La Grande Sardina: tramontato il rosso usano l’arcobaleno. E' il nuovo fenomeno inventato dagli esausti pensatoi sinistri: portatori di un moralismo invertito, sono in una fase "Psichiatrica ossessiva" ma una risata li seppellirà
di Roberto Pecchioli
Un giorno disse il corvo al merlo: sei nero! Ci sembra l’unica spiegazione razionale del nuovo fenomeno inventato dai progressisti, il movimento delle sardine il cui scopo è inseguire Matteo Salvini per contestarlo. Comica è la narrazione ufficiale, accolta con grande dispiegamento di pagine e gridolini di entusiasmo dai giornaloni di sistema, secondo cui si tratterebbe di un fenomeno spontaneo nato dalla rete. Si rende urgente una risposta razionale, culturale, al nuovo fenomeno inventato dagli esausti “pensatoi” della sinistra, la cui ultima parola d’ordine, l’arma definitiva contro il Nemico, è l’accusa di odio.
La nostra convinzione è che nell’immaginario progre, in qualche piega del cervello ci sia una specie di specchio spezzato, che non solo riflette immagini capovolte, ma le deforma. Vedono senza riconoscersi l’immagine di sé e la proiettano nell’Altro, cui attribuiscono ogni nefandezza, il che li precipita in una fase psichiatrica, ossessiva. Il Nemico (maiuscola!) è intrinsecamente malvagio, un essere collettivo empio, il cui sentimento dominante è l’odio. Ovvio che non vada solo combattuto, ma espulso, messo fuori legge, vietato, additato come l’Uomo Nero o il Lupo Cattivo delle fiabe.
Le sardine evocano il mucchio: stipati come sardine… E’ un’attitudine innata nell’immaginario sinistro, nascondersi nella massa, affidarsi a lei come a una Grande Madre protettiva, che esenta dalle responsabilità, dal pensierLa o, dalla personalità individuale. Grande Sardina pensa per tutti, diffonde le parole d’ordine, fissa gli appuntamenti, sulla base dell’agenda del Malvagio sommo di questi anni, Matteo Salvini come lo fu Berlusconi o, in anni più lontani, Amintore Fanfani. I meno giovani ricorderanno la categoria del “fanfascismo” escogitata dalle fertili menti sinistre dell’epoca. Ci hanno deliziato con gli Indignati, il Popolo Viola (il colore del livore…) e altre amenità. Più che sardine, sembrano bughe, o boghe, saporiti pesci di scoglio piuttosto facili da prendere all’amo; la buga abbocca.
L’accusa di odio e fascismo? E' assai inquietante la deriva del pensiero sedicente progressista: non possiamo esprimere giudizi “offensivi”, ma la regola non vale per "lorcompagni" per i quali vige una doppia morale, basti ricordare Giorgia Meloni quotidianamente dileggiata!
Abboccano sempre alla chiamata della Sardina Collettiva. C’è una differenza rispetto al passato: adesso hanno paura. Al di là delle piazze gonfie della compagnia di giro, il Verbo lascia indifferenti, produce sbadigli di massa. La paura fa novanta e si fa sardina in Emilia, dove una sconfitta elettorale – improbabile, in una terra dove da settant’anni lorcompagni controllano ogni angolo, ogni interstizio della società- scatenerebbe qualcosa tra la rotta di Caporetto, l’8 settembre e un dramma collettivo, lavoro per migliaia di psicoterapeuti. Duemila anni fa, il poeta latino Ennio scriveva che si odia chi si teme. Più recentemente, nel Mestiere di vivere, Cesare Pavese, andò oltre: si odiano gli altri perché si odia se stessi. E lorcompagni, il carrozzone arcobaleno, odia, eccome.
