ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 9 ottobre 2019

Breviario dell’ecologista

Una nuova parola d’ordine la “conversione ecologica”



Cristina Siccardi) Non conversione alla Verità del Salvatore, ma «conversione ecologica» è la parola d’ordine della Chiesa mondialista, legata ai poteri forti. In nome di san Francesco – il Cavaliere di Cristo per eccellenza, «l’araldo del gran Re», come egli si definiva – papa Francesco, con un gruppo di persone, fra cui due rappresentanti indigeni e i cardinali Cláudio Hummes (uno dei seguaci più fervidi della Teologia della Liberazione, presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia della Conferenza episcopale brasiliana) e Peter Turkson (prefetto del dicastero per il servizio dello Sviluppo umano integrale, che ha collaborato alla stesura dell’enciclica ambientalista Laudato sì), ha svolto una celebrazione il 4 ottobre u.s., nel giorno della festa di san Francesco, che ricapitolò tutto in Cristo e risollevò, insieme a san Domenico di Guzman, l’Europa e la Chiesa dalle eresie (in particolare quelle dei valdesi e dei catari, che erano tendenzialmente vegani) e dalla corruzione in cui era intrappolata. 

La celebrazione è servita per «consacrare il Sinodo sull’Amazzonia a san Francesco», in realtà alla sua falsa controfigura, costruita ad immagine e somiglianza dei desiderata di papa Francesco e di coloro che hanno perso il senso di esistere della Chiesa.
Si legge su Vatican news: «Un albero, un leccio proveniente da Assisi, si è radicato da oggi nel cuore della Chiesa universale. È stato piantato nei Giardini Vaticani, nel giorno della festa di San Francesco […] È legata in particolare a questa immagine la celebrazione, tenutasi alla presenza del Papa, per suggellare una fine e un inizio. Si conclude infatti oggi il Tempo del Creato, un periodo di più intensa orazione e azione a beneficio della Casa comune. E si sta per aprire, a partire da domenica e fino al prossimo 27 ottobre, il Sinodo dei vescovi per la regione Panamazzonica. La cerimonia odierna è stata scandita dal Cantico delle Creature, che ha ispirato l’Enciclica del Pontefice sulla cura della casa comune, e dalla figura di San Francesco, modello dell’ecologia integrale e riferimento imprescindibile per il Sinodo sull’Amazzonia».
Il cardinale Turkson, per nulla preoccupato di una Chiesa umana che smarrisce, giorno dopo giorno, la sua identità, perdendo fedeli e anime per seguire il mondo, ha dichiarato: «La nostra preoccupazione di rispondere alla crisi ecologica dovrebbe essere sostenuta dalla conoscenza e dalla saggezza come ha consigliato Papa Francesco: Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto – si legge nell’Enciclica Laudato sì – allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio».
A piantare il leccio in un’atmosfera mista di sincretismo e paganesimo sono stati papa Francesco, i due indigeni ed i cardinali Hummes e Baldisseri: «Un gesto semplice e profondo, che simboleggia la conversione all’ecologia integrale, scandito dall’accompagnamento musicale del Cantico delle Creature».
Allora non stupisce che il cardinale Turkson sia il prefatore del libro Breviario dell’ecologista del frate minore conventuale polacco Zdzisław Józef Kijas, autore fra l’altro di Ecumenismo: risposte a 101 domande (EMP 2008), Prima e dopo Assisi. Cristianesimo, cultura, religioni (curato con M. Borghesi, R. Buttiglione, C. Demezzi, E. Lo Iacono, P. Marini, A. Riccardi, Roma 2012).
In questo Breviario dell’ecologista è presente tutto e il contrario di tutto per offrire un’«opera ecumenica», “inclusiva”, manifesto, quindi, di una Chiesa definita «contemporanea», sfigurata dal risteling moderno. La prima edizione del libro, comparso in Polonia nel 2006, era stata accolta con grande favore dagli attivisti impegnati per l’ambiente; ma oggi la seconda edizione aggiornata è salutata con maggior entusiasmo dai sostenitori della testimonial Greta Thunberg e dai suoi manovratori.
