Se la Chiesa non sa più guardare in alto
Le reazioni all'intervista del cardinale Ruini al Corriere della Sera, critiche molto severe tutte riguardo al giudizio su Salvini, sono rivelatrici di una Chiesa ormai appiattitasi sulla politica, in cui non esiste più la dimensione verticale. È l'esempio più evidente di quella "crisi di fede" che il cardinale Sarah indica come il male attuale della Chiesa.
Con il passare dei giorni la recente intervista del cardinale Camillo Ruini al Corriere della Sera diventa sempre più interessante per il volto della Chiesa italiana che rivela. Non tanto per i contenuti dell’intervista in sé, quanto per le reazioni molto spesso scomposte che ha generato in uomini di Chiesa; anzi in quegli uomini di Chiesa che più si considerano sostenitori dell’attuale corso.
Tema unico della polemica è l’opzione politica: l’apertura di credito del cardinale Ruini nei confronti di Salvini insieme al de profundis recitato per il cattolicesimo democratico (leggi catto-comunismo) e la difesa delle scelte politiche di quando era presidente dei vescovi italiani (1991-2007). I toni vanno da un formale rispetto per Ruini che condisce un radicale disaccordo, fino all’insulto vero e proprio. Nel primo caso si distinguono i suoi confratelli vescovi come monsignor Domenico Mogavero e l’ex segretario della CEI, monsignor Nunzio Galantino; quest’ultimo addirittura pretende di dare lezioni di distacco dai partiti, quando negli anni passati alla Cei ha fatto praticamente da cappellano del PD (ci sono espressioni popolari molto efficaci per descrivere volti di questo genere).
Ci sono poi gli intellettuali di punta che hanno twittato a ripetizione: il sociologo di riferimento della CEI Mauro Magatti, che fa un’analisi in 200 caratteri dall’italiano incerto, alla Checco Zalone («La speranza di salvare la fede con accordi col potere politico “forte” sono sempre stati disastrosi. Per la democrazia e per la Chiesa»); un insolitamente pacato Vito Mancuso («Logico che Ruini appoggi Salvini… rappresenta quella parte, da sempre maggioritaria, del cattolicesimo italiano fortemente conservatrice…»; un rabbioso Alberto Melloni che, da storico, paragona Ruini all’ambasciatore della Germania nazista von Papen (poi, per la foga polemica, prende un clamoroso abbaglio storico anticipando al 1941 i milioni di ebrei morti nelle camere a gas); l’altrettanto velenoso signor Enzo Bianchi, secondo cui «cattiveria, invidia, rancore ammorbano sempre di più la vita sociale e perfino la vita delle comunità cristiane; ma di questa barbarie qualcuno dovrà rispondere, in primo luogo quelli che avendo autorità la fomentano e la autorizzano, anziché arginarla e spegnerla». Perfino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto a difesa dei cattolici democratici (ne parliamo a parte).
Non entriamo nel merito delle critiche, basta constatare che l’unico argomento che veramente interessa gli esponenti più in vista della Chiesa è la politica, l’unico argomento che accende i cuori e fa scattare la passione è lo schieramento partitico. Quello che interessa i pastori e l’intellighentjia è il pro o contro Salvini, il pro o il contro l’immigrazione e via dicendo.
Eppure nell’intervista del Corriere, seppure inizi proprio dalla politica, si parla anche di altro, soprattutto di Sinodo dell’Amazzonia e proposta di preti sposati. Interessante che il cardinale Ruini si schieri decisamente contro questa ipotesi e chieda al Papa di non assecondarla: una notizia importante che però nessuno ha voluto neanche prendere in considerazione. Eppure, come stiamo spiegando da molto tempo, la vicenda del celibato (meglio: della continenza) e del sacerdozio è cruciale per l’identità stessa della Chiesa. Ma di questo sembra non importare nulla a pastori ed eminenti cattolici, preferiscono far coincidere il destino della Chiesa con un referendum su Salvini.
Dobbiamo essere onesti: a questa riduzione “politica” della Chiesa ha dato il suo contributo, da presidente della CEI, anche il cardinale Ruini, ma oggi la dimensione verticale della Chiesa sembra essere stata completamente cancellata. È ciò che ben descrive il cardinale Robert Sarah nel suo ultimo libro, «Si fa sera e il giorno già volge al declino» (che verrà presentato sabato prossimo a Milano) quando parla di «crisi della fede» che attanaglia l’Occidente e la Chiesa in particolare, una crisi che consiste nell’allontanare Dio dalla vita: «Invece di affrontare – dice il cardinale Sarah - la questione cruciale della fede e la missione fondamentale della Chiesa che è la proclamazione del Vangelo e il nome di Gesù Cristo unico Salvatore del mondo, passiamo molto tempo a parlare di fenomeni sociali: omosessualità, accoglienza dei migranti, dialogo, ambiente, questioni socio-economiche e politiche, sono diventate centrali non solo nel dibattito politico, ma anche in quello ecclesiale».
