Confessione in quarantena, ignorata da molti pastori
Tante persone si sentono ancora scoraggiate e avvilite di fronte all’impossibilità che perdura ancora di confessarsi. In tutti in questi mesi abbiamo sentito a iosa parlare di “violazione delle regole”, ma è stata totalmente ignorata nel mondo della Chiesa Cattolica la realtà del “peccato” che è all’origine di tanti mali esistenziali del nostro tempo. Realtà ignorata anche da molti pastori che, terrorizzati da uno pseudo contagio, tutt’ora non si rendono disponibili ad un incontro a tu per tu con i loro fedeli, pur con le dovute precauzioni sanitarie.
“Datemi buoni confessori e rinnoverò dalle fondamenta tutta la Cristianità”.
S. Pio V
Nessuno può avere dubbi sul fatto che in questi mesi è aumentato il caos: a livello politico, sociale, umano e spirituale. Se solo guardiamo alla società, l’elevato tasso di disoccupazione ha prodotto un forte impatto negativo, non solo sulla produttività e sulla ricchezza della società intera, ma anche su quell’aspetto dell’uomo meno evidente e visibile, qual è la sua umanità, la sua psiche e la sua anima.
Ma da questa confusione non si salva neanche la dimensione spirituale. I fedeli cattolici si sono ben presto visti privati delle loro difese spirituali, date dall’accesso ai Sacramenti.
Le nostre coscienze si sentono come disorientate, non tanto per le varie proposte culturali e sociali propinateci dallo Stato, ma per le palesi contraddizioni emerse a motivo delle paure, del panico, delle titubanze rispetto ad una decisa affermazione, sancita dalla Costituzione, dei principi propri della nostra fede Cattolica. Le calamità hanno sempre percorso i secoli e la storia degli uomini riproponendosi in modo quasi ciclico, quindi - come dice il Qoelet - “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”.
Con tutto il rispetto e obbedienza dovute ai nostri Pastori, non possiamo però non dire che questa forma di sottomissione palesemente espressa da alcuni rappresentanti della Chiesa Cattolica ha dell’incredibile. È una sottomissione e una obbedienza quasi pedissequa, ammantata da buonismo, a leggi ad evidente sfondo illiberale a cui si è accompagnata una ossequiosa riverenza nei confronti di alcune posizioni politiche.
Ho ascoltato tante persone in questo periodo e mi pare evidente che questo modo di porsi ha provocato una sorta di crisi etico-spirituale in molti fedeli, avviandoli di conseguenza, seppur inconsciamente, verso una fase di rassegnazione, per non dire di apatia, nei confronti dei richiami dello Spirito.
È come se ci fossimo dimenticati che la Fede è, prima di tutto, un’esperienza vissuta e di comunione con Gesù e i fratelli. Questa esperienza ci porta a guardare al di là delle cose apparenti e materiali, aiutandoci a cercare il senso profondo, nascosto nell’esperienza della vita quotidiana, sia nel dolore che nella gioia. La Fede il risveglio, dentro di noi, di una vita che ci conduce oltre.
In questi stranissimi mesi dominati dal Coronavirus, ossessionati dal contagio, compressi da imposizioni normative, che hanno schiacciato le più elementari forme di libertà personale, non ci siamo accorti che un’enorme quantità di confusione fangosa ci ha invaso!
Sì, perché in questi mesi, tutto questo ci ha impedito di esprimere liberamente, non solo la dimensione divina-spirituale, con il divieto di partecipare ad eventi liturgici e sacramentali (vedi confessioni, funerali riguardanti anche più persone venute meno nello stesso ambito famigliare etc.), ma persino la delusione di vedere irriso il bisogno di un incontro personale con Cristo e la famiglia dei credenti: cioè la Comunità Cristiana (un personaggio famoso ha detto che possiamo pregare e incontrare il Signore anche nel gabinetto. Bene, vorrei invitare quelli che la pensano così a invitare i propri cari al Gabinetto e poi riferire le impressioni).
Soprattutto tante persone ci hanno confidato che si sentono scoraggiate e avvilite, di fronte all’impossibilità, che va avanti da mesi e perdura ancora, di confessarsi.
In tutti in questi mesi abbiamo sentito a iosa parlare di “reati”, di “violazione delle regole”… di violazione di alcuni dei “decreti legge” emessi a motivo del Covid-19.