Ha scritto il grande scienziato Antonino Zichichi, smontando in un solo e lucido articolo il batage mondiale pubblicitario sui cambiamenti climatici causati dall’uomo: «Il finimondo culturale scatenato dalla giovane svedese Greta Thunberg, ci porta a ricordare che le tre grandi conquiste della Ragione sono il Linguaggio, la Logica e la Scienza. Per risolvere un problema bisogna anzitutto parlarne. È quello che ha fatto con enorme successo Greta. Linguaggio significa esprimersi usando le parole, non le formule matematiche. Usando le parole si può dire tutto e il contrario di tutto; ecco perché tremila anni fa nacque la Logica. Logica vuole dire produrre un modello matematico: non solo parole, ma formule. E, infatti, ci vuole la Matematica per stabilire la validità scientifica di cui si parla. Greta ha parlato di clima per attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. E c’è riuscita. Ma se non c’è la Logica, quindi la Matematica e poi la Scienza, cioè la prova sperimentale, il clima rimane quello che è: una cosa della quale si parla tanto, senza usare il rigore logico di un modello matematico e senza essere riusciti a ottenere la prova sperimentale che ne stabilisce il legame con la realtà. Greta non dovrebbe interrompere gli studi, come ha detto di volere fare, per dedicarsi alla battaglia ecologista, ma tornare nella sua scuola e dire che bisogna imparare la Matematica delle equazioni differenziali non lineari accoppiate e le prove sperimentali necessarie per stabilire se quel sistema di equazioni descrive effettivamente i fenomeni legati al clima».
Non solo Greta, ma anche la Chiesa ha perso la Logica con le sue “formule matematiche”, ossia i suoi principi, i suoi dogmi, i suoi reali insegnamenti, quelli che non conoscono mode e tempo, quelli che non si confanno alle parole che seguono linee guida relativiste, massoniche, panteiste e globaliste, producendo errori dottrinali e pastorali. Le formule dogmatiche e catechetiche sono quelle che hanno permesso alla Chiesa, per duemila anni, di rimanere sulle orme di Cristo, sono quelle che le permettono di non impazzire, come accade, invece, alla Chiesa di Firenze, con una Curia che paga gli studi in teologia all’imam Hamdan Al Zeqri, profugo yemenita, guida spirituale musulmana nel carcere di Sollicciano, che il 15 ottobre p.v. discuterà la tesi di laurea per diventare dottore in Scienze religiose, titolo che lo abiliterà ad insegnare la religione “cattolica” nelle scuole. Al Zeqri afferma di essere un musulmano intenzionato a rimanere tale, «ma amo Gesù, perché Islam e Cristo sono vicinissimi».
Islam e Cristo sono lontanissimi, ben lo sapeva san Francesco d’Assisi, che andò in missione nelle terre musulmane per convertire le genti, come fece san Paolo, e per trovare il martirio, come sostengono le Fonti Francescane. Anche il clero, come Greta, è invitato a tornare a scuola. 
