AVVENIRE SGRIDA REPORT: HA PARLATO DI TRADIZIONE DELLA CHIESA.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, la puntata di Report sugli avversari di papa Bergoglio continua a suscitare reazioni. Stilum Curiae, come ricordate, se ne è occupato preventivamente e a posteriori. Oggi ci ha scritto un amico del nostro sito, indignato per come il quotidiano dei vescovi cattolici ha trattato l’argomento. Buona lettura.
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I tiepidi verranno vomitati dalla bocca di Dio (cfr. Ap 3, 14-16)
«Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo […] un tempo per tacere e un tempo per parlare» (Eccl 3, 1.7). Spesso il silenzio è la miglior risposta, ci insegna la Scrittura.
Ma non sempre. Specie quando si veicolano menzogne e falsità per corrompere la morale collettiva e mostrare un volto sfigurato della realtà, denigrando il prossimo. Dante stesso mise i seminatori di discordia tra i dannati della IX Bolgia dell’VIII Cerchio dell’Inferno (c. XXX).
Ci eravamo ripromessi inizialmente di non commentare, perché non vale la pena sprecare tempo dietro ai Sinone di turno; ma ora il silenzio sarebbe sinonimo di complicità o, quantomeno, di acquiescenza. Perché?
Perché onestamente non si può tacere laddove Avvenire (v. qui), con trito viscidume, commentando i contenuti di “Report” dello scorso lunedì, non spende nemmeno una parola per stigmatizzare il capzioso teorema dipinto dal programma di Raitre volto, tra l’altro, a calunniare gratuitamente un Cardinale, ma piuttosto si attarda a bofonchiare asserendo l’inconsistenza numerica della pseudo-fronda anti-bergogliana, puntando l’indice contro la trasmissione né perché ha calunniato e diffamato né perché, con violenti toni di accusa, fomenta la divisione nella Chiesa, ma solo perché darebbe “voce” a chi non dovrebbe averla.
E che Avvenire venga a fare la morale a Raitre in chiave censoria è davvero surreale.
Ma è anche altamente intollerabile, forse anche più di quei discutibili contenuti che altro non sono che sinistro pattume latrato in chiave evidentemente ideologica collo sprezzante intendo di costruire, ex nihilo, un teorema fumoso e oggettivamente surreale.
Un intruglio dove c’è di tutto un po’ ma che, alla fine, lascia solo perplessi per la sicumera colla quale si fanno nomi e cognomi senza una prova vera, si fa un’inchiesta senza un’accusa, si costruiscono tesi geopolitiche surreali, e si grida al complotto planetario.
Ma non stiamo qui a discutere di questi teoremi, anche perché sarebbe come tagliare l’aria con la spada.
Il punto, infatti, non sta nel merito, anche perché ci hanno già pensato gli stessi autori della trasmissione a dimostrare maldestramente la fumosità delle loro congetture, più prossime a un viaggio narcotico in una dimensione parallela complottista che dal binario 9 e ¾ dell’Abbazia di Trisulti finisce alla porta slovena di un molleggiato pretino di Gloria.Tv, dopo aver sognato di congiure d’un asse russo-americano di improbabile realtà.
Il punto sta, piuttosto, in ciò che si desume dal metodo usato per veicolare dei chiari messaggi politici evidenti: il classico metodo della mistificazione che fino a ieri la stessa trasmissione ha adoperato contro la Chiesa e che oggi – mirabile dictu – usa (a suo dire) a favore del Papa, concludendo persino con un melenso moralismo sull’unità (che probabilmente Ranucci confonde foneticamente col nome del quotidiano del PC).
Ed è per questo motivo che Avvenire corre subito ai ripari invocando patenti di verginità per il mondo cattolico “allineato” e “scomunicando” i bersagli della trasmissione per i quali contesta l’appellativo “ultracattolici” ma soprattutto per i quali lamenta la concessione – per una sfuggente eterogenesi dei fini – di un vistoso palcoscenico.
Applicando dunque ancora una volta la logica politica (e non quella della coerenza etica che imporrebbe una sana editoria) il quotidiano dei Vescovi italiani non richiama ad un corretto uso del giornalismo, dell’informazione né tantomeno della televisione pubblica, ma mostra il suo disappunto perché “qualcuno” di diverso ha potuto avere uno spazio “di pubblicità”.
Il problema di Avvenire, dunque, non è quello di stigmatizzare l’analogia tra un certo cattolicesimo intransigente e conservatore e il pericolo sociale, non è quello di gettare acqua sulle accuse di divisioni intra-ecclesiali, né quello di schierarsi col Papa per quello che “è” ma piuttosto difenderlo per quello che “fa”.
Scrive Fagioli: “Nessuno nega l’esistenza di una fronda contro Bergoglio, anche perché si manifesta attraverso siti internet e profili social, ma è un nulla di fronte a chi guarda al Papa, anche laicamente, come l’unica autorità morale a livello planetario. Ne è prova la moltitudine che ha seguito la diretta del 27 marzo: soltanto in Italia si sono calcolati oltre 17 milioni e 400 mila telespettatori.”. Apperò!
