Avevo tradotto una sintesi dell’intervista concessa dal card. Robert Sarah alla rivista francesce Culture à Valeurs Actuellessul suo ultimo libro, “Si fa sera e il giorno già volge al declino”, appena pubblicato in lingua francese. Ma la bellezza e la profondità di questa intervista mi ha spinto a tradurla integralmente. Per questo la propongo ai lettori di questo blog, nella speranza che la possano apprezzare anche loro.
Domanda: Perché ha scelto un titolo così cupo, che potrebbe spaventare il lettore? [Il titolo completo dell’edizione francese è: “Si fa sera e il giorno già volge al declino”.]
Card. Sarah: Questo libro è prima di tutto un richiamo alla chiarezza e alla lucidità. La Chiesa sta attraversando una grande crisi. I venti sono straordinariamente violenti. I giorni senza scandali, veri o falsi, sono rari. I fedeli possono quindi legittimamente interrogarsi al riguardo. Ho voluto che questo libro fosse destinato a loro. Spero che possano uscire dalla lettura con la gioia che Cristo dà: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» (Lc 24,29). La risurrezione del Figlio di Dio è ciò che dà speranza nelle tenebre.
La sua scelta di questo versetto del brano evangelico sui discepoli verso Emmaus è stata un modo per far notare che la Chiesa non mette sufficientemente Cristo e la preghiera al centro?
Credo fermamente che la situazione che stiamo vivendo all’interno della Chiesa assomigli sotto ogni aspetto alla situazione del Venerdì Santo, quando gli apostoli abbandonarono Cristo e Giuda lo tradì, perché il traditore voleva il suo disegno di Cristo, un Cristo preoccupato per le questioni politiche. Oggi molti sacerdoti e vescovi sono letteralmente affascinati da questioni politiche o sociali. In realtà, queste domande non troveranno mai risposte al di fuori dell’insegnamento di Cristo. Ci rende più capaci di solidarietà e fraternità; finché non avremo Cristo come fratello maggiore, il primogenito di una moltitudine di fratelli, non c’è carità solida, non c’è vera alterità. Cristo è l’unica luce del mondo. Come può la Chiesa allontanarsi da questa luce? Come può passare il suo tempo impantanarsi in questioni puramente materialistiche?
Certo, è importante essere sensibili alle persone che soffrono. Penso in particolare alle persone che lasciano il loro paese. Ma perché se ne vanno via dalla loro terra? Perché le loro nazioni sono state destabilizzate da autorità incredule che hanno perso Dio, per il quale il denaro e il potere sono le uniche cose che contano. Queste difficoltà sono immense. Ma, ripeto, la Chiesa deve prima di tutto restituire alle persone la capacità di guardare a Cristo: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il Cristo crocifisso è colui che ci insegna a pregare e a dire: “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. È guardando al Figlio di Dio che la Chiesa potrà imparare a portare gli uomini alla preghiera e a perdonare come Cristo. Questo libro significa cercare di restituire alla Chiesa il senso della sua grande missione divina. Perché possa portare le persone a Cristo che è la Speranza. Questo è il senso del titolo del nostro libro: oggi tutto è cupo, difficile, ma, qualunque siano le difficoltà che stiamo attraversando, c’è una sola Persona che può venire in nostro aiuto. È necessario che ci sia un’istituzione che conduca a questa Persona, e questa è la Chiesa.
Richiamare la Chiesa alla sua vera missione: questo è un modo di dire che a volte se ne allontana. Si arriva fino a denunciare i pastori che tradiscono le loro pecorelle, cosa che molti cattolici hanno difficoltà a credere…….
