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Quanto ha fruttato il gran lavoro della Cei e di ‘Avvenire’ nel fiancheggiare amorosamente e spudoratamente il governo e in particolare l’odierno inquilino di Palazzo Chigi, ‘coltivandolo’ da sempre ma ancor più intensamente in queste settimane? Una conclusione provvisoria. Con un P.S. mattutino di peso rilevante. E un altro ancora di peso ancor maggiore...
CRONISTORIA RAGIONATA (i neretti sono nostri)
9 marzo 2020: con un decreto del presidente del consiglio si dà avvio in tutta Italia al sequestro di alcune libertà fondamentali del cittadino in nome di esigenze sanitarie (incisività del contrasto alla diffusione del coronavirus). La Cei subisce, si adegua - malvolentieri ma senza un minimo accenno di replica - all’imposizione che riguarda anche l’esercizio della libertà di culto.
12 marzo 2020: il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis (su sollecitazione di papa Francesco) con un decreto chiude le chiese di Roma
13 marzo 2020: il cardinale vicario di Roma Angelo De Donatis (su sollecitazione di papa Francesco) modifica parzialmente il decreto riaprendo le chiese parrocchiali (e alcune altre, sede di missione) di Roma. Nella prima mattinata il cardinale Konrad Krajewski – Elemosiniere pontificio in grande sintonia con il Papa – aveva già riaperto il portone di S. Maria Immacolata all’Esquilino, chiesa di cui è titolare.
27 marzo 2020: su richiesta insistente della Cei in una Nota il ministero dell’interno precisa tra l’altro che è concesso al fedele recarsi in chiesa a pregare, a patto che la stessa sia sulla strada della spesa o del lavoro. Parimenti è concessa la Messa senza popolo, con il celebrante e un massimo di sei-sette aiutanti (concelebrante eventuale, diacono, lettore, organista, cantore, operatori per la trasmissione)
30 marzo 2020: Jorge Mario Bergoglio riceve in udienza per un’ora il presidente del consiglio. Siccome l’incontro è definito ‘privato’, per evidenziare tale status viene fornita ai media una serie di foto che lo illustra.
Marzo-aprile 2020: crescono disagio ed irrequietezza in sacerdoti e fedeli privati della Messa coram populo. Sempre più netti i dubbi di incostituzionalità del decreto, che lede sia la Costituzione italiana che il Concordato. Qua e là si verificano interventi repressivi (con multa) delle forze dell’ordine.
7 aprile 2020: su Avvenire ( PrimoPiano a pagina 15) appare un articolo di Giacomo Gambassi che riferisce di alcune dichiarazioni del cardinale Gualtiero Bassetti apparse sul Corriere della Sera: “Non è tempo di polemiche (…) E’ tempo di responsabilità e si vedrà chi ne è capace. La Chiesa italiana ha scelto questa strada: abbiamo a cuore prima di tutto la salute dei fedeli, perché l’anima è sì immortale, ma abita un corpo fragile. (…) Dov’è la nostra fede? Nella parola o in un luogo? (…) La Chiesa non rinuncia ad alcuna autonomia. Più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti, la domanda dovrebbe essere un’altra: ci sentiamo parte di una comunità (…) oppure stiamo ossessivamente rivendicando un altro tipo di Chiesa?”. In precedenza il turiferario presidenziale aveva fatto riferimento a “voci solitarie (che) gridano allo scandalo” e a “qualche sacerdote oltranzista (che) presiede messe ‘clandestine’ “ e che trasgredisce “non solo ai divieti del Governo ma soprattutto alle disposizioni del proprio vescovo in una sorta di anarchia ecclesiale”.
8 aprile 2020: su Avvenire, intervistato sempre dal turiferario presidenziale, Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara e vicepresidente della Cei, denuncia “la superficialità di alcuni che (…) fanno discorsi astratti sul diritto di andare a pregare in chiesa, magari non andandoci di solito”. (vedi: https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/941-papa-chesa-non-e-virtuale-meglio-tardi-che-mai-ma-avvenire.html )
10-12 aprile 2020: numerosi interventi delle forze dell’ordine per sanzionare presenze a Messe e processioni.
11 aprile 2020: Avvenire pubblica con grande evidenza una lettera del presidente del consiglio lanciata in prima pagina sotto il titolo “Conte: grazie alla Chiesa. Giorni cruciali”. Nella lettera l’attuale inquilino di Palazzo Chigi rileva che “il rispetto delle misure adottate dal governo, sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico, è un gesto di responsabilità verso l’intero Paese”.
