A LONDRA COME A ROMA, PER LA SINISTRA, PIAZZE PIENE E URNE VUOTE
Suscita molta ilarità la rilettura dei giornali italiani di questi mesi che inneggiavano alle manifestazioni londinesi contro la Brexit. Secondo la maggior parte dei nostri quotidiani e dei nostri politici di Sinistra, era evidente che i britannici non volevano (più) uscire dall’Unione europea.
Il 23 marzo celebravano trionfalmente “un milione in piazza contro la Brexit” (titolo del Corriere della sera). La settimana dopo “Avvenire” titolava: “Inglesi sull’orlo di una crisi di Brexit: ‘Restiamo nell’Ue e basta’”.
Ad agosto ancora mobilitazione contro la sospensione del Parlamento. “Il Sole 24 ore” parlava di “proteste in tutta la Gran Bretagna” e annunciava: “Brexit, manifestazioni in 30 città contro Johnson”.
Il 19 ottobre scorso ci risiamo. “Repubblica” proclamava: “Londra, un milione in corteo contro la Brexit: ‘La Gran Bretagna ha cambiato idea, rifacciamo il referendum’”.
Secondo la narrazione dominante il popolo britannico non voleva più la Brexit, il voto al referendum era stato falsato dalle fake news e comunque era da ripetere o almeno era chiaro che i cittadini del Regno Unito si erano pentiti. La piazza piena di manifestanti europeisti – secondo loro – lo dimostrava
Poi è arrivato il 12 dicembre e il brusco risveglio: a valanga i britannici hanno urlato la loro decisa volontà di uscire dalla Ue. Hanno cantato, nelle urne, il loro “Bella ciao” a Bruxelles, senza se e senza ma. È stata la più clamorosa smentita a chi li rappresentava come pentiti del voto referendario.
Per i giornali italiani, per i commentatori e i politici di Sinistra è stato l’ennesimo choc. Non ne azzeccano una: era accaduto lo stesso con il referendum sulla Brexit e con le presidenziali americane vinte da Trump.
Ma su quei giornali non si legge mai un’autocritica. Mai una volta che s’interroghino sul perché descrivono un mondo che poi si rivela del tutto diverso dalla realtà. Non si chiedono mai perché sono così disinteressati alla realtà vera.
Il miraggio delle piazze poi è, per la Sinistra, una sorta di autoinganno volontario che produce la narrazione di un’Italia che non c’è, se non nella loro fervida fantasia. Nonostante il trascorrere degli anni sembra che la Sinistra faccia sempre il solito errore: credere alla propria propaganda.
Pietro Nenni lo capì dopo il 18 aprile 1948, quando il Fronte popolare subì la sua colossale disfatta. L’amara diagnosi di Nenni fu: “Piazze piene ed urne vuote”.
Da allora tanto tempo è passato, ma la Sinistra, nei decenni, sembra sia rimasta quella della mobilitazione permanente, della lotta continua, della pantera, della società civile, del popolo dei fax, dei cortei viola, del popolo arancione, dei girotondi, degli adepti di Greta, delle sardine.
Fuori dalla loro piazza – in cui si compiacciono di essere qualche migliaio (peraltro sembrano sempre gli stessi che girano tutte le piazze) – ci sono milioni di italiani, che lavorano, che faticano, che tirano avanti le loro famiglie e questo povero paese e che non credono ai mobilitati permanenti e non votano per loro (o non vogliono più votare per loro).
Cosicché le urne sanciscono puntualmente la sconfitta della Sinistra che aveva riempito le piazze. In gran Bretagna come negli Stati Uniti come in Italia.
A questo punto i “sinceri democratici” se la prendono pure col suffragio universale e arrivano a definire il voto che non gradiscono “un eccesso di democrazia”.
Il popolo che li ha bocciati diventa subito sospetto di populismo, xenofobia, fascismo o comunque – ai loro occhi – è un popolo che si è fatto abbindolare dai demogoghi, dalle fake news, dai russi e da chissà cos’altro.
L’elettore medio è dipinto come incompetente. La gente comune viene guatata dall’alto in basso dagli “impegnati”, e viene bollata come “indifferente”: poco tempo fa i mobilitati permanenti andavano in estasi per l’invettiva di Gramsci “Odio gli indifferenti”.
Oggi continuano a nutrire gli stessi livori, ma la parola “odio” non è più pronunciabile perché hanno deciso di usarla come capo d’imputazione di Salvini e dei “sovranisti”, e loro si rappresentano come pervasi di amore da capo a piedi.
