In Hoc Signo Vinces. Croce e politica non stanno male insieme
Se non vi siete ancora stufati di leggere articoli e ascoltare opinioni riguardo il comizio elettorale di Matteo Salvini tenuto a Milano sabato 18 maggio, vi prego di permettere anche a me di dire la mia.
Abbiamo passato questi giorni ad ascoltare, com’era presumibile, molte critiche a riguardo dell’uso di simboli religiosi nell’arena politica. Soprattutto i prelati hanno duramente criticato Salvini, accusandolo di usare il Rosario per accaparrarsi voti. Insomma, a molte persone Matteo Salvini è sembrato quasi un anticristo che cerca di usare la religione per i suoi scopi politici, in contrasto però con le sue reali intenzioni che sono piene di odio, di xenofobia, di non accogliere gli ultimi, di fare la guerra al diverso.
Alcuni uomini di Chiesa hanno anche commentato dicendo che assolutamente la politica e la religione devono restare scisse e mai e poi mai i simboli della fede possono essere usati per fare politica.
Da qui vorrei partire con la mia piccola analisi, perché questo a me sembra più un pensiero di stampo liberale (da “libera Chiesa in libero Stato”) piuttosto che un pensiero cattolico. Da che mi ricordi, infatti, i cattolici hanno sempre utilizzato i simboli della fede (la croce, la Vergine, i santi) in campo politico. Senza andare troppo indietro basta andare a guardare già alla nostra storia repubblicana, dove la scena politica italiana è stata dominata da un partito chiamato “Democrazia Cristiana”, il cui simbolo era proprio lo scudo crociato e la cui classe dirigente fu educata da importanti uomini di Chiesa, alcuni dei quali vennero anche esaltati al Sommo Pontificato.
Qualcuno potrebbe obiettare che i politici della DC non facevano di certo sfoggio di Rosari nei loro comizi e che piuttosto erano uomini di profonda fede rispetto a Matteo Salvini, il quale ha ammesso più volte di essere un gran peccatore, di andare a messa due-tre volte all’anno e via dicendo. Tuttavia, bisogna anche guardare ai tempi in cui viviamo, dove la perdita della fede è palesemente evidente e dove purtroppo tutti siamo stati influenzati ed “educati” (passatemi il termine) da una cultura laica, la quale purtroppo diventa sempre più atea e anticristiana.
Anche Matteo Salvini quindi è figlio del suo tempo e pur essendo un battezzato, non è di certo un cristiano modello e né, come molti hanno fatto notare, molte delle sue idee possono dirsi prettamente cristiane.
Ma facciamo un piccolo paragone, ipotizzando per assurdo: mettiamo di trovarci nel III secolo dell’era cristiana, in uno di quei vuoti di potere che si vennero a creare a Roma con l’anarchia militare. Un gruppo di generali, ognuno con le sue legioni al seguito, si contende il potere imperiale. Tutti sono pagani, alcuni di loro apertamente anticristiani, altri invece pur non dichiarandosi sono favorevoli ai sacrifici umani, altri invece come Salvinus di Mediolanum e Georgias della gens Melonia, pur essendo entrambi pagani, sono più aperti verso i cristiani e ne accettano le istanze. A sorpresa, il generale Salvinus fa atto di affidamento alla Vergine Maria davanti alle sue legioni, stanziate a Mediolanum.
Noi, legionari di fede cristiana, chi mai appoggeremmo? Non lo reputeremmo un segno della Provvidenza? E cosa ce ne importerebbe se Salvinus e Georgias Melonia non fossero cristiani?
Le cose insomma cambiano a seconda della prospettiva in cui le si guardano. E a questo punto la domanda viene spontanea: e se il gesto di Matteo Salvini, pur opportunista che fosse, non rientrasse nei piani della Provvidenza?
Siamo nel mese di maggio, mese dedicato alla Vergine Maria e un politico italiano prende in mano un Rosario durante un comizio e consacra pubblicamente sé stesso, il suo Paese e il suo popolo al Cuore Immacolato di Maria. Davvero è qualcosa di una portata eccezionale, soprattutto considerando i tempi difficili in cui viviamo. Quello di Matteo Salvini è certamente stato un atto di gran coraggio.
A me è venuta in mente, in questi giorni, la storia della bandiera europea. Senza che ve la racconti da capo (potete fare una ricerca su google), ad ideare quel modello di bandiera con dodici stelle fu un uomo chiamato Arsène Heitz, un bozzettista che lavorava presso l’ufficio postale del Consiglio d’Europa. Heitz era devoto alla Medaglia Miracolosa e lo spunto per disegnare la bandiera europea fu presa da quella sua devozione. Il numero dodici, poi, fu scelto quasi per casualità dal comitato incaricato e la bandiera a dodici stelle fu adottata ufficialmente il giorno 8 dicembre 1955, giorno dell’Immacolata Concezione.
Noi siamo uomini di fede e per noi il caso non può esistere. Personalmente, sono costretto a credere che la Provvidenza entra nella storia e nei processi politici. Non è quindi la politica ad appropriarsi dei simboli religiosi, ma è la Provvidenza stessa ad agire anche per mezzo della politica. Anche con uomini indegni o lontani dalla Vera Fede (basta ricordarsi di Ciro il Grande nell’Antico Testamento).