Il suo commento non è specifico della nostra epoca: guardi l’Antico Testamento, che ha un’abbondanza di pastori cattivi, quegli uomini che amano trarre profitto dalla carne o dalla lana delle loro pecore, senza prendersi cura di loro! Nella Chiesa ci sono sempre stati tradimenti. Oggi, posso dire senza timore che alcuni sacerdoti, alcuni vescovi e persino alcuni cardinali hanno paura di proclamare ciò che Dio insegna e di trasmettere la dottrina della Chiesa. Hanno paura di essere visti come reazionari. E così dicono cose confuse, vaghe, imprecise, per sfuggire a ogni critica, e sposano la stupida evoluzione del mondo. Questo è un tradimento: se il pastore non conduce il suo gregge nelle acque riposanti, verso i pascoli verdi di cui parla il salmo, se non lo protegge dai lupi, quel pastore è un criminale che abbandona le sue pecore. Se non insegna la fede, se si diverte nell’attivismo invece di ricordare alla gente che sono fatti per la preghiera, tradisce la sua missione. Gesù dice: “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge” (Mt 26,31). Questo è ciò che sta accadendo oggi. La gente non sa più a chi rivolgersi.
Oggi non c’è per alcuni la tentazione di allineare la Chiesa ai valori del mondo per smettere di essere segno di contraddizione nei suoi confronti?
Ovviamente, c’è una grande maggioranza di sacerdoti che rimangono fedeli alla loro missione di insegnare, santificare e governare. Ma c’è anche un piccolo numero che cede alla morbosa, malvagia tentazione di allineare la Chiesa ai valori attuali delle società occidentali. Soprattutto vogliono che la gente dica che la Chiesa è aperta, accogliente, attenta, moderna. Ma la Chiesa non è fatta per ascoltare, è fatta per insegnare: è Mater et magistra, madre e maestra. Certo, una mamma ascolta il suo bambino, ma è lì in primo luogo per insegnare, guidare e sorvegliare, perché sa meglio dei suoi figli quale strada intraprendere. Alcuni hanno adottato le ideologie del mondo di oggi con il fallace pretesto di essere aperti al mondo; ma invece dovremmo portare il mondo ad essere aperto a Dio, che è la fonte della nostra esistenza.
Nel suo libro lei parla di una crisi della teologia morale: non è soprattutto la tentazione di sacrificare la dottrina alla cura pastorale, cioè il contenuto al contenitore, e un falso concetto di misericordia, così preoccupato di vantare la sua comprensione da dimenticare di ricordare le regole del vivere bene?
Tutta la pastorale è come una casa: se non ci sono fondamenta, la casa crolla. La pastorale deve essere costruita sull’insegnamento della Chiesa. Troppo spesso si dimentica la dottrina per concentrarsi esclusivamente sulla pastorale; ma poi si tratta di una pastorale vuota, puerile e stupida. Non si può sacrificare la dottrina a una pratica pastorale ridotta a parte congruente della misericordia: Dio è misericordioso, ma solo nella misura in cui riconosciamo di essere peccatori. Per permettere a Dio di concedere la sua misericordia, è necessario ritornare a Lui, come il figliol prodigo. C’è una tendenza perversa a falsificare la pastorale, a contrapporla alla dottrina e a presentare un Dio misericordioso che non esige nulla: ma non esiste un padre che non esige nulla dai suoi figli! Dio, come ogni buon padre, è esigente, perché ha grandi ambizioni per noi. Il Padre vuole che siamo a sua immagine e somiglianza.
Lei parla della fede dei credenti che diventa insipida, quello che Benedetto XVI ha definito “cristianesimo borghese” o quella che papa Francesco chiama la “paganizzazione della vita cristiana”. Non sono forse questi cristiani, che non vogliono più essere il sale della terra ma preferiscono essere il suo zucchero, una sfida ancora più grande delle eresie del passato?