17 aprile 2020: nell’omelia mattutina a Santa Marta, il Papa osserva che “la familiarità (dei cristiani) è sempre comunitaria. Sì, è intima, è personale ma in comunità. Una familiarità senza comunità, una familiarità senza il Pane, una familiarità senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti è pericolosa”. La Chiesa virtuale “non è la Chiesa: questa è la Chiesa di una situazione difficile, che il Signore permette, ma l’ideale della Chiesa è sempre con il popolo e con i sacramenti. Sempre”. L’Avvenire nasconde la notizia in una colonnina laterale a pagina 11.
19 aprile 2020: grande clamore suscita l’intervento delle forze dell’ordine che irrompono nella chiesa di San Pietro Apostolo a Gallignano (frazione di Soncino, diocesi di Cremona), interrompendo più volte la santa Messa celebrata da don Lino Viola con sei accoliti e sei fedeli (ai cui congiunti morti di coronavirus, senza funerale, la messa era dedicata). Il parroco caccia le forze dell’ordine e continua la celebrazione. Il comportamento del parroco è disapprovato ufficialmente dal suo vescovo Antonio Napolioni, ma è approvato dall’Elemosiniere pontificio cardinale Krajewski e da molti cattolici. Il cardinale Giovanni Angelo Becciu annota che alle forze dell’ordine non è consentito irrompere in chiesa e interrompere le Messe (salvo casi eccezionali, con preavviso al vescovo). Intanto si fa sentire la voce di qualche vescovo, come monsignor Massimo Camisasca di Reggio Emilia-Guastalla o monsignor Giovanni D’Ercole di Ascoli Piceno (che replicherà a più riprese con linguaggio schietto e toni vigorosi in difesa del diritto fondamentale alla libertà di culto negato dal governo del ‘devoto’ inquilino di Palazzo Chigi)). Precedentemente era stato il vescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi a illustrare in un lungo documento gli aspetti problematici della situazione alla luce della Dottrina sociale della Chiesa.
23 aprile 2020: su Avvenire appare a firma di Vincenzo R. Spagnolo un’ampia intervista con il ministro dell’interno. Luciana Lamorgese annota tra l’altro: “Il tema dell’esercizio della libertà di culto, cattolico e di altre confessioni religiose, è stato alla mia attenzione fin dall’insorgere dell’emergenza coronavirus. I continui e proficui contatti con la Conferenza episcopale italiana ci hanno permesso di tracciare le prime indicazioni per lo svolgimento in sicurezza delle funzioni religiose, seppure senza la presenza dei fedeli a causa della grave situazione epidemiologica. Adesso però, in considerazione di un quadro sanitario in parziale miglioramento, sono allo studio del governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”.
23 aprile 2020: nella VII lettera alla comunità diocesana ai tempi del coronavirus, il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, scrive tra l’altro: “Ma ora, lo dico in coscienza a tutte le istituzioni, è arrivato il tempo di riprendere la celebrazione dell’Eucarestia domenicale e dei funerali in chiesa, oltre ai battesimi e a tutti gli altri sacramenti, naturalmente seguendo quelle misure necessarie a garantire la sicurezza in presenza di più persone nei luoghi pubblici”. L’Avvenire però non dà grande evidenza a questa importante dichiarazione del presidente della Cei riferendone a pagina 4 (e neanche in apertura) con il titolo: ”E’ tempo di riprendere le Messe” e con il sommario tipico della casa: “Bassetti: in sintonia con il governo per garantire la sicurezza dei fedeli nelle chiese”. Nell’articolo di 92 righe, a firma del già citato Spagnolo e di Mimmo Muolo, dell’affermazione del porporato si riferisce nelle prime 17 righe, mentre nelle successive 35 si lodano il governo e il ministro dell’interno (cui Bassetti esprime gratitudine).
24 aprile 2020: sempre su Avvenire il Turiferario direttore – a proposito del permesso dato in seconda battuta dall’inquilino di Palazzo Chigi all’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) di partecipare alle consuete commemorazioni del 25 aprile – trova il modo di scrivere che: “l’omaggio sarà portato dal prefetto e da una sola altra persona, in rappresentanza di tutte le Associazioni partigiane e resistenziali della provincia. Due in tutto”. Considerato quanto è successo un po’ dovunque, da Bologna, a Milano, a Roma, a Napoli la previsione del Marco in versione di mago si può ritenere più che temeraria: per ingenuità o per ipocrisia?
