CASO LAMBERT
Vincent agonizza nel silenzio del mondo (e della Chiesa)
Da una settimana il 42enne disabile francese è privato di acqua e cibo. I media sono ormai pressoché muti, in attesa che Vincent muoia di fame e di sete per tornare a ripetere le stesse menzogne pro eutanasia. Oggi i due avvocati dei genitori parleranno a Parigi per gridare di nuovo al mondo la verità. Tacciono i vescovi francesi, e nemmeno papa Francesco ha voluto lanciare un appello per Lambert, come anche monsignor Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Eppure la Chiesa dovrebbe gridare ai quattro venti che si sta commettendo un’ingiustizia contro la vita di una persona indifesa, come ha ricordato il cardinale Burke in un’intervista. Anche perché è in pericolo la salvezza delle anime.
Siamo al settimo giorno di barbarie autorizzata contro Vincent Lambert e la narrazione mediatica è ormai pressoché muta sull’argomento. Quando Vincent – se Dio vorrà – morirà, torneranno a parlare, o meglio a vocalizzare allo sfinimento le solite cose, per assicurarsi che l’inebetimento dell’opinione pubblica raggiunga un buon margine di sicurezza.
Proprio questo pomeriggio, dalle 16 alle 19, i due avvocati dei genitori, di un fratello e di una sorella di Vincent, prenderanno la parola in un comizio organizzato a Parigi, per cercare di gridare al mondo, ancora una volta, la verità della situazione, etica, giuridica e medica di Vincent Lambert.
I vescovi francesi ormai tacciono. È vero che in occasione del tentativo di eutanasizzare Vincent, fermato poi dalla Corte d’Appello di Parigi il 20 maggio scorso, si erano fatti sentire: anzitutto i più direttamente coinvolti, monsignor Éric de Moulins-Beaufort, vescovo di Reims, e il suo ausiliare, monsignor Bruno Feillet; poi anche l’arcivescovo di Parigi, monsignor Michel Aupetit, e altri vescovi. Però è altrettanto vero che la condanna è stata ripetuta e ora Vincent è in agonia da una settimana; è perciò necessario che l’episcopato francese compatto denunci nuovamente e con più forza che si tratta di un omicidio, i cui responsabili sono politici, medici e familiari che hanno nomi e cognomi ben precisi; che si tratta di una volontà precisa di introdurre l’eutanasia dalla finestra, visto che dalla porta è ancora presto (fino a quando?).
È poi necessario mobilitare i cattolici e tutte le persone di buona volontà alla resistenza, alla preghiera, al sacrificio, e denunciare la disinformazione continua e martellante dei media. Questo è il minimo che si possa e si debba fare, per sostenere il grido continuo di mamma Viviane e quello di papà Pierre, quest’uomo di novant’anni cardiopatico che si vede ammazzare un figlio disabile, e che proprio ieri pomeriggio, mentre si recava all’ospedale di Reims per visitare il figlio, ha detto al mondo la verità: “È un assassinio mascherato, un’eutanasia”.
Purtroppo nulla è arrivato anche dal Santo Padre, che ha avuto a disposizione l’Udienza generale di mercoledì scorso e l’Angelus di ieri per lanciare un appello che cercasse di fermare la mano del boia, o quantomeno di mettere davanti agli occhi del mondo il fatto che in Francia sta per essere ucciso un uomo, solo perché disabile, e si stanno violando le norme elementari dei diritti umani, riconosciute a parole e puntualmente disattese nei fatti.
La tremenda verità, che viene taciuta, è che sta per essere portata a termine una condanna che avrà un effetto domino mortifero su migliaia di altre persone in situazioni simili e che getta i presupposti per qualsiasi contravvenzione dei diritti umani. Non è voglia di polemica: è semplicemente la dolorosa constatazione che il Papa ha deciso di abbandonare Vincent al suo destino e di accettare, senza batter ciglio, la sentenza iniqua che è pronta a far strage di disabili.
Nemmeno il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Vincenzo Paglia, ha trovato il tempo per intervenire sulla questione: forse ha già scritto un messaggio di condoglianze per la famiglia e sta solo attendendo il fatal giorno. E dire che la sua Comunità di Sant’Egidio, sempre pronta a mostrarsi agli occhi di tutti vicina agli ultimi, è ben presente in Francia, almeno stando a quanto riferisce il sito ufficiale con un hashtag: la #santegidio summer c’est parti! Udite, udite: barbecue organizzato nel cuore di Parigi, e poi, coming soon, un altro barbecue per i senza dimora a Lione e via con pranzi, feste, gite e chi più ne ha più ne metta. Alla faccia di Vincent che muore di fame e di sete: per lui, nemmeno una parola. Sarà perché non è senza dimora, non è clandestino, non è LGBTQI (e avanti con tutto l’alfabeto)?
Silenzio anche dall’Onu, che sta dimostrando che le convenzioni, i protocolli, e tutto il materiale cartaceo prodotti in questi anni non sono in grado di tutelare la vita di un innocente, che non è in mano a dei terroristi pronti a farsi saltare in aria insieme agli ostaggi, ma è in un letto di ospedale della civilissima Francia. Il Comitato per i diritti dei disabili ha provato a richiamare Macron ai suoi impegni, ma di fronte ad un nemmeno troppo celato “chissenefrega” (con o senza hashtag?), si è ritirato in buon ordine. Regola numero uno per difendere i diritti umani, in un mondo dove dominano l’arroganza, la prevaricazione, la menzogna: usare la forza. Altrimenti, in certi casi, le parole non servono a nulla.