Il Sinodo invoca la penitenza globale: “La chiesa confessi i peccati ecologici”

Nelle quattro congregazioni generali del secondo giorno si è parlato di cosmovisione amazzonica e preti che non ci sono
(Foto LaPresse)
Città del Vaticano. E’ il secondo giorno di #SinodoAmazonico, si sono tenute quattro congregazioni generali. I padri quasi tutti in clergyman, senza talari come aveva consentito lunedì il segretario generale cardinale Lorenzo Baldisseri tra gli olé della folla sinodale. I temi affrontati rispecchiano bene la strada tracciata dal cardinale Hummes, relatore generale, e diversi padri hanno chiesto che “la chiesa confessi i peccati ecologici”. Come segnala la nota serale diffusa da Vatican News, in Aula “è stato sottolineato uno sviluppo sostenibile che sia socialmente giusto e inclusivo e combini conoscenze scientifiche e tradizionali, perché il futuro dell’Amazzonia, realtà viva e non museale, è nelle nostre mani”. Auspicata ovviamente una “conversione ecologica che faccia percepire la gravità del peccato contro l’ambiente alla stregua di un peccato contro Dio, contro il prossimo e le future generazioni”. Da qui, “la proposta di approfondire e divulgare una letteratura teologica che includa insieme ai peccati, tradizionalmente noti, i peccati ecologici”. Si fa sul serio, insomma, a partire dagli appelli “affinché la chiesa con la sua voce autorevole tuteli sempre la vita, denunciando le tante strutture di morte che la minacciano”. Si è parlato, ça va sans dire, anche di diritti umani ed è stato ribadito che “le popolazioni native vanno considerate come alleate nella lotta ai cambiamenti climatici in un’ottica sinodale, ovvero di cammino ‘insieme’, in amicizia”. Non pochi membri dell’assemblea hanno invitato la chiesa “a divenire alleata dei movimenti sociali di base, a porsi in ascolto umile e accogliente nei confronti della cosmovisione amazzonica, a comprendere il diverso significato, rispetto alla tradizione occidentale, dato dalle culture locali a simboli rituali”.

In parecchi hanno chiesto di formare di più e meglio i missionari amazzonici (laici e consacrati), coinvolgendo i popoli indigeni nell’apostolato. Proposta: promuovere il diaconato indigeno permanente. Ma è ancora il problema della mancanza di sacerdoti a tenere banco (e a rappresentare il tema più delicato dell’assise). “C’è chi ha esortato alla preghiera per le vocazioni, chiedendo la trasformazione dell’Amazzonia in un grande santuario spirituale dal quale innalzare la preghiera al ‘Padrone della messe’’ affinché mandi nuovi operai del Vangelo”. Visto che i preti mancano dappertutto, qualcuno in Aula ha invitato “a un serio esame di coscienza su come oggi si vive la vocazione sacerdotale. La mancanza di santità infatti è ostacolo alla testimonianza evangelica”. Tra il pomeriggio di lunedì e la mattinata di ieri sono intervenuti 40 padri sinodali e un uditore.
di Matteo Matzuzzi
Il Sinodo delle Amazzoni
E' naturale che da comunità religiose dirette da donne se ne partano gli uomini, magari in direzione di comunità religiose dirette da bei preti con la barba
Papa Francesco apre il Sinodo per l’Amazzonia (foto LaPresse)
Dall’Amazzonia è naturale che arrivino le Amazzoni, donne guerriere. Non più cavallerizze discinte, come vuole la classica iconografia, ma suore con velo abbastanza regolamentare. Eppure, anche loro, vergini facinorose. Forse eredi delle indigene sudamericane che terrorizzarono gli esploratori europei del sedicesimo secolo coi loro costumi efferati (praticavano il cannibalismo e il femminismo). E così, grazie al Sinodo delle Amazzoni, l’adunanza che nei voti degli organizzatori dovrebbe segnare il passaggio dal cristianesimo al panteismo, scopriamo che le suore della foresta celebrano battesimi e matrimoni e pure mezze confessioni che diventeranno intere se prevarrà la linea di Hummes, compiaciuto del “gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia”. Il cardinale scardinante vuole dunque (notare il lessico manageriale, antispirituale) “un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità”. Dall’Amazzonia è naturale che arrivino le Amazzoni: è altrettanto naturale che da comunità religiose dirette da donne se ne partano gli uomini, magari in direzione di comunità religiose dirette da bei preti con la barba, sì, gli ortodossi.
di Camillo Langone

Dire no alla falsa Chiesa, convegno di Voice of the Family


(Mauro Faverzani) Che la posta in gioco col Sinodo per l’Amazzonia, iniziato domenica scorsa, sia altissima lo ha dimostratol’interesse suscitato dalla tavola rotonda internazionale dal titolo La nostra Chiesa, riformata o deformata?, promossa venerdì scorso, 4 ottobre, a Roma da Voice of the Family.