Noi che non la pensiamo come è prescritto, siamo la proiezione del loro rancore, del malessere che li anima. Hanno bisogno del Nemico come un assetato dell’acqua. Aveva ragione Carl Schmitt: alla fine, il nocciolo è la contrapposizione primigenia, Amico/Nemico. La battaglia non può avere un vincitore e un vinto, con cui continua il dialogo su basi diverse (iustus hostis) ma solo un sopravvissuto che ha annientato l’altro. Per questo è assai inquietante la deriva – non solo italiana- del pensiero sedicente progressista. Attribuiscono a me il sentimento dell’odio che rode l’animo loro. Ciò li rassicura, li esenta dall’argomentare, poiché non si discute con il Maligno, li induce ad esigere divieti, punizioni, pene severe per il colpevole di pensiero che odia. Infine li stringe a coorte, come sardine nel barile, al fischio del padrone travestito da Bene, Giusto, Morale.
Un caso emblematico è la Commissione parlamentare Segre, dal nome della senatrice che l’ha ispirata, il cui intento è combattere l’odio, l’intolleranza, il razzismo, l’antisemitismo eccetera. Vale la pena spendervi alcune parole. Dicono che la Segre riceva minacce e ingiurie quotidiane; nessuno deve permettersi atti di questo genere, da condannare senza esitazione. Il rispetto per una signora novantenne e per la sua storia devono prevalere sempre. Volgarità, contumelie, insulti squalificano chi le pronuncia ben più di chi ne è destinatario. Resta, speriamo, il diritto di criticare la commissione e affermare che la Segre è un simbolo, non una cittadina che ha “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, come richiede la Costituzione per la nomina a senatore a vita. Temiamo che tale opinione sia già da considerare odio, non esercizio della libertà di pensiero garantita dall’articolo 21 della Carta.
La nostra convinzione è che nell’immaginario "Progre" in qualche piega del cervello ci sia una specie di specchio spezzato, che non solo riflette immagini capovolte, ma le deforma!
La sua commissione indagherà su opinioni, il che è già grave, ma addirittura sull’esistenza di sentimenti come l’odio che non possono essere oggetto del diritto penale. Come spesso accade, finirà per esasperare le menti più fragili e scatenare, sull’altro versante, ogni genere di delazione. A parte l’antisemitismo, pessimo sentimento diffuso tra alcuni ragazzotti dalla testa pelata ma praticato da molti “nuovi italiani” di ascendenza islamica, i punti sensibili della Commissione sono i soliti: il razzismo e l’omofobia. Tradotto in lingua volgare, si intende condannare – penalmente, non solo moralmente – ogni pensiero non conforme alla società multirazziale e alla glorificazione del cosiddetto orientamento omosessuale. Lì, per le sardine e gli squali che le muovono come burattini, si anniderebbero i maggiori focolai di odio.
Preferisci la tua gente agli stranieri? Odio e fascismo. Affermi che la famiglia è formata da un uomo e una donna aperti alla procreazione di nuovi membri della comunità? Odio e fascismo. Asserisci che maschio e femmina sono esseri biologicamente diversi e complementari, non il frutto di scelta individuale o di costrizione sociale? Odio e fascismo. Valuti i comportamenti secondo una scala di valori, distinguendo il bene e il male in base a criteri morali? Odio e fascismo più discriminazione. Eh sì, l’Italia e il mondo pullulano di fascisti e di odiatori seriali. Bertrand Russell, un venerato maestro dei Buoni, sosteneva che l’uso della psicologia di massa avrebbe convinto generazioni intere che la neve è nera.
I punti dolenti sono sempre i soliti; lo stesso deprecabile antisemitismo viene brandito come spada o coperta di Linus, per colpire ciò che interessa, ovvero chi ha sentimenti identitari, crede nella famiglia naturale e non vuole dissolversi nel gran mischione globale. Questo è il senso delle campagne contro il cosiddetto odio, nuovo nome del pensiero non conforme. Occorre reagire, smascherare, non tacere, non modificare né attenuare il linguaggio. Il politicamente corretto dilagante, infatti, oltreché una prescrizione intrisa di divieti e di sensi di colpa indotti, è autocensura, timore di esporsi all’odio vero in nome delle proprie convinzioni, ridefinite reati di odio. In definitiva, si nega la democrazia plurale, che è conflitto, lotta tra visioni diverse, organizzata con procedure e metodi escludenti l’uso della forza. Una democrazia non può giudicare a priori la bontà delle idee, né vietarne alcune se non vi è violenza, fisica o psicologica, da parte di chi le propugna.