Ma è stata totalmente ignorata, e naturalmente parlo nel mondo della Chiesa Cattolica, la realtà del “peccato” che, purtroppo, per i Cristiani è all’origine di tanti mali esistenziali in specie nel nostro tempo. Realtà ignorata anche da molti pastori che, terrorizzati da uno pseudo contagio, tutt’ora non si rendono disponibili ad un incontro a tu per tu con i loro fedeli, pur con le dovute precauzioni sanitarie.
“Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi!” 1^ Gv. 1,8. E così, portandoci dentro queste ferite umane e spirituali non sanate, trasformiamo la nostra vita in una condizione di debolezza direi incancrenita! Così come un “iceberg” che evidenzia solo la punta… anche per noi, gran parte del nostro mondo di debolezza e sofferenza, rimane sommerso!
Questo è un pericolo estremamente serio: nella vita degli uomini, ci sono molte malattie ma, grazie al Cielo, ci sono pure delle cure per avversarle e curarle.
Ora questo succede anche nel mondo dello Spirito: i peccati ci sono, le malattie dell’anima pure: che catastrofe impedirci le cure che il Signore ha messo a nostra disposizione, visto che è venuto “non per i sani che non hanno bisogno del medico… ma per gli ammalati!” Mt. 9.12
Che bello sentirci dire: “Coraggio figlio, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt. 9.2)
Noi Cristiani non cerchiamo “tranquillanti”, anzi, non li vogliamo proprio!!!
Ciò che cerchiamo è l’abbraccio forte di Gesù che ci incoraggia e piano piano ci innalza: è bellissimo riscoprire la nostra identità di Figli di Dio.
Rosalina Ravasio*
*Missionaria, fondatrice della comunità Shalom
https://lanuovabq.it/it/confessione-in-quarantena-ignorata-da-molti-pastori
Africa: lockdown e tribalismo uccidono più del Covid
L'eredità del tribalismo in Africa fa sì che donne e bambini siano considerati come oggetti più che come persone. L'epidemia e le misure di lockdown per la sua prevenzione hanno spezzato la catena dei controlli di famiglie e scuole. E ha permesso lo scatenarsi di un'ondata di violenze contro donne e bambini in molti Paesi africani
Coronavirus in Sud Africa
Gli antropologi spiegano che nelle società tribali africane contano i clan, i lignaggi, non le singole persone, che è lo status sociale a determinare i diritti, quindi non esistono diritti umani universali e inalienabili, e che lo status di ognuno a sua volta è in gran parte ascritto, assegnato in base a sesso, età e comunità di nascita. Che questo limiti le libertà personali e generi discriminazioni lo capiscono tutti. Altra cosa è immaginarne le conseguenze, giorno dopo giorno, sulla vita delle persone: soprattutto sulla vita di quelle che per sesso, le donne, e per età, i bambini, contano meno, valgono meno e dipendono da chi, superiore per status e diritti, può decidere di loro.
L’eredità tribale espone donne e bambini alla violenza di istituzioni che prescrivono di disporne nell’interesse della comunità famigliare, a discrezione dei capifamiglia che ne sono responsabili. La poca considerazione di cui godono, il loro valore sociale inferiore rendono inoltre frequenti, perché sostanzialmente tollerabili almeno a certe condizioni, comportamenti di per sé non ammessi come la violenza sessuale. Sempre diffusi, gli abusi sessuali aumentano esponenzialmente se per qualche motivo viene meno il controllo della famiglia e di altre istituzioni, in particolare della scuola.
Ne è drammatica prova quanto sta accadendo in gran parte del continente africano dall’inizio dell’emergenza Covid-19, in seguito alla quale in molti Stati sono state chiuse le scuole e le associazioni che difendono i diritti di donne e bambini hanno sospeso le attività.
Notizie sconvolgenti arrivano da diversi Paesi. In Nigeria i governatori dei 36 Stati che compongono la federazione hanno dichiarato lo stato di emergenza non a causa della pandemia, ma del numero di stupri, che ha registrato un netto aumento dall’inizio del confinamento. “I crescenti casi dell’odioso crimine di stupro sono spaventosi – ha dichiarato il 21 giugno l’arcivescovo della capitale Abuja, monsignor Ignatius Ayau Kaigama – la cultura dello stupro è tanto ripugnante e riprovevole quanto disumanizzante”. I casi denunciati sono 717, uno ogni cinque ore. Tanti, sicuramente molti di più, sono quelli non denunciati sia perché la gente ha poca fiducia nel sistema giudiziario sia perché vittime e famiglie vogliono evitare lo stigma sociale. Un sondaggio nazionale sulla violenza contro i bambini condotto nel 2014 aveva rivelato che una donna su quattro ha subito violenza sessuale durante l'infanzia, nel 70% dei casi più di una volta. Solo il 5% ha chiesto aiuto e solo il 3,5% lo ha ottenuto. Le donne che potrebbero sporgere denuncia e che sono in grado per mezzi e cultura di farsi ascoltare rischiano di essere uccise. Tra il 28 maggio e il 1° giugno è la sorte toccata a due studentesse universitarie.