Nel corso dell’evento, che, oltre alla sala gremita ed attenta, ha registrato anche più di 5 mila persone collegate in streaming, non si è certo ricorsi a mezzi termini e la fotografia della situazione è drammatica: Michael Voris, fondatore di Church Militant, ad esempio, ha detto chiaramente che Papa Francesco ha portato una tale confusione morale e politica nel mondo e nella Chiesa, che dovrebbe riconoscerlo e trarne le conseguenze. Del resto, «l’intero scopo del cosiddetto Sinodo Amazzonico è quello di completare il lavoro dei rivoluzionari all’interno della Chiesa». Così il Pontefice ed i «suoi alleati clericali stanno creando un’organizzazione globalista con una facciata dall’apparenza cattolica. La maschera dovrebbe esser fatta cadere e, una volta per tutte, alla verità dovrebbe essere consentito di vincere».
È stata evidenziata per questo, con chiarezza, la pericolosa reinterpretazione della dottrina della Chiesa, purtroppo in corso. Il prof. Roberto de Mattei, direttore dell’agenzia Corrispondenza Romana, è stato esplicito: «All’interno della Chiesa esistono in questo momento due religioni: la prima è il Cattolicesimo di sempre, fedele al Magistero immutabile; la seconda è la religione amazzonica», che si propone di “reinterpretare” la verità della fede cattolica, negando indirettamente i dogmi di fede ed il primo articolo del Credo, Dio «Creatore del cielo e della terra»: in realtà, «gli errori del panteismo antico e moderno, ripetutamente condannati dalla Chiesa», sono presenti nella cosmo-visione proposta dall’Instrumentum Laboris del Sinodo: a quanti lo approvino è stata rivolta dal prof. de Mattei l’accusa «di politeismo o, più precisamente, di polidemonismo, perché “tutte le divinità dei gentili sono demoni” (Salmo 95,5)». Da qui la conclusione: «Due religioni non possono coesistere all’interno della stessa Chiesa» e l’appello «ai cardinali ed ai vescovi ancora cattolici, perché levino la voce contro questo scandalo».
Taylor Marshall, filosofo e teologo cattolico, ha evidenziato l’infiltrazione in atto nella Chiesa nell’empio tentativo di distruggerla dall’interno: «Satana è entrato in modo inequivocabile nella Chiesa Cattolica. Per oltre un secolo i promotori della massoneria, del liberalismo e del modernismo si sono infiltrati per cambiare la sua dottrina, la sua liturgia e la sua missione da qualcosa di soprannaturale a qualcosa di secolare». Solo «una guerra santa contro ciò che è demoniaco» potrà scongiurare l’«attacco alla fede soprannaturale, ai miracoli, alla rivelazione divina ed all’origine della nostra creazione».
Michael Matt, direttore del quindicinale cattolico The Remnant, ha mostrato come il «cambio di paradigma nell’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei confronti dell’attività missionaria e dell’evangelizzazione» abbia inevitabilmente determinato «una drammatica diminuzione dei sacerdoti missionari tradizionali e degli ordini religiosi in tutto il mondo».
La giornalista francese Jeanne Smits ha catalogato «la promozione di una qualche forma di ministero ordinato per le donne», organica alla «logica della spiritualità indigena», tra «le innovazioni più palesemente infauste, che stanno per essere introdotte dal Sinodo sull’Amazzonia». Eppure la Chiesa ha già «la risposta più bella a tale discussione: la Vergine Maria. Cosa potremmo desiderare di più?».