Occorre reagire, smascherare, non tacere, non modificare né attenuare il linguaggio. Il politicamente corretto dilagante, infatti, oltreché una prescrizione intrisa di divieti e di sensi di colpa indotti, è autocensura, timore di esporsi all’odio vero in nome delle proprie convinzioni, ridefinite reati di odio: in definitiva, si nega la democrazia plurale!
Chi mi accusa di odio, mi fa violenza, entra arbitrariamente e pregiudizialmente nel mio foro interiore, e formula non un giudizio politico o culturale, ma esprime un pregiudizio etico, quando non antropologico, che mi rifiuta al dibattito. La chiamano libertà, e in effetti possiamo drogarci, ubriacarci, vivere negli istinti più bassi, ma le anime belle ci punteranno il dito se fumiamo una sigaretta o se le nostre abitudini personali non corrispondono alle indicazioni degli “esperti”, beniamini dei progressisti e delle sardine. Se mettiamo in dubbio le versioni ufficiali del potere, siamo fabbricatori di falsità, fake news, complottisti, paranoici – quindi malati da curare obbligatoriamente- animati da innominabili rancori.
Non possiamo esprimere giudizi “offensivi”, ma la regola non vale per lorcompagni, per i quali vige una doppia morale. Giorgia Meloni è quotidianamente dileggiata perché di bassa statura, parla con cadenza romanesca, non è bellissima. Nessuno di noi, popolo dell’odio”, potrebbe permettersi giudizi di questo tipo senza essere oggetto di attacchi sanguinosi, anzi, come si dice adesso, di bufere mediatiche. Naturalmente, i Buoni agiscono per il nostro bene, si prendono cura di noi. Essi sanno che cosa è giusto pensare, quali parole evitare, quali pensieri scacciare dalle nostre rozze menti. Un’altra delle accuse mosse è quella di essere ignoranti, primitivi: solo loro hanno frequentato la scuola, ad essi spetta montare in cattedra, dopo aver consultato il manuale del perfetto progressista, uomo e donna d’amore.
Le sardine nuotano in branchi, il che permette di praticare l’assalto di gruppo, generalmente verbale, ma sempre più spesso fatto anche di attacchi fisici e giudiziari, nonché divieti di parola nello spazio pubblico. Il branco assicura impunità e soprattutto assenza di contraddittorio. Lo sgomento assale le sardine allorché devono discutere con chi non si lascia intimidire né zittire. In quelle situazioni, assumono un’espressione indignata, sbarrano gli occhi, un rossore tendente al livido si impadronisce dei volti, segno di qualcosa tra l’incredulità e il desiderio di chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Come, di fronte a me c’è il Male, la personificazione dell’odio, sembrano dire.
La "Grande Sardina" pensa per tutti, diffonde le parole d’ordine, fissa gli appuntamenti, sulla base dell’agenda del Malvagio sommo di questi anni, Matteo Salvini!
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SARDINE SOTT'ODIO
di Roberto Pecchioli
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/lo-smemorato-siberiano/8085-sardine-sott-odio
Salvini, la Lega, la candidata alla presidenza dell’Emilia Romagna Lucia Borgonzoni, il centro-destra, La Verità, Il Giornale … sbagliano a ridicolizzare il movimento delle “Sardine”. Sbagliano a considerarlo con disprezzo il movimento dei “Baccalà”, sbagliano a limitarsi a provare prove alla mano che è eterodiretto e che dietro alle Sardine c’è Mortadella, altro che apoliticità.