Specialmente le Sardine sono raffigurate dai media come tracimanti di buoni sentimenti. Perché la caratteristica di questo tipo di piazze è di vivere in simbiosi con i media e con il Palazzo, di alimentarsi a vicenda, di specchiarsi l’uno nell’altro. Infatti sono piazze applaudite dal potere e celebrate dai media dell’establishment.
Non così – per esempio – i gilet gialli su cui i media italiani e i politici di area Pd sono molto duri. Ieri Diego Fusaro osservava: “mentre le giubbe gialle in Francia chiedono salari più alti e vengono manganellati senza pietà, Greta Thunberg, con le sue proteste amiche del Potere, è nominate ‘Persona dell’Anno’ da Time. C’è di che riflettere”.
Esistono infatti piazze buone e piazze cattive.
Le “buone”, sono quelle così propagandate dai media che quasi possiamo definirle “convocate” dai media stessi. Sono le piazze applaudite dal Palazzo, caldeggiatre e amate dall’élite.
Le seconde piazze, quelle “cattive”, esprimono un malessere di popolo, danno voce ai problemi della gente comune, sono piazze di opposizione e vengono perlopiù ignorate dai media o – se non possono ignorarle – comunque criticate.
È stata impressionante ad esempio la campagna elettorale di Salvini in Umbria: in ogni paese o piccola città si è trovato attorno un mare di gente per ascoltarlo. Senza convocazione dei media e senza resoconti giornalistici successivi. Come si è visto dai risultati elettorali era una folla desiderosa di cambiare.
Il Pd, Zingaretti e compagni non potevano sperare in nulla del genere, nemmeno in Emilia Romagna e così – dovendosi evitare il ripetersi del caso Umbria a Bologna – guarda caso è venuta fuori l’invenzione delle Sardine. Che permette al Pd di riprendersi la piazza senza apparire.
La domanda che suscita la manifestazione di ieri delle sardine, a Roma, è la seguente: se contro Salvini e i sovranisti sono davvero così tanti, perché la Sinistra vuole impedire ad ogni costo le elezioni? Perché non vogliono far pronunciare gli italiani?
Antonio Socci
Da “Libero”, 15 dicembre 2019
*****
Pure il cardinal Bassetti con le sardine: "Vanno ascoltati"
Il cardinal Gualtiero Bassetti, dopo aver presentato un libro, ha voluto dire la sua su tutta l'attualità. Frasi al miele dirette alle "sardine"
Il cardinal Gualtiero Bassetti, dopo aver presentato un libro, ha voluto dire la sua su tutta l'attualità. Frasi al miele dirette alle "sardine"
Il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha deciso di aggiungere il suo nome all'elenco degli ecclesiastici che simpatizzano per le "sardine".
Il vertice dei vescovi non è il primo a far parte di coloro che, all'interno della Chiesa cattolica, si sono espressi in maniera positiva sul movimentismo giovanile anti-Salvini, ma certo la sua voce ha un peso specifico di rilievo. L'arcivescovo di Perugia, nella giornata odierna, è stato peraltro ricevuto in udienza da Papa Francesco. Ma le frasi di oggi hanno seguito la presentazione di un'opera libraria.
Le dichiarazioni dell'alto prelato che sono state riportate dall'Adnkronos toccano diverse sfere tematiche, ma il giudizio sulle "sardine" - come anticipato - è abbastanza favorevole e sembra destinato quindi a far discutere. Bassetti ha infatti specificato come quei giovani, che ieri hanno manifestato nella capitale, vadano ascoltati e come ciò che di "buono" risiede all'interno della loro piattaforma programmatica vada tenuto in considerazione. Più o meno negli stessi termini, del resto, si era espresso in questi giorni il segretario di Stato Pietro Parolin. Ormai, quello ecclesiastico, è quasi un coro unanime. Le "sardine" possono esultare: le "benedizioni" provenienti dai sacri palazzi si moltiplicano.
Dopo quello di mons. Nunzio Galantino, arriva anche il placet del presidente della Cei. Monsignor Galantino non è più il segretario della Conferenza episcopale. Bassetti è rimasto presidente. E tra di loro, adesso, sembra esserci una certa sintonia. Per le "sardine", poi, non si tratta più di cavalcare le stesse battaglie dei "preti di strada": i vescovi italiani che si dicono interessati dal "sardinismo" aumentano di numero. Ma il cardinal Bassetti ha voluto dire la sua pure su quello che sta accadendo attorno alla Popolare di Bari.