Non significa ovviamente che non si deve affrontare anche questi temi, ma vanno affrontati «candidamente e alla luce della Rivelazione», dice ancora il cardinale Sarah. Ma il problema è che «Dio è messo in disparte, non è più la priorità, men che meno per i cristiani». Dovrebbe essere questa la preoccupazione maggiore per i nostri vescovi.
E invece si arriva così al triste spettacolo di questi tempi, in cui vediamo pastori insegnare che l’appartenenza alla Chiesa è decisa da una opzione politica e non dall’adesione alla dottrina cattolica, che anzi viene sovvertita per renderla più terrena. Il Sinodo dell’Amazzonia, appena concluso, ne è un drammatico esempio. Ma non è certo di questo che noi, gli uomini di tutti i tempi, abbiamo bisogno. Proprio come disse l’allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1990 partecipando al Meeting di Rimini: «Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana».
Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/se-la-chiesa-non-sa-piu-guardare-in-alto
CATTOLICI E POLITICA
Mattarella “risponde” a Ruini, ma dimentica la realtà
Il Capo dello Stato, ricordando Zaccagnini, ha auspicato una politica “non disumana”. La sua è parsa un’indiretta risposta alle parole, politically incorrect, del cardinal Ruini sul dialogo con Salvini. Mattarella non si rassegna al declino del cattolicesimo politico di sinistra, che ha ceduto al mondo su vita e famiglia, ritrovandosi sempre più subalterno dentro la stessa sinistra.
Se il presidente della Repubblica, due giorni fa, a Ravenna, ricordando la figura di Benigno Zaccagnini, ha auspicato una politica “non disumana”, imperniata sui valori del cattolicesimo democratico, non è un caso. Avrebbe potuto farlo anche in altra occasione, beninteso, ma lo ha fatto in quel momento anche per togliersi probabilmente un sassolino dalla scarpa.
Sergio Mattarella proviene dalle file della sinistra democristiana. È vero che alcuni esponenti del cattolicesimo democratico hanno anche abbracciato opzioni politiche di centrodestra, ma si tratta di casi rari. La tradizione del cattolicesimo democratico è fortemente radicata nella famiglia politica della sinistra, prima per fattori culturali poi per vicende storiche.
La sinistra cattolica è sempre stata più ideologizzata delle altre anime del cattolicesimo in politica. Ad esempio quella liberale è stata costantemente più aperta al dialogo con le altre culture e meno dogmatica nell’approccio alla realtà. Le parole del Capo dello Stato rappresentano, quindi, un’indiretta risposta alle sorprendenti aperture del cardinale Camillo Ruini al dialogo con Matteo Salvini.
Le dichiarazioni che Ruini ha rilasciato in un’intervista al Corriere della Sera hanno scatenato un putiferio nelle gerarchie. C’è chi ritiene che il vero messaggio dell’ex presidente della Cei fosse indirizzato a Papa Francesco, che, a cominciare dalla questione immigrati, avrebbe sposato una linea troppo sovrapponibile a quella dei partiti di sinistra.
Ma cosa ha detto di così sconvolgente il cardinal Ruini? Ha sostenuto di non ritenere la figura di Salvini così negativa come viene dipinta da molti vertici ecclesiali; ha sostenuto le ragioni di un dialogo con lui e con il centrodestra, considerato che si tratta, sondaggi alla mano, dell’area politica sicuramente maggioritaria nel Paese; ha ribadito l’impossibilità di ricostituire oggi un partito di cattolici, tanto più che il peso specifico del cattolicesimo democratico nella società italiana è sempre più irrilevante.
Concetti molto forti, che non si possono non ricondurre all’evoluzione della situazione politica italiana degli ultimi giorni. Frange di cattolicesimo democratico hanno presentato un Manifesto per i cattolici in politica, quasi a voler risuscitare schemi sturziani e popolari, dimenticando che ormai chi si professa cattolico si sente svincolato da qualsivoglia indicazione elettorale. Porzioni consistenti di gerarchia umbra e di mondo cattolico locale, in occasione del voto di due domeniche fa, hanno perorato la causa del candidato governatore appoggiato da Pd e Cinque Stelle, e si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano.