In Sudafrica violenza sessuale e omicidi, da sempre a livelli elevatissimi, sono ulteriormente cresciuti durante il confinamento tanto che la Conferenza episcopale dell’Africa australe ha invitato tutte le parrocchie e gli istituti religiosi a scendere in campo con un messaggio chiaro e perentorio: “Dio dice ‘no’ alla violenza inflitta dagli uomini a donne e bambini. Dio ha creato tutto il nostro essere: cuore, mente e corpo”. Il presidente della repubblica Cyril Ramaphosa ha definito il fenomeno “una seconda pandemia che imperversa nel paese”. “Ci troviamo in mezzo non a una, ma a due, devastanti pandemie” ha detto lo scorso 17 giugno pronunciando dure parole di condanna contro stupratori e assassini. Nella prima settimana di confinamento la polizia ha ricevuto più di 87.000 denunce di violenze contro donne e bambini.
“Piaga” è il termine usato in Sierra Leone per descrivere la gravità della situazione, aggravata dal confinamento: migliaia donne violentate e uccise ogni anno, con l’aggravante che la maggior parte dei crimini restano impuniti. L’ultimo episodio risale al 17 giugno. Una bambina di cinque anni, Kadijah Saccoh, è stata più volte violentata e poi strangolata. La first lady, Fatima Jabbe Bio, ha lanciato una campagna contro la violenza sessuale e – altra forma di violenza – contro i matrimoni precoci: “Giù le mani dalle nostre ragazze”. Migliaia di persone hanno protestato nella capitale Freetown contro l’omicidio della piccola Kadijah.
Anche in Etiopia e in Kenya la chiusura delle scuole e il confinamento hanno coinciso con un enorme aumento degli stupri di minori, un fenomeno che era già molto diffuso prima. In tre ospedali della capitale etiope Addis Abeba nei mesi di aprile e maggio sono state ricoverate 101 bambine e ragazzine violentate, alcune dai famigliari. “Il problema è che, a differenza di quando le scuole sono aperte, gli stupri non vengono scoperti finché le ragazze non restano incinte – spiegano le autorità sanitarie – e inoltre molti uomini costretti a restare a casa adesso rivolgono le loro attenzioni ai loro bambini”.
In Kenya, da quando a metà marzo sono state chiuse le scuole nell’ambito delle misure adottate per contenere il Covid-19, si è avuto un aumento considerevole delle gravidanze di ragazze minorenni. Secondo i dati pubblicati dal ministero della sanità, in una sola delle 47 province del paese dall’inizio dell’anno ne sono state registrate più di 4.000. I leader politici di molte province hanno sollecitato un intervento governativo. A preoccupare ulteriormente le autorità è il fatto che in molti casi i responsabili sono parenti delle ragazzine. Inoltre anche in Kenya è certo che il fenomeno è molto più diffuso di quanto emerga perché spesso le gravidanze delle minorenni non vengono riportate. La situazione è tanto più critica in quanto prima della pandemia, con 82 gravidanze su mille, il Paese aveva un tasso di gravidanze di minori tra i più alti del mondo.
Se non altro che autorità e cittadini protestino e si attivino è un segnale positivo, dimostra che l’eredità tribale sebbene ancora forte può essere respinta. L’abuso sessuale di una bambina o di una donna da parte di un estraneo, secondo la tradizione, è un oltraggio agli uomini di famiglia, se scoperto; ne mette in dubbio la capacità di proteggere e disciplinare le donne di loro proprietà, reca danno economico e sociale rendendo difficile un buon matrimonio, peggio che mai se ne consegue una gravidanza. Ma quel che prova e subisce la vittima ha poca rilevanza e di fatto si ritengono vittime i famigliari, per le ragioni elencate, non lei, ormai divenuta anzi presenza inutile e imbarazzante.
Anna Bono
https://lanuovabq.it/it/africa-lockdown-e-tribalismo-uccidono-piu-del-covid
DISCRIMINAZIONE AL CONTRARIO
L'Ue si accusa di razzismo mentre stringe la mano a Soros
L'Europa si accusa di razzismo e sceglie le "quote nere" discrimando così i bianchi. Non solo, ogni scusa è buona per favorire insieme anche le istanze Lgbt, eliminando ogni altra visione. Ci si chiede se è un caso che la commissaria Helena Dalli nei primi mesi del suo mandato, ben due volte si è intrattenuta con i rappresentanti di Soros. Non siamo complottisti, ma nemmeno ciechi.
