titolare della legittima pretesa può esigere l’adempimento, non sempre è vero l’inverso: esistono doveri che non generano diritti corrispondenti, in quanto i loro beneficiari non possono pretendere che vengano assolti; esempio classico sono i doveri di carità.
Tornando, però, alla questione del convegno di Verona, si potrebbe dire, se non si trattasse di questioni tragiche, che si è caduti nel ridicolo. I sostenitori del cosiddetto «diritto della donna all’aborto» arrivano a sostenere il “diritto” della madre a sopprimere il nascituro che porta in grembo, che tale “diritto” non lede alcun diritto altrui e che, conseguentemente, chiunque voglia tutelare il diritto del nascituro alla vita, magari auspicando l’abolizione della legge 194, non lo può fare, perché è inaccettabile che qualcuno pubblicamente chieda che la legge «tolga dei diritti ad altri»!
La questione dell’aborto è divenuta un tema tabù, che non si ha il diritto di affrontare, soprattutto quando si riesce a farlo fuori dei cosiddetti circoli «dell’estrema destra cattolica». La rabbia e la scompostezza delle reazioni del fronte abortista dimostrano che, al suo interno, serpeggiano più paure più timore di quanto i sostenitori della vita normalmente pensino. Il convegno di Verona ha, se non altro, dimostrato che il mutamento del clima politico su altre questioni (immigrazione, Unione europea, Islam…) viene giustamente percepito come foriero di una possibile rimessa in discussione anche dei cosiddetti «diritti civili», di cui l’aborto è uno degli architravi.
Nonostante l’unanimismo pressoché assoluto dei mezzi di comunicazione di massa a cercare di far diga contro quello che viene percepito come un pericolo grave da tutta la sinistra, cui, ovviamente, si è accodato il Movimento 5 Stelle, i loro timori dimostrano di avere un fondamento, se alla manifestazione contro il convegno di Verona, svoltasi nella medesima città scaligera ed indetta dalle organizzazioni femministe, tra cui spicca, per ruolo organizzativo, «Non una di meno», dalle organizzazioni omosessualiste, dalle cosiddette «famiglie arcobaleno», dai Verdi, dai Radicali, dall’Arcigay, dai sindacati, con la presenza, tra gli altri, di Laura Boldrini, Livia Turco, Susanna Camusso e Maurizio Landini, hanno partecipato 20.000 persone, a fronte di una manifestazione dei sostenitori del Congresso Mondiale delle Famiglie di circa 50.000, secondo le prime informazioni.
Anche sul piano internazionale, le notizie si presentano tutt’altro che rassicuranti per gli abortisti: l’Amministrazione Trump, due giorni dopo l’insperata vittoria sulla questione del cosiddetto Russiagate (qui) vale a dire il deposito del rapporto finale del Procuratore speciale, Robert Mueller, nel quale si dichiara che non esistono prove che il Presidente e/o la sua campagna elettorale abbiano coinvolto la Russia nelle elezioni del 2016 (24 marzo 2019), riprende la guerra all’aborto su scala planetaria, che aveva incominciato all’indomani dell’insediamento. Il 26 marzo u.s., il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha annunciato che saranno colpite le organizzazioni, anche internazionali, che finanziano le associazioni che all’estero praticano o promuovono l’aborto oppure ne fanno oggetto di informazione promozionale; queste ultime si erano già viste congelare completamente tutti i fondi federali immediatamente dopo l’insediamento della nuova Presidenza.
Anche l’Amministrazione di Bush figlio aveva preso provvedimenti analoghi, ma il clima internazionale era molto diverso e, almeno su questo terreno, si era ritrovata completamente isolata, tanto che Barack Hussein Obama, una volta divenuto Presidente, aveva potuto smantellare tutto il lavoro compiuto e riprendere, come prima iniziativa in assoluto, a finanziare le organizzazioni abortiste. Oggi, però, la situazione completamente differente: la Russia di Vladimir Putin si è fortemente rafforzata e costituisce un modello politico che, pure in questo campo, esercita una forte attrattiva nei confronti di molti partiti europei; in Europa centrale le forze politiche di ispirazione cristiana e, comunque, favorevole al rafforzamento della famiglia e della natalità sono stabilmente al governo; in Europa occidentale le formazioni cosiddette “sovraniste” si stanno rafforzando e la questione della lotta al declino demografico è sempre più all’ordine del giorno; in Italia, infine, lo stesso Matteo Salvini, proprio a Verona, ha indicato, su questo argomento, l’Ungheria di Viktor Orbán come un modello anche per il nostro Paese.
La strada per un’inversione di tendenza sui temi eticamente sensibili è ancora lunga ed irta di ostacoli, ma molti segnali indicano la possibilità che, in tempi non eccessivamente lunghi, la battaglia possa essere combattuta e, forse, persino vinta.
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