Il papa, il “mondo” e quel funerale alla dottrina sociale della Chiesa
Che Papa Bergoglio fosse affascinato (una corrispondenza di amorosi sensi, in effetti) dai vip del potere economico, della cultura laica, dello show business lo avevamo capito da un pezzo. Questo pontefice è così sorprendentemente in sintonia coi tempi, così “pop” e alla moda, così “aperto”, ecumenico, trasversale, easy and smart da farci venire in mente il famoso monito di Gesù (“Siate nel mondo, ma non del mondo”); declinato, però, al contrario. Il che, beninteso, non significa affatto che sia un papa poco “ecclesiastico”.
Dopotutto, la Chiesa in duemila anni di storia ha saputo adattarsi in modo camaleontico e duttile a qualsiasi contingenza e alle più svariate circostanze. Forse si potrebbe definirlo diversamente cristiano, ma è questione di gusti. Tuttavia, un dettaglio ci induceva a confidare in una sua residua connotazione evangelica: la questione sociale. Spesso, Papa Francesco è stato raccontato come un avversario, benemerito, delle degenerazioni capitalistiche. Un punto di riferimento, insomma, per chi ancora si rifiuta di accettare la logica dell’unico mondo possibile: il globo della tecno-finanza, della sudditanza del pubblico al privato, del dominio dei capitali anonimi e trans-nazionali, del tramonto di concetti vetusti, ottocenteschi (eppure così meravigliosamente “sociali”) come “popolo” e “nazione”.
Adesso, però, possiamo finalmente dire che era solo un’illusione: questo papa non è solo parzialmente, ma integralmente figlio della sua epoca; nonché espressione compiuta, ai vertici curiali, dello spirito di un’era. Ce lo conferma la chiamata di Mario Draghi alla Pontificia Accademica delle Scienze sociali. Cooptare uno come Draghi significa condividerne le linee di pensiero, ovviamente.
Per conoscerle nel dettaglio (e Bergoglio le conosce benissimo) basta riesumare la famosa missiva del 2011 firmata dall’allora presidente, Jean Claude Trichet, e dal futuro numero uno dell’Eurotower, Mario Draghi. C’era tutta la quintessenza della logica neoliberista e ordo-liberista oggi trionfante. Ci trovate dentro il pareggio di bilancio, i tagli alla spesa, l’aumento dell’età pensionabile alle donne, la riduzione delle pensioni, i tagli orizzontali alle spese discrezionali, gli indicatori di performance nella pubblica amministrazione, la fusione o abolizione dei corpi amministrativi intermedi (come province e comuni).
In aggiunta – a dispetto della balla spaziale sulla cosiddetta “indipendenza” e “terzietà” della BCE rispetto ai Governi nazionali – il caldo consiglio all’esecutivo di Berlusconi di approvare tutto il pacchetto con decreto legge, nel giro di un mese e, possibilmente, consolidandolo con una bella riforma costituzionale. Quella lettera è l’insuperabile bignami di una concezione economico-sociale in antitesi non solo con le costituzioni “socialiste” e “popolari” di molti stati europei del Novecento (quelle, per intenderci, da rottamare al più presto, secondo JP Morgan), ma anche e soprattutto con un secolo almeno di pensiero cristiano in materia di economia e società.
Ecco, l’ultima scelta di Bergoglio possiamo considerarla come il funerale della dottrina sociale della Chiesa. Che sia stato officiato dal vescovo di Roma farà forse un po’ di impressione ai cattolici tradizionalisti. Ma a tutti gli altri aficionados di Jorge Mario non potrà che dar piacere. I cultori di questo Ordine di Cose potranno esclamare, tirando un sospiro di sollievo: la dottrina sociale della Chiesa è morta e non lotta più contro di noi.
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
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