Chiesa, domina il dispotismo illuminato
Con l'avvento del dispotismo illuminato, come frutto del secolo dei Lumi, in nome della libertà, del progresso, della giustizia e della felicità, le corti europee sopprimono conventi di clausura, limitano l’accesso ai voti religiosi, rendono la vita di monaci e frati più ragionevole. Oggi qualcosa di analogo sta accadendo all'interno della Chiesa.
“Una società di ecclesiastici” non ha il diritto di “obbligarsi per giuramento a un certo simbolo immutabile” perché questo equivarrebbe ad “un crimine contro la natura umana”, che ha come fine il “progresso”; “concertarsi per mantenere in vita una costituzione religiosa immutabile”, “e con ciò arrestare per un certo periodo di tempo il cammino dell’umanità verso il suo miglioramento”, “non è assolutamente permesso”. Siamo nel 1784 e a scrivere è l’Immanuel Kant della Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo. Di lì a 5 anni gli illuminati al potere proveranno a distruggere la Chiesa cattolica, la cui esistenza non era assolutamente permessa.
Prima che l’Essere Supremo della “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” dell’89 garantisse il rispetto dei “diritti naturali, inalienabili e sacri” per tutti, il secolo dei Lumi aveva assistito ad un paziente lavoro di loggia, di club filosofici, di libere intelligenze, il cui obiettivo era liberare l’uomo dai vincoli religiosi e sociali che l’opprimevano. Libertà. Libertà e ancora libertà. Da Lutero in poi è questo l’obiettivo dichiarato.
In un primo momento si tratta di liberarsi da Roma, poi da Dio e infine dai re. Ma sempre e comunque l’obiettivo è garantire libertà agli gnostici, cioè a quanti ambiscono a definire il bene e il male pensando di saperlo fare meglio di Dio (cfr. Gn 3). Gli gnostici esigono per sé una libertà piena e totale perché, convinti come sono di essere i migliori, sono sicuri che la libertà da loro stessi definita e imposta andrà a vantaggio di tutti.
Le menti più illuminate, con le logge che sempre le precedono e le accompagnano, a metà del secolo riescono a scalzare a corte il prestigio e l’influenza dei gesuiti. A cominciare dal Portogallo, retto dal massone marchese di Pombal, i gesuiti sono soppressi ovunque, una corte dopo l’altra. La Santa Sede segue per ultima nel 1773 con la bolla Dominus ac redemptor di Clemente XIV. Lo storico massone Giuseppe La Farina giustamente interpreta la decisione pontificia come una vittoria dei monarchi, saggiamente guidati dai liberi muratori. Per la Chiesa una vera capitolazione: “La bolla di papa Ganganelli non fu una riforma, ma una capitolazione imposta dal vincitore”.
Messa momentaneamente a tacere la ragione dei gesuiti, quanti sono illuminati dalla luce di una ragione libera dai pregiudizi, impongono il trionfo del “dispotismo illuminato”. Il nome è un programma. In nome della libertà, del progresso, della giustizia e della felicità, le corti europee sopprimono conventi di clausura, limitano l’accesso ai voti religiosi, rendono la vita di monaci e frati più ragionevole. Meno esagerata. Più moderata. Più illuminata dai dettami di una ragione non superstiziosa. Così, tanto per dire, viene abolito l’ufficio notturno.
Quando la ragione si contrappone alla fede (quando l’uomo fa come se Dio non ci fosse) il destino è sempre lo stesso: una violenza indiscriminata contro quanti negano le luminose esigenze del progresso.
Quanto un tempo era tipico dell’attacco massonico alla Chiesa cattolica, oggi vale per le questioni di fede ad intra, all’interno della Chiesa cattolica. In nome delle ragione e del progresso si rischia di far trionfare all’interno della Chiesa un pensiero unico che vuole imporre a Roma (dicasi: a Roma) il modo di vita semplice e veramente umano (!) delle popolazioni amazzoniche. Culti locali compresi.
Un pensiero unico che vuole uniformare in una direzione più moderna e ragionevole le pretese eccessivamente rigorose di alcuni ordini religiosi troppo esigenti. La vita delle famiglie religiose va normalizzata, resa ovunque corrispondente ai desideri non dei rispettivi fondatori (e, quindi, dello Spirito Santo) ma di quanti hanno potere di decidere cosa è bene e cosa è male all’interno della Chiesa.