Tutti dati di realtà che Ruini ha colto nell’intervista e che molti, negli ambienti del cattolicesimo di sinistra, fanno fatica a rilevare. Ma c’è anche chi, come Mattarella, non si rassegna all’ineluttabilità del declino del filone del cattolicesimo di sinistra da lui incarnato e sente il bisogno di prendere le distanze, sia pure in modo felpato e indiretto, dall’invito del cardinale Ruini al dialogo con la Lega. L’inquilino del Quirinale, in questo caso, non ha fatto l’arbitro ma il giocatore, e ha voluto piantare la bandierina del cattolicesimo democratico su un terreno, quello della società italiana, che tuttavia da tempo sembra volerla rifiutare e respingere.
Mattarella contro Ruini dunque? Non si tratta di personalismi, ma di visioni della vita e della società profondamente diverse. Per i cattolici di sinistra il progressivo scivolamento verso le posizioni che un tempo furono dell’Ulivo e ora sono del centrosinistra nelle sue varie articolazioni è nella natura delle cose. Quasi un passaggio necessario. Il cedimento sui valori della vita, dell’indissolubilità del matrimonio, della difesa della famiglia naturale e via discorrendo è sempre stato spacciato per apertura al mondo e alla sua evoluzione. Snaturando, però, l’essenza del pensiero cattolico, gli esponenti della sinistra democristiana si sono ritrovati subalterni alle forze della sinistra, che ha egemonizzato il mondo della cultura e della scuola, imponendo la sua visione della storia e della società.
Si tratta, però, di un’esperienza in via di esaurimento, checché ne dica Mattarella. Coraggiosa la presa di posizione di Ruini in un momento in cui Salvini non è al governo e perorare la causa di un dialogo con lui è sicuramente politically incorrect. Perfino sul rapporto del leader leghista con il Rosario, esibito spesso sui palchi dei suoi comizi, l’ex presidente della Cei è stato morbido e comprensivo, riconoscendo in quel gesto anche elementi di sensibilizzazione ai valori cattolici.
Ora più che mai, quindi, il mondo cattolico si presenta frantumato e atomizzato rispetto alle scelte elettorali e politiche.
Ruben Razzante
https://lanuovabq.it/it/mattarella-risponde-a-ruini-ma-dimentica-la-realta
MUNIZIONI PER OGNI EVENIENZA
terzo tamburo di 6 colpi, per la COLT, nel Far West del Cattolicesimo odierno
(qui il secondo: https://www.sabinopaciolla.com/porro-inimicizia-tra-te-e-la-donna/)
Forse anche voi volete andarvene?
1) Alcuni cristiani credono, implicitamente o esplicitamente, nell’esistenza di due divinità bibliche differenti. Nel senso più moderato credono che la seconda sia “l’evoluzione” della prima. Distinguono, infatti, un Dio dell’Antico Testamento – il Giudice severo che impone la Legge – e un Dio nel Nuovo Testamento – contrapposto al primo, in termini di Misericordia e Perdono. Si tratta di un retaggio gnostico! In effetti lo gnosticismo cristianoaveva interpretato la figura di Gesù come una sorta di “Satana novello”. Per quanto possa sembrare assurdo, Satana nella Gnosi è il portatore di luce, colui che annuncia ad Adamo – schiavo nel mondo prigione creato dal Creatore malvagio (il Dio dell’Antico Testamento) – la conoscenza (Gnosi, appunto) e la libertà. Per lo Gnosticismo il mondo è una prigione cosmica, creata da un Demiurgo cattivo, in cui l’uomo – di origine spirituale e divina – è inconsapevolmente imprigionato. La legge del Dio Creatore è allora espressione di sudditanza, ostacolo alla libertà. Il peccato di disobbedienza è l’inizio dell’autocoscienza e dell’auto-elevazione. È il processo attraverso cui l’uomo può rivendicare la sua divinità contro Dio.
2) La gnosi cristiana deve integrare Gesù in questa dottrina originaria. Nella gnosi cristiana antica si rispettano tutti i caratteri originari; in quella contemporanea si ammette la bontà del Creatore e del creato e si opera maggiormente sul senso del peccato: non è più l’atto di liberazione; in sé sussiste negativamente. Tuttavia è, di fatto, negato, annullato in un processo universale e anonimo di misericordia indifferenziata. Resta la linea oppositiva (aut-aut) tra Giustizia aut Misericordia; Legge aut Si crea così l’abisso tra dottrina e libera interpretazione; tra peccato e salvezza anonima; tra Sacrificio e spiritualità sociale; tra rigore logico e sincretismo; tra giudizio e anarchia. Ed oggi, si aggiunge la linea sostitutiva del culto di Dio con il culto del pianeta.