E visto che abbiamo fatto un paragone con le epoca romana, perché non ricordarci proprio di Costantino il Grande che vinse la battaglia di Ponte Milvio proprio grazie all’intervento diretto del Signore che in sogno gli suggerì: “In Hoc Signo Vinces”. Non furono le gerarchie ecclesiastiche a scegliere Costantino, non fu qualche vescovo a consigliare all’Imperatore di usare la croce come simbolo, ma fu una decisione presa da Gesù stesso.
Da quel momento in poi la simbologia cristiana entrò a far parte delle vicende politiche. Ricordiamoci il battesimo di re Clodoveo a Reims, ricordiamoci Carlo Magno e il Sacro Romano impero, ricordiamoci anche le lotte del duecento italiano tra guelfi e ghibellini, coi primi che presero a loro simbolo la croce rossa su sfondo bianco e i secondi la croce bianca su sfondo rosso (simboli di San Giorgio e San Michele). Ricordiamoci anche la richiesta (disattesa) che fece Gesù per mezzo di Santa Margherita Maria Alacoque a Luigi XIV re di Francia, di mettere il Sacro Cuore nel blasone reale e negli stendardi.
Insomma a me pare che il Signore non sia tanto contrario al fatto che i simboli della fede si diffondano anche in politica. Anche perché la politica è un mezzo diretto per arrivare al popolo e quindi l’uso di un simbolo che rimanda alla Fede può certamente evangelizzare.
Dirò anche di più, che non siamo noi soltanto a sceglierci i governanti ma che prima di noi è Dio a scegliere o a permettere che una certa persona sia messa a capo di una Nazione. Questo ce lo rammentano anche le Scritture: “La vostra sovranità proviene dal Signore” (Sap 6,3).
Non sempre, poi, la scelta del Signore rispecchia i nostri canoni, o quelli che gli opinionisti della politica vogliono farci credere “buoni”. Ad esempio, se vogliamo credere alle rivelazioni private, avrete sicuramente sentito parlare della Beata Elena Aiello e del suo carteggio con la sorella di Benito Mussolini, Edvige. Se crediamo a Suor Elena, dobbiamo riconoscere che fu il Signore a scegliere Benito Mussolini come guida dell’Italia negli anni ’20 e ’30 e che Mussolini cadde in disgrazia quando non ascoltò gli avvertimenti della suora che gli intimava di non entrare in guerra “perché in Italia c’è il Papa”:
« All'Italia, perché sede del mio Vicario, ho mandato Benito Mussolini, per salvarla dall'abisso verso il quale si era avviata, altrimenti sarebbe arrivata in condizioni peggiori della Russia. In tanti pericoli l'ho sempre salvato; adesso deve mantenere l'Italia fuori della guerra, perché l'Italia è civile ed è la sede del mio Vicario in terra.
«Se farà questo avrà favori straordinari e farò inchinare ogni altra Nazione al suo cospetto. Egli invece ha deciso di dichiarare la guerra, ma sappia che se non la impedirà, sarà punito dalla mia Giustizia! ».
Sembra poi, sempre seguendo la beata, che il cattivissimo Mussolini, dopo un periodo in purgatorio, ora sia anche lui a lodare Dio in Paradiso.
Ma ce ne sono altri di casi simili, in cui la Provvidenza pone degli uomini alla guida delle Nazioni, uomini che pur tuttavia mantengono la propria libertà e quindi possono deviare dalla Volontà divina.
A conclusione del nostro discorso, possiamo certamente dire che Dio agisce nella politica e che ciò che avviene non può considerarsi mai frutto del caso. Può darsi anche che Salvini sia soltanto un opportunista, che non sia nemmeno cristiano, che farà la fine che si merita se si sta prendendo gioco del Signore, ma certamente si può dire che (consapevole o meno) anch’egli sta seguendo la volontà di Dio.
Stiamo almeno a guardare, con attento e realistico interesse, senza illuderci nemmeno troppo. Meglio rimanere sopresi che esserne completamente delusi.
Mi rivolgo anche a quegli uomini di Chiesa che hanno criticato Salvini, ricordando ancora una volta le parole della Scrittura:
“Per questo ero convinto fin dal principio,
vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto:
«Tutte le opere del Signore sono buone;
egli provvederà tutto a suo tempo».
Non c'è da dire: «Questo è peggiore di quello»,
a suo tempo ogni cosa sarà riconosciuta buona.
Ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca
e benedite il nome del Signore.” (Sir 39,32-35)
Sta a noi essere docili all’azione dello Spirito Santo. Dobbiamo soltanto avere fiducia in Dio e nella Vergine Maria; a tempo debito tutto ci sarà chiaro: il suo Cuore Immacolato trionferà. Scrollarsi di dosso un po’ di cultura liberale, intanto, non farebbe male.
di Marco Muscillo
Abbiamo passato questi giorni ad ascoltare, com’era presumibile, molte critiche a riguardo dell’uso di simboli religiosi nell’arena politica. Soprattutto i prelati hanno duramente criticato Salvini, accusandolo di usare il Rosario per accaparrarsi voti. Insomma, a molte persone Matteo Salvini è sembrato quasi un anticristo che cerca di usare la religione per i suoi scopi politici, in contrasto però con le sue reali intenzioni che sono piene di odio, di xenofobia, di non accogliere gli ultimi, di fare la guerra al diverso.