Con la buona ragione, laddove è giustificata, di combattere ogni forma di razzismo, l’Europa vuole penalizzare i bianchi e tutti coloro che credono nella differenza sessuale biologica (fedeli cristiani o meno).
La Commissaria Helena Dalli ad inizio settimana ha rilasciato una pomposa intervista ad Euractiv nella quale si denunciava un razzismo strutturale nel continente anche nella Commissione Europea. Sono trascorsi 20 anni dalla entrata in vigore della Direttiva Europea che ha implementato il principio della uguaglianza di trattamento tra le persone indipendentemente dalla loro razza o etnia Ebbene dalla Commissaria Dalli arrivano parole di fuoco che ci riguardano e per molti aspetti potrebbero modificare fortemente il nostro modo di vivere per i prossimi anni, non per il meglio.
Primo: si afferma che esiste in Europa e tra gli europei un incosciente razzismo e che questo atteggiamento si evidenzia nelle difficoltà di impiego per i neri, nelle loro difficoltà a trovare casa o ad essere curati. Un razzismo dei bianchi che non sanno di essere razzisti. Questo approccio, presuppone la convinzione totalitaria e presuntuosa che vede il popolo europeo, per lo più di carnagione bianca, ignorante e inconsapevole dei propri difetti e, dunque, la Commissaria Dalli sente il dovere di insegnarci (con gli strumenti anche vincolanti necessari) le buone maniere e i buoni comportamenti.
Secondo: non è solo la Signora Dalli che si sta occupando di intervenire in questa materia, son stati coinvolti anche il Commissario Hahn (Risorse Umane e Budget) ed il Commissario Reynders (Giustizia). Ebbene, con gli altri colleghi della Commissione, la Signora Dalli vuole intervenire per facilitare, probabilmente con quote o percorsi educativi facilitati, l’accesso ai concorsi pubblici di persone di etnia diversa e colore della pelle nera. Dopo il ritiro delle creme sbiancanti, a seguito dei moti insurrezionali promossi da Black Lives Matters, da parte della Johnson & Johnson, a seguito dei moti insurrezionali promossi da Black Lives Matters eppure così care al nero King of the Pop Michael Jackson, saremo costretti a dipingerci la pelle o moltiplicare gli acquisti di creme auto abbronzanti per trovar posto in Università o al lavoro? Sia chiaro, come ben evidenziato da Anna Bono, in futuro non si pensi di parlare dell’attuale razzismo e schiavismo degli islamici verso i cristiani in Africa, saremo immediatamente sanzionati perché islamofobi.
Terzo: l’inquietudine cresce ancor più al sapere che i risultati dei colloqui avuti dalla Dalli in queste settimane di crisi pandemica, di cui abbiamo ampiamente scritto, e che hanno avuto per interlocutori «persone con disabilità, persone LGBTI +, donne e minoranze etniche», saranno convogliati nella "strategia europea LGBTI +". Che c’entrano i disabili, le donne, le minoranze etniche con la promozione sistematica della ideologia LGBTI e del gender non è dato saperlo. Tuttavia, se questo è il furioso punto di partenza dell’impegno della Commissaria che dovrebbe occuparsi di Uguaglianza (cioè anche di: «Discriminazioni per ragioni religiose, violenza contro le donne, disabilità, implementazione completa della Direttiva sulla conciliazione tra lavoro e cura), c’è da essere molto preoccupati per il nostro futuro. Si conferma quanto scritto su queste colonne, con la scusa del razzismo contro i neri avanzano i privilegi verso gli LGBTI+. Risulta chiaro anche dalla intervista della stessa Dalli della scorsa settimana, in occasione del patrocinio europeo al Global Pride, nel quale si conferma l’impegno personale e della Commissione per promuovere privilegi LGBTI+ a scapito di libertà e diritti degli altri (noi) cittadini. Aggiungo sommessamente e solo per comune curiosità che tra i tanti incontri avuti da Helena Dalli durante l’emergenza Covid 19 nei primi mesi del suo mandato, ben due volte si è intrattenuta con i rappresentanti di Soros, tre incontri totali se includiamo anche quello avuto dal suo Direttore generale, in 5 mesi. Non siamo complottisti ma nemmeno ciechi.
Luca Volontè
https://lanuovabq.it/it/lue-si-accusa-di-razzismo-mentre-stringe-la-mano-a-soros
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