Un altro noto giornalista, Marco Tosatti di Stilum Curiae, ha dichiarato «esplosive» le conseguenze dell’affermazione contenuta nel documento di Abu Dhabi, sottoscritto da papa Francesco: «Il pluralismo e la diversità delle religioni, il colore, il sesso, la razza ed il linguaggio sono voluti da Dio nella sua saggezza». Il tentativo di correggere il tiro, posto in essere dal Pontefice a fronte delle critiche subito ricevute, parlando della «voluntas permissiva» di Dio, non ha convinto: «Questa frase contraddice la Rivelazione divina alle fondamenta», nonché il primo Comandamento, cui non si capisce dunque «che valore possa dare il Pontefice regnante», come ha spiegato Tosatti: «Perché devo farmi missionario, se tutte le religioni sono volute da Dio?».
José Antonio Ureta, intellettuale cileno ed autore del libro Il “cambio di paradigma” di papa Francesco. Continuità o rottura nella Chiesa? (IPCO, San Paolo del Brasile 2018), ha rilevato come «un’offensiva neo-luterana contro il sacerdozio ed il carattere gerarchico della Chiesa» sia «in corso da molto tempo»; in risposta, l’allora cardinale Joseph Ratzinger scrisse un articolo sull’Osservatore Romano, in cui sottolineò la necessità di evitare «una sottovalutazione del ministero ordinato ed una caduta in una “protestantizzazione” dei concetti di ministero e persino di Chiesa stessa». Ma lo stesso papa Francesco, in un’intervista in aereo di ritorno da Panama, ha accennato all’eventualità di «ordinare un uomo sposato anziano per esercitare il munus sanctificandi, cioè per celebrare la Messa, amministrare il Sacramento della Riconciliazione ed eseguire l’Unzione degli Infermi», tesi traslitterata poi nel concetto di «viri probati» e nei paragrafi 127 e 138 dell’Instrumentum Laboris del Sinodo: se approvata, «tale nuova struttura ecclesiastica basata su un sacerdozio non ministeriale e non gerarchico non sarà più la Chiesa Cattolica».
Un forte richiamo al Pontefice è giunto anche da John-Henry Westen, co-fondatore dell’agenzia LifeSiteNews: «Papa Francesco – ha detto – ha gravemente danneggiato la fede ed è tempo di dirlo ad alta voce. Dobbiamo urlare dai tetti delle case: Basta! Il clero fedele, che ha combattuto per difendere gli insegnamenti di Cristo, è calpestato dal Papa, mentre coloro che cercano di diffondere confusione ed errore sono promossi ed onorati. Il Papa si è guadagnato l’amicizia del mondo, ma a prezzo di tradire la Verità del Salvatore». Tutto ciò – ha proseguito Westen – «non vuol dire che non amiamo papa Francesco. In effetti, non sarebbe affatto amore sottovalutare queste enormi preoccupazioni e tacere su di esse, perché gli farebbe soprattutto del male».
E proprio da qui Westen ha tratto spunto per lanciare un suggerimento, con cui cercare di arginare la crisi dilagante ormai da troppo tempo: «Dobbiamo continuare a pregare per il Papa ogni giorno, pregare per la sua conversione», ha detto, poiché ciò che si sta creando «è una falsa Chiesa ed una falsa immagine di Cristo». Confidare nella potenza della preghiera è approdo sicuro, come già evidenziò il card. John Henry Newman, che verrà canonizzato domenica prossima e che scrisse nella sua opera Meditazioni e preghiere: «Con la preghiera si può fare tutto quello che è naturalmente impossibile».
Al termine degli interventi, gli oratori hanno risposto per un’ora e mezza alle numerosissime domande giunte loro non solo dai presenti in sala, ma da oltre cinquemila persone collegate in tutto il mondo in streaming. Il moderatore del dibattito è stato John Smeaton, presidente della Society for the Protection of Unborn Children (SPUC) del Regno Unito. 
