Le notizie vanno ormai prese “con le pinze”. I giornalisti hanno lavorato sodo per distruggere quell’aura di infallibilità e di credibilità che sembrava caratterizzare il giornalismo. Oggi giorno “lo ha detto il giornale” ha un grado di verosimiglianza paragonabile a “l’ho ascoltato al bar”. E siccome i bar sono chiusi e i giornali, al contrario sono molto attivi, non ci resta che barcollare nel buio pesto del mondo dell’informazione italiana.
Detto questo, in questo tempo di pandemia da coronavirus tutto diventa più confuso e complicato, non solo a causa di una malattia che la scienza non riesce a curare o a prevenire, ma anche a causa di una gestione politica della situazione a dir poco caotica. La seconda dipende dalla prima ma sicuramente ai normali cittadini non riesce facile da capire cosa possono e cosa non possono fare. Si può andare a fare la spesa, ma non si può tornare a casa con una bottiglia di vino. Si può andare in farmacia, ma non accompagnati dalla moglie. Si può andare in chiesa ad accendere un cero ma non se inizia una Messa. Così il parroco può aprire la sua chiesa al pubblico ma dovrà chiuderla se vuole celebrare l’Eucaristia…
Ed è proprio su questo argomento dell’interdizione della Messa (e di tutti gli altri sacramenti) da parte dello Stato italiano, col beneplacito (immediato) delle gerarchie ecclesiastiche, che si è scritto, polemizzato e discusso molto. Anche qui molta confusione. Un politico chiede di riabilitare la Messa a Pasqua. Un prete-social (popolare o populista) risponde saccente che “Le chiese sono chiuse”. Invece sono aperte. Un comico e presentatore invita i fedeli di tutta la nazione a “pregare in bagno”. Preti anziani escono in strada col santissimo, altri si barricano in canonica, altri si buttano su facebook a lanciare ricette culinarie, altri si cimentano in video-catechesi. Un altro giovanissimo prete-social afferma su Famiglia Cristiana che i preti col santissimo sui camioncini sono un flop e un errore da dimenticare… Vescovi che chiudono tutto in accordo col Papa. Papa che riapre tutto in disaccordo coi Vescovi. Fedeli che escono a prendere il ramo d’ulivo la Domenica delle Palme (perché in parrocchia lo danno, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e con l’aiuto di tre giovani volenterosi viceparroci) e altri fedeli che strillano gli incauti e disobbedienti “untori”, augurandosi che nessuno debba morire a causa di un rametto di ulivo benedetto…
Chi più ne ha, più ne metta. Una grande confusione che costringe a stare sul “chi va là” e a muoversi con cautela. Il buon senso (che non possiamo più chiamare “senso comune” perché sempre meno “comune”), potrebbe aiutare, ma alle norme corrispondono degli obblighi e per i disobbedienti sono previste sanzioni.
Una misura restrittiva quella di interdire le Messe che, se non lede uno dei diritti costituzionali, quello relativo alla libertà di culto (e di fatto sembra che lo faccia), rimane per lo meno contraddittoria se comparata con le disposizioni previste per altri ambiti, luoghi o situazioni.
L’esempio della Messa feriale è la prova schiacciante dell’assurdità della norma che la impedisce. Quand’è l’ultima volta che siete stati a Messa durante un giorno lavorativo… un qualsiasi martedì mattina? Quante persone avete visto litigarsi un posto per non rimanere in piedi? Quante sedie sono state aggiunte dal sacrestano per supplire alla mancanza di posti a sedere? Quanta fila per entrare e quanto struscio per uscire? Dipenderà dalle parrocchie e dalle zone, ma forse la partecipazione di 10-15 valorosi fedeli sarebbe considerato un numero soddisfacente. Dunque molte meno di quante entrano contemporaneamente ogni giorno in un supermercato, dalla mattina alla sera, con libertà di movimento tra scaffali e corsie.
E la domenica? Sì, la domenica forse la partecipazione andrebbe regolarizzata e scaglionata e un apposito servizio d’ordine dovrebbe provvedere alla distribuzione di mascherine e al rispetto della distanza di sicurezza (ricordiamo che in una Messa le persone non sono libere di deambulare per le navate ma sono costrette dal rito a assumere un massimo di tre posizioni rimanendo nello stesso posto: in piedi, seduti, in ginocchio. Dedicare tre metri quadrati ad ogni fedele, dunque, non è dunque una impresa folle).