A cantare ancora una volta un assolo, unica consolazione in questa situazione, è, in una bella intervista a L’Occidentale, il cardinale Raymond Burke, tanto accusato di essere un rigido dogmatico “pizzi e merletti”, lontano dai problemi reali della gente, e che è invece uno dei pochi a esporsi: “Noi cattolici e ogni persona di buona volontà abbiamo il preciso obbligo di difendere la massima dignità della vita umana, in ogni suo stadio. In questo momento di grandissima confusione è necessario, inoltre, che la Chiesa faccia fronte unito per lanciare il chiaro messaggio del suo insegnamento”.
E continua: “Vorrei dunque ribadire, con fermezza, [...] che la vita umana e la sua dignità non varia in base a circostanze fisiche o mentali: l’uomo non cessa di essere tale e dunque meritevole del pieno rispetto in nessuno di questi casi. Spesso si afferma che sia umiliante, per coloro che si trovano in queste gravi condizioni, il continuare a protrarre tali sofferenze e una vita «non degna di essere chiamata tale». Al contrario, ritengo unicamente e intrinsecamente umiliante arrivare a paragonare la vita umana a quella di un vegetale, arrivare a far percepire a queste persone, già molto provate dalla loro condizione, che l’opinione pubblica maggioritaria, o ancor peggio lo Stato, ritengano che la loro vita non sia più degna di essere vissuta. Ancora una volta, da pastore, vorrei far giungere loro la voce di Cristo e della sua Chiesa, che da sempre annuncia che in qualunque stadio e condizioni si trovi, la vita dell’uomo è sempre preziosa ai Suoi occhi”.
E in particolare, sulla situazione di Vincent Lambert, il cardinal Burke dimostra di comprendere la posta in gioco: “Si può interrompere la vita di una persona perché è disabile, perché è affidata agli altri? Può lo Stato dare la morte agli innocenti e indifesi? Ricordo che qualche anno fa, in Italia, ci fu un caso simile, quello di Eluana Englaro, che giustamente coinvolse l’intero paese, comprese le massime autorità dello Stato e il Parlamento. Una reazione simile ci fu anche in America per il caso di Terri Schiavo. Il Magistero della Chiesa è da sempre netto sulla difesa della vita, in particolare di quella più fragile, più esposta. Un politico cattolico non deve, e non può, fare altro che rifarsi al diritto naturale, come è espresso nell’insegnamento della Chiesa, e agire con energia e coerenza. La Chiesa non ha la necessità di elaborare nuove risposte, ma non può tacere di fronte alla violenza su chi non può difendersi, su chi è fragile e inerme; penso che debba prestare la propria voce a chi non ha voce”.
Qualcuno potrà obiettare che la Chiesa non ha alcuna possibilità di coercizione. È vero: nessuno pretende che Papa Francesco mandi le Guardie Svizzere a piantonare la camera di Vincent; e nemmeno che mandi il noto cardinale “elettricista” a ripristinare l’alimentazione e l’idratazione di Vincent. Deve però alzare la voce, gridare ai quattro venti quello che accade in Francia, minacciare di ritirare il proprio Nunzio, e porre anche l’eutanasia, soprattutto quella commessa su disabili o persone indifese, insieme all’aborto, tra le colpe colpite con la scomunica latae sententiae. È di fondamentale importanza risvegliare il mondo di fronte a un tale crimine, che sta già facendo strage.
Qualcuno torcerà il naso, avvezzi come siamo a sentire ormai parlare solo di misericordia. Ma è bene ricordare che da nessuna parte, men che meno nel Vangelo, la misericordia è intesa come esenzione dalla giustizia e dal castigo che corregge il peccatore. Commentando la seconda metà del versetto 29 del salmo (118)119, che nella versione della Vetus latina suonava così: lege tua miserere mei (abbi pietà di me, secondo la tua legge), Sant’Ambrogio notava con grande acume: “Usa dunque una misericordia secondo la legge colui che usa misericordia con giustizia e sapienza, concedendo solo quello che sa di poter legittimamente concedere, se non vuol diventare egli stesso colpevole di fronte alla legge nell’usare misericordia ad altri [...]. Badiamo bene di non rendere peggiore la persona stessa che trattiamo ingiustamente con misericordia!”.
Troppo duro? Non per il Pastore e Dottore della Chiesa, Ambrogio, che ha invece ben chiaro che “il più delle volte il non reprimere i delinquenti è prova di maggiore durezza che non il punirli. Coloro che avranno commesso delle disonestà, vengono trascinati da ignominiose passioni e non traggono alcun vantaggio dalla propria colpa”. E chi non si emenda, per un peccato così grave come quello di far morire di fame e di sente un innocente, finisce all’Inferno. Con buona pace di chi pensa il contrario.
Luisella Scrosati
http://www.lanuovabq.it/it/vincent-agonizza-nel-silenzio-del-mondo-e-della-chiesa
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