Adesso spunta una "lista nera": ecco cosa succede in Vaticano
Il Papa avrebbe pronte altre "purghe". In Vaticano c'è preoccupazione per una presunta "black list". Il caso Becciu potrebbe dare il via
Il Papa avrebbe pronte altre "purghe". In Vaticano c'è preoccupazione per una presunta "black list". Il caso Becciu potrebbe dare il via
"Altri cadranno". Questa è la voce che circola in Vaticano dopo il caso Becciu. Il Papa non ammette errori: la linea di Bergoglio punta alla trasparenza assoluta.
In materia di finanze come in altre. E la battaglia, tra le mura leonine, potrebbe essere appena iniziata. Anche nel "cerchio magico" di Francesco. Quello di cui, secondo i retroscena dei tradizionalisti, pure il cardinale Becciu faceva parte.
Jorge Mario Bergoglio non bada dunque agli "schieramenti". Non si tratta di essere o di non essere "bergogliani". Non è importante se si è ritenuti dei progressisti o dei conservatori. Il pontefice argentino, dopo un faccia a faccia, ha privato il cardinale dei suoi diritti da porporato. Non solo: il porporato sardo non è più il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Becciu si è difeso in conferenza stampa, negando ogni sussistenza delle accuse che gli sarebbero state rivolte (peculato), ma la decisione sembra essere stata presa. Non è semplice immaginare che l'ex arcivescovo di Buenos Aires cambi idea nel corso delle prossime settimane. C'è - questo sì - chi lo vorrebbe.
Il quesito che gira attorno alle mura leonine, tuttavia, riguarda una possibile "black list". Una "lista nera" composta da nomi di alti ecclesiastici che, prescindendo da questa storia dell'Obolo di San Pietro (Becciu è stato "dimissionato" senza un processo, e bisognerà aspettare per comprendere la verità dei fatti) e dalla sua gestione, potrebbero aver deluso le aspettative del Santo Padre in questi sette anni di pontificato. Stando a quanto riportato dall'Huffington Post, che racconta di come "altre teste" stiano per "cadere", il problema, nei suoi tratti complessivi, potrebbe interessare pure la visita degli ispettori del Consiglio d'Europa. Perché guarderanno ai conti della Santa Sede per una quindicina di giorni. Un banco di prova non secondario per la "rivoluzione" di Francesco. Un appuntamento in cui forse potrebbero emergere altri aspetti.
Questa storia della trasparenza interna e verso l'esterno va avanti sin dai tempi del pontificato di Joseph Ratzinger, che aveva provato a riformare lo Ior. Bergoglio ha fatto approvare il nuovo codice degli appalti e dei contratti, ma non è stata quella l'unica mossa dell'ex superiore provinciale dei gesuiti. In linea di principio, la direzione intrapresa è quella di omologarsi con le regole degli istituti bancari e finanziari tout court. La sensazione è che, una volta terminata la bufera, tra i sacri palazzi si cercherà di comprendere se possano esistere altri casi per cui il vescovo di Roma potrebbe decidere d'intervenire. Fare nomi è pressoché impossibile: quello che è accaduto a Becciu non era stato pronosticato, e con buone probabilità non era neppure pronosticabile. E poi c'è chi, nel campo tradizionalista, non pensa che Bergoglio sia una vittima di Becciu e anzi rimarca la collaborazione tra i due nel corso del regno dell'argentino.
Il "cerchio magico" si trova nella necessità di preoccuparsi? Non si sa, per ora viene ventilata l'esistenza di una "black list". Certo è che Bergoglio, tra commissariamenti e ridimensionamenti, ha già dato prova di avere la mano ferma. Ecco perché il vociare secondo cui "altri" in Vaticano possano "cadere" viene percepito come credibile.
Sul caso delle dimissioni del card. Becciu, rilancio l’editoriale del giornalista e scrittore Phil Lawler apparso su Catholic Culture.
Eccolo nella mia traduzione.
Finalmente un’azione decisa per affrontare la corruzione finanziaria in Vaticano! Finalmente un prelato di rango è stato ritenuto responsabile!
Dopo anni di promettenti riforme e di responsabilità, lasciando il potere effettivo nelle mani di coloro che si sono opposti alla riforma, Francesco ha finalmente rotto lo schema.