Questa sorta di morbidezza o insipidezza fa parte della cultura contemporanea: è necessario essere tolleranti, rispettare le persone, crescere con loro. Certo, abbiamo il dovere di essere comprensivi, di camminare al fianco delle persone, ma allo stesso tempo è necessario aiutarle a rafforzare i loro muscoli. Ci vogliono i muscoli per diventare alpinisti. Per scalare la montagna di Dio sono necessarie le stesse qualità: ci vogliono i muscoli della fede, della volontà o della speranza, dell’amore. È importante non ingannare i fedeli con una religione amorale morbida e poco esigente. Il Vangelo è esigente. “Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te! E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te! (cfr Mt 5, 29-30). Il nostro ruolo è proprio quello di portare le persone a questa esigenza evangelica.
Lei scrive che “l’Occidente sta sperimentando la solitudine radicale, volutamente desiderata, dei dannati”. Come parla di Dio a persone che, come lei scrive, “non sentono il bisogno di essere salvate”?
Guardiamo a Cristo: lei pensa che le persone che aveva davanti a sé volevano ascoltarlo? L’opposizione a Dio, alla Verità, è sempre esistita. In Occidente è difficile parlare di Dio, perché la appagante società del conforto pensa di non aver bisogno di Lui. Ma questo conforto materiale non basta. C’è una felicità nascosta che la gente cerca confusamente senza saperlo. La Chiesa deve rivelare all’uomo queste necessità interiori, queste ricchezze dell’anima che lo rendono pienamente umano, che lo rendono pienamente felice. Sant’Ireneo dice che “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”; la missione della Chiesa è di guidare l’uomo in questa ascesa verso Dio. Ma se i sacerdoti sono impantanati nel materialismo, non potranno guidare il mondo verso la vera felicità.
La vera riforma riguarda la nostra conversione. Se non cambiamo noi stessi, tutte le riforme strutturali saranno inutili. Laici, sacerdoti, sacerdoti, cardinali: dobbiamo tutti tornare a Dio.
I leader cattolici spesso tendono ad attribuire questa disaffezione della Chiesa al materialismo prevalente o ad altri sviluppi della società. Non sarebbe più utile che la Chiesa si interrogasse anche sulle sue responsabilità, su come potrebbe aver allontanato i fedeli desacralizzando la liturgia, voltando le spalle alla pietà popolare o rendendo insipida la sua predicazione?
Sono convinto che la responsabilità primaria di questo crollo della fede deve essere assunta dai sacerdoti. Nei seminari o nelle università cattoliche non sempre abbiamo insegnato dottrina. Abbiamo insegnato tutto ciò che ci è piaciuto! Il catechizzare i bambini è stato abbandonato. La confessione è stata disdegnata. Inoltre, non ci sono più sacerdoti nei confessionali! Siamo quindi parzialmente responsabili di questo crollo. Negli anni ’70 e ’80, in particolare, ogni sacerdote ha fatto quello che gli piaceva durante la Messa. Non c’erano due Messe uguali: era questo che scoraggiava tanti cattolici dall’andare in chiesa. Papa Benedetto XVI dice che la crisi della liturgia ha causato la crisi della Chiesa. Lex orandi, lex credendi: come preghiamo, così crediamo. Se non c’è più fede, la liturgia si riduce a uno spettacolo, a uno spettacolo folcloristico, e i fedeli si allontanano. Probabilmente siamo stati colpevoli di negligenza. La desacralizzazione della liturgia ha sempre gravi conseguenze. Abbiamo voluto umanizzare la Messa, per renderla comprensibile, ma rimane un mistero che è al di là della comprensione. Quando dico la Messa, quando do l’assoluzione, afferro le parole che dico, ma l’intelletto non può comprendere il mistero che queste parole provocano. Se non rendiamo giustizia a questo grande mistero, non possiamo condurre il popolo ad un vero rapporto con Dio. Ancora oggi abbiamo una pratica pastorale troppo orizzontale: come ci si può aspettare che la gente pensi a Dio se la Chiesa si occupa esclusivamente di questioni sociali?
Una riforma della Curia romana è attesa da un giorno all’altro. Nel suo libro lei è piuttosto scettico su queste riforme strutturali……..