Dietro questa sottovalutazione del fenomeno c’è l’idea che la crisi del Partito Democratico e dei 5 Stelle abbia azzerato le convinzioni culturali e politiche di un certo popolo di sinistra. Si pensa che la crisi di un sistema di potere, come è stato evidenziato alle elezioni regionali in Umbria e come si ipotizza possa essere anche in Emilia Romagna, voglia dire la morte di un certo Decalogo di principi e ideali. La politica politicante, naturalmente, coglie il momento, e ora il momento sembra dire che i partiti di governo siano in difficoltà di credibilità e che i sistemi amministrativi locali costruiti dalla sinistra in questi decenni siano logori. Così, l’obiettivo sembra lì a portata di mano.
Poi però si vede che nuovi militanti riempiono le piazze. Si vede che difendono – a loro modo, ossia in modo vago e approssimativo, perfino strumentale e strumentalizzato, ma comunque difendono - alcuni principi di vita politica che a loro sono cari. Si vede che hanno in mente un nemico da cui difendere i loro interessi di bottega grandi o piccoli che siano ma anche dei punti di riferimento che, nella loro ottica, riguardano la democrazia, la giustizia, la partecipazione o altro.
Si scopre così che, sotto le macerie dei partiti di sinistra, esistono ancora dei militanti, che la convinzione culturale politica nei confronti di un certo quadro di significati è ancora presente, anche se gli apparati politici non sembrano più in grado di esprimerlo. Si scopre che la crisi del sistema Emilia Romagna, un sistema che lo slogan della Borgonzoni (“L’Emilia Romagna è di tutti”) dipinge realisticamente come proprietà di pochi ormai da troppo tempo, si dà veramente, ma che ciononostante ci sono masse di persone che hanno lo stesso conservato un loro ideale e che sono disposte a scendere in piazza per rivendicarlo.
Comunque venga letto, il fenomeno delle Sardine fa presente che la politica è anche una questione di cultura, di convinzioni, di modi di pensare e valutare e che si è veramente sconfitto il nemico politico non quando si sia approfittato di una sua contingente infermità e debolezza, ma quando si sono diffuse nuova cultura, nuove convinzioni, nuovi modi di pensare e valutare. Il centro-destra potrà dire di aver vinto in Emilia Romagna quando riuscirà a creare in regione un polo culturale pari a Il Mulino. Certo, può anche vincere su un’onda passeggera, su una stanchezza accumulata lungo il tempo e la voglia di cambiare, sulle insoddisfazioni per come finora sono state condotte le cose, su degli scandali amministrativi come in Umbria, ma limitandosi a questo, dopo cinque anni ritornerà a perdere. Sotto le crisi dei partiti di sinistra, Partito Democratico in testa, c’è ancora un immaginario collettivo diffuso – spontaneo o meno che sia – che ricorda a chi pensa di vincere facile, che si vince nelle urne, ma prima bisogna vincere nei cervelli.
Vincere è possibile. Ma poi? Poi ci si trova davanti a due problemi: la cultura della classe dirigente del partito che vince e i suoi collegamenti organici con la società. Ambedue le questioni pongono il problema della qualità oltre a quello della quantità. La classe dirigente deve essere formata ad un progetto di cultura politica, non può essere solo costituita da abili faccendieri. I legami con la società civile non devono essere solo di interessi, che possono morire così come sono nati, ma nutriti di una certa militanza valoriale e di principio. Ciò che lega veramente è sempre il fine, mai il mezzo.
A loro modo, le manifestazioni delle Sardine ricordano questo, dicono ai partiti che sostengono la Borgonzoni che nell’altro campo esistono ancora delle convinzioni politiche, che non potranno essere vinte solo con la conta dei voti nelle urne, e che continueranno ad esserci anche dopo le elezioni. Di rimando questo dovrebbe indurre la Borgonzoni e Salvini a chiedersi se anche loro abbiano un popolo convinto, una cultura politica che possa fare da base duratura al consenso, un progetto politico denso e radicato, profondamente alternativo, su cui costruire una formazione continua ad una militanza disposta a scendere in piazza.
