Il diavolo secondo C.S. Lewis
“Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo”.
Nelle trentuno lettere scritte dal diavolo provetto Berlicche al giovane Malacoda, Clive Staples Lewis (1898-1963) ha voluto sottolineare con umorismo e fine sapienza teologica i disegni diabolici per portare le anime verso la perdizione eterna: “La cosa migliore, se fosse possibile, sarebbe di tenere il paziente completamente lontano da qualsiasi seria intenzione di pregare”.
Attraverso continui consigli intellettuali e lampi di suggestione psicologica, il diavolo tentatore non trascura nessuna strategia contro il disegno di redenzione del suo “Nemico” (Cristo), come suggerisce all’inesperto e talvolta diabolicamente incauto Malacoda: “Per noi un essere umano è innanzitutto cibo; nostro scopo è l’assorbimento della sua volontà nella nostra… ma l’obbedienza che il Nemico chiede all’uomo è cosa del tutto diversa. Noi vogliamo mandrie che finiranno per diventare cibo; Egli, il Nemico, vuole servi che diverranno infine figliuoli. Noi vogliamo assorbire, Egli vuol concedere in abbondanza. Noi siamo vuoti e vorremmo riempirci, Egli possiede la pienezza e trabocca”.
La piena consapevolezza maligna di Berlicche è tutta rivolta alla distrazione dell’uomo per il bene e persegue una linea lucida e razionale, che fa portare l’umanità lontana dalla realtà: “È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori dallo loro testa”.
Dedicate all’amico John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), le Lettere di Berlicche hanno suscitato vivace interesse fin dal 1942, anno della pubblicazione, per aver beffato con grande classe le trame perverse del Maligno e avendo così ridicolizzato, anche se temuto, l’operato del Demonio e dei suoi agenti. Lewis era consapevole della posta in gioco e, con questa giustamente famosa opera, ci ha ammonito a diffidare dei falsi ragionamenti per affidarsi alla realtà ontologica divina, così come descritta nella Genesi nei giorni della Creazione: “Dio vide che era cosa buona”.
Alle lusinghe di Belzebù, che vuole farci vivere in un utopistico irresponsabile futuro, Lewis ci invita a occuparci del presente, senza tuttavia dimenticare gli insegnamenti del passato. Il lavoro terribile di Berlicche e di Malacoda di sviamento e traviamento dell’uomo è affermato prepotentemente nella loro folle corrispondenza epistolare: “Il nostro lavoro è di allontanarli sia dall’eterno sia dal presente…è molto meglio farli vivere nel futuro. Esso è sconosciuto e quindi, facendoli pensare ad esso, li facciamo pensare a cose irreali. Insomma, il futuro è, fra tutte, la cosa meno simile all’eternità”.
Con questo libro piccolo per mole di pagine, ma grande per contenuto, lo scrittore nativo di Belfast ha messo in luce le cattive intenzioni della presenza diabolica reale del mondo, come anticipava già nella premessa: “Vi sono due errori, uguali ed opposti, nei quali la nostra razza può cadere nei riguardi dei Diavoli. Uno è di non credere alla loro esistenza. L’altro, di credervi, e di sentire per essi un interesse eccessivo e non sano. I Diavoli sono contenti di ambedue gli errori”.
Evitiamo, anche con il prezioso insegnamento di Lewis, di cadere in queste debolezze e in questi errori, ricordando che il Maligno è essenzialmente bugiardo, contrario alla luce e alla Verità, così come al silenzio ed alla musica, come suggeriva ancora lo stesso Berlicche: “Musica e silenzio, li detesto mortalmente tutt’e due! Noi vogliamo fare di tutto l’universo un rumore. Abbiamo già fatto grandi passi in quella direzione per ciò che si riferisce alla terra. Le melodie e i silenzi del cielo verranno infine soverchiati dalle grida”. Così Lewis, così accade sovente nelle chiese dei nostri tristi tempi.
Fabio Trevisan
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