La vera riforma riguarda la nostra conversione. Se non cambiamo noi stessi, tutte le riforme strutturali saranno inutili. Laici, sacerdoti, sacerdoti, cardinali, dobbiamo tutti tornare a Dio. La storia ha visto due riformatori: Lutero, che ha voluto cambiare il volto della Chiesa e ha finito per lasciarla, e Francesco d’Assisi, che ha trasformato la Chiesa vivendo radicalmente il Vangelo. Oggi, la vera riforma è una vita radicalmente evangelica. Madre Teresa ha riformato discretamente e umilmente la Chiesa, proclamando instancabilmente al mondo: “Prenditi cura dei poveri, ma prima di questo, prenditi cura di Dio”. Sapeva per esperienza che siamo troppo poveri per prenderci cura dei poveri. Finché non siamo arricchiti dalla presenza di Dio in noi, non possiamo prenderci cura dei più deboli tra noi.
Si parla molto anche di sinodalità, collegialità. Nel suo libro lei sottolinea il rischio che le conferenze episcopali si contraddicano a vicenda. Teme che una riforma del centralismo della Chiesa romana metta in pericolo la sua unità?
Cristo ha fondato una sola Chiesa; il suo modo di governo è gerarchico. Il primo responsabile della Chiesa è il Papa. Il primo responsabile della Chiesa locale è il Vescovo della sua diocesi, e non la Conferenza episcopale, che è utile per lo scambio di idee, ma non per stabilire una linea d’azione. Penso che sia necessario riscoprire questa responsabilità primaria del Papa e di ogni vescovo. I grandi vescovi della storia, per esempio Ambrogio o Agostino, non hanno passato il loro tempo a programmare le riunioni da un lato, formando comitati dall’altro, e viaggiando continuamente. Il vescovo deve stare con il suo popolo, insegnare al suo popolo, amare il suo popolo.
Una Conferenza episcopale non ha alcuna autorità canonica, e non ha alcuna competenza propria nel campo della dottrina. Inoltre, mi dispiace notare che ci sono già delle contraddizioni tra le Conferenze episcopali, il che non promuove la pace dei cristiani. “Perché siano una cosa sola”, ha detto il Signore, perché questa unità possa ispirare la fede. Se continuiamo su questa linea, minando l’unità dottrinale e morale, contribuiremo alla crescita dell’incredulità.
Cosa ne pensa del libro Sodoma [dell’attivista omosessuale Frédéric Martel]? Pensa che stiamo assistendo attualmente a un’offensiva totale contro la figura del sacerdote, che è un ostacolo per una società iper-sessualizzata?
Non ho letto quel libro. Ma penso che ci sia un piano appositamente orchestrato per distruggere la Chiesa tagliandole la testa: i cardinali, i vescovi e i sacerdoti. C’è una campagna persistente per distruggere il sacerdozio, e in particolare per distruggere il celibato, il che è presumibilmente impossibile e contrario alla natura: perché se distruggono il celibato, colpiscono irreversibilmente una delle più grandi ricchezze della Chiesa. L’abbandono del celibato aggraverebbe ulteriormente la crisi della Chiesa e diminuirebbe la posizione del sacerdote, che è chiamato ad essere non solo un altro Cristo, ma Cristo stesso: povero, umile e celibe. Se il celibato scompare, ciò che muore sarà la testimonianza che Gesù intendeva dare.
C’è chi vuole indebolire la Chiesa, modificare il suo insegnamento sulla sessualità. Ma quando vediamo l’enorme numero di sacerdoti fedeli nel sacerdozio, dobbiamo rimanere calmi e continuare la nostra testimonianza di totale donazione di sé a Dio attraverso il celibato. Questa testimonianza non è compresa. È detestata? Gesù Cristo stesso non è stato accettato, poiché è morto sulla croce. Gesù ce l’ha detto: “ Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15,20).