Convegno dell’IPCO sull’Amazzonia, ecco i rimedi al Sinodo

(Luigi Bertoldi) Non sono mancate le sorprese al convegno internazionale dal titolo «Amazzonia: la posta in gioco», promosso sabato scorso dall’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira a Roma. Innanzi tutto, la presenza del card. Walter Brandmüller, che ha seguito i lavori pomeridiani e guidato i momenti di preghiera, nonché impartito la benedizione finale. Poi il fuori-programma rappresentato da un videomessaggio di mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, nel Kazakistan, ma ordinato sacerdote proprio in Brasile, dove ha anche studiato teologia presso l’Instituto Sapientiae. Mons. Schneider è stato molto chiaro: «I redattori dell’Instrumentum Laboris ricorrono al trucco di drammatizzare la mancanza di celebrazioni eucaristiche nell’Amazzonia per avviare l’ordinazione di sacerdoti sposati indigeni. In realtà, per salvarsi non è assolutamente necessaria la ricezione sacramentale della Santa Eucarestia, bensì la fede retta, la preghiera ed una vita conforme ai Comandamenti di Dio», come dimostra l’esperienza dei Padri del deserto oppure quella dei fedeli giapponesi, che si mantennero cattolici per più di 200 anni senza sacerdoti, o dell’Unione Sovietica sotto il regime comunista. Costoro si sono tutti affidati alla Comunione spirituale, che ha donato loro forza e consolazione. Ed ancora: «Il Papa ha il preciso dovere, conferitogli da Dio, di preservare nella sua purezza e integrità la verità della fede cattolica, la costituzione divina della Chiesa, l’ordine sacramentale istituito da Cristo e l’eredità apostolica del celibato sacerdotale. Il Papa non può sostenere minimamente, con il silenzio o con una condotta ambigua, il contenuto ovviamente gnostico, naturalistico e parzialmente panteistico di parti dell’Instrumentum Laboris».
Al termine del convegno è stata presentata l’ultima sorpresa, un video, che ha permesso di conoscere il vero volto dell’Amazzonia, quella di chi la vive e di chi vi vive davvero: la regione è stata attraversata in soli 20 giorni da 45 giovani dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, che in così breve tempo sono riusciti a raccogliere oltre 22 mila firme per una petizione, presentata venerdì scorso in Vaticano alla Segretaria del Sinodo, così da far sentire la voce autentica dei popoli dell’Amazzonia e non quella mediata da Ong e media, popoli, che, in stragrande maggioranza, chiedono di evitare «ogni tentazione di sincretismo religioso» e di «non fungere da cassa di risonanza per teorie ben lungi dall’avere l’approvazione della comunità scientifica», sebbene «ampiamente propagate dai potenti di questo mondo»: esse «non rappresentano il sentimento comune dell’uomo della strada di quella regione», come spiega l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira in un apposito comunicato-stampa.
Quanto al convegno, moderato da Julio Loredo, ad aprire i lavori, cui in mattinata ha preso parte anche il card. Raymond Leo Burke, è stato il principe imperiale Bertrand d’Orléans e Braganza, autore del libro Psicosi ambientalista (IPCO 2012), che ha ripercorso dal punto di vista storico il significato della presenza cattolica in Brasile, soprattutto con i missionari: «Fino alla metà del secolo XX, il 97% dei brasiliani si diceva cattolico. Con la crisi del cosiddetto progressismo, della teologia della liberazione post-conciliare o Patto delle Catacombe, la cui anima fu il vescovo Helder Câmara, si è scesi al 50%: che stiamo perdendo l’1% di fedeli all’anno. L’intera epopea evangelizzatrice e civilizzatrice, dopo le riforme del Concilio Vaticano II, è regredita velocemente nella regione a fronte di una sconcertante espansione delle sette “pentecostali”». Quanto al Sinodo, «secondo l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica, ci sarebbero 896,9 milioni di indios, di cui appena il 20% vive in Amazzonia, vale a dire 179.330 indios. Si giustifica un intero Sinodo a fronte di un numero così esiguo? Anche per loro, la soluzione non sarebbe forse quella di tornare a fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto, con risultati magnifici in passato?».
