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martedì 31 marzo 2020

La "Chiesa barricata”

INTERVISTA
Messori: alla Chiesa oggi mancano i fra Cristoforo

«Ci sono anche oggi preti capaci di gesti eroici, ma sono iniziative personali, non c'è quella mobilitazione del clero che ha caratterizzato la Chiesa durante qualsiasi pestilenza». «Abbiamo piuttosto la percezione di una Chiesa barricata, i cancelli che chiudono piazza San Pietro ne sono l'emblema». «La chiusura di Lourdes? Mi ha molto addolorato, è la prima volta nella storia, ma capisco che c'è un rischio concreto, non si può sfidare Dio». «Obbedire alle autorità civili è un dovere, se sono legittime e non vanno contro la fede; ma ciò non toglie che a certe condizioni le Messe si potrebbero celebrare». Sulla Chiesa ai tempi del coronavirus parla Vittorio Messori, lo scrittore cattolico più conosciuto al mondo.

   Piazza san Pietro barricata


«Non mi scandalizza che la Chiesa segua le disposizioni del governo, quello che invece trovo che manchi è ciò che la Chiesa ha sempre fatto durante le pestilenze: mobilitare le sue truppe come tanti fra Cristoforo». Vittorio Messori, lo scrittore cattolico certamente più conosciuto al mondo, colui che ha riscoperto l’apologetica, interviene sul tema della Chiesa al tempo del coronavirus e sul paradosso di quella che voleva essere una “Chiesa in uscita” e invece oggi appare nel suo insieme una “Chiesa barricata”, impaurita, «pure se delle testimonianze personali non mancano», aggiunge Messori.

Fra Cristoforo nel Lazzaretto, insieme agli appestati, che muore lui stesso di peste. È un’immagine forte quella del Manzoni nei Promessi Sposi. Lei vorrebbe tutti i sacerdoti così?
Non si può pretendere che tutti i sacerdoti siano come il frate di manzoniana memoria, ma fra Cristoforo è l’emblema di una Chiesa che durante le pestilenze di tutte le epoche si è sempre comportata allo stesso modo. Cioè ha mandato i suoi uomini in mezzo agli appestati, per cercare di aiutarli, assistere durante la morte, confessarli per l’ultima volta. Certo, si può dire che i tempi sono cambiati, che non è più tempo dei fra Cristoforo, ma resta il fatto che sempre nella storia quando esplodevano queste epidemie il clero era mobilitato e molti di loro morivano. Non era una sfida a Dio, ma la consapevolezza di una missione, la Chiesa si distingueva per la testimonianza, impegnava i suoi uomini per cercare di alleviare un po’ la sofferenza di quelli che erano colpiti. Ciò non toglie che molti preti vivano così oggi, diverse decine sono anche morti anche se non sappiamo in che modo, ma certi atti di eroismo sono piuttosto iniziative personali del clero, non c’è una sorta di appello alle armi. Al contrario, si ha la percezione di una Chiesa impaurita essa stessa, con vescovi e sacerdoti al riparo.

Anche la sospensione frettolosa delle Messe con popolo e il pasticcio delle chiese chiuse e poi riaperte, e comunque la debolezza nel chiedere il libero accesso pur nel rispetto delle misure di sicurezza, dà l’idea di una “Chiesa in ritirata”.
Su una cosa vorrei essere chiaro. Non dimentichiamo che san Paolo dice di obbedire alle autorità purché siano legittime e quando i loro ordini non siano contro la fede. Obbedire alle autorità legittime è un dovere per noi. Quindi, si possono discutere alcune misure, ma è doveroso obbedire, anche in questo caso. Ciò non toglie però che proprio in rispetto delle indicazioni del governo, in molti casi le Messe si possano celebrare con il popolo tenendo conto di tutte le misure di sicurezza che devono essere assicurate. Ci sono chiese che hanno ampi sagrati, e con le porte aperte e gli amplificatori, con un servizio d’ordine che controlla le persone all’esterno, non è difficile organizzare la presenza del popolo, per quanto ridotta. Ma a parte questo, ci sono anche altri gesti che pesano.

Ad esempio?
Certamente le immagini di una Piazza San Pietro che veniva chiusa con le cancellate è stato un gran brutto vedere. Ha dato proprio l’immagine di una Chiesa che si barrica nei suoi palazzi, e dice: be’ sentite, pensateci voi, noi cerchiamo di salvare la pelle. Ed è un’impressione molto diffusa.

A proposito di chiusure, ha destato molta impressione quella del santuario di Lourdes, a cui tra l’altro lei è molto legato. Quello che per eccellenza è il santuario delle guarigioni, chiuso per timore di un virus…
Devo dirle che malgrado il dolore che mi provoca, non riesco a indignarmi per questa decisione. È una situazione del tutto nuova, permettere pellegrinaggi sapendo la pericolosità degli assembramenti per la diffusione del virus, suona un po’ come una sfida a Dio. Non possiamo pretendere di essere diversi e non ammalarci soltanto perché andiamo a Lourdes, non possiamo giocare con la vita della gente. Dobbiamo anche pensare che non c’è solo il santuario, ma c’è il viaggio in gruppo, gli alberghi dove si alloggia insieme. A volte certi estremismi mi sembrano dannosi.

Sicuramente però di momenti storici difficili ci sono già stati e Lourdes è sempre stata aperta, questa è la prima volta in assoluto che il santuario chiude.
Certo, e infatti la decisione mi ha molto colpito. Lourdes non ha chiuso neanche al tempo delle leggi anticlericali in Francia, tra fine ‘800 e inizio ‘900, quando tutte le istituzioni religiose furono sequestrate dallo Stato e date in carico ai municipi. Anche Lourdes ebbe questa sorte, ma il Comune, che acquistò l’area del santuario, fece in modo che non chiudesse neanche un giorno. E neanche durante la Seconda guerra mondiale fu chiuso. I tedeschi erano perfettamente a conoscenza del fatto che a Lourdes avevano trovato riparo molti ebrei, ma non osarono chiuderlo. Inoltre forse non tutti sanno che Lourdes è sempre stata aperta giorno e notte. Quindi può capire quanto mi abbia colpito e sconcertato la notizia della sua chiusura. Certo, si rimane addolorati, ma non possiamo peccare di orgoglio pensando che tutti possiamo andare a Lourdes senza conseguenze, che il virus non ci toccherà solo perché andiamo a Lourdes. Non possiamo dire “teniamo aperta Lourdes perché nessuno sarà toccato dalla malattia”, oppure “non contageremo nessuno che ci si accosterà quando torniamo dal viaggio”. Per questo pur molto addolorato non riesco a indignarmi.

Ma come lei proponeva per le Messe, non c’è un modo di contingentare le presenze a Lourdes, evitando assembramenti?
Chi conosce Lourdes sa che non è amministrabile facilmente. Malgrado tutto si tratta del santuario più frequentato al mondo e tutti gli anni vi arrivano 5-6 milioni di persone. E gli assembramenti sono indispensabili: siccome il territorio del santuario è molto vasto, tu trovi dappertutto crocchi di gente che si dà appuntamento con il gruppo con cui è arrivato. Stare uniti è indispensabile per sentire cosa dice la guida, fare le cose insieme. Quindi, in questa situazione è ingovernabile. Bisogna tenere conto delle condizioni, avere fede non ci mette al riparo da eventuali disgrazie o malattie. È bruciata Notre Dame, è bruciata anche la cappella della Sindone. Le vie di Dio non sono le nostre.


Riccardo Cascioli
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