Ci sono uomini di Chiesa, alcuni di alto rango, che hanno offuscato la Chiesa, sfigurato il volto di Cristo, ma Giuda non deve indurci a respingere tutti gli apostoli. Queste gravi mancanze non condannano la Chiesa: al contrario, essa mostra che Dio si fida anche delle persone deboli, per mostrare la potenza del suo amore per noi. Egli non affida la sua Chiesa a eroi eccezionali, ma a uomini semplici, per dimostrare che è Lui che agisce attraverso di loro.
A proposito di pedofilia, lei parla di un “mistero di Giuda”, spiegando che questo abominevole tradimento del sacerdozio è stato preceduto da molti altri: quali sono?
Un sacerdote che ha perso il legame con Gesù, non prega e non si prende il tempo di stare con Cristo davanti al Santissimo Sacramento, è un sacerdote indebolito. “senza di me non potete far nulla”, ha detto Cristo (Gv 15,5). Un sacerdote mondano, che non ha più il tempo di meditare la Parola di Dio, che corre attraverso la sua Messa o la celebra in modo profano, che non ha vita interiore, non può restare in piedi. Il motivo per cui qualcuno può piegarsi a questi gravi intrighi è perché si è prima di tutto staccato da Gesù, dalla forza [= robustezza, forza, coraggio] che ci tiene in contatto con Lui. Per evitare di amministrare i sacramenti come un mero funzionario, come se fossero semplici fenomeni umani, occorre un’energia che proviene dal nostro rapporto con lo Spirito Santo. E purtroppo, molti di noi hanno perso questo rapporto intimo con Gesù. L’attivismo sacerdotale porta all’autismo clericale, fonte di tutti gli eccessi.
Cosa ne pensa della condanna del cardinale Barbarin [arcivescovo di Lione]?
Lo conosco da molto tempo. Ho molta ammirazione per lui. Mi ha accolto molto gentilmente quando sono venuto a Lione per presentare il mio libro La Force du silence (La forza del silenzio). Non posso fare a meno di soffrire del martirio a cui è sottoposto, tanto più che sono convinto che sia innocente. Tutta la Chiesa intera sopporta collegialmente questa sofferenza. Il Papa ha avuto davvero ragione a decidere di non accettare le sue dimissioni per rispettare la presunzione di innocenza in attesa del giudizio d’appello. E il cardinale Barbarin ha avuto il coraggio di ritirarsi, recandosi in monastero, per il bene della diocesi e di portare la pace alle vittime di quegli atti abominevoli. Ma sono sconvolto che la gente abbia condannato il card. Barbarin mentre l’orribile sacerdote che ha commesso quegli indicibili crimini non è stato ancora giudicato……. Sono accanto al cardinale Barbarin in preghiera, così come sono accanto alle vittime.
Molti dei nostri contemporanei vedono la Chiesa come un’organizzazione totalitaria, che imporrà loro uno stile di vita. Lei dichiara al contrario che la Chiesa è il baluardo contro il totalitarismo contemporaneo.
Intendo le nuove ideologie che impongono un cambiamento radicale della morale e dell’antropologia umana, una nuova visione della famiglia e della sessualità, con notevoli pressioni economiche e mediatiche. La Chiesa non impone nulla, ma propone solamente. Ma è sua missione proporre al mondo l’insegnamento di Dio.
Lei arriva a respingere la “barbarie islamista” e la “barbarie materialista” allo stesso modo, con il rischio di sconvolgere i lettori.
In ogni caso, questa è la mia convinzione! Sono due diavoli che possono avere metodologie diverse ma che stanno agendo verso lo stesso fine. Il materialismo ci separa radicalmente da Dio e dalla vita interiore. Anche l’islamismo lo fa. Dio non può ispirare la barbarie. Uccidere qualcuno perché non condivide la vostra fede? Far esplodere una bomba in un autobus e uccidere persone innocenti in nome di Allah? Queste cose sono impossibili per Dio.
