Un mio amico, riflettendo sulle norme igieniche dettate dal protocollo a presidio della distribuzione della Comunione, mi ha inviato le seguenti considerazioni che a me paiono piuttosto ragionevoli e sensate. Le condivido con i lettori di questo blog.

guanti monouso

di Un amico

Fra le incongruenze delle disposizioni igienico-sanitarie, che a partire dal 18 maggio dovranno essere applicate durante la celebrazione della S. Messa con fedeli, ce n’è una in particolare palesemente assurda. Già qualcuno ha attirato l’attenzione su questo aspetto. Lo facciamo di nuovo per essere ancora più precisi e per suggerire ai vescovi e ai preti, che si troveranno a dover applicare queste indicazioni, di far prevalere la semplice intelligenza alla “fede nella pseudo-scienza”.
Si prescrive dunque:
La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso”.
In questo “capolavoro” di sapienza igienico-sanitaria, troviamo diverse incoerenze macroscopiche. La prima: si parla di “guanti monouso”. L’aggettivo indica che, usati una volta, dovrebbero essere sostituiti. Ma in questo caso “una volta” cosa significa? Se lo scopo è quello di non trasmettere il contagio dovremmo dire: cambiateli ad ogni fedele che riceve la comunione. Altrimenti non si tratta più di guanti monouso, ma pluriuso. Se vengono 50 o 60 persone a fare la comunione, il guanto monouso che si presume protegga da possibili contagi – il ché è tutto da dimostrare, come si vedrà – andrebbe sostituito ogni volta. Se è “monouso”, appunto! Se poi non è monouso, allora si eviti la parola e se ne usi un’altra. Per esempio “guanti al lattice” o altro.
E qui veniamo al secondo aspetto, il più incredibile. I guanti monouso non vanno confusi con i guanti sterili. Questi ultimi sono contenuti in genere in buste sigillate di plastica trasparente, dopo che sono stati opportunamente sterilizzati con metodiche collaudate. Come si fa anche con i ferri chirurgici. I guanti sterili servono non a proteggere l’operatore, ma a non infettare il paziente o colui verso il quale viene condotta una qualunque operazione che richieda sterilità.
I guanti monouso, al contrario, sono dei comuni guanti contenuti in pacchetti di cartone sottile non sigillati, che prendono aria da varie fessure e al cui interno possono essere presenti vari tipi di microbi o anche semplicemente polvere. Il modo di trattare questi pacchetti di guanti è molto disinvolto. Prima di arrivare all’utente possono essere passati da vari ambienti, da mezzi di trasporto più o meno sporchi e da varie mani più o meno pulite e aver inglobato al loro interno diversi “ospiti” microscopici. Anche il modo, non sempre semplice, con cui si estraggono dalla scatola “tirandoli” non è certo garanzia di sterilità. Essi, infatti, non servono a proteggere da infezioni il paziente o la persona su cui eventualmente si svolge una qualche operazione con le mani, ma serve semmai a proteggere l’operatore dallo sporcarsi o dal venire direttamente a contatto con oggetti o persone igienicamente non affidabili. Sono i guanti che usano anche gli addetti alle pulizie, per intendersi, o una donna di casa che vuol pulire i carciofi senza macchiarsi le mani. La loro funzione non è diversa dai guanti di gomma che qualche volta si usano quando si lavano le stoviglie. Non proteggono le stoviglie, ma le mani di chi lava.
Se questa è la loro effettiva funzione, allora i guanti monouso proteggono non i fedeli (anzi, semmai il contrario, visto che sono meno puliti delle mani igienizzate) ma le mani del celebrante. Ma se questo fosse il timore, non sarebbe meglio allora fare a meno dei guanti e alla fine della distribuzione lavarsi o igienizzarsi di nuovo le mani? Il ché dovrebbe essere comunque fatto, dopo essersi tolti i guanti monouso, come chiunque ben sa, per via se non altro del sudore che essi producono.
L’aspetto più ridicolo della prescrizioni in esame è che si raccomanda al celebrante di igienizzarsi prima le mani (per esempio con soluzione disinfettante) e poi di infilarsi questi guanti, che non hanno, come già detto, nessuna garanzia di igiene e di cui non si dice che devono essere igienizzati. Insomma, il celebrante dopo essersi ben igienizzate le mani se le deve di nuovo sporcare toccando e indossando questi guanti, la cui carica microbica è imponderabile, per poi dare l’ostia ai fedeli. Come dire: prima mi lavo le mani ben bene, poi mi metto i guanti monouso per poi mettermi a tavola a mangiare. Ecco, proprio questi guanti monouso, che monouso non sono, vengono fatti indossare per distribuire la comunione dopo che si sono igienizzati… non i guanti, ma le mani che devono essere coperte dai guanti, i quali non sono per nulla puliti, ma solo “non usati”. Una bella differenza.
Morale della favola: oltre a non dare disposizioni illogiche e insensate è altrettanto importante, prima di metterle in pratica, verificare la loro pertinenza. Altrimenti si rischia di obbedire ciecamente a qualunque cosa ci venga detta da qualunque persona che disponga su qualunque argomento. E questo non fa bene alla salute!