Considerate lo stupefacente danno che il cardinale Giovanni Angelo Becciu ha fatto alla causa della riforma prima di essere finalmente costretto a rassegnare le dimissioni:
- Becciu aveva ostacolato le riforme proposte dal cardinale George Pell, bloccando un controllo indipendente e minando con successo l’autorità del nuovo Segretariato per l’Economia.
- Becciu aveva costretto la brusca partenza del revisore generale del Vaticano, Libero Milone, minacciandolo con una denuncia penale quando cercava di indagare sui rapporti finanziari di Becciu.
- Becciu aveva contribuito a cacciare Ettore Gotti Tedeschi dal suo incarico di capo della banca vaticana, a indurre René Bruelhart a dimettersi dalla carica di presidente dell’Autorità per l’informazione finanziaria, e a mettere Domenico Giani in una posizione insostenibile che lo ha costretto a dimettersi dalla carica di capo della Gendarmeria vaticana.
Ora che Becciu si è dimesso, e ha perso i suoi privilegi come membro del Collegio cardinalizio, potrebbe essere saggio rivisitare alcuni di quei precedenti spostamenti del personale. Come ha fatto a ostacolare così tanti aspiranti riformatori? Come ha guadagnato abbastanza influenza per sopravvivere così a lungo, anche se le domande sui suoi rapporti finanziari si sono moltiplicate?
Sotto molti aspetti il caso Becciu rispecchia il caso di Theodore McCarrick, l’ultimo prelato ad essere stato privato dei suoi privilegi di cardinale. Le offese di Becciu sono meno spaventose, e la sua punizione è meno severa. (Non è laicizzato, e l’annuncio vaticano visibilmente gli ha dato il titolo di cardinale, anche se è stato privato dei privilegi di appartenenza al Collegio). In entrambi i casi l’azione disciplinare del Vaticano lascia il mondo cattolico a bocca aperta: Chi erano i suoi sponsor e protettori? E quando sapremo la piena verità sul suo uso e sull’abuso del potere ecclesiastico?
Il laconico annuncio delle dimissioni di Becciu da parte del Vaticano non ha dato alcun indizio sulla causa della sua caduta. (Forse la causa immediata è stata un articolo che la rivista italiana L’Espresso aveva già preparato per la pubblicazione, descrivendo in dettaglio le discutibili transazioni del prelato italiano). Ma per mesi Becciu era stato il punto focale delle indagini su almeno due grandi scandali finanziari. Quasi un anno fa, in un’analisi dei problemi finanziari del Vaticano, avevo scritto: “Il cardinale Angelo Becciu è in guai seri”. La Catholic News Agency, che ha svolto un ottimo lavoro di indagine sui dettagli degli scandali finanziari, ha ora prodotto un’ottima sintesi del caso contro Becciu.
Becciu non era solo un altro funzionario vaticano che si dilettava amatorialmente in questioni finanziarie. (Ce ne sono molti altri in quella categoria, triste a dirsi.) Era il sostituto: l’equivalente vaticano di un capo di gabinetto, il custode di tutte le pratiche che passano per la Curia romana, il potente prelato che si incontra praticamente ogni giorno con il Papa. Aveva il controllo effettivo dei proventi della raccolta dell’Obolo di San Pietro, e quando investiva quei fondi, anche se non era autorizzato a farlo, le sue decisioni andavano avanti indiscusse, finché quei fastidiosi riformatori non cominciarono a chiedere dove andavano a finire tutti i soldi.
Anche allora, quando gli investigatori vaticani hanno fatto irruzione nell’ex ufficio di Becciu presso la Segreteria di Stato lo scorso ottobre, alla ricerca di risposte alle loro domande, i risultati netti hanno mostrato il peso duraturo di Becciu. Nel giro di poche settimane, Bruelhart si era dimesso da capo dell’Autorità per l’informazione finanziaria, che aveva messo in discussione le transazioni; Giani si era dimesso da capo della gendarmeria vaticana, che aveva condotto il raid. E il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aveva rilasciato una dichiarazione di sostegno al cardinale Becciu sotto attacco.
A quel punto, però, il cardinale Becciu non era più il sostituto. Gli era stato dato il cappello rosso da cardinale e promosso a nuovo prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. E là dentro sta un’altra storia interessante.