25 aprile 2020: l’Avvenire titola in apertura a caratteri di scatola “25 aprile: resistere, resistere, resistere”. L’occhiello inizia così: “Oggi la manifestazione su Avvenire e altre piattaforme”. Sotto una grande foto di una via con qualche bandiera italiana e molte arcobaleno. Un ‘capolavoro’ grafico lecchino che resterà negli annali del quotidiano cattofluido.
26 aprile 2020: per Avvenire sembra ormai fatta riguardo alla ripresa delle sante Messe coram populo (pur se con limitazioni derivate dalle misure di sicurezza sanitaria) prevista nell’imminente decreto del presidente del consiglio. Infatti appare un’intervista a un altro vicepresidente della Cei, monsignor Mario Meini (vescovo di Fiesole), lanciata in prima pagina col titolo: “Meini (Cei): Messe aperte, ma sacrifici”. In Primo Piano a pagina 15, identico titolone. Nell’intervista (sempre a cura del turiferario presidenziale) Meini rileva che “in cima alla lista c’è la possibilità di riprendere a celebrare i funerali in chiesa e l’Eucarestia assieme alla comunità”.
LA SERA DI DOMENICA 26 APRILE 2020
26 aprile 2020 verso le 20.30: l’odierno inquilino di Palazzo Chigi annuncia che nel nuovo Decreto si permetterà la celebrazione di funerali per un massimo di 15 parenti ammessi (!!!) e preferibilmente all’aria aperta. Invece niente Messe coram populo.
Immaginate… e la mite sottomissione della Cei l’8/9 marzo alle decisioni del governo del ‘devoto’ inquilino di Palazzo Chigi … e quest’ultimo ricevuto in udienza straordinariamente lunga dal Papa … e Avvenire che costantemente incensa il governo… e la lettera di ringraziamento del ‘pio’ inquilino ad Avvenire …e le interviste del foglio cattofluido a mons. Brambilla e a mons. Meini, ambedue grati, gratissimi al governo… e l’intervista così ossequiosa al ministro dell’interno … e il nascondimento dell’omelia del Papa sulla Chiesa che non è virtuale e la poca evidenza data alla richiesta del 23 aprile del card. Bassetti di riprendere le Messe coram populo… e l’apparente indifferenza e l’occasionale ostilità (quando proprio non si poteva non parlarne) contro i cattolici dissenzienti considerati dei fanatici …e l’esaltazione del 25 aprile in versione sinistra… e…e… e… insomma una prostituzione politica continua. Per ottenere cosa? Il permesso di celebrare funerali con la regola grottesca dei 15 familiari?
E allora, ecco la reazione rabbiosa…perlomeno un sussulto di dignità (che, ahimè, non sappiamo se durerà e se sfocerà in gesti precisi e coerenti di difesa dell’esercizio della libertà di culto).
26 aprile 2020, verso le 21.30. Comunicato stampa 34/2020 intitolato “DPCM (NdR: Decreto Presidente Consiglio Ministri), la posizione della Cei”. Occhiello:. “Il disaccordo dei Vescovi”.
“Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio. Un’interlocuzione nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che - nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia - la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale.
Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la CEI presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo. Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità - dare indicazioni precise di carattere sanitario - e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia.
I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.
Abbiamo evidenziato in neretto i passaggi più significativi della reazione della Cei e facciamo notare cinque punti in particolare. Primo: il negoziato con la controparte è stato intenso. Secondo: la delusione è molto grande e la Cei definisce ‘arbitraria’ la decisione del governo di escludere la ripresa delle Messe coram populo. Terzo: la Cei richiama la distinzione tra l’azione del governo (indicazioni di carattere sanitario) e quella della Chiesa, competente per quanto riguarda l’organizzazione della vita della comunità cristiana (è questo un tasto su cui da settimane insistevano i cattolici critici del sequestro della libertà di culto). Quarto: i vescovi dicono di non poter accettare la violazione del diritto all’esercizio della libertà di culto. Quinto: non sfugge il riferimento vagamente minaccioso al grande servizio allo Stato che la Chiesa italiana rende occupandosi dei poveri. Come dire: e se la Caritas facesse una serrata?
26 aprile 2020, tarda sera. Palazzo Chigi (evidentemente sorpresa e preoccupata dai toni del comunicato della Cei), in una nota, rileva di aver preso atto della protesta dei vescovi e promette che "nei prossimi giorni sarà elaborato un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza".