Alcuni uomini di Chiesa hanno anche commentato dicendo che assolutamente la politica e la religione devono restare scisse e mai e poi mai i simboli della fede possono essere usati per fare politica.
Da qui vorrei partire con la mia piccola analisi, perché questo a me sembra più un pensiero di stampo liberale (da “libera Chiesa in libero Stato”) piuttosto che un pensiero cattolico. Da che mi ricordi, infatti, i cattolici hanno sempre utilizzato i simboli della fede (la croce, la Vergine, i santi) in campo politico. Senza andare troppo indietro basta andare a guardare già alla nostra storia repubblicana, dove la scena politica italiana è stata dominata da un partito chiamato “Democrazia Cristiana”, il cui simbolo era proprio lo scudo crociato e la cui classe dirigente fu educata da importanti uomini di Chiesa, alcuni dei quali vennero anche esaltati al Sommo Pontificato.
Qualcuno potrebbe obiettare che i politici della DC non facevano di certo sfoggio di Rosari nei loro comizi e che piuttosto erano uomini di profonda fede rispetto a Matteo Salvini, il quale ha ammesso più volte di essere un gran peccatore, di andare a messa due-tre volte all’anno e via dicendo. Tuttavia, bisogna anche guardare ai tempi in cui viviamo, dove la perdita della fede è palesemente evidente e dove purtroppo tutti siamo stati influenzati ed “educati” (passatemi il termine) da una cultura laica, la quale purtroppo diventa sempre più atea e anticristiana.
Anche Matteo Salvini quindi è figlio del suo tempo e pur essendo un battezzato, non è di certo un cristiano modello e né, come molti hanno fatto notare, molte delle sue idee possono dirsi prettamente cristiane.
Ma facciamo un piccolo paragone, ipotizzando per assurdo: mettiamo di trovarci nel III secolo dell’era cristiana, in uno di quei vuoti di potere che si vennero a creare a Roma con l’anarchia militare. Un gruppo di generali, ognuno con le sue legioni al seguito, si contende il potere imperiale. Tutti sono pagani, alcuni di loro apertamente anticristiani, altri invece pur non dichiarandosi sono favorevoli ai sacrifici umani, altri invece come Salvinus di Mediolanum e Georgias della gens Melonia, pur essendo entrambi pagani, sono più aperti verso i cristiani e ne accettano le istanze. A sorpresa, il generale Salvinus fa atto di affidamento alla Vergine Maria davanti alle sue legioni, stanziate a Mediolanum.
Noi, legionari di fede cristiana, chi mai appoggeremmo? Non lo reputeremmo un segno della Provvidenza? E cosa ce ne importerebbe se Salvinus e Georgias Melonia non fossero cristiani?
Le cose insomma cambiano a seconda della prospettiva in cui le si guardano. E a questo punto la domanda viene spontanea: e se il gesto di Matteo Salvini, pur opportunista che fosse, non rientrasse nei piani della Provvidenza?
Siamo nel mese di maggio, mese dedicato alla Vergine Maria e un politico italiano prende in mano un Rosario durante un comizio e consacra pubblicamente sé stesso, il suo Paese e il suo popolo al Cuore Immacolato di Maria. Davvero è qualcosa di una portata eccezionale, soprattutto considerando i tempi difficili in cui viviamo. Quello di Matteo Salvini è certamente stato un atto di gran coraggio.
A me è venuta in mente, in questi giorni, la storia della bandiera europea. Senza che ve la racconti da capo (potete fare una ricerca su google), ad ideare quel modello di bandiera con dodici stelle fu un uomo chiamato Arsène Heitz, un bozzettista che lavorava presso l’ufficio postale del Consiglio d’Europa. Heitz era devoto alla Medaglia Miracolosa e lo spunto per disegnare la bandiera europea fu presa da quella sua devozione. Il numero dodici, poi, fu scelto quasi per casualità dal comitato incaricato e la bandiera a dodici stelle fu adottata ufficialmente il giorno 8 dicembre 1955, giorno dell’Immacolata Concezione.
Noi siamo uomini di fede e per noi il caso non può esistere. Personalmente, sono costretto a credere che la Provvidenza entra nella storia e nei processi politici. Non è quindi la politica ad appropriarsi dei simboli religiosi, ma è la Provvidenza stessa ad agire anche per mezzo della politica. Anche con uomini indegni o lontani dalla Vera Fede (basta ricordarsi di Ciro il Grande nell’Antico Testamento).
E visto che abbiamo fatto un paragone con le epoca romana, perché non ricordarci proprio di Costantino il Grande che vinse la battaglia di Ponte Milvio proprio grazie all’intervento diretto del Signore che in sogno gli suggerì: “In Hoc Signo Vinces”. Non furono le gerarchie ecclesiastiche a scegliere Costantino, non fu qualche vescovo a consigliare all’Imperatore di usare la croce come simbolo, ma fu una decisione presa da Gesù stesso.