Quando il cardinale Pell condusse la prima rigorosa analisi delle finanze vaticane, la Congregazione delle Cause dei santi sottostò ad un esame speciale. Il Segretariato per l’Economia riscontrò una quasi totale mancanza di controllo sull’uso dei fondi raccolti dai fedeli per promuovere le cause dei santi. Nel 2016 il Vaticano emanò nuove regole, specifiche per quella congregazione, per affrontare la situazione. E due anni dopo, con una mossa ironica, l’arcivescovo che come sostituto aveva fatto una serie di discutibili operazioni finanziarie è diventato il cardinale a capo della congregazione con una storia di operazioni finanziarie discutibili.
Ad essere onesti, non c’è motivo di sospettare che Becciu si sia preso nuove libertà con le finanze della Congregazione delle Cause dei Santi. Il Vaticano aveva già imposto controlli sulle spese; gli abusi sono stati, confidiamo, affrontati. Ma le domande su quell’ufficio, e su ogni altro ufficio all’interno del Vaticano, persisteranno finché non sapremo la verità sulla curiosa carriera del cardinale Becciu, e sulla cultura vaticana che lo ha sostenuto.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/lawler-non-ci-sara-chiarezza-finche-non-sapremo-la-verita-sulla-curiosa-carriera-del-cardinale-becciu/
Il pontificato di Francesco rischia il capolinea
Il pontificato di Francesco rischia il capolinea
Il caso Becciu è solo l'ultimo inciampo. Dai «dubia» al dossier Viganò, dalla pedofilia alla Cina, questi otto anni sono stati deludenti. E anche i fedelissimi guardano al futuro.
L'ufficio stampa di Bergoglio va in tilt. Dopo l'epurazione nessuno fiata più. Da parte del segretario di Stato, Pietro Parolin, nemmeno una parola. Ma il silenzio più imbarazzante è quello dei comunicatori papalini Andrea Tornielli e Antonio Spadaro. Mentre i vescovi sardi si stringono attorno all'ex cardinale.
Il porporato remava contro il Papa che voleva ripulire lo Ior con l'Apsa. Il gesuita Guerrero Alves era in lotta con il governatorato su mandato del Pontefice.
Lo speciale comprende tre articoli.
«Il papato di Francesco è sul viale del tramonto, anche i suoi amici stanno lavorando al prossimo conclave». Dopo quasi otto anni di pontificato, Jorge Mario Bergoglio, il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo» per riformare la Chiesa, viene ritenuto ormai senza possibilità di rilanciare la sua azione. Così apprende La Verità dalle fessure dei sacri palazzi. Un commento laconico dopo i fatti dell'ex cardinale Angelo Becciu, defenestrato dal Papa in un tardo pomeriggio del settembre romano.
Il caso Becciu è però un dejà vu, visto che di defenestramenti e decisionismi papa Francesco ha più volte dato prova. Monsignor Bruno Forte, vescovo di Chieti, e già segretario speciale del Sinodo sulla famiglia, nel 2016 rivelò una confidenza che gli fece proprio il Papa davanti alla macchinetta del caffè, durante una pausa dei lavori del Sinodo. L'assemblea dei padri nel 2014 e 2015 era attraversata dal brivido della novità, con tutte le polemiche sull'accesso alla comunione per i divorziati risposati e il Papa avrebbe appunto confidato a Forte: «Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati e risposati, questi non sai che casino che ci combinano. Allora non ne parliamo in modo diretto, fai in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io». Una frase mai smentita, e bollata scherzosamente dallo stesso Forte come espressione «tipica di un gesuita», ma che agli occhi di molti ridimensionò il tanto sbandierato afflato sinodale che il Papa ha sempre predicato.
Le beghe e le nomine un po' frettolose erano cominciate già nel 2013, quando il Papa inciampò in quella di monsignor Battista Ricca a prelato dello Ior (il monsignore è tutt'ora in carica), nonostante una brutta faccenda di scandalo pubblico legato all'omosessualità durante il suo servizio presso la nunziatura in Uruguay. Ma il Papa disse «se uno è gay e cerca il Signore, chi sono io per giudicarlo?». Sempre intorno ai forzieri vaticani e alla fuga di documenti si è consumato anche Vatileaks 2, terminato nel 2016 con il coinvolgimento a diverso titolo di due ex componenti della commissione che lo stesso Francesco aveva istituito nel luglio 2013 per vagliare i conti dei dicasteri.