Angela Pellicciari
http://www.lanuovabq.it/it/chiesa-domina-il-dispotismo-illuminato
Monaca guerriera: “I monasteri di clausura si aprano, sì, ma verso il Cielo, non per i migranti”
Cari amici di Duc in altum, credo che il fatto sia senza precedenti: una monaca di clausura, a nome suo e di alcune sue consorelle, risponde alle monache, anche loro di clausura, che giorni fa hanno indirizzato, tramite il quotidiano Avvenire, una lettera aperta alle massime cariche dello Stato per esprimere preoccupazione circa il clima di intolleranza e di violenta discriminazione che, a loro dire, sarebbe diffuso in Italia e per dirsi pronte ad accogliere i migranti.
La monaca che mi ha scritto, e che si firma “Monaca guierriera di Cristo Re”, contesta la lettera aperta delle altre monache per quanto riguarda sia il metodo sia il contenuto, ed esorta le consorelle ad aprire sì i loro monasteri, ma verso il Cielo, che è poi, sottolinea, l’autentica vocazione delle claustrali.
A.M.V.
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Gentile dottor Valli, ho visto che lei spesso dà spazio e voce a singole testimonianze e commenti. Sono stata edificata dal commento della sorella eremita che lei ha pubblicato e ho deciso di scrivere anch’io. Lo faccio perché ho provato un grande dolore nel leggere la lettera aperta inviata da altre monache alle massime cariche dello Stato (presidente della Repubblica e presidente del Consiglio) e successivamente pubblicata sul quotidiano della Cei. Sono monaca anch’io, da lunghissimi anni. È la prima volta che scrivo a un giornalista e scelgo di rivolgermi a lei per dare voce a tante sorelle con cui ho avuto occasione di confrontarmi in questi giorni e che sono dispiaciute e ferite dalla scelta fatta da questi monasteri.
Care sorelle d’Italia e dei migranti, molte cose hanno disorientato e sconvolto noi altre sorelle claustrali. Innanzitutto la vostra scelta di gridare, come fa il mondo, il che è alquanto insolito per noi suore di clausura. Anche se la decisione di aprire i vostri monasteri ai migranti fosse giusta, e secondo me non lo è, perché fare in modo che tutti lo sappiano, contraddicendo uno stile di vita che ci caratterizza da sempre? Forse la clausura dei vostri monasteri è stata invasa dai mezzi di comunicazione che vi hanno fatto perdere il contatto con la realtà? Il Santo Padre Francesco nel documento che scrive a noi monache ci esorta perché questi mezzi “siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione dalla vita fraterna in comunità, né danno per la vostra vocazione, né ostacolo per la vostra vita interamente dedita alla contemplazione”. Com’è dunque possibile che anime di vita contemplativa dal silenzio delle loro grate parlino di “preoccupazione per il diffondersi in Italia di sentimenti di intolleranza, rifiuto e violenta discriminazione”? La vostra preoccupazione ci lascia perplesse.
Noi, claustrali con i monasteri chiusi, crediamo invece che non sia necessario affiancare le istituzioni diocesane nell’ospitalità umana dei migranti (come potremmo prendercene cura senza infrangere le leggi della clausura?). Il nostro compito è ben più silenzioso e profondo. La nostra dimensione è verticale, non orizzontale, invisibile e nascosta, non evidente (e forse non raccoglie il plauso del mondo). La nostra vocazione di contemplative non ci chiama all’impegno nel sociale; se lo facessimo, finiremmo per snaturarci e perdere la nostra identità, diventando fili d’erba in balia del vento. La nostra vita, con l’apertura alla preghiera e al sacrificio nel nascondimento, è già un aiuto immenso per tutti i fratelli: aiutiamo le anime prima dei corpi, intercediamo per la salvezza eterna dei nostri fratelli, lasciando che siano gli altri componenti del Corpo Mistico di Cristo a prendersi cura materiale di loro.
Noi tutte, claustrali rimaste nel silenzio, con i nostri monasteri chiusi, intendiamo ricordare al mondo che la nostra vocazione è quella di distacco dal mondo, per la salvezza del mondo stesso. Intendiamo anche esprimere dolore per le nostre consorelle che hanno fatto proprio lo spirito del mondo, dimenticando le radici della nostra vocazione. Non era questo lo spirito delle vostre fondatrici, Santa Chiara d’Assisi e Santa Teresa d’Avila, che si sono rinchiuse e dedicate alla preghiera. Il Santo Padre ce lo ricorda nell’ultimo documento, riferendosi alla nostra vita come a un’esperienza “centrata nel Signore quale primo ed unico amore”, e afferma: “Quanta efficacia apostolica si irradia dai monasteri attraverso la preghiera e l’offerta! Quanta gioia e profezia grida al mondo il silenzio dei chiostri!”