Da quel momento in poi la simbologia cristiana entrò a far parte delle vicende politiche. Ricordiamoci il battesimo di re Clodoveo a Reims, ricordiamoci Carlo Magno e il Sacro Romano impero, ricordiamoci anche le lotte del duecento italiano tra guelfi e ghibellini, coi primi che presero a loro simbolo la croce rossa su sfondo bianco e i secondi la croce bianca su sfondo rosso (simboli di San Giorgio e San Michele). Ricordiamoci anche la richiesta (disattesa) che fece Gesù per mezzo di Santa Margherita Maria Alacoque a Luigi XIV re di Francia, di mettere il Sacro Cuore nel blasone reale e negli stendardi.
Insomma a me pare che il Signore non sia tanto contrario al fatto che i simboli della fede si diffondano anche in politica. Anche perché la politica è un mezzo diretto per arrivare al popolo e quindi l’uso di un simbolo che rimanda alla Fede può certamente evangelizzare.
Dirò anche di più, che non siamo noi soltanto a sceglierci i governanti ma che prima di noi è Dio a scegliere o a permettere che una certa persona sia messa a capo di una Nazione. Questo ce lo rammentano anche le Scritture: “La vostra sovranità proviene dal Signore” (Sap 6,3).
Non sempre, poi, la scelta del Signore rispecchia i nostri canoni, o quelli che gli opinionisti della politica vogliono farci credere “buoni”. Ad esempio, se vogliamo credere alle rivelazioni private, avrete sicuramente sentito parlare della Beata Elena Aiello e del suo carteggio con la sorella di Benito Mussolini, Edvige. Se crediamo a Suor Elena, dobbiamo riconoscere che fu il Signore a scegliere Benito Mussolini come guida dell’Italia negli anni ’20 e ’30 e che Mussolini cadde in disgrazia quando non ascoltò gli avvertimenti della suora che gli intimava di non entrare in guerra “perché in Italia c’è il Papa”:
« All'Italia, perché sede del mio Vicario, ho mandato Benito Mussolini, per salvarla dall'abisso verso il quale si era avviata, altrimenti sarebbe arrivata in condizioni peggiori della Russia. In tanti pericoli l'ho sempre salvato; adesso deve mantenere l'Italia fuori della guerra, perché l'Italia è civile ed è la sede del mio Vicario in terra.
«Se farà questo avrà favori straordinari e farò inchinare ogni altra Nazione al suo cospetto. Egli invece ha deciso di dichiarare la guerra, ma sappia che se non la impedirà, sarà punito dalla mia Giustizia! ».
Sembra poi, sempre seguendo la beata, che il cattivissimo Mussolini, dopo un periodo in purgatorio, ora sia anche lui a lodare Dio in Paradiso.
Ma ce ne sono altri di casi simili, in cui la Provvidenza pone degli uomini alla guida delle Nazioni, uomini che pur tuttavia mantengono la propria libertà e quindi possono deviare dalla Volontà divina.
A conclusione del nostro discorso, possiamo certamente dire che Dio agisce nella politica e che ciò che avviene non può considerarsi mai frutto del caso. Può darsi anche che Salvini sia soltanto un opportunista, che non sia nemmeno cristiano, che farà la fine che si merita se si sta prendendo gioco del Signore, ma certamente si può dire che (consapevole o meno) anch’egli sta seguendo la volontà di Dio.
Stiamo almeno a guardare, con attento e realistico interesse, senza illuderci nemmeno troppo. Meglio rimanere sopresi che esserne completamente delusi.
Mi rivolgo anche a quegli uomini di Chiesa che hanno criticato Salvini, ricordando ancora una volta le parole della Scrittura:
“Per questo ero convinto fin dal principio,
vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto:
«Tutte le opere del Signore sono buone;
egli provvederà tutto a suo tempo».
Non c'è da dire: «Questo è peggiore di quello»,
a suo tempo ogni cosa sarà riconosciuta buona.
Ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca
e benedite il nome del Signore.” (Sir 39,32-35)
Sta a noi essere docili all’azione dello Spirito Santo. Dobbiamo soltanto avere fiducia in Dio e nella Vergine Maria; a tempo debito tutto ci sarà chiaro: il suo Cuore Immacolato trionferà. Scrollarsi di dosso un po’ di cultura liberale, intanto, non farebbe male.
Roma, spunta murale di Salvini con tonaca e crocifisso in mano
Una lunga stagione di murales, a Roma, che hanno coinvolto diverse personalità, dalla sindaca Raggi a papa Bergoglio, a marzo scorso ne apparsero due: uno raffigurava Giorgia Meloni con un bimbo di colore in braccio l'altro il “famoso” bacio Salvini-Di Maio. Stavolta quello apparso oggi in un sottopasso a Roma, al quartiere Ostiense, ritrae ancora il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini in tonaca da prete, crocifisso brandito in una mano, libretto nell'altra.
L'opera riporta sul bordo bianco che la circonda la scritta: «Vattene, Satana, Vattene». Un riferimento alla copertina di Famiglia Cristiana - oggetto di forti polemiche - dove il ministro era rappresentato sotto il titolo “'Vade retro Salvini”. Sulle nocche del leader leghista compaiono inoltre le parole “love” (mano destra) e “hate” (sinistra), come quelle dell'inquietante predicatore interpretato da Robert Mitchum nel film “La morte corre sul fiume”.