3) Cristo diviene, in tale maniera, il superamento di ogni legge, dogma, ragione, Sacramento. Fondatore di illimitate possibilità di essere, di religiosità, di identità, di culti. Ma più di tutto, il simbolo della universale divinità di ogni uomo. Un uomo che non ha più bisogno di redenzione, perché peccato e giudizio (e quindi il Sacrificio Eucaristico) sono semplicemente venuti meno. Eppure, Cristo non si sottrae mai alla sua identità. Colui che realizza pienamente e definitivamente Legge e Profeti. Anzi, la Sua legge è ancora più severa: rimanda al principio di Dio quanto alla assoluta indissolubilità del matrimonio; invita a superare la legge farisaica, cioè a renderla ancora più radicale (se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi…). È adulterio anche quello del cuore; è omicidio anche il giudizio di morte. Mai Cristo annuncia misericordia senza giustizia. Parla dell’inferno a chiare lettere. Del purgatorio come luogo senza sconto alcuno, neppure degli spiccioli.
4) Ed è sempre molto chiaro con la sua sequela.
Chiarisce subito che Lui ha scelto i suoi e non viceversa; che il loro compito è portare frutto e “salare”, altrimenti saranno gettati come roba senza senso. Quando la folla lo segue numerosa, Gesù si volta (Lc 14,25). Questo voltarsi è quasi “intimidatorio”. Mai buonista o smielato. Pone condizioni dure: bisogna amare Cristo più di ogni figlio e padre; più della propria vita; abbandonare tutto; prendere la croce. La folla è invitata a calcolare le “spese” per la sequela effettiva. Non ha mezze misure.
5) Infatti molti, anche quelli che hanno ottenuto personalmente miracoli, se ne vanno. E Gesù lo chiede seriamente anche ai discepoli. E a tutti noi. Forse anche voi volete andarvene?
Possiamo indicare tre modi di andare via: il triste, il rabbioso; l’alienato. A) il triste è simile al giovane ricco: colui che, pieno di sé, rispetta la legge a tal punto che onora – attraverso la legge – se stesso e non più Dio. Il triste è concentrato su di sé ed è triste perché non è soddisfatto della esigenza che Cristo impone. Il comando di Cristo va oltre i confini che lui ha prestabilito. Perché il giovane in fondo ha seguito sempre se stesso, la sua esperienza, la sua spiritualità. Non si è mai convertito. B) Il rabbioso, invece, è colui che ha capito di più la Verità che è Cristo. Si è lasciato misurare da Cristo e poiché tale misura impone la condanna del peccato, chi è gelosamente legato ai propri peccati, finisce per continuare a peccare, odiando la luce, odiando chi si ostina alla e nella Verità. Perché anche nel silenzio, la Verità è già una condanna. E il rabbioso lo sa. C) Infine, esiste il modo dell’alienato: colui che formalmente non se ne va, ma fa in modo che sia Cristo ad andarsene. L’alienato è colui che deforma il Cristo vero. Resta con Cristo, ma non lo segue. Lo trasforma in specchio della sua coscienza e lo fa diventare una proiezione di se stesso. Se ha una sensibilità marxista, lo trasformerà in un Che Guevara palestinese; se ha una sensibilità ambientalista, lo trasformerà in un mistico ecologista, con sfumature new age; se ha una sensibilità buonista, lo trasformerà in un Gandhi del sincretismo.
6) Ecco la porta stretta. La porta stretta non indica affatto l’essenziale nel senso della semplicità. E neppure, in questo caso, il farsi piccoli come bambini, al fine che la porta risulti in proporzione grande. La strettoia indica letteralmente la difficoltà del passo, indica la tremenda fatica di salire al Golgota. Indica la solitudine nel farlo e la derisione del mondo. Indica la spada che Cristo pone tra padre e figlio, madre e figlia. Nel cuore di ogni uomo. In ogni cuore diviso e contraddittorio.
La porta è stretta, perché la veglia deve essere costante; perché il giudizio arriverà quando meno lo aspettiamo. Perché pochi sono gli eletti. Perché neppure chi si sforza soltanto per la via stretta, potrà avere il condono solo perché “ci ha provato”. Matteo insiste sul non riuscire a trovare la porta stretta. Luca, addirittura, pone all’accento su chi, pur avendola trovata e pur sforzandosi, non riesce a passarla! I talenti devono essere moltiplicati. La legge di Cristo adempiuta. L’amore di Dio corrisposto. Il verbo è quello di agonia, letteralmente lotta. Indica un cercare assiduamente e con estrema forza e impegno.
Indica che senza meriti, non si accede. Indica che ciò che è essenziale non è la vita frugale e priva di turbamenti come già Epicuro – l’uomo senza Dio – insegnava, esportando l’uomo a non temere né morte né Dio. Perché facili sono le lusinghe del mondo. Perché l’uomo è attratto e sempre più assuefatto dal peccato. Perché Satana ci studia e sa come personalmente ammaliarci. Il male seduce proprio perché è presentato da un angelo di luce oscura.
Di Pierluigi Pavone
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