Il porporato italiano sulla banca barese ha dichiarato che "le responsabilità ci sono", invitando l'esecutivo a mettere in moto quei meccanismi in grado di tutelare "il bene comune". Buona parte della attualità, dunque, è stata analizzata dal consacrato italiano, che si è espresso anche su Liliana Segre, affermando che la senatrice ha "qualcosa da dire all'umanità". Il cardinal Gualtiero Bassetti concorda con chi ritiene che la senatrice Liliana Segre debba essere insignita del Nobel per la Pace.
Vale la pena sottolineare, infine, come in relazione alle "sardine" Bassetti abbia anche citato una necessaria "prudente attenzione". Quasi come se il vertice dei vescovi volesse verificare nel tempo la bontà di certe istanze: "Noi non dobbiamo essere controllori dei loro sogni e, se sono sogni buoni, diremo saremo con voi", ha specificato il massimo vertice dei vescovi.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/pure-cardinal-bassetti-sardine-vanno-ascoltati-1800061.html
Se i vescovi sposano il vuoto delle sardine
di Giuliano Guzzo
La prima ad innamorarsene era stata, settimane fa, suor Giuliana Galli, religiosa del Cottolengo («scorgo in loro virtù evangeliche»), poi è venuto il turno di monsignor Galantino («Non posso che avere simpatia per questi ragazzi»), oggi si è perfino scomodato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, affermando che l’importante è «cogliere tutto quello che di buono c’è anche in questi movimenti». Molta Chiesa simpatizza insomma per le sardine. Lecito per carità. Ma esattamente, che vogliono le sardine?
Non me lo chiedo io, se lo chiedono un po’ tutti. Infatti, ogni domanda che si pone a Mattia Santori, ideatore del movimento ittico, parte la supercazzola. Non gli si può difatti chieder nulla senza sentirsi rispondere che le sardine sono contro la retorica populista; che ha studiato economia «ma non pratica»; che loro non hanno idee su come risolvere i problemi del Paese perché «non è il loro lavoro», e via divagando. Qualche sera fa a La7, interpellato sulle loro priorità politiche, il capo branco ha saputo rispondere solo: «Vogliamo più integrazione». In che modo? Non s’è capito.
Tanto che perfino Lilli Gruber – ripeto: Lilli Gruber, non una giornalista sospettabile di sovranismo – ha replicato stupita: «Ma non è un po’ poco?». Ora, ma se manco la Gruber, con tutta la sua buona e sinistrese volontà, ci ha capito granché, come fate, voi prelati, a simpatizzare per le sardine? Solo perché è un movimento anti Salvini? Fosse così, sarebbe davvero desolante. Ad ogni modo, se proprio vi piacciono i movimenti avreste potuto, negli anni, spendere parole di elogio pubblico anche per altre manifestazioni, come quelle delle sentinelle in piedi, di cui hanno fatto parte anche diversi religiosi.
Solo che le Sentinelle in piedi non erano né sono gradite alla cultura dominante e, nonostante non solo le contestazioni ma anche le aggressioni subite (un prete sentinella, nella trentina città di Rovereto, è stato «solo» mandato al pronto soccorso), dai piani alti della Chiesa non si ricordano chissà quali calorosi appoggi. Come mai? Forse le sardine sono più «evangeliche» di chi si batte in difesa della famiglia naturale, della libertà educativa e della vita nascente? Suvvia, non scherziamo. E’ un’ipotesi che non sta in piedi e che ci costringe a tornare al punto di partenza: cari vescovi, ma che ci trovate nelle sardine?
La prima ad innamorarsene era stata, settimane fa, suor Giuliana Galli, religiosa del Cottolengo («scorgo in loro virtù evangeliche»), poi è venuto il turno di monsignor Galantino («Non posso che avere simpatia per questi ragazzi»), oggi si è perfino scomodato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, affermando che l’importante è «cogliere tutto quello che di buono c’è anche in questi movimenti». Molta Chiesa simpatizza insomma per le sardine. Lecito per carità. Ma esattamente, che vogliono le sardine?