26 aprile 2020, tarda sera. E’ l’ora della lagna del servo bastonato. Anche il Turiferario direttore di Avvenire, così amorosamente dialogante con il governo, non può far finta di nulla (come è suo costume quando la patata è bollente). Perciò stende su Avvenire.it un breve editoriale che inizialmente loda ancora l’inquilino di Palazzo Chigi. Poi però – sempre ‘salvando’ il citato inquilino e scaricando la colpa sul peraltro inquietante Comitato di salute pubblica, detto tecnico-scientifico – scrive (di certo molto, ma molto a malincuore): “Sconcerta, preoccupa, ferisce l’orientamento - come ha sottolineato lo stesso premier, nel confronto finale tra autorità di governo e “tecnici” – a negare ancora, per settimane e forse mesi, ai credenti la possibilità di partecipare, naturalmente secondo rigorose regole di sicurezza, a funzioni religiose diverse dai funerali (gli unici finalmente consentiti). È un errore molto grave. È un errore molto grave. (…) Sarà molto difficile far capire perché, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potrà tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potrà partecipare alla Messa domenicale. Sarà difficile perché è una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”.
CONCLUSIONE PROVVISORIA
La Cei, dopo aver inghiottito il rospo-imposizione dell’8/9 marzo e dopo essersi sprecata per un mese e mezzo in lodi sperticate al governo (specie con Avvenire, un vero caso esemplare di prostituzione politico-mediatica), si è ritrovata umiliata dal ‘devoto’ inquilino di Palazzo Chigi. Da notare che, secondo fonti ben informate, quando in Consiglio dei Ministri qualcuno – un laico – ha prospettato la possibilità di ricominciare con le Messe coram populo, qualcun altro ha subito osservato che allora avrebbe dovuto essere permessi “anche i concerti rock”. Quel qualcun altro sarebbe il ministro dei beni e delle attività culturali, un democristiano fulgido erede da decenni della peggiore Dc di sinistra: si chiama Franceschini Dario e si dice faccia parte dell’area cosiddetta ‘cattolica’ del Pd. Una vera bestemmia.
Ora vedremo che cosa succederà. Nel comunicato della Cei si afferma a chiare lettere l’impossibilità di accettare la decisione del governo sulle Messe. E’ un’affermazione impegnativa e si vedrà nei prossimi giorni se sarà seguita da atti conseguenti, da un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) o dalla celebrazione di Messe coram populo (come vorrebbero non pochi sacerdoti, tanti fedeli e anche più di qualche vescovo). In quest’ultimo caso si giungerebbe a uno scontro gravido di conseguenze potenzialmente drammatiche non solo per i cattolici ma per il Paese intero.
A questo punto è possibile, anzi probabile, che l’inquilino di Palazzo Chigi sia costretto a tener conto in qualche modo della dura protesta dei vescovi (e delle insistenti richieste vaticane). E, prima che tanti si riapproprino di quanto tolto con costituzionalità molto dubbia, è dunque possibile (anzi probabile) che conceda alla Cei una ripresa delle Messe coram populo. Lasciando magari passare qualche giorno dopo il 4 maggio. L’inquilino di Palazzo Chigi sa che è nella tempesta (che anzi crescerà sempre più) e non può permettersi di perdere l’unico grande sponsor che gli è restato, l’inquilino di Santa Marta (insieme con parte dell’episcopato). Una larga fetta dei cattolici di base, poi, non ha mai avuto simpatia per lui. Insomma uno scontro frontale da parte sua non gli conviene… Si può perciò immaginare che i pontieri siano già all’opera per cercare una soluzione in tempi brevi. Vedremo.
P.S./1 DI MARTEDI’ 28 APRILE DI BUON MATTINO. Era possibile, anzi probabile. Ed è puntualmente accaduto. Il ‘devoto’ inquilino di Palazzo Chigi si è sentito costretto a cedere davanti all’offensiva della Cei (e del Vaticano), oltre che agli attacchi dell’opposizione e ai molti distinguo provenienti dalla sua stessa maggioranza (con i Pd e Italia viva in prima linea…. loro i calcoli li sanno fare). Non ha voluto rischiare di perdere ulteriori e preziosi consensi, indispensabili per puntellare la sua poltrona vacillante. Ha perciò annunciato un ‘protocollo’ per la ripresa in sicurezza delle Messe, forse dal 10 maggio (all’aperto) o dal 18 o dal 25 (all’interno delle chiese). I negoziati sono in corso. Intanto l’editoriale odierno di Avvenire, a firma del Turiferario direttore, è posto sotto il titolo “Errore serio, ma riparabile”. L’inquilino di Palazzo Chigi se l’è cavata insomma con una ramanzina di Tarquinio il Superbo. Che, da parte sua, l’ha già perdonato. E dunque…avanti con la corrispondenza di amorosi sensi. Seguiremo con attenzione.