La parola è poi andata all’avv. Jonas Marcolino Macuxí, dirigente dell’etnia macuxí in Amazzonia, che ha puntato l’indice contro chi li voglia escludere dal processo di sviluppo e condannare al ritardo sociale, come la Funai, Fondazione nazionale degli Indio, i teologi della liberazione, i movimenti ambientalisti, alcune Ong, «che hanno raccolto milioni in nome degli indios, semplicemente a beneficio dei propri interessi o a vantaggio dei loro finanziatori». Oggi, però, «migliaia di indigeni si sono già integrati, non vivono più nell’età della pietra scheggiata, né praticano l’antropofagia», specie grazie alla libertà ed all’autonomia raggiunta col nuovo governo del presidente Bolsonaro.
Il prof. Luiz Carlos Molion, meteorologo dell’Università federale di Alagoas, ha negato che esistano «cambiamenti climatici o riscaldamento globale causati dall’uomo. Ciò che esiste è una naturale variabilità del clima». Ed ha negato anche che un’eventuale «deforestazione generalizzata dell’Amazzonia», quand’anche fosse attuata, possa incidere realmente «sul clima globale, perché è di piccole proporzioni rispetto all’area oceanica». Ma, per attuarla, la deforestazione globale, al tasso medio attuale, non potrebbe avvenire prima dei prossimi 780 anni. Non solo: papa Francesco sbaglia, quando cita i bacini dell’Amazzonia e del Congo come «polmoni del mondo», in quanto, in realtà, ha spiegato il prof. Molion, «l’ossigeno proviene principalmente dagli oceani».
Nel pomeriggio, il prof. Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio card. Van Thuân per la Dottrina Sociale della Chiesa, ha sottolineato come la prospettiva teologica del Sinodo sull’Amazzonia sia non solo «l’esito di un lungo percorso teologico sbagliato», ma anche «tutta europea, elaborata sulle cattedre universitarie renane e dell’Europa centrale» su presupposti quali «la teologia della liberazione, la teologia del popolo e la nuova eco-spiritualità di Leonardo Boff», che a loro volta si fondano sulla teologia politica di Metz, sulla svolta antropologica di Rahner e sulla nouvelle théologie: «Né Metz, né Rahner, né il loro maestro Heidegger insegnavano in America Latina, ma a Friburgo in Brisgovia e ad Innsbruck in Austria».
Il prof. Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, ha spiegato come «al paradigma culturale dell’Amazzonia, noi contrapponiamo il paradigma culturale della Civiltà Cristiana» e «ad una Chiesa dal volto amazzonico, il volto di una Chiesa una, santa, cattolica, apostolica e romana. Come a Lepanto e a Vienna, noi combattiamo in difesa della nostra fede», benché i nemici oggi non siano più esterni, bensì «soprattutto interni», per cui «noi, semplici laici, abbiamo il diritto e anzi il dovere di custodire la dottrina, che ci è stata insegnata, e di difendere la civiltà, che abbiamo ricevuto dai nostri Padri». Ha concluso la sessione pomeridiana del convegno José Antonio Ureta, dell’Associazione Tradizione Famiglia e Proprietà, che, dopo aver evidenziato l’apostasia intrinseca alla «Chiesa dal volto amazzonico» proposta dal Sinodo, ha presentato il compito, che spetta oggi ai fedeli cattolici: «Come molti missionari versarono il loro sangue per portare la luce del Vangelo agli indigeni, anche noi dobbiamo essere disposti a fare altrettanto, se ciò fosse necessario per preservare nella sua purezza verginale il volto divino di nostra madre, la Chiesa Cattolica, apostolica e romana. Se, per un misterioso disegno della Provvidenza, vi fosse un’eclissi dell’insegnamento ufficiale della Chiesa o un’accettazione chiara o ambigua delle eresie della teologia India, le nostre voci continueranno a proclamare le verità della fede». È la grazia, che l’illustre relatore ha invocato sui presenti, oltre 200 persone che nel corso di un’intera giornata hanno seguito con viva partecipazione il convegno. 

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