Spero dunque che queste mie povere parole possano aiutare ciascuna di voi, care sorelle d’Italia e dei migranti, nei vostri sessantadue monasteri, a ritrovare la giusta dimensione delle cose, a rimettere l’unum necessarium al centro, senza paura di togliere in questo modo qualcosa agli altri. Se siamo ciò che dobbiamo essere, allora i nostri monasteri saranno porte spalancate verso il Cielo. Preghiamo e intercediamo, così come ci chiede il Santo Padre, senza nulla anteporre a Cristo.
Una vostra sorella, monaca guerriera di Cristo Re
- EMILIA ROMAGNA
Scalfarotto 2.0, approvata nella notte la legge bavaglio
Il parlamento regionale, poco dopo le 3:30 della notte tra venerdì e sabato, ha approvato la legge contro la cosiddetta «omotransnegatività», a cui intanto è stato cambiato il titolo. No da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che avevano presentato gran parte degli emendamenti (1.787), sì da Pd, SI, 5 Stelle e Gruppo misto. Una legge ideologica, che con il pretesto della lotta alle “discriminazioni” prevede corsie preferenziali per le persone Lgbt nel mondo del lavoro e dello sport, la diffusione della teoria del gender nelle scuole e il controllo dei contenuti diffusi dai media. Il tutto nella regione di Bibbiano e dello scandalo affidi.
Poco dopo le 3:30 della notte appena trascorsa, quella tra venerdì 26 e sabato 27 luglio, il parlamento regionale dell’Emila Romagna ha approvato la legge contro la cosiddetta «omotransnegatività», a cui intanto un emendamento aveva cambiato il titolo in «Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere». Al di là della modifica simbolica, nella sostanza cambia ben poco.
Al voto finale erano 43 i consiglieri presenti, con 33 favorevoli e 10 contrari. La legge è stata approvata con il sì di Partito democratico, Sinistra Italiana, Cinque Stelle e Gruppo misto (Silvia Prodi e Gian Luca Sassi). No da tutta l’opposizione di centrodestra, con Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Centrodestra che aveva presentato gran parte dei 1.787 emendamenti complessivi, cercando con l’ostruzionismo parlamentare di scongiurare l’approvazione di una legge dai tratti liberticidi.
È stata una battaglia campale, come non se ne vedevano da vent’anni nella rossa Emilia, visto che secondo i calcoli fatti dal sito dell’assemblea regionale si è arrivati al “sì” finale dopo circa 39 ore in aula (al netto delle pause tecniche), com’era avvenuto nella regione solo in un’altra circostanza, nel 1999. Il tutto iniziato con le sette ore di discussione generale mercoledì 24 luglio, cui ha fatto seguito una seduta a oltranza che si è svolta pure in piena notte ed è andata avanti - con qualche pausa - dalle 16:43 di giovedì, quando è iniziato il voto sui 1.787 emendamenti, fino appunto alle 3:30 di oggi.
Il particolare del record di durata la dice lunga sulla contrapposizione che si è svolta e l’importanza della posta in gioco, che riguarda in primo luogo la libertà d’espressione e d’educazione di chi crede nella famiglia come cellula fondamentale della società, fondata sulla complementarità maschile-femminile.
LA LEGGE IN PILLOLE
L’esatto opposto dei fini di questa legge, che, servendosi del paravento della lotta alle discriminazioni verso le persone che si identificano come Lgbt, si propone di far progredire la causa arcobaleno, creando corsie preferenziali nel mondo del lavoro, favorendo l’insegnamento della teoria del gender nelle scuole (passando per la «formazione e aggiornamento» dei docenti), il controllo dei contenuti (indesiderati) diffusi sui mezzi di comunicazione attraverso il monitoraggio del Corecom, che «si fa parte attiva nella segnalazione alle autorità» (art. 8). Inoltre, per i fini di questa legge, l’articolo 1 stabilisce l’adesione della Regione a Ready, la rete nazionale delle pubbliche amministrazioni gay-friendly. Dallo stesso articolo, già in sede di commissione Parità (qui il testo che era stato licenziato dopo l'ultima riunione di luglio), era stata espunta una parte criticatissima della proposta, ossia l’espressione «anche potenziali» - relativa alle «situazioni di discriminazione» da «prevenire e superare» - che di fatto aumentava a dismisura l’arbitrarietà degli interventi secondo i desiderata della lobby Lgbt.