P.S/2 DI MARTEDI' 28 APRILE, POCO DOPO IL P.S./1. Manco a farlo apposta... ma che coincidenza... quando si dice il caso! Dopo che l'inquilino di Palazzo Chigi ha annunciato l'elaborazione di un 'protocollo' per la ripresa delle Messe coram populo (ci sarà ancora da negoziare, in ogni caso...), quello di Santa Marta lo ha ringraziato sentitamente - con la velocità di un purosangue lanciato nelle praterie delle pampas - in apertura della Messa mattutina: "In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni". Disposizioni per uscire dalla quarantena? Sono quelle del governo. Obbedienza alle disposizioni? Sono quelle del governo. L'inquilino di Palazzo Chigi si rassicuri ormai: niente paura di cadere dalla poltrona, il suo dirimpettaio di Santa Marta ha confermato la sponsorizzazione (con grande gioia del Turiferario direttore... vedi sopra). Il commento più adeguato lo lasciamo a chi ci legge.
CEI, UN SUSSULTO RABBIOSO DI DIGNITA’ – AVVENIRE: LA LAGNA DEL SERVO - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 28 aprile 2020
Santità: L'invito è a non cedere alla rassegnazione “nelle nostre paure”. Solo con Lui, davvero, “tutto andrà bene”.
Beatissimo Padre,
stamani, nella Messa da Voi celebrata nella cappella della Domus Sanctae Martae, Voi elevavate questa preghiera al Signore: «In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni». Tutto il popolo di Dio, che questa mattina ha assistito alla Santa Messa per via TV, è con Lei, Santo Padre! E tutte le persone di buon senso concordano con il pensiero paterno della Santità Vostra! Però, Vostra Santità ci conceda di ricordarVi che il Sommo Pontefice in primis deve guidare e pascere il popolo di Dio, realmente e non virtualmente, così come la Santità Vostra ribadisce spesso, che il pastore deve avere l'odore delle pecore. Inoltre, vogliamo rammentare alla Santità Vostra e a tutto l'Episcopato dell'orbe cattolico, che per seguire il mondo (vedasi i vari consigli dei diversi virologi e dei vari Capi di Stato) i pastori rischieranno di puzzare di tubo catodico e non più di vera lana ovina. Per mandato divino, il Governo della Santa Chiesa spetta unicamente a Voi, e non può essere delegato a un troupe di virologi o ai Capi di Stati o Governi laici. Questo non è stato mai previsto dal Divin Redentore, di cui Voi ne siete il Vicario in terra.
Santità, Voi invitate i fedeli ad obbedire alle disposizioni emanate dal Governo laico. Questo significa concretamente, riguardo al caso del culto, che i fedeli debbano accontentarsi attualmente di una trasmissione della fede solo virtuale. E alla fine della pandemia, chi potrà ritrarre i fedeli dalla convinzione che tale modo di operare durante la pandemia non sia normale anche in tempi migliori? Già questo era diffuso, nei tempi anteriori allo scoppio dell'emergenza sanitaria, allorché le persone, non impedite da alcunché e professandosi cattolici, preferivano attendere al precetto domenicale seguendo semplicemente la Santa Messa per via TV o radio. Vorremmo ricordare a Vostra Santità e all'Episcopato, che il primo precetto della Chiesa ci obbliga di assistere alla Santa Messa la domenica e nelle feste di precetto, e si richiede una presenza fisica. Chi guarda la Messa in TV o tramite i mezzi di comunicazione o social non adempie in sé tale precetto! È esentato della presenza fisica, a norma del diritto canonico, solo coloro che sono gravemente malati.