Poi vennero i dubia di cinque cardinali su alcuni passaggi dell'esortazione Amoris laetitia, dubia a cui mai è stata data risposta diretta; quindi fu la volta della commissione per le diaconesse, finita in un nulla di fatto e riemersa dopo l'altro controverso Sinodo, quello sull'Amazzonia del 2019, che ha sollevato un polverone enorme sulla questione preti sposati e polemiche infinite per la presenza della Pachamama. A margine di questo Sinodo per l'Amazzonia dobbiamo collocare la fuga in avanti della chiesa tedesca che ha in corso un Sinodo che durerà due anni e che promette di spingerla verso posizioni, diciamo così, secessioniste. Sul piatto ci sono i preti sposati, l'intercomunione tra luterani e cattolici, le diaconesse e ulteriori aperture in ambito di morale sessuale. L'ala liberal della Chiesa insomma sembra voler procedere oltre Francesco, il Papa che «apre processi» non è più sufficiente.
L'affare Theodore McCarrick, ex cardinale, poi addirittura spretato dallo stesso Francesco per accuse di abusi con minori e adulti, è venuto alla luce con il memoriale che l'ex nunzio negli Stati Uniti
Carlo Maria Viganò pubblicò nell'estate 2018 proprio sulla Verità. Secondo Viganò lo stesso Francesco sarebbe stato a conoscenza delle accuse di abusi di cui era circondato il potentissimo porporato statunitense almeno dal giugno 2013, ma nonostante questo avrebbe continuato a lasciarlo agire diplomaticamente in tutto il mondo per conto della Chiesa. Soprattutto in Cina, con cui il Papa e la segreteria di Stato avrebbero poi raggiunto un accordo definito «storico» per la nomina dei vescovi. Questo accordo non è mai stato reso pubblico nei dettagli ed è stato oggetto di critiche feroci, non solo da parte del vecchio cardinale Joseph Zen, emerito di Hong Kong, ma soprattutto dai cattolici cinesi, quelli della Chiesa cosiddetta sotterranea che subisce durissima persecuzione proprio perché sempre fedele a Roma.
L'accordo con la Cina, che dovrebbe essere rinnovato a breve per esplicita volontà di Francesco, ci porta su un altro versante di crisi del pontificato di Bergoglio, quello degli Stati Uniti. Quando il prossimo 29 settembre il Papa incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo c'è da aspettarsi che si sentirà dire quello che Pompeo ha già messo per iscritto: «Il Vaticano non rinnovi l'accordo con la Cina, perché metterebbe in pericolo la sua autorità morale». Quasi certamente Francesco non si farà dettare l'agenda dagli Stati Uniti. Peraltro, Francesco non ha molta simpatia per il «populista» Donald Trump, che, invece, ne riscuote non solo tra gli elettori cattolici, ma anche tra i vescovi americani che in gran parte faticano a sintonizzarsi sulla linea del Papa.
Francesco spera di rilanciare la sua azione con la sua terza enciclica che verrà firmata ad Assisi il 3 ottobre prossimo, ma anche questa si preannuncia gravida di ulteriori polemiche. Già dal titolo, «Fratelli tutti», che pur essendo una citazione del poverello di Assisi ha richiesto un articolo di Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani (altro anello di riforma della curia che non ha risparmiato siluramenti e dimissioni), per spiegare che il titolo non discrimina le donne.
Dicevamo in apertura che anche gli amici di papa Bergoglio si stanno organizzando verso il nuovo Conclave. La Comunità di Sant'Egidio, che ha lavorato moltissimo per l'elezione di Francesco, pare vada raccogliendo consensi tra i cardinali elettori per votare Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e profilo graditissimo all'ala liberal. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, altro papabile, appare in difficoltà, anche perché lo tsunami che ha attraversato la Terza loggia potrebbe bagnargli la veste, pensando anche al fatto che la resistenza al rinnovo delle finanze vaticane aveva proprio nella segreteria di Stato il suo fortino. Con propaggini all'Apsa e anche a Propaganda fide, retta fino al 2019 dal cardinale Fernando Filoni. L'ex capo della segreteria per l'economia, il cardinale George Pell, nominato da Francesco nel 2014 per fare pulizia e accentrare il controllo, conosce bene tutte queste cose. Ora, dopo l'assoluzione in Australia, è un uomo libero, e pare proprio che la prossima settimana tornerà a Roma dopo tre anni di assenza, magari per ricordare a tutti che se la Chiesa fosse una istituzione solo umana è molto probabile che sarebbe già finita.