Ma la barbarie materialista non ha come scopo dichiarato la distruzione; pretende di condurre gli esseri umani alla felicità della liberazione.
Dire a un essere umano: “Sei libero di scegliere il tuo sesso”, è distruggerlo. In realtà è la libertà di distruggere se stessi. Ma Dio solo ci rende liberi! Oggi quanta distruzione umana c’è, con il pretesto della libertà! In nome di questa stessa libertà, molti giovani sono stati distrutti dalla pornografia. L’uomo si autodistrugge; Dio, invece, crea, perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Lei scrive anche che il mondo moderno distrugge attaccando le identità [nazionali e religiose]. Lei, al contrario, difende questo radicamento che Simone Weil ha descritto come il primo bisogno dell’animo umano. Questo la rende una voce un po’ isolata in una Chiesa che a volte sembra essere diventata un mero ausiliario del partito pro-immigrazione.
Quando sono andato in Polonia [nell’ottobre 2017], Paese spesso criticato, ho incoraggiato i fedeli ad affermare la loro identità come hanno fatto per secoli. Il mio messaggio è stato semplice: voi siete prima di tutto polacchi, cattolici e solo dopo europei. Non dovete sacrificare queste prime due identità sull’altare di un’Europa tecnocratica che non riconosce alcuna patria. La Commissione di Bruxelles pensa solo a costruire un libero mercato al servizio delle grandi potenze finanziarie. L’Unione europea non protegge più i popoli [al suo interno]. Protegge le banche. Volevo ribadire per la Polonia la sua missione unica nel piano di Dio. Lei è libera di dire all’Europa che ognuno è stato creato da Dio per essere messo in un luogo preciso, con la sua cultura, le sue tradizioni e la sua storia. Questo desiderio attuale di globalizzare il mondo liberandosi delle nazioni con le loro caratteristiche specifiche è pura follia. Il popolo ebraico ha dovuto andare in esilio, ma Dio lo ha riportato nel suo paese. Cristo dovette fuggire da Erode in Egitto, ma tornò nel suo paese alla morte di Erode. Ognuno deve vivere nel suo paese. Come un albero, ognuno ha la sua terra, il suo ambiente dove fiorisce perfettamente. E’ meglio aiutare le persone a prosperare nella loro cultura che incoraggiarle a venire in un’Europa completamente decadente. È una falsa esegesi usare la Parola di Dio per migliorare l’immagine della migrazione. Dio non ha mai inteso queste fratture.
Lei scrive che l’Italia e i Paesi del Gruppo di Visegrad [Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia] vanno nella giusta direzione, mentre molte voci nella Chiesa li condannano. Non pensa che la Chiesa, così facendo, metta in pericolo il suo futuro: come può evangelizzare le nazioni condannando la loro preoccupazione di rimanere se stessi?
I leader che parlano come me sono nella minoranza di oggi? Non lo credo. Ci sono molti Paesi che vanno in questa direzione, e questo dovrebbe indurci a riflettere! Tutti i migranti che arrivano in Europa sono rinchiusi, senza lavoro, senza dignità…….. È questo che vuole la Chiesa? La Chiesa non può cooperare con questa nuova forma di schiavitù che è diventata la migrazione di massa. Se l’Occidente continua su questa strada disastrosa, c’è il grande pericolo che, per mancanza di un tasso di natalità sostitutivo, l’Europa possa scomparire, invasa dagli stranieri, come Roma è stata invasa dai barbari. Parlo da africano. Il mio paese ha una maggioranza musulmana. Penso di sapere di cosa sto parlando.
Alcuni membri della Chiesa sembrano essersi rassegnati a cancellare l’Europa, depennandola come una perdita. Lei, al contrario, scrive che la paganizzazione dell’Europa porterebbe alla paganizzazione del mondo.