Rimane comunque il nodo principale poiché, come questo quotidiano ha più volte ricordato soffermandosi sui contenuti di quella che era ancora una proposta di legge (vedi qui, qui e qui), il nostro Paese ha già le norme necessarie per tutelare qualsiasi cittadino dalle “discriminazioni”.
UNA LEGGE FORTEMENTE VOLUTA DA PD E 5 STELLE
Ciononostante la netta maggioranza di centrosinistra, con in testa il Pd, forte pure dell’accordo con i consiglieri del Movimento 5 Stelle, ha continuato a spingere ossessivamente per approvare questa legge prima della pausa estiva e prepararsi alle prossime elezioni regionali con il ‘bottino’ già consegnato all’associazionismo gay. E questo malgrado la cultura anti-famiglia veicolata dalla proposta normativa sia la stessa da cui è nato, nella medesima regione, lo scandalo affidi emerso grazie all’inchiesta “Angeli e Demoni”, su cui il Pd continua a minimizzare e produrre cortine fumogene, cercando di buttare tutto in caciara politica.
Per inciso, già il 24 luglio, prima che iniziasse il dibattito sulla legge «contro le discriminazioni», il centrodestra aveva chiesto, invano, di dare la precedenza nell’ordine del giorno alla discussione per istituire una commissione d’inchiesta regionale sui fatti di Bibbiano.
La battaglia campale a cui abbiamo accennato è quindi iniziata simbolicamente così, mettendo prima gli interessi ideologici di gruppi particolari, rispetto a un caso concreto in cui si è creato dolore in intere famiglie e bambini sono stati sottratti ingiustamente ai loro genitori. La relatrice di maggioranza, Roberta Mori (della cui vicinanza ad alcune delle indagate di "Angeli e Demoni", inchiesta rispetto alla quale risulta estranea, abbiamo già riferito qui), aveva aperto i lavori con un discorso subito rilanciato via Facebook da Vincenzo Branà, presidente del Cassero Lgbt di Bologna, ossia di quello stesso gruppo (una costola dell’Arcigay) che aveva messo in scena la vergognosa rappresentazione blasfema della Passione di Gesù, intitolata Venerdì, credici. Ma offendere Dio e milioni di fedeli non rientra evidentemente nella sensibilità di chi chiede nuove leggi per non essere “discriminato”.
Lo stesso Branà, come informa con nonchalance ancora il sito del parlamento regionale, ieri mattina - dopo una nottata di votazioni sugli emendamenti - «ha fatto vivere ai consiglieri anche momenti piacevoli», portando «brioches per tutti» i consiglieri di maggioranza. Uno di casa, nel palazzo. Un altro attivista Lgbt, Alberto Nicolini, che insieme ad altri amici ha assistito in aula alla seduta notturna del 25-26 luglio, ha espresso su Facebook il suo fastidio per Giuseppe Paruolo, invitandolo ad andare «in un luogo più consono alle sue posizioni discriminatorie». Paruolo è l’esponente del Pd che ad aprile, suscitando le ire dei maggiorenti del suo partito, aveva proposto degli emendamenti contro la barbarie dell’utero in affitto (chiedendo di contrastarne la pratica e non concedere finanziamenti alle associazioni che la promuovono), poi molto edulcorati a luglio dagli stessi dem. Lo ricordiamo a beneficio di chi pensa ancora che le varie leggi contro l’omofobia, ‘figlie’ del ddl Scalfarotto, servano a combattere le discriminazioni.
Tra gli interventi in aula, ne segnaliamo uno della pentastellata Silvia Piccinini, che giovedì aveva sostenuto la vecchia storiella secondo cui «la teoria del gender non esiste». Rispondeva a un intervento di Giancarlo Tagliaferri (Fratelli d’Italia), che aveva ricordato in aula che lo stesso papa Francesco ha sottolineato in diverse occasioni la pericolosità della teoria del gender, definita dal pontefice una «colonizzazione ideologica» nonché una «bomba atomica» contro la famiglia. Un altro esponente di FdI, Michele Facci, aveva intanto affermato che questa è una «legge manifesto» per ingraziarsi la comunità Lgbt «tanto cara alla relatrice di maggioranza, Roberta Mori». Riferendosi al comportamento tenuto dai cattodem, il forzista Andrea Galli aveva intanto fatto presente che gli emendamenti di marca Pd servono come «cerotti su una gamba di legno», in quanto è tutto l’impianto della legge a essere inaccettabile.
Ermes Dovico
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