L’ufficio stampa di Bergoglio va in tilt.
Dopo l’epurazione nessuno fiata più
L'unico imperturbabile appare proprio l'autore del gran gesto di ripudio, papa Francesco. Ha parlato con numerosi cardinali che gli hanno espresso solidarietà, per il resto prepara un Angelus per oggi totalmente improvvisato perché non ha consegnato alcun testo ufficiale. Intende parlare di Becciu? Forse sì forse no, perché per lui l'ex amico e sodale al quale ha dato potere sterminato e fiducia illimitata per molti anni è, nelle sue parole, morto. Perché con i suoi comportamenti, con gli affarucci grandi o piccoli che siano, e che si dimostreranno essere, ha minato la riforma per la trasparenza, un'ossessione di Bergoglio.
Del processo che si aprirà in un tribunale appena terminata l'inchiesta in corso sugli ammanchi dall'Obolo di San Pietro, il Papa non intende che l'ex cardinale faccia parte, chiamato a difendersi, come lui stesso ha dichiarato di voler fare, nella conferenza stampa e nelle interviste rilasciate ieri in grande abbondanza. Sarà invece giudicato dal supremo tribunale della Segnatura apostolica e sarà ridotto allo Stato laicale, altroché «resto cardinale».
Quanto alla decisione assunta a sorpresa giovedì sera, poco dopo aver ricevuto dai magistrati alcune carte e averle lette, Bergoglio risponde che è nelle sue prerogative e che di questo non deve rendere conto a nessuno. Troppo a lungo Becciu è riuscito a turlupinarlo, a fargli credere cose non vere, a fargli allontanare persone amate. Dev'essere per la difficoltà di comunicare un simile metodo che gli uomini della comunicazione del Vaticano si sono letteralmente fatti di nebbia in giornate in cui la loro presenza sarebbe stata fondamentale e doverosa.
Cerimonia del giuramento dei gendarmi ieri in Vaticano, e apparentemente business as usual, ma in realtà è sceso un silenzio tipico delle fasi che seguono a un trauma, e non è un silenzio giustificato.
Era così potente Angelo Becciu, e da così tanto tempo, che nessuno credeva fino in fondo nell'esito di un'inchiesta pure attesa da almeno un anno? Il trauma è dovuto al fatto che il Papa, peraltro esercitando le sue prerogative di monarca assoluto, ha anticipato i tempi della chiusura dell'inchiesta, lasciando tutti di stucco? Perché tace il segretario di Stato Parolin, che pure per primo definì opaca la questione degli investimenti legati a Becciu? Parolin, che ebbe un forte ruolo nella sua sostituzione nella segreteria di Stato? E per andare avanti con le domande, che fine hanno fatto i giornalisti e comunicatori del Papa e del Vaticano, visto che da 48 ore la sala stampa sembra abbandonata e né Andrea Tornielli, né Paolo Ruffini, né Antonio Spadaro, il gesuita conosciuto per la sua influenza nelle uscite più terzomondista e progressiste di Bergoglio, sono rintracciabili? Mai visto un intero staff di ufficio stampa che non fa comunicazione in una situazione come questa.
Ci sarebbe anche un'enciclica, ci sarebbe il 29 un viaggio complicato del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, con in mezzo la pesante questione della Cina, ma anche del voto il 3 novembre dei cattolici americani. Da una parte la predica abituale anti Trump del Papa si trova a cozzare con l'abortismo selvaggio del Partito democratico americano, arrivato a consentire l'aborto fino a nove mesi. Dall'altra l'accordo con la Cina, che l'amministrazione americana vorrebbe non venisse rinnovato e invece caro in Vaticano, ma si scontra a sua volta con la realtà del comunismo cinese che in questi giorni manda nelle scuole secondarie un libro sulle religioni nel quale l'adultera viene lapidata anche da Gesù, che si unisce alla giustizia sommaria contro la peccatrice.