Il ministro Fontana: "Auguro il meglio alla Processione" (che ripararerà lo scandalo del gay pride)
Ecco perché è fondamentale essere alla
Processione di Modena
Processione di Modena
Come oramai tutti sapranno, il prossimo sabato 1º giugno la città di Modena sarà invasa dall’ “onda pride”, cioè dall’evidente quanto triste richiamo alla sodomia, la quale vorrebbe esser vantata dagli organizzatori della manifestazione come “diritto” motore per ottenere addirittura altri “diritti” (si pensi alla richiesta di adozione di bambini da parte di omosessuali e lesbiche, o addirittura all’aberrante pratica dell’utero in affitto).
Tutto ciò è chiaramente assurdo, e per fortuna i cattolici ferventi, quelli che davvero amano la Chiesa, le proprie città e le proprie radici, da un paio di anni a questa parte hanno iniziato ad alzare la testa. Se infatti è vero che il c.d. “Modena-Pride” porterà ed attirerà a sé grandi numeri, è altrettanto vero che molto probabilmente Modena, quel giorno e da quel giorno in avanti, non sarà ricordata per questa manifestazione, quanto piuttosto per il coraggio di tanti semplici fedeli cattolici riunitisi in un Comitato e postisi sotto la protezione del Patrono modenese San Geminiano vescovo, che scenderanno per le strade a riparare al grave dolore inflitto al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria - oltre al grave, gravissimo scandalo verso i piccoli.
Per le vie della città modenese infatti, con la preghiera e con gli aromi dell’incenso benedetto, avrà luogo una Processione di Riparazione per il pubblico e manifesto peccato che grida vendetta al cospetto di Dio.
Vediamo perché, allora, è fondamentale che i cattolici scendano in città a pregare sabato 1º giugno prossimo.
Innanzitutto dobbiamo comprendere che se è vero che i peccati contro Dio sono sempre e comunque stati commessi dagli uomini, è vero che essi si relegavano, tuttalpiù, alla miseria del singolo uomo – egli essendo gravato dal Peccato originale – e non esaltati pubblicamente dall’intera società; difficilmente guardando addietro la storia potremo trovare una civiltà tanto perversa come l’attuale.
Prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo all’umanità non era stata ancora offerta la redenzione col Sangue dell’Agnello, e quindi non si era ancora conosciuta la Salvezza, la Morte del Figlio dell’Uomo che riscatta il peccato del mondo; e questo in qualche modo “scusava” il popolo che ancora non aveva conosciuto Cristo.
Il peccato e lo scandalo che prima potevano venir dati dai singoli, oggi vengono invece resi pubblici dalle nazioni: che permettono e “legalizzano” (legalità, specie ai giorni nostri, spesso non è sinonimo di moralità) ciò che va contro la stessa Legge naturale, offendendo Dio nel modo più prorompente e cinico possibile.
Qui si innesta la necessità della Riparazione.
La Riparazione è da sempre conosciuta sia nella teologia cristiana che nel Magistero della Chiesa, esternata e ben visibile nella Sacra Liturgia. Ciò è reso possibile già dall’Essenza del Cristianesimo, ove Cristo, con il Sacrificio della Croce, diviene vero elemento espiatorio: la Sua Santa Croce fu alzata pubblicamente, davanti a tutto e tutti.
Il Sacerdote Sommo, che conferisce la facoltà di rinnovare incruentamente e infinitamente il medesimo Suo Sacrificio ai sacerdoti sull’Altare, rende anche il resto dei battezzati partecipi a loro modo dello stesso sacerdozio. Non a caso nell’Offertorio della Santa Messa l’acqua viene unita al vino, e cioè avviene l’unione del popolo di Dio col Sangue dell’Unigenito Figlio, nel suo eterno Sacerdozio.
Ogni battezzato ha per contro non solo la possibilità, ma anche il dovere di unirsi al Sacerdozio di Cristo. In questo specifico senso diventa comprensibile l’importanza e la necessità assoluta della riparazione, e per i peccati personali (di cui mai, in nessun contesto, ci si deve dimenticare) e per i peccati degli uomini compiuti contro Dio; essa è un principio meritorio che, associando gli uomini all’espiazione infinita offerta dal Signore sulla Croce, tende a colmare gli oltraggi resi alla Gloria di Dio a causa delle offese esecrande al Sacro Cuore del Figlio. Alla base della riparazione vi sta perciò la compensazione del peccato dell’uomo attraverso doni e sacrifici, agendo secondo una necessità di giustizia a Dio gradita. Ogni uomo può dunque divenire un Altare espiatorio per il gran mezzo della preghiera e del sacrificio.
Pensando alla vita e agli scritti di uno dei massimi ed instancabili Santi dell’ “espiazione”, San Paolo, sarà illuminato il profondo significato degli atti di riparazione tanto esplicitati dalla teologia cattolica. Egli ricorda infatti, nella Lettera agli Ebrei, il passaggio dal sacerdozio levitico a quello di Cristo, in cui l’espiazione dei peccati viene sancita una volta per tutte sulla Croce, superando di gran lunga l’offerta di tutti gli altri doni esistenti nell’Alleanza precedente.