Non me lo chiedo io, se lo chiedono un po’ tutti. Infatti, ogni domanda che si pone a Mattia Santori, ideatore del movimento ittico, parte la supercazzola. Non gli si può difatti chieder nulla senza sentirsi rispondere che le sardine sono contro la retorica populista; che ha studiato economia «ma non pratica»; che loro non hanno idee su come risolvere i problemi del Paese perché «non è il loro lavoro», e via divagando. Qualche sera fa a La7, interpellato sulle loro priorità politiche, il capo branco ha saputo rispondere solo: «Vogliamo più integrazione». In che modo? Non s’è capito.
Tanto che perfino Lilli Gruber – ripeto: Lilli Gruber, non una giornalista sospettabile di sovranismo – ha replicato stupita: «Ma non è un po’ poco?». Ora, ma se manco la Gruber, con tutta la sua buona e sinistrese volontà, ci ha capito granché, come fate, voi prelati, a simpatizzare per le sardine? Solo perché è un movimento anti Salvini? Fosse così, sarebbe davvero desolante. Ad ogni modo, se proprio vi piacciono i movimenti avreste potuto, negli anni, spendere parole di elogio pubblico anche per altre manifestazioni, come quelle delle sentinelle in piedi, di cui hanno fatto parte anche diversi religiosi.
Solo che le Sentinelle in piedi non erano né sono gradite alla cultura dominante e, nonostante non solo le contestazioni ma anche le aggressioni subite (un prete sentinella, nella trentina città di Rovereto, è stato «solo» mandato al pronto soccorso), dai piani alti della Chiesa non si ricordano chissà quali calorosi appoggi. Come mai? Forse le sardine sono più «evangeliche» di chi si batte in difesa della famiglia naturale, della libertà educativa e della vita nascente? Suvvia, non scherziamo. E’ un’ipotesi che non sta in piedi e che ci costringe a tornare al punto di partenza: cari vescovi, ma che ci trovate nelle sardine?
Papa Francesco contro Matteo Salvini, il leghista va demonizzato: il commento di Antonio Socci
SARDINE, GRETINI, 5 STELLE ALLO SBANDO. E INTANTO IL PAESE VA A PICCO
di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
Tutta l’attenzione mediatica è concentrata su sardine e gretini. Lo scopo è fin troppo evidente. Portare l’antifascismo e l’antirazzismo nelle piazze, in assenza di fascismo e di razzismo, per criticare chi al momento è all’opposizione. L’ esperimento è politicamente interessante per la sua originalità.
Poiché la maggioranza è politicamente inesistente, non resta altro per difenderla che scendere in piazza… contro l’opposizione.
Il fatto che Alitalia, ex-Ilva e Popolare di Bari siano in bancarotta, che la manovra economica di bilancio sia nel caos e così la ratifica del Trattato del “Fondo SalvaStati” tutto questo è di secondaria importanza. Il PIL italiano è sempre a crescita zero (+0,1% secondo le stime) e così l’inflazione, per cui il PIL in euro aumenta di solo 4 miliardi da un anno all’altro e anche solo un piccolo deficit del 2,1% (35 miliardi), fa aumentare il debito di 30 miliardi circa.
Ma il problema dei “nuovi partigiani” è fermare la feroce bestia fascista. Un linguaggio di vero amore e di pace. Del resto possono contare sul fatto che nonostante questo governo sia non il vuoto, ma il sottovuoto spinto non accade nulla di tragico, a parte gli operai in cassa integrazione per Natale, ma di questo non frega un cazzo a nessuno.
Lo “spread”, nonostante il pagliaccio di turno ogni tanto provi a fare allarmismo, si comporta bene perché i BTP la settimana scorsa sono saliti di 4 punti, più di ogni altro bond al mondo e la borsa italiana è salita del 18% da agosto, migliore borsa al mondo. Nel mondo di oggi se il mercato finanziario tira i politici si sentono al sicuro e viceversa, basta vedere Trump che saluta ogni rialzo del Dow Jones. Nonostante quindi la produzione industriale stia di nuovo calando, l’andamento del PIL italiano sia il peggiore dell’OCSE, Alitalia, Ilva e Popolare di Bari siano da salvare e la manovra sia nel caos più totale, il governo galleggia.
Il fatto che Alitalia, ex-Ilva e Popolare di Bari siano in bancarotta, che la manovra economica di bilancio sia nel caos e così la ratifica del Trattato del “Fondo SalvaStati” tutto questo è di secondaria importanza. Il PIL italiano è sempre a crescita zero (+0,1% secondo le stime) e così l’inflazione, per cui il PIL in euro aumenta di solo 4 miliardi da un anno all’altro e anche solo un piccolo deficit del 2,1% (35 miliardi), fa aumentare il debito di 30 miliardi circa.
