Santa Sofia fa emergere il fallimento di Abu Dhabi
Il timoroso accenno di papa Bergoglio all’affare di Santa Sofia, ieri, al termine dell’Angelus, fa trasparire l’imbarazzo e la delusione per aver puntato sulla Dichiarazione di Abu Dhabi per una convergenza panislamica.
Il timoroso accenno di papa Bergoglio all’affare di Santa Sofia, ieri, al termine dell’Angelus, fa trasparire l’imbarazzo e la delusione per aver puntato sulla Dichiarazione di Abu Dhabi per una convergenza panislamica. Sarà la stessa cosa nei pressi della Torre di Galata, ad Istanbul, dove gli ecumenisti latini, venuti dall’Occidente, sempre prodighi di nuove trovate, da alcuni anni offrono l’iftar, il pasto serale del mese di Ramadan, invece di far conoscere il nome di Gesù Cristo ai non pochi turchi che cercano la verità e vorrebbero essere cristiani. Tant’è: domenicani e francescani ivi in missione, hanno ormai accantonato i loro santi fondatori, che anelavano all’evangelizzazione e al martirio, e cercano convergenze parallele sul cosiddetto “Dio unico”, che per i musulmani invece è assimilato all’idea di forza, protezione e sicurezza: sottolineo un’idea, non una persona.
Si aggiunga che nell’Islam, religione e politica sono inscindibili: grande dimenticanza della Dichiarazione firmata dal papa e dall’imam di al-Hazar. Per non dire della concorrenza tra questi e l’aspirante sultano Erdogan. Potremmo continuare con la sepoltura dell’ottimismo romantico della rassegna della Cei di fine febbraio a Bari: “Mediterraneo frontiera di pace”, se a far calare il sipario su di essa non avesse già provveduto il coronavirus. Insomma, una Chiesa inviata nel mondo da Gesù Cristo per evangelizzare e battezzare tutte le nazioni, ridotta a emula dell’Onu.
Qualcuno ha persino fatto cenno a Santa Sofia, patrimonio dell’Unesco, invece che alla grande basilica donde si è irradiata la divina Bellezza e Sapienza fino all’Oriente slavo. Come se ciò potesse servire a indurre a più miti consigli i turchi. Se il 24 luglio in Santa Sofia si radunerà la ummah islamica, magari nel silenzio assordante di quanti in Europa promuovono l’apertura di moschee, per contrasto si ergerà la lezione tenuta da Benedetto XVI all’università di Regensburg il 12 settembre del 2006, in cui affermava che la violenza è contraria alla ragione! La mancanza di ragione costituisce una delle peggiori patologie della religione; invece di proporre e diffondere la fede con la ragione, si ritiene ancora oggi di imporla con la forza.
Soltanto quando le Chiese d’Oriente e d’Occidente, riprenderanno a respirare a due polmoni, come diceva Giovanni Paolo II, ossia ad evangelizzare insieme – compito loro proprio – come fecero i santi Cirillo e Metodio, allora si imposterà su basi realistiche il dialogo tra cristiani di diverse confessioni e tra uomini e donne di diverse religioni, che abbiano come anelito la ricerca della verità. Gesù Cristo non ha fatto così con i suoi contemporanei, chiamandoli a conversione? Noi non siamo più intelligenti di Lui.
Nicola Bux
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