Tuttavia, dicevamo, la prudenza è d’obbligo perché ad ogni infrazione certificata dalle autorità, corrisponde una sanzione. Ciò che è successo a Gallignano (Cremona), dove i carabinieri hanno interrotto una Celebrazione Eucaristica alla quale assistevano dodici persone, parenti di defunti ai quali è stato negato un funerale (in una chiesa di 300 metri quadrati a 4 metri di distanza l’uno dall’altro), mostra il livello di assurdità raggiunto da questa faccenda. La vicenda non passerà agli annali per la nostra poca memoria e perché ciò che succede ai cristiani non fa notizia, come invece sarebbe successo se a subire il torto fosse stata un’altra minoranza. Se fosse capitato in una sinagoga, in una moschea o in un bar arcobaleno sarebbe stata istituita – dopo apposita discussione parlamentare – una speciale giornata della memoria per il funesto evento. Ma dipende anche da chi c’è al comando. Ora al potere ci sono i buoni, i moderati, i giusti… Tutto ciò che decidono lo fanno per il popolo, per il bene; il loro giudizio è puro e il loro senso morale superiore; la loro onesta è provata, il loro pensiero è nobile e le loro politiche sono oneste. Interrompere la Messa irrompendo sull’altare, loro evidentemente possono farlo. Sono i rossi, i liberatori, i partigiani che oggi, 25 aprile, cantano “Bella Ciao” e “Portali via”.
La cosa non passerà alla storia. A contribuire a derubricare i fatti di Gallignano come un incidente di percorso ci ha già pensato la diocesi di Cremona che si è detta “dispiaciuta” per ciò che è successo. Non per l’incursione del carabiniere sull’altare, non per la multa di 680 euro al parroco, non per le multe a tutti e dodici i fedeli. La diocesi è dispiaciuta perché si è celebrata la Messa infrangendo le norme stabilite. Chiediamo perdono, non tornerà a succedere. Non un “mea culpa”, ma un “sua culpa”. Del parroco disobbediente(*).
Proprio oggi, forti del pieno sostegno dei compagni al governo, una cinquantina o forse un centinaio di persone affollavano una piazza per i festeggiamenti nazionali. Gioia e baldanza. Vasco e Guccini. Bandiera rossa, “portali via” e passa la paura. Gli assembramenti pericolosi sono altri. Niente multe, niente notizia shock sui telegiornali o sui radiogiornali. Niente gogna mediatica per gli organizzatori. Niente sindaci “dispiaciuti”, niente “mea culpa”. Niente droni o carabinieri. Niente comici che invitano a festeggiare la liberazione in bagno…
In effetti, mentre a Pasqua non è stato concessa la celebrazione della Veglia Pasquale. Il Governo italiano ha concesso all’ANPI (Ass. Naz. Partigiani d’Italia) di celebrare la “liberazione”, purché lo si faccia “in forme compatibili con l’attuale situazione di emergenza”. Due pesi e due misure? Oppure i vertici dell’Anpi hanno mostrato più tenacia di quanta ne abbiano dimostrata i vescovi?
Un “mini corteo” minimizza Il Messaggero che aggiunge: “Salvini si infuria”. Ecco tutto risolto: Anche questa volta la colpa è di Salvini, il brutto fascista che – canta il vecchio Guccini – i nuovi partigiani devono portare via (assieme a Meloni che puntuale risponde: “Provateci alle urne se avete il coraggio”) . Tutto procede. Viva l’Italia.
(*) La risposta del Parroco al suo Vescovo: “Prima di accusarmi, potevate ascoltarmi”. Così il parroco di Gallignano don Lino Viola ha risposto a mons. Napolioni. «Dopo il comunicato della Curia Vescovile, sento l’obbligo di fare chiarezza su quanto è accaduto. Purtroppo, e questo mi ha fatto male, la Curia Vescovile, senza minimamente interpellarmi, ha fatto pubblicare una nota in cui mi si accusa di non essermi attenuto alle prescrizioni civili e religiose. Piena sintonia con i miei superiori ai quali mi permetto di chiedere umilmente di ascoltare i propri sacerdoti prima di emettere sentenze che possono minare la tanto auspicata fraternità».
di Miguel Cuartero Samperi
Certezza o sicurezza?
Un sacerdote mi scrive e volentieri pubblico.