Preghiera e penitenza sono la principale corazza e il principale mezzo indicato alla riparazione nel senso più ampio. Quell’aspetto di battaglia spirituale oggi, ahinoi, troppo dimenticata per dare spazio, di contro, ad una “battaglia” inutile, fatta via social e dietro al mondo virtuale in cui ci si nasconde in modo pusillanime.
Pio XI, nella Lettera Enciclica Caritate Christi Compulsi, spiega magistralmente ciò a cui si è appena fatto riferimento:
Parimenti è indispensabile e doverosa l’espiazione, come spiega ancora Papa Pio XI nell’Enciclica Miserentissimus Redemptor:
Ogni uomo deve fare penitenza per i propri peccati, che è portato a commettere a causa delle debolezze dei sensi e della stessa natura umana. Tuttavia egli non può fare a meno di pensare, tanto più in tempi come questi, alle innumerevoli nefandezze compiute a danno del Sacratissimo Cuore di Gesù, come ancora mirabilmente fa dire il Sommo Pontefice Pio XI nell’Atto di riparazione che sarà pronunciato a Modena il 1º giugno:
Il 10 settembre del 1925, la Vergine Santissima apparve con il Bambin Gesù alla veggente suor Lucia. La Madonna portava sulla mano un Cuore circondato di spine e, mostratolo, il Bambinello disse all’ancor giovanissima Lucia: «Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi faccia atti di riparazione per strapparglieLe».
A queste già fortissime parole seguirono quelle della Santa Vergine, Ella rivolgendosi a suor Lucia disse:
Come vediamo, sia nel Magistero infallibile della Santa Chiesa, sia nel contenuto escatologico presente nelle apparizioni della Madonna è presente un forte e chiaro appello alla riparazione. Si potrebbe altresì supporre che in questi messaggi si prosegua ciò che fu iniziato più di due secoli prima a Paray-le-Monial, con le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a Santa Maria Margherita Alacoque. Nel caso di Fatima la riparazione viene richiesta anche per il Cuore Immacolato della Madre, unita alla Passione e allo strazio del Cuore del Figlio.
Gli strazi del Sacro Cuore si odono forti, eppure vengono sopraffatti dalle malevoli grida del peccato pubblico voluto da Satana per offendere, ancor più gravemente, l’Unico e Vero Dio.
Ecco perché al popolo di Dio è assolutamente richiesto un impegno di Fede forte, che sia manifestata pubblicamente e che abbia, come principale punto di riferimento, la preghiera rivolta a Dio a modo di riparazione.
Sbaglierebbe chi pensasse che un atto privato equivalga ad un atto pubblico, o che “basta pregare in chiesa” per riparare qualcosa di gravemente vissuto in foro esterno. Se è vero che la riparazione non sarà mai eguale al grave peccato commesso, è altrettanto vero che una preghiera privata non avrà lo stesso effetto, anche secondo il modello cristiano di carità e correzione, di una preghiera manifestata pubblicamente con perseveranza e coraggio.
La forza dell’orazione ricalca poi quattro punti cardine fondamentali: essa possiede valore satisfattorio e valore meritorio, è nutrimento spirituale e ha, nella chiave di volta che collega la terra con il Cielo, la facoltà di ottenere ciò che si chiede.
Quale arma migliore può essere adoperata a compensare i gravi crimini commessi contro Gesù se non la preghiera connessa al sacrificio? Lo stesso Nostro Signore ci spiega lo spessore di questo duplice mezzo: «Certa specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e col digiuno». (Mt. 17, 21). I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono infatti voluti da veri e propri demoni.
Aldilà di quello che vogliono dire i moderni sofisti del nulla più assoluto, la vita riparatrice è, come diceva il grande teologo domenicano Garrigou-Lagrange, «la partecipazione allo stato di vittima di Gesù, un’unione strettissima al Sacerdote Eterno».
Ecco perché è fondamentale essere in processione orante per le strade di Modena il 1º giugno, anche venendo da lontano, anche affrontando un viaggio da un’altra città. Ecco perché è doveroso ridare a Dio il posto che gli spetta: il trono nella società, la presenza nella vita pubblica.
A noi cattolici è richiesto questo compito importante, cioè ridare alla Chiesa il suo aspetto militante: rizzando per le strade, come esortava a fare la grande Santa Caterina da Siena, «el gonfalone della Santissima Croce».
di Cristiano Lugli
Tutto ciò è chiaramente assurdo, e per fortuna i cattolici ferventi, quelli che davvero amano la Chiesa, le proprie città e le proprie radici, da un paio di anni a questa parte hanno iniziato ad alzare la testa. Se infatti è vero che il c.d. “Modena-Pride” porterà ed attirerà a sé grandi numeri, è altrettanto vero che molto probabilmente Modena, quel giorno e da quel giorno in avanti, non sarà ricordata per questa manifestazione, quanto piuttosto per il coraggio di tanti semplici fedeli cattolici riunitisi in un Comitato e postisi sotto la protezione del Patrono modenese San Geminiano vescovo, che scenderanno per le strade a riparare al grave dolore inflitto al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria - oltre al grave, gravissimo scandalo verso i piccoli.