Dio non cambia idea. Dio ha dato una missione all’Europa, che ha ricevuto il cristianesimo. Poi i missionari europei hanno portato Cristo fino agli estremi confini della terra. E questo non è stato un caso, ma il piano di Dio. Questa missione universale, che Egli diede all’Europa quando Pietro e Paolo vennero a stabilirsi a Roma, da dove la Chiesa ha evangelizzato l’Europa e il mondo, non è finita. Ma se mettiamo fine a tutto questo sprofondando nel materialismo, nell’empietà e nell’apostasia, le conseguenze saranno gravi. Se l’Europa scompare, e con essa i valori inestimabili del vecchio continente, l’Islam invaderà il mondo, e noi cambieremo totalmente la nostra cultura, antropologia e visione morale.
Lei cita a lungo Benedetto XVI, quando molti ritengono che l’interruzione del pontificato sia stato un fallimento. In che modo è stato fruttuoso, secondo lei?
Dio vide che il mondo stava sprofondando in una confusione disastrosa. Sa che nessuno sa più dove stiamo andando. Sa bene che stiamo ancora perdendo le nostre identità nazionali, le nostre credenze, la nostra visione dell’uomo e del mondo……. Per prepararci a questa situazione, Dio ci ha dato papi solidi: ci ha dato Paolo VI, che ha difeso la vita e l’amore autentico, nonostante la fortissima opposizione, con l’Enciclica Humanae vitae; ci ha dato Giovanni Paolo II, che ha lavorato sul matrimonio tra fede e ragione perché fossero la luce che guida il mondo verso una visione autentica dell’uomo – la vita del grande Papa polacco è stata essa stessa un Vangelo vivo. Ci ha dato Benedetto XVI, il cui insegnamento scritto ha una chiarezza, profondità e precisione senza pari. Oggi ci regala Francesco che letteralmente vuole salvare l’umanesimo cristiano. Dio non abbandonerà mai la sua Chiesa.
Per questo dobbiamo restare calmi: la Chiesa non è in crisi; siamo noi che siamo in crisi. Il suo insegnamento rimane lo stesso; la sua chiarezza rimane la stessa. È vero che Benedetto XVI non è stato né compreso né accettato; a causa dei suoi anni alla Congregazione per la Dottrina della Fede è stato considerato un tradizionalista, un reazionario, ma è rimasto calmo, sereno e umile. E’ stato una roccaforte per la dottrina, per la vita interiore, per il futuro della Chiesa.
In un discorso ai giovani cattolici, lei cita questo bellissimo verso del poeta inglese T. S. Eliot: “In un mondo di fuggitivi, la persona che prende la direzione opposta sembrerà fuggire”. I giovani credenti sono destinati a far parte di una resistenza cattolica?
È necessario per noi essere sotto ogni aspetto parte di una resistenza, per prendere la direzione opposta a quella del mondo secolarizzato, in altre parole, il cammino di Cristo, unico Salvatore del mondo. Incoraggio i giovani a guardare a Cristo. Nel romanzo di Hemingway Il vecchio e il mare, guardiamo l’eroe che cerca di rimorchiare in porto un pesce enorme che ha catturato. Ma non può tirarlo fuori dall’acqua da solo; quando arriva in porto, gli squali hanno divorato il pesce. I giovani oggi sono indeboliti da così tante domande che se vengono isolati corrono l’enorme rischio di essere divorati. Oggi, se siete soli, ci sono molti squali che divoreranno la vostra fede, i vostri valori cristiani, la vostra speranza. Gesù creò una comunità di dodici apostoli, e quando fu necessario mandarli in missione, li mandò a due a due. D’ora in poi, per difendere le nostre convinzioni, per essere saldi, dovremo sostenerci a vicenda nella fede e camminare come una comunità unita intorno a Cristo: “Dove due o tre sono riuniti, io sono in mezzo a loro”. Da questa presenza possiamo attingere la nostra forza. “Si fa sera e il giorno già volge al declino” è una risposta premurosa e ben argomentata a questa emergenza.
Fonte: Catholic World Report
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