I recenti appuntamenti elettorali sembrano dire che la gente ha cominciato a ragionare in un altro modo e che la tenuta dell’establishment è stata incrinata in più punti. Se questo sia solo un sentimento o una vera convinzione politica è difficile a dirsi. I partiti oggi alternativi all’establishment, come sono Lega e Fratelli d’Italia, devono trasformare un sentimento in una convinzione politica culturalmente solida e radicata. Le Sardine ricordano loro questo, e perciò non devono sottovalutate.
Stefano Fontana
-LA COSTOLA DELLA SINISTRA di Ruben Razzante
Il Professor Miglio e le sardine
Sardine, errato minimizzare: dicono che una Sinistra c'è
Sbagliato sottovalutare le sardine. Sotto le macerie dei partiti di sinistra, esistono ancora dei militanti, che hanno convinzioni culturali e politiche. Non basta vincere le elezioni: il centro-destra potrà dire di aver vinto in Emilia Romagna solo quando riuscirà a creare in regione un polo culturale pari a Il Mulino. Lega e Fratelli d'Italia saranno in grado di trasformare un sentimento ora vincente in classe dirigente, in una convinzione politica culturalmente solida?
Salvini, la Lega, la candidata alla presidenza dell’Emilia Romagna Lucia Borgonzoni, il centro-destra, La Verità, Il Giornale … sbagliano a ridicolizzare il movimento delle “Sardine”. Sbagliano a considerarlo con disprezzo il movimento dei “Baccalà”, sbagliano a limitarsi a provare prove alla mano che è eterodiretto e che dietro alle Sardine c’è Mortadella, altro che apoliticità.
Dietro questa sottovalutazione del fenomeno c’è l’idea che la crisi del Partito Democratico e dei 5 Stelle abbia azzerato le convinzioni culturali e politiche di un certo popolo di sinistra. Si pensa che la crisi di un sistema di potere, come è stato evidenziato alle elezioni regionali in Umbria e come si ipotizza possa essere anche in Emilia Romagna, voglia dire la morte di un certo Decalogo di principi e ideali. La politica politicante, naturalmente, coglie il momento, e ora il momento sembra dire che i partiti di governo siano in difficoltà di credibilità e che i sistemi amministrativi locali costruiti dalla sinistra in questi decenni siano logori. Così, l’obiettivo sembra lì a portata di mano.
Poi però si vede che nuovi militanti riempiono le piazze. Si vede che difendono – a loro modo, ossia in modo vago e approssimativo, perfino strumentale e strumentalizzato, ma comunque difendono - alcuni principi di vita politica che a loro sono cari. Si vede che hanno in mente un nemico da cui difendere i loro interessi di bottega grandi o piccoli che siano ma anche dei punti di riferimento che, nella loro ottica, riguardano la democrazia, la giustizia, la partecipazione o altro.
Si scopre così che, sotto le macerie dei partiti di sinistra, esistono ancora dei militanti, che la convinzione culturale politica nei confronti di un certo quadro di significati è ancora presente, anche se gli apparati politici non sembrano più in grado di esprimerlo. Si scopre che la crisi del sistema Emilia Romagna, un sistema che lo slogan della Borgonzoni (“L’Emilia Romagna è di tutti”) dipinge realisticamente come proprietà di pochi ormai da troppo tempo, si dà veramente, ma che ciononostante ci sono masse di persone che hanno lo stesso conservato un loro ideale e che sono disposte a scendere in piazza per rivendicarlo.