Per Avvenire, quindi, la priorità è smarcare il “mondo cattolico” da quello “ultra-cattolico” (come, peraltro, se possa sussistere mai una differenza simile) e affermare, al posto del principio dell’unità della fede, quello della maggioranza, di esausta dossettiana memoria. Per Avvenire, infatti, è sufficiente mostrare “i numeri” delle visualizzazioni dell’angosciante spettacolo del 27 marzo nella deserta Piazza San Pietro per dimostrare “quanto vale” Papa Francesco. Bene. “Quante divisioni ha il Papa?” chiese tronfio Stalin a Jalta…
Evidentemente per Avvenire il Cattolicesimo non vale per la Verità che professa ma per il numero di seguaci che ha nel mondo; e la leadership del Papa si misurerebbe non già in base alla qualità del suo magistero ma contando le visualizzazioni (che non sono nemmeno i reali spettatori tecnicamente) delle dirette sui social (peraltro in un tempo di domicilio coatto nel quale tutti sono più o meno con un telefono in mano), come i consensi di un qualsivoglia leader politico o, peggio ancora, di un “influencer”. Beh, che dire, un gran successo per la Religione che si fonda su un Dio crocifisso per volere della folla che urlava Barabba.
Al netto di ciò, non si può non concludere che forse più della trasmissione di Raitre sia stato veramente più ignobile il commento di Avvenire, che ancora una volta si qualifica attraverso i suoi contenuti, ben più di quella somma di pattume ideologico di Report, per il semplice motivo che non solo ne avalla il messaggio ma rivendica con supponenza pure un certo ruolo censorio, quasi a voler soffocare le note perplessità sorte non da una sterile contrapposizione ideologica mossa per puro spirito polemico ma a ragione di contraddizioni intrinseche oggettive nel messaggio e nelle azioni dell’attuale Pontefice. “La fronda c’è – dice Avvenire – ma non si deve sapere”.
Certo, tale levata di scudi pone degli interrogativi non indifferenti, a cominciare da un banalissimo sillogismo: se Report fino a ieri ha fatto sempre trasmissioni anti-cattoliche e anti-cristiane, espressione di una delle più becere forme di giornalismo ideologico fortemente intriso di anticlericalismo, da dove viene tutta questa sollecitudine nei confronti di presunte fronde anti-bergogliane che identificherebbero nello stile di governo di Francesco e nei messaggi del suo pontificato devianze teologiche e vistose simpatie politiche orientate, con assunzione di presupposti culturali di dubbia matrice? Per quale ragione una trasmissione notoriamente e bellicosamente schierata a sinistra dovrebbe avere tutto questo interesse nel trattare simili argomenti e addirittura prendere le difese di Papa Francesco dalle accuse di quei cattivoni dei tradizionalisti integralisti? Non sono forse queste – per degli anticlericali convinti – beghe da sagrestia? Che importa alla TV di Stato impiegare così tante energie (in primis economiche, perché è certamente grazie ai denari del Canone Rai – che tutti noi paghiamo – che l’inviato della trasmissione, collo zainetto e il cameraman, è andato in giro per il mondo a intervistare i personaggi più disparati) per affrontare un tema oggettivamente marginale (se non addirittura superfluo) in un momento così emotivamente e politicamente problematico per la nazione?
E ci chiediamo ancora: è possibile mai che in prima serata, di lunedì, in piena pandemia, mentre tutta la nazione è obbligatoriamente in casa senza libertà, si monopolizzi l’informazione sulla terza rete della televisione nazionale e, facendo un’ammucchiata coriandolesca di personaggi, si sferri un attacco così violento e vigliacco (perché monocorde e senza contraddittorio alcuno, con interviste ritagliate, concetti rattoppati e posticci, montaggi artati alla mistificazione e alla ridicolizzazione di argomenti di morale e teologia) nei confronti di una non indifferente fetta del mondo politico non solo nazionale ma anche planetario che – seguendo anche solo la logica di Avvenire – gode comunque di un certo significativo consenso popolare?
È lecito operare questa forma di violenza psicologica iniettando il veleno dell’odio e del sospetto nella popolazione e creando mitologie dialettiche per cui chi difende la dottrina tradizionale (in ogni campo) sia da considerare addirittura un pericolo sociale?
È eticamente corretto accusare di “fronda” un Cardinale a cui certamente non può rimproverarsi la mancanza di coerenza, di onestà intellettuale e di trasparenza nei confronti del Papa tanto da spingerlo, insieme ad altri Porporati e forte delle sue ragioni (magari più dei suoi numeri), a porgli i famosi “dubia” ai quali, dopo quasi quattro anni, non v’è ancora stata risposta alcuna?
È lecito strumentalizzare una rete della televisione nazionale e adoperare i fondi pubblici con un fine chiaramente eversivo nei confronti di un’intera area ideologica – che raccoglie posizioni di assai fondata ragionevolezza culturale e storica – accusandola di essere un pericolo non solo per la società civile (come la chiamano loro) ma – col placet di Avvenire – anche per la Chiesa?