Per le vie della città modenese infatti, con la preghiera e con gli aromi dell’incenso benedetto, avrà luogo una Processione di Riparazione per il pubblico e manifesto peccato che grida vendetta al cospetto di Dio.
Vediamo perché, allora, è fondamentale che i cattolici scendano in città a pregare sabato 1º giugno prossimo.
Innanzitutto dobbiamo comprendere che se è vero che i peccati contro Dio sono sempre e comunque stati commessi dagli uomini, è vero che essi si relegavano, tuttalpiù, alla miseria del singolo uomo – egli essendo gravato dal Peccato originale – e non esaltati pubblicamente dall’intera società; difficilmente guardando addietro la storia potremo trovare una civiltà tanto perversa come l’attuale.
Prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo all’umanità non era stata ancora offerta la redenzione col Sangue dell’Agnello, e quindi non si era ancora conosciuta la Salvezza, la Morte del Figlio dell’Uomo che riscatta il peccato del mondo; e questo in qualche modo “scusava” il popolo che ancora non aveva conosciuto Cristo.
Il peccato e lo scandalo che prima potevano venir dati dai singoli, oggi vengono invece resi pubblici dalle nazioni: che permettono e “legalizzano” (legalità, specie ai giorni nostri, spesso non è sinonimo di moralità) ciò che va contro la stessa Legge naturale, offendendo Dio nel modo più prorompente e cinico possibile.
Qui si innesta la necessità della Riparazione.
La Riparazione è da sempre conosciuta sia nella teologia cristiana che nel Magistero della Chiesa, esternata e ben visibile nella Sacra Liturgia. Ciò è reso possibile già dall’Essenza del Cristianesimo, ove Cristo, con il Sacrificio della Croce, diviene vero elemento espiatorio: la Sua Santa Croce fu alzata pubblicamente, davanti a tutto e tutti.
Il Sacerdote Sommo, che conferisce la facoltà di rinnovare incruentamente e infinitamente il medesimo Suo Sacrificio ai sacerdoti sull’Altare, rende anche il resto dei battezzati partecipi a loro modo dello stesso sacerdozio. Non a caso nell’Offertorio della Santa Messa l’acqua viene unita al vino, e cioè avviene l’unione del popolo di Dio col Sangue dell’Unigenito Figlio, nel suo eterno Sacerdozio.
Ogni battezzato ha per contro non solo la possibilità, ma anche il dovere di unirsi al Sacerdozio di Cristo. In questo specifico senso diventa comprensibile l’importanza e la necessità assoluta della riparazione, e per i peccati personali (di cui mai, in nessun contesto, ci si deve dimenticare) e per i peccati degli uomini compiuti contro Dio; essa è un principio meritorio che, associando gli uomini all’espiazione infinita offerta dal Signore sulla Croce, tende a colmare gli oltraggi resi alla Gloria di Dio a causa delle offese esecrande al Sacro Cuore del Figlio. Alla base della riparazione vi sta perciò la compensazione del peccato dell’uomo attraverso doni e sacrifici, agendo secondo una necessità di giustizia a Dio gradita. Ogni uomo può dunque divenire un Altare espiatorio per il gran mezzo della preghiera e del sacrificio.
Pensando alla vita e agli scritti di uno dei massimi ed instancabili Santi dell’ “espiazione”, San Paolo, sarà illuminato il profondo significato degli atti di riparazione tanto esplicitati dalla teologia cattolica. Egli ricorda infatti, nella Lettera agli Ebrei, il passaggio dal sacerdozio levitico a quello di Cristo, in cui l’espiazione dei peccati viene sancita una volta per tutte sulla Croce, superando di gran lunga l’offerta di tutti gli altri doni esistenti nell’Alleanza precedente.
Preghiera e penitenza sono la principale corazza e il principale mezzo indicato alla riparazione nel senso più ampio. Quell’aspetto di battaglia spirituale oggi, ahinoi, troppo dimenticata per dare spazio, di contro, ad una “battaglia” inutile, fatta via social e dietro al mondo virtuale in cui ci si nasconde in modo pusillanime.
Pio XI, nella Lettera Enciclica Caritate Christi Compulsi, spiega magistralmente ciò a cui si è appena fatto riferimento:
«La penitenza dunque è come un’arma salutare posta in mano dei prodi soldati di Cristo, che vogliono combattere per la difesa e il ristabilimento dell’ordine morale dell’universo. È un’arma che giunge proprio alla radice di tutti i mali: alla concupiscenza, cioè, delle materiali ricchezze e dei dissoluti piaceri della vita. Per mezzo di volontari sacrifici, per mezzo di rinunce pratiche, anche dolorose, per mezzo delle varie opere di penitenza, il cristiano generoso reprime le basse passioni che tendono a trascinarlo alla violazione dell’ordine morale. Ma se lo zelo della divina legge e la carità fraterna sono in lui tanto grandi quanto devono esserlo, allora non solo si dà all’esercizio della penitenza per sé e per i suoi peccati, ma si addossa anche l’espiazione dei peccati altrui, ad imitazione dei Santi che spesso eroicamente si facevano vittime di riparazione per i peccati di intere generazioni; anzi ad imitazione del Redentore divino, che si è fatto “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”».