Ma il problema dei “nuovi partigiani” è fermare la feroce bestia fascista. Un linguaggio di vero amore e di pace. Del resto possono contare sul fatto che nonostante questo governo sia non il vuoto, ma il sottovuoto spinto non accade nulla di tragico, a parte gli operai in cassa integrazione per Natale, ma di questo non frega un cazzo a nessuno.
Lo “spread”, nonostante il pagliaccio di turno ogni tanto provi a fare allarmismo, si comporta bene perché i BTP la settimana scorsa sono saliti di 4 punti, più di ogni altro bond al mondo e la borsa italiana è salita del 18% da agosto, migliore borsa al mondo. Nel mondo di oggi se il mercato finanziario tira i politici si sentono al sicuro e viceversa, basta vedere Trump che saluta ogni rialzo del Dow Jones. Nonostante quindi la produzione industriale stia di nuovo calando, l’andamento del PIL italiano sia il peggiore dell’OCSE, Alitalia, Ilva e Popolare di Bari siano da salvare e la manovra sia nel caos più totale, il governo galleggia.
Bisogna ricordare che il governo Berlusconi nel 2011 aveva di fronte una situazione economica migliore di quella di oggi e lo stesso fu costretto a dimettersi solo perché le quotazioni dei BTP erano scese sui mercati di 20 o 30 punti (lo “spread” consiste appunto in questo calo dei prezzi dei BTP). Il mercato finanziario per ora è benigno per cui il governo può tirare a campare.
L’incognita è il M5S perché più di metà dei suoi parlamentari sa che non verrà rieletto stando ai sondaggi e sta cominciando quindi un esodo verso Salvini, che può invece farli rieleggere. Se il M5S lascia tutta la politica economica nelle mani di Gualtieri e del PD si suicida del tutto, lentamente magari perché appunto lo “spread” al momento è sotto controllo, ma il caos su Ilva, Popolare di Bari, Alitalia, sul MES e su una manovra di bilancio fatta di piccole tasse lo logoreranno anche se è al governo.
In effetti ci sono segni di irrequietudine tra i parlamentari, tra i quali ad esempio la maggioranza di loro ha firmato un disegno di legge promosso da Pino Cabras per introdurre una “Moneta Fiscale” sotto forma di “certificati di compensazione fiscale” (cioè detrazioni fiscale che si possono scambiare, come abbiamo illustrato in precedenti articoli). L’importo non è indicato nel disegno di legge, lasciandolo decidere al Ministro dell’Economia, ma in tutte le elaborazioni, si parla da un minimo di 20 miliardi ad un massimo di 60 miliardi l’anno, quindi qualcosa di rilevante.
Assieme a Cabras a sostenere la proposta c’erano, del M5S, Mario Turco (sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega alla programmazione economica) e Steni Di Piazza (sottosegretario del Ministero del lavoro). Inutile dire che la proposta è interessante e potrebbe essere fatta oggetto di discussione anche dalla Lega, ora che Salvini pare vestire i panni del responsabile pronto al dialogo nell’interesse del Paese. Ma c’è da fidarsi?
In questi giorni sulla piattaforma “Rousseau” c’è stata una votazione per decidere un team di “facilitatori” che affiancheranno Di Maio sui vari temi. Il Movimento doveva completare la sua trasformazione in partito ed ecco quindi la sua segreteria. Il vice di Di Maio è una donna di Casaleggio, Enrica Sabatini. Sappiamo che il tutto ha poco senso, perché basta un “belin” di Grillo per far cadere tutto. Ma sappiamo anche che a Grillo interessa solo portare al Quirinale Romano Prodi, per fare un dispetto a Renzi. Del resto non gliene frega più un cazzo.
Ma soffermiamoci su un punto. Per l’economia c’erano 3 team e ha vinto quello del senatore Presutto che propone di ridurre il debito pubblico come priorità, mentre il team che proponeva la Moneta Fiscale, del tutto in linea con il disegno di legge presentato dal M5s, è stato bocciato.
Il punto è sempre lo stesso. Il M5s sostiene tutto e il contrario di tutto. Come si fa a proporre un “comitato di salvezza nazionale” in queste condizioni? Mille sono i rischi e con quale guadagno?
Fonte: Paolo Becchi
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