“Non voler sapere chi l’ha detto, ma poni mente a ciò ch’è scritto” ( Im. Cr. )
f.to Franciscus Romulus
23 Aprile 2020 20 Commenti --
GOTTI TEDESCHI E IL 25 APRILE. CATTOLICI, IMPARIAMO DALL’ANPI…
Carissimi Stilumcuriali, il professor Ettore Gotti Tedeschi ci ha inviato una sua riflessione legata alle celebrazioni del 25 aprile, e alle norme che regolano la proibizione per i fedeli di assistere alla messa. Buona lettura.
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Coraggiosa “resistenza” dell’ANPI verso la più discreta “resistenza” cattolica. Forse, prescindendo dalla differenza di compattezza ideologica e forza di moral suasion, dovremmo prendere esempio.
Caro Marco, un’incoraggiante speranza di poter tornare a Messa presto (Dio solo sa quanto io personalmente ne ho bisogno) sta nella notizia che dopo, e grazie al 25 aprile, le chiese “potrebbero” riaprire per le funzioni religiose.
Ho detto “potrebbero”.
Ciò potrebbe avvenire grazie all’ANPI ( Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ).
Infatti la possibile riapertura non sembra esser frutto di un successo della diplomazia vaticana, ma una conseguenza logica di estensione della concessione alle funzioni religiose dell’insistenza dell’ANPI a pretendere le celebrazioni del 25aprile, nonostante le ragioni del contenimento del contagio. Lo scrive Francesco Giubilei su Il Giornale di oggi, 23 aprile.
Se questa autorizzazione venisse data ufficialmente, con una specifica governativa norma e procedure da osservare, dovremmo esultare, e ringraziare anche l’ANPI.
Vorrei dare un contributo al convincimento generale che la “resistenza” che dovrebbe fare il mondo cattolico, ha fondamenta, e che questa estensione di libertà (con tutta la prudenza necessaria nelle procedure organizzative) alle funzioni religiose, sia meritevole, da più punti di vista.
La specifica “resistenza” cattolica dovrebbe prendere esempio dai primi Apostoli (a rischio della loro vita) verso le ingiunzioni, che considerarono ingiuste (nelle circostanze), di non fare apostolato. Negli Atti degli Apostoli (4,18 ), troviamo che, nonostante il Sommo Sacerdote e il Sinedrio avessero severamente proibito agli Apostoli di predicare e “insegnare nel nome di Gesù “, gli Apostoli continuarono a farlo, predicando con fermezza la dottrina della fede, con frutti di conversioni persino straordinari, inattesi.
Il Vangelo narra che il Sommo Sacerdote convocò gli apostoli e disse loro :”Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui ed ecco voi avete riempito Gerusalemme delle vostra dottrina”.
Rispose allora Pietro : “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”, e continuò a farlo (Atti 5,29).
Ora, la resistenza di Pietro e degli Apostoli non era attribuibile a una volontà di rifiutare i loro doveri verso la autorità legittima. Essi rifiutavano di obbedire ad un comando che trovavano ingiusto.
Scrisse San Giovanni Crisostomo (nella sua Omelia sugli Atti degli apostoli, 13) che <Gli Apostoli erano infatti convinti che corrono pericolo coloro che non temono Dio, e che è peggio commettere una ingiustizia che subirla>.
<Il cristiano osserverà esemplarmente la legge dello Stato, ma sa che lo Stato non è giuridicamente onnipotente, non essendo lui la fonte del bene e del male>. L’azione critica verso decisioni politiche riferite alla fede, così come l’obiezione di coscienza, per un cristiano è doverosa. E’ inutile e scontato richiamare il concetto di adeguata massima prudenza per attuare ciò.
Io credo che nel valutare la realtà della applicazione della interpretazione di una norma sociale o politica, che non consente di osservare i doveri che un cristiano sa di avere verso Dio, egli deve saper resistere e saper dimostrare con determinazione l’errore. Certo rispettando le norme e obbedendo alle leggi, ma contestando e resistendo, in modo che appaia a chiunque essere il suo comportamento giusto, spiegabile ed esemplare nella sua applicazione pratica.
Trovo pertanto che la reazione dell’ANPI a norme che potevano impedire, o limitare, le manifestazioni del 25 Aprile, anniversario della Liberazione, sia una lezione utile per noi (intimiditi e divisi) cattolici in questa specifica circostanza.
Anche per noi sarebbe festeggiamento, anche, di un’altra “liberazione”. Osservando le norme di prudenza che ci verranno indicate dal nostro buon senso e dalle indicazioni dei nostri Pastori. Il rispetto della vita, nostra e di quella del prossimo, per noi deve essere esemplare, senza alcun dubbio, soprattutto in questa circostanza.
ettore gotti tedeschi
Marco Tosatti
23 Aprile 2020 3 Commenti --
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