"La Messa è tutto" diceva il beato Clemente Marchisio. Udire la messa la domenica e le altre feste comandate corrisponde al nostro dovere di santificare le feste partecipando al Santo Sacrificio offerto sull'Altare. Non è dunque prioritariamente per ricevere qualche cosa, nemmeno la Santa Comunione, che si va a Messa, ma per compiere il proprio stretto e primario dovere di giustizia: dare a Dio il culto dovuto, nel modo che Lui si è compiaciuto rivelare degno, congruo e gradito. Ad un simile dovere che ci obbliga come creature nei confronti del Creatore, non ci può sottrarre che una grave necessità. Più che pensare al bene che possiamo trarre dalla costrizione forzata nelle nostre case, e nemmeno all'utilità fruire dei beni spirituali della frequenza ai Sacramenti, dunque, crediamo che la questione della partecipazione alla Messa si debba affrontare valutando se esistano le condizioni oggettive e soggettive per non essere tenuti al primario nostro dovere religioso. Escludendo in questo caso il pericolo prossimo di peccato, che sarebbe motivo anche per non recarsi a Messa, ma che qui ora non c'entra, ci si deve domandare se vi sia un pericolo prossimo di esporsi temerariamente ad un grave male, tale da giustificare la mancanza alla celebrazione della Santa Messa. Ora, l'uscita prudente da casa è un pericolo prossimo di contagio? - Sembrerebbe di no per ammissione stessa delle autorità civili che autorizzano ad uscire per lo sport, per recarsi a fare la spesa e dal 4 maggio anche per visitare la nonna, la fidanzata e persino il compagno felice (purché il radicamento nella perversione sia stabile): l'intenzione dell'uscita in nessun modo influisce sulla pericolosità perché se qualcuno viene a contatto col bacillo non è che esso sappia che la persona è per strada per andare dalla zia ed allora non lo prende, mentre se la stessa persona è fuori per andare a Messa il bacillo virale lo assale senza pietà.
Santità, ci giungono notizie di una sorta di protocollo che il Governo vorrebbe istituire, in accordo con la Cei, un numero chiuso per la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni della Messa, numero chiuso che sarebbe scelto a discrezione del parroco e degli Ordinari del luogo. Ciò è immorale ma anche soprattutto contrario al Codice di Diritto Canonico, ove si enuncia che è da assicurarsi a tutti i fedeli la ricezione dei Sacramenti. Visto che già in diversi luoghi di Italia avviene clandestinamente questa discriminazione, non vorremmo che diventi la prassi durante la fase 2.
Santità, quando a Roma l'Eminentissimo Cardinale Vicario chiuse materialmente le chiese, Voi tuonaste per la riapertura e così fu. Invece, in altre Diocesi italiane le restrizioni sono state ulteriormente aggravate dagli Ordinari diocesani, che, superando le stesse disposizioni del Governo e contrariamente alle risoluzioni comuni di tutto l'Episcopato della provincia ecclesiastica romana, hanno disposto la chiusura di tutte le Chiese, privando dell'ultimo conforto consentito ai fedeli, ossia la visita al Santissimo Sacramento dell'Altare. Il Vostro clero, Santo Padre, è scomparso dalla circolazione e si è rintanato nelle Curie, nella Canoniche e Sacrestie, colla la loro cricca di fiducia. Sono gemme rare quei sacerdoti, che sprezzanti dei pericoli e della minacce delle FF.OO., sono rimasti accanto ai loro fedeli. Quindi, Voi chiedete ancora obbedienza allo Stato, nonostante i soprusi perpetrati sui Vostri figli laici e sacerdoti: ora basta! Santissimo Padre, l'ora è suonata: la Chiesa si riprenda la Sua sovranità e i ministri di Dio riportino ai fedeli i Sacramenti e permettano la partecipazione alla Santa Messa!
Gregorius et Hildegardis
Fino a quando ci sono degli "elementi"che continuano a chiamare "santità"l'individuo di Santa Marta,che a lui si appellano nella "speranza"che dia una sferzata di fede a questa neochiesa nata già morta perchè priva dello Spirito Santo,fino a quando ci saranno solo dei mediocri,che per"drogare" la propria coscienza(quel poco che ne rimane)scaricheranno tutta la loro responsabilità morale nell' aver abbandonato le pecore che Nostro Signore aveva loro affidato il giorno in cui erano stati consacrati,trincerandosi dietro un falso e meschino"atto di obbedienza"nei confronti di chi comanda in Vaticano,è meglio che le chiese restino chiuse!Le funzioni fatte in unione con Bergoglio,sono i doni che Caino faceva a DIO,CIOE' OFFERTE SPREGEVOLI AI SUOI OCCHI!!
RispondiEliminaSe il sale perde il suo sapore a cosa servirà, se non per essere gettato via e calpestato?
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