di Un sacerdote
Caro Sabino, man mano questo governo da nessuno eletto prende le sue decisioni, specie nel campo specifico di ciò che riguarda la nostra fede (scrivo appena dopo l’uscita dell’editto preparato per la cosiddetta fase 2), sempre più mi sovviene alla mente l’immagine del Minosse dantesco che “giudica e manda secondo ch’avvinghia” (Divina Commedia, Inferno V, 4-6), giudice inappellabile che decide del nostro destino (grazie a Dio, nel nostro caso, solo per quello terreno) e di fronte al quale non c’è protesta che tenga perché per Minosse siamo tutti bambocci “viralmente colpevoli” di qualcosa di cui però noi sinceramente non riteniamo essere in colpa! Ma Minosse sa e, come disse il marchese del Grillo, “io so’ io … e voi …”. Dunque, zitti e muti …
Così stanno le cose e non c’è niente da ridere! Dico non c’è niente da ridere anche perché (e spero di sbagliarmi) l’orrido paternalismo con cui siamo trattati mi sembra abbia convinto gran parte della gente ad accettare qualsiasi cosa, magari pure con un po’ di obtorto collo, pur di salvare la pelle, sempre meno chiedendosi a cosa questa pelle (potremmo dire l’uomo nella complessità delle sue espressioni, dalle più elementari alle più nobili) debba mai servire e se essa possa anche avere concretamente un destino eterno, non solo nel senso finalistico del termine, ma un destino riconosciuto capace di fargli gestire nel proprio presente la pelle in un modo corrispondente ad esso. È proprio quello che voleva farci capire Gesù Cristo quando diceva: “Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?” (Mc 8, 36-38).
Di fronte a questo interrogativo fondamentale e decisivo sembra prevalere invece il falso realismo del Satana di Giobbe: ““Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell’osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». 6 Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita»” (Giob 4, 4-5).
“Pelle per pelle …”. Sempre più la libertà di decisione che Dio giustamente ci concede sta restringendosi al far di tutto per conservare la pelle, perché Minosse / Satana vuole persuaderci che solo questo è il problema e che nella parola “sicurezza” trova la sua soluzione. Lasciati guidare, dice lui, anzi, dicono loro, perché sono in tanti tra consiglieri, commissioni, comitati di esperti ecc., tanto che ti viene da dire, parafrasando il Vangelo: uscite dalla nostra vita voi che siete una Legione, perché siete in molti (cfr. Mc 5, 9).
Ecco, un’offerta di “sicurezza” spacciata per quella “certezza” che solo Cristo ci offre, e che si fa di tutto – con motivazioni che non stanno in piedi – per negarci, salvo – bontà loro – i funerali con non più di quindici persone (non si capisce se il defunto è compreso nel numero), sul resto le kommisioni stanno studiando … Una “certezza” che Cristo aveva la pretesa di affermare quando diceva: “senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5), che in positivo significa che con lui tutto possiamo (non è forse iniziata così la storia nuova e vera del mondo? v. Lc 1, 37). Una “certezza” che adesso viene surrogata dalla “sicurezza” di Minosse / Satana che in sintesi dice: senza di me non potrai fare nulla, ma se mi obbedisci potrai, farai, ti muoverai e se poi ti dico che non potrai, sappi che sarà solo per il bene della tua pelle. Visto che amo l’Apocalisse mi viene da pensare che stanno cercando di marchiarci questa pelle che dicono di volerci salvare con qualche poco simpatico marchio: “Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago … Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere [lavorare, circolare …] senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome” (Ap 13, 11. 16-17).
Ma ancora più inquietante è il pensare che Minosse / Satana (e qui il mio pensiero si allarga al mondo intero) sia anche colui che persegue da tempo in modi più che complessi e svariati un disegno teso a creare situazioni di insicurezza tali che poi la gente si affretti a chiedere a lui (proprio a lui!) misure sempre più estese di sicurezza. Ma qui vado sul complottismo, tipo il pensare che le Torri Gemelle non siano cadute proprio come ci ha fatto credere certo mainstream, e mi fermo qui …
Comunque le situazioni di insicurezza tendono a giocare brutti scherzi. C’è un episodio interessante nella Sacra Scrittura (v. Es 32, 1-8) dove si vede bene che quando sembra venir meno, anche solo momentaneamente, un rapporto di certezza con Dio (ma, per analogia, una certezza sulla vita), subito la gente cerca comunque di sostituire tale certezza con un sistema di sicurezza sotto sotto dal Minosse / Satana di turno suggerito. Quando Mosè sale sul monte Oreb per ricevere le tavole della Legge, sembra che non ritorni più, e allora il popolo cosa fa? Si crea un surrogato di Dio, il vitello d’oro davanti al quale prostrarsi; e lo fanno con i loro beni, con il loro oro, ci smenano pure, ma sono tutti contenti, infatti poi si danno alla pazza gioia! È il godimento dello schiavo!
È qualcosa di tragico, tragico ancor più perché Aronne, il rappresentate religioso e sacerdotale di allora, rinuncia al suo dovere di custodire il popolo nella verità. Aronne per debolezza, e per convenienza, per mantenere il suo posto, la sua cattedra di sommo sacerdote, cede alle pretese del popolo e accetta che si forgi il vitello d’oro. Speriamo che i nostri Aronne, sino adesso troppo accondiscendenti, si diano una mossa. Nel momento in cui scrivo qualche protesta sembra salire dal cuore. Stiamo a vedere e, da buoni cristiani, speriamo!
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