Comunque venga letto, il fenomeno delle Sardine fa presente che la politica è anche una questione di cultura, di convinzioni, di modi di pensare e valutare e che si è veramente sconfitto il nemico politico non quando si sia approfittato di una sua contingente infermità e debolezza, ma quando si sono diffuse nuova cultura, nuove convinzioni, nuovi modi di pensare e valutare. Il centro-destra potrà dire di aver vinto in Emilia Romagna quando riuscirà a creare in regione un polo culturale pari a Il Mulino. Certo, può anche vincere su un’onda passeggera, su una stanchezza accumulata lungo il tempo e la voglia di cambiare, sulle insoddisfazioni per come finora sono state condotte le cose, su degli scandali amministrativi come in Umbria, ma limitandosi a questo, dopo cinque anni ritornerà a perdere. Sotto le crisi dei partiti di sinistra, Partito Democratico in testa, c’è ancora un immaginario collettivo diffuso – spontaneo o meno che sia – che ricorda a chi pensa di vincere facile, che si vince nelle urne, ma prima bisogna vincere nei cervelli.
Vincere è possibile. Ma poi? Poi ci si trova davanti a due problemi: la cultura della classe dirigente del partito che vince e i suoi collegamenti organici con la società. Ambedue le questioni pongono il problema della qualità oltre a quello della quantità. La classe dirigente deve essere formata ad un progetto di cultura politica, non può essere solo costituita da abili faccendieri. I legami con la società civile non devono essere solo di interessi, che possono morire così come sono nati, ma nutriti di una certa militanza valoriale e di principio. Ciò che lega veramente è sempre il fine, mai il mezzo.
A loro modo, le manifestazioni delle Sardine ricordano questo, dicono ai partiti che sostengono la Borgonzoni che nell’altro campo esistono ancora delle convinzioni politiche, che non potranno essere vinte solo con la conta dei voti nelle urne, e che continueranno ad esserci anche dopo le elezioni. Di rimando questo dovrebbe indurre la Borgonzoni e Salvini a chiedersi se anche loro abbiano un popolo convinto, una cultura politica che possa fare da base duratura al consenso, un progetto politico denso e radicato, profondamente alternativo, su cui costruire una formazione continua ad una militanza disposta a scendere in piazza.
I recenti appuntamenti elettorali sembrano dire che la gente ha cominciato a ragionare in un altro modo e che la tenuta dell’establishment è stata incrinata in più punti. Se questo sia solo un sentimento o una vera convinzione politica è difficile a dirsi. I partiti oggi alternativi all’establishment, come sono Lega e Fratelli d’Italia, devono trasformare un sentimento in una convinzione politica culturalmente solida e radicata. Le Sardine ricordano loro questo, e perciò non devono sottovalutate.
Stefano Fontana
-LA COSTOLA DELLA SINISTRA di Ruben Razzante
Il Professor Miglio e le sardine
Visto che la sardine van di moda racconterò un episodio che riguarda loro e il professor Miglio. Ad una sua lezione il professore prese di mira uno studente molto impegnato nella politica e nella DC. Alla fine della sue lezione gli diede un compito: aprire una scatola di sardine e guardare cosa c’era dentro. Il poveretto davanti alla richiesta del terribile professore eseguì, poi sperò che alla prossima lezione il professore se ne fosse dimenticato. Invece alla fine della lezione Miglio gli chiese.”Cosa hai trovato nella scatola di sardine?” Lui timidamente rispose:” Niente nelle sardine, le ho pure mangiate, erano buone!”Tutta la classe rise.
Lui sorridendo richiese “E come erano le sardine?” “Erano buone”.”Rispose lo studente
“ E nient’altro? Hai guardato bene?“Chiese Miglio sbuffando. “No”Disse, un po’ tremando, il poveretto
“Vedo che non hai capito niente delle mie lezioni: le sardine avevano due caratteristiche: erano tutte uguali e senza testa, come chi entra in certi partiti!”
“ E nient’altro? Hai guardato bene?“Chiese Miglio sbuffando. “No”Disse, un po’ tremando, il poveretto
“Vedo che non hai capito niente delle mie lezioni: le sardine avevano due caratteristiche: erano tutte uguali e senza testa, come chi entra in certi partiti!”
Penso che Gianfranco Miglio si riferisse ad ogni partito di massa.
MOVIMENTO DELLE SARDINE LOTTA INUTILE CONTRO LEGA E SALVINI. HANNO SBAGLIATO NEMICO - Diego Fusaro
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