In assenza di comunicazioni ufficiali, fioccano come è tipico nelle corti, i pettegolezzi, autentici o esasperati che siano, sul personaggio che fu potente, ora caduto in disgrazia. Di come si fece costruire un ascensore personale che a lui solo era consentito utilizzare. Di come nascondesse un complesso per la statura bassa tale da pretendere che gli ospiti lo attendessero già seduti, in modo da evitare troppo stridenti contrasti con lui che sul divanetto non toccava con i piedi per terra. Di come fosse così attento al denaro - era nato molto povero - da invitare a colazione il Papa e poi far preparare fattura.
Non è invece un pettegolezzo il documento con il quale due anni fa la prefettura di Sassari revoca il bando per le cooperative che gestiscono accoglienza di immigrati e lo riassegna per due anni d'ufficio alla Spes del fratello di Becciu. Forse per questo, oltre che per affetto, il vescovo della Diocesi di Ozieri e gli altri vescovi sardi hanno preparato un documento di vicinanza fraterna all'ex cardinale che stride non poco con la decisione del Papa. Un po' come ha fatto Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, riferendo della conferenza stampa di Becciu. Ma a quanto pare in molti come successore di Bergoglio), che resta presidente del Consiglio per l'Economia, e appunto dai vertici dell'Apsa, che deve mettere in sonno lo Ior.
Pare infatti che sia stato proprio lo Ior a negare a monsignor Edgar Pena Parra, il sostituto di Becciu agli Affari generali, i mutui per tappare il buco di Sloane avenue. Per due motivi: era troppo oneroso e lo Ior, per pagare una cifra a sette zeri, doveva avere le autorizzazioni del Papa e del segretario generale, il cardinale Piero Parolin, che si è tenuto molto in disparte in questa fase. Così Guerreo Alves e Marx stanno cercando di convincere Bergoglio a dare l'assalto la governatorato, che continua a tenere i soldi nello Ior. Ma il cardinal Bertello tiene duro ed ecco che l'affare Becciu può essere un segnale. Sperando che i coinvolti nell'affare Sloane avenue, da Monsignor Alberto Perlasca a monsignor Mauro Carlino, già segretario di Angelo Becciu, ai laici Vincenzo Mauriello, Fabrizio Tirabassi e Tommaso Di Ruzza, non abbiano voglia di farsi sentire. Anche perché Moneyval ha ottime orecchie e se queste voci - soprattutto ora che si dice che anche il Papa abbia bisogno di emettere dei Bot per far quadrare le finanze disastrate e che dunque ha bisogno di avere un rating affidabile - dovessero crescere, beh, il Vaticano andrebbe di male in Becciu.
Pare infatti che sia stato proprio lo Ior a negare a monsignor Edgar Pena Parra, il sostituto di Becciu agli Affari generali, i mutui per tappare il buco di Sloane avenue. Per due motivi: era troppo oneroso e lo Ior, per pagare una cifra a sette zeri, doveva avere le autorizzazioni del Papa e del segretario generale, il cardinale Piero Parolin, che si è tenuto molto in disparte in questa fase. Così Guerreo Alves e Marx stanno cercando di convincere Bergoglio a dare l'assalto la governatorato, che continua a tenere i soldi nello Ior. Ma il cardinal Bertello tiene duro ed ecco che l'affare Becciu può essere un segnale. Sperando che i coinvolti nell'affare Sloane avenue, da Monsignor Alberto Perlasca a monsignor Mauro Carlino, già segretario di Angelo Becciu, ai laici Vincenzo Mauriello, Fabrizio Tirabassi e Tommaso Di Ruzza, non abbiano voglia di farsi sentire. Anche perché Moneyval ha ottime orecchie e se queste voci - soprattutto ora che si dice che anche il Papa abbia bisogno di emettere dei Bot per far quadrare le finanze disastrate e che dunque ha bisogno di avere un rating affidabile - dovessero crescere, beh, il Vaticano andrebbe di male in Becciu.
Nessuna assoluzione sarà possibile, Bergoglio ritiene l'intera vicenda dolorosa e chiusa.