Parimenti è indispensabile e doverosa l’espiazione, come spiega ancora Papa Pio XI nell’Enciclica Miserentissimus Redemptor:
«Questo dovere di espiazione incombe a tutto il genere umano poiché, secondo gli insegnamenti della fede cristiana, dopo la miseranda caduta di Adamo, esso, macchiato di colpa ereditaria, soggetto alle passioni e degradato nel modo più compassionevole, avrebbe meritato d’essere condannato alla eterna perdizione. Negano, sì, questa verità, i superbi sapienti del nostro secolo i quali, rinnovando la vecchia eresia di Pelagio, vantano una bontà congenita della umana natura, che per virtù sua si spinge a sempre maggiore perfezione. Ma queste false invenzioni della superbia umana sono condannate dall’Apostolo, il quale ci ammonisce che « eravamo per natura meritevoli d’ira». E in verità, già fin dal principio del mondo gli uomini riconobbero in qualche modo il debito di tale comune espiazione, mentre per un certo istinto naturale si diedero, anche con pubblici sacrifici, a placare la divinità».
Ogni uomo deve fare penitenza per i propri peccati, che è portato a commettere a causa delle debolezze dei sensi e della stessa natura umana. Tuttavia egli non può fare a meno di pensare, tanto più in tempi come questi, alle innumerevoli nefandezze compiute a danno del Sacratissimo Cuore di Gesù, come ancora mirabilmente fa dire il Sommo Pontefice Pio XI nell’Atto di riparazione che sarà pronunciato a Modena il 1º giugno:
«(…) l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento, le tante insidie tese dalla corruttela alle anime innocenti, la profanazione dei giorni festivi, le ingiurie esecrande scagliate contro Te e i tuoi Santi, gli insulti lanciati contro il tuo Vicario e l’ordine sacerdotale, le negligenze e gli orribili sacrilegi ond’è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino, e infine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata».
Il 10 settembre del 1925, la Vergine Santissima apparve con il Bambin Gesù alla veggente suor Lucia. La Madonna portava sulla mano un Cuore circondato di spine e, mostratolo, il Bambinello disse all’ancor giovanissima Lucia: «Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi faccia atti di riparazione per strapparglieLe».
A queste già fortissime parole seguirono quelle della Santa Vergine, Ella rivolgendosi a suor Lucia disse:
«Guarda, figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati infliggono continuamente con bestemmie e ingratitudini. Consolami almeno tu e fa’ sapere questo: a tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza».
Come vediamo, sia nel Magistero infallibile della Santa Chiesa, sia nel contenuto escatologico presente nelle apparizioni della Madonna è presente un forte e chiaro appello alla riparazione. Si potrebbe altresì supporre che in questi messaggi si prosegua ciò che fu iniziato più di due secoli prima a Paray-le-Monial, con le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a Santa Maria Margherita Alacoque. Nel caso di Fatima la riparazione viene richiesta anche per il Cuore Immacolato della Madre, unita alla Passione e allo strazio del Cuore del Figlio.
Gli strazi del Sacro Cuore si odono forti, eppure vengono sopraffatti dalle malevoli grida del peccato pubblico voluto da Satana per offendere, ancor più gravemente, l’Unico e Vero Dio.
Ecco perché al popolo di Dio è assolutamente richiesto un impegno di Fede forte, che sia manifestata pubblicamente e che abbia, come principale punto di riferimento, la preghiera rivolta a Dio a modo di riparazione.
Sbaglierebbe chi pensasse che un atto privato equivalga ad un atto pubblico, o che “basta pregare in chiesa” per riparare qualcosa di gravemente vissuto in foro esterno. Se è vero che la riparazione non sarà mai eguale al grave peccato commesso, è altrettanto vero che una preghiera privata non avrà lo stesso effetto, anche secondo il modello cristiano di carità e correzione, di una preghiera manifestata pubblicamente con perseveranza e coraggio.
La forza dell’orazione ricalca poi quattro punti cardine fondamentali: essa possiede valore satisfattorio e valore meritorio, è nutrimento spirituale e ha, nella chiave di volta che collega la terra con il Cielo, la facoltà di ottenere ciò che si chiede.
Quale arma migliore può essere adoperata a compensare i gravi crimini commessi contro Gesù se non la preghiera connessa al sacrificio? Lo stesso Nostro Signore ci spiega lo spessore di questo duplice mezzo: «Certa specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e col digiuno». (Mt. 17, 21). I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono infatti voluti da veri e propri demoni.
Aldilà di quello che vogliono dire i moderni sofisti del nulla più assoluto, la vita riparatrice è, come diceva il grande teologo domenicano Garrigou-Lagrange, «la partecipazione allo stato di vittima di Gesù, un’unione strettissima al Sacerdote Eterno».
Ecco perché è fondamentale essere in processione orante per le strade di Modena il 1º giugno, anche venendo da lontano, anche affrontando un viaggio da un’altra città. Ecco perché è doveroso ridare a Dio il posto che gli spetta: il trono nella società, la presenza nella vita pubblica.
A noi cattolici è richiesto questo compito importante, cioè ridare alla Chiesa il suo aspetto militante: rizzando per le strade, come esortava a fare la grande Santa Caterina da Siena, «el gonfalone della Santissima Croce».
di Cristiano Lugli
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