Il porporato remava contro il Papa che voleva ripulire lo Ior con l’Apsa
Bisognerà dar ragione a Giovanni Falcone per capire qualcosa di più del siluramento del cardinale dimezzato Angelo Becciu. Seguiamo i soldi. La domanda che tutti si sono posti è sempre la stessa: perché questo porporato, che è diventato potentissimo in Curia e per almeno sei anni è stato una sorta di uomo ombra di Jorge Mario Bergoglio - che lo ha nominato anche cardinale - viene fatto fuori così e ora? La risposta è nelle evidenze che gli inquirenti hanno in mano, ma anche probabilmente nei guai finanziari che il Vaticano sta attraversando da mesi - si parla di un buco di almeno 70 milioni nei conti - e che potrebbero diventare scottanti da qui a qualche giorno.
Il 29 settembre varcano le mura leonine gli ispettori di Moneyval. Si tratta di un organismo che dà il rating di «pulizia» delle attività finanziarie di Stati e grandi compagnie dopo verifiche sull'antiriciclaggio e sul finanziamento del terrorismo. E il Vaticano, che è in cerca disperata di soldi, ha bisogno di una pagella pulita. Bergoglio, appena salito al potere, si fissò come primo obiettivo di mettere ordine nelle finanze vaticane, in realtà mai state floride, nonostante l'immenso patrimonio. Ebbene, Francesco affidò in un primo momento a George Pell, cardinale australiano, il compito di mettere ordine. Ma Pell è poi incappato in una falsa accusa di pedofilia ed è stato fatto fuori. La sua dichiarazione di due giorni fa a seguito del defenestramento di Becciu lascia pochi dubbi su chi egli ritenga responsabile dei suoi guai: «Il Santo Padre», ha detto Pell, «venne eletto per pulire le finanze vaticane. Ha fatto un lungo lavoro e deve essere ringraziato e congratulato per i recenti sviluppi».
Il punto vero è che il potere, anche economico, in Vaticano è spartito in due: da una parte c'è il Papa, dall'altra c'è il governatorato, che è il vero produttore di soldi grazie ai Musei vaticani, al turismo religioso, alle convenzioni. A capo del governatorato c'è il cardinal Giuseppe Bertello. Ed è li che Angelo Becciu - sul quale in passato già c'erano state indagini in relazione agli affari dei fratelli - ha costruito il suo potere. Ebbene, Becciu ha fatto di tutto per evitare che Bergoglio, silurato Pell, nominasse qualcun altro a guardia dei soldi, ma il Papa, ha invece cominciato un vorticoso giro di nomine. Fino ad affidare tutto al gesuita Juan Antonio Guerrero Alves. Che ha un progetto: rastrellare tutti i soldi e metterli nell'Apsa svuotando lo Ior, colpevole di aver fatto scoppiare il caso Sloane avenue.
Il Vaticano ha un buco da 70 milioni di euro nella gestione ordinaria, ma non incassa soldi né dai fedeli americani, né dai tedeschi che se li tengono. E anche il gettito dell'8 per mille in Italia si è dimezzato. Il Covid ha tenuto chiuso i Musei vaticani, non si riscuotono più gli affitti e il Papa deve varare una finanziaria lacrime e sangue. Questo è il compito di Guerrero Alves, che nei mesi scorsi ha scritto una lettera a tutti i capi dei dicasteri e di tutti gli ordini religiosi, intimando di versare i soldi all'Apsa. È la banca centrale del Vaticano, che è presieduta da monsignor Nunzio Galantino, già presidente della Cei, che di economia sa il giusto e che è stato affiancato da Fabio Gasperini con un passato in Ernest & Young, la società di consulenza che aveva offerto al governatorato un suo sistema contabile, opportunamente messo nel cassetto. Il governatorato continua a usare il suo sistema «Project one», dove sono racchiusi i conti veri, quelli che Angelo Becciu custodiva. Ed ecco che molto si spiega: Becciu poteva essere un punto debole nella strategia economica del Papa. Il Papa ha costruito un direttorio fatto da Guerrero Alves, in ottimi rapporti con l'Opus Dei, Reinhard Marx, il potentissimo cardinale bavarese che punta alla riforma della Chiesa in senso laicista e che è in intimità con l'Elemosiniere del Papa (il cardinale elettricista polacco Konrad Krajewski, indicato da
molti come successore di Bergoglio), che resta presidente del Consiglio per l'Economia, e appunto dai vertici dell'Apsa, che deve mettere in sonno lo Ior.
tratto da Sa Defenza Channel su telegram
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