Padre Pio, un santo che non smette di stupire
Dai tre “misteri” sulla morte al rapporto di san Pio con Karol Wojtyla, su cui vanno emergendo nuovi particolari. Il direttore di Tele Radio Padre Pio, Stefano Campanella, racconta alla Bussola alcuni fatti poco noti sul Cappuccino da Pietrelcina. Il quale si adoperò anche per creare lavoro e sollevare le condizioni dei bisognosi
È dedicato alla figura del Santo da Pietrelcina il libro “I tre misteri della morte di Padre Pio” (Edizioni San Paolo), scritto da Stefano Campanella, direttore di Tele Radio Padre Pio. Abbiamo intervistato Campanella per saperne di più.
Quali sono i tre misteri di cui si parla nel libro?
Premetto che si tratta di un libro uscito nel 2018, quando ricorreva il centenario della stimmatizzazione permanente di Padre Pio e il cinquantesimo anniversario della sua morte. I tre misteri riguardano la sua morte e uno, in particolare, la stimmatizzazione. Infatti, Padre Pio, al termine della sua vita terrena, non presentava più le stimmate, che erano state accertate e documentate nel 1919 dalle visite di tre medici incaricati dai Cappuccini e dal Sant’Uffizio. I tre medici, compreso il più scettico, non avevano potuto che constatare l’esistenza di queste piaghe, che erano veri e propri buchi. L’ispezione sul suo cadavere venne effettuata dal suo medico curante e allora sindaco di San Giovanni Rotondo, Giuseppe Sala: questi si accorse che non solo non c’erano più le stimmate, ma neanche tracce di cicatrici alle mani, ai piedi e al costato. Delle altre ferite che si era procurato nel corso della sua vita, invece, c’era traccia. Un fatto ancora più inspiegabile se si considera che ogni ferita innesca un processo di riparazione con un tessuto granulare che ha consistenza e colorazione diversa. Il dottor Sala chiese di poter documentare fotograficamente questo fenomeno. Inoltre, il dottor Paolo Maria Marianeschi effettuò uno studio su questo evento, e la scomparsa delle cicatrici fu ritenuta ancor più soprannaturale rispetto alla comparsa delle stimmate, tanto da essere definita un “assurdo fisiopatologico”.
Questo è il primo mistero. E gli altri due?
Gli altri due misteri riguardano il fatto che Padre Pio conosceva il momento in cui sarebbe morto, come hanno dimostrato decine di testimonianze; e infine il fatto che lui concesse a una figlia spirituale, suor Iacopa (al secolo Giovanna Rizzani Boschi), di assistere alla sua morte pur non essendo fisicamente presente nel luogo della cella in quel momento. Si trattava infatti di un luogo precluso a ogni laico e alle donne. Eccezionalmente, erano presenti alcuni laici che dovevano cercare di salvargli la vita. La suora descrisse quello che avvenne nella cella, e tutto coincideva con la versione dei frati presenti.
Alla luce delle ricerche storiche effettuate, ritiene ci siano ancora altri misteri intorno a Padre Pio?
Il processo di beatificazione e canonizzazione di Padre Pio ha già chiarito tutti gli aspetti essenziali, ma sono convinto che qualcosa potrebbe ancora emergere alla luce di alcuni spunti giunti nel frattempo in maniera casuale, che, se dovessero ricevere riscontri, potrebbero far conoscere ancora meglio il suo rapporto con il Signore. Sono stati raccolti 104 volumi di documenti, un vero e proprio record nella storia delle cause dei santi, ma pian piano vengono fuori altri particolari significativi.
Per esempio?
Un aspetto su cui si è avuto un secondo riscontro di una notizia finora rimasta nell’oblio è il rapporto con Giovanni Paolo II: i due si erano già incontrati nel 1948 quando Wojtyla preparava la tesi per il dottorato. Sentendo parlare di Padre Pio, Wojtyla volle incontrare quel mistico vivente, partecipò alla Messa celebrata dal Santo da Pietrelcina e si confessò con lui. Di recente è emerso che nel 1965 ci fu un secondo incontro con Wojtyla, divenuto nel frattempo arcivescovo di Cracovia. Nel 1962 Woytila chiese e ottenne, per intercessione di Padre Pio, la guarigione di un’amica (Wanda Poltawska). Nel 1963, grazie a lui, ottenne la guarigione del figlio di un avvocato di Cracovia. Quando nel 1965 fu invitato dal vescovo di Troia, monsignor Antonio Pirotto, a passare un fine settimana nella sua Diocesi, Woytila andò a visitare Padre Pio. Un sacerdote confidò a un confratello che in quella circostanza lui e Wojtyla furono invitati a mangiare nel refettorio con Padre Pio e altri frati. È probabile che sia ancora vivo il figlio dell’autista che sto cercando di rintracciare per avere conferma dell’episodio.
Perché Padre Pio è un Santo che attira ancora così tanta attenzione?
Padre Pio attrae per i suoi doni soprannaturali, le stimmate, le bilocazioni. Oggi, alcuni di questi fenomeni persistono, molte persone testimoniano di vedere Padre Pio anche mentre dormono. Molti sentono il suo profumo, molti ottengono la sua intercessione. La gente è attratta da ciò che vede, da chi ha offerto la sua vita per ottenere le grazie.
Alcuni detrattori hanno da ridire sul fatto che Padre Pio venga trattato come un “fenomeno” e che San Giovanni Rotondo sia diventata una meta turistica, affermando che Padre Pio non avrebbe gradito tutto ciò.
Chi afferma che Padre Pio non avrebbe gradito non lo conosce bene. I pellegrinaggi sono iniziati poco dopo la stimmatizzazione, il 20 settembre del 1918. La prima breve notizia sui pellegrinaggi apparve sul “Giornale d’Italia” il 9 maggio 1919. Nel 1923 ne parlavano già “El Mundo”, un giornale britannico e un altro belga. Era già un fenomeno di cui tutti discutevano, e i pellegrinaggi non furono fermati dai divieti del Sant’Uffizio del 1923 e 1924. Certo, ci fu un freno da parte di vescovi e religiosi che dovevano obbedire alla Santa Sede, circostanza che determinò una più misurata presenza. Ma, poi, ai suoi funerali parteciparono oltre 100.000 persone. Di certo, la svolta è stata la visita di Giovanni Paolo II avvenuta il 23 maggio del 1987. Quel divieto del Sant’Uffizio non è stato mai cancellato, ma il fatto che un Papa fosse venuto da pellegrino a inginocchiarsi davanti alla tomba di Padre Pio fece sì che nessun vescovo avrebbe più potuto richiamare i fedeli al rispetto di quel divieto, per cui dal 1987 i pellegrinaggi sono cresciuti a dismisura.
E qual era, al riguardo, il suo atteggiamento in vita?
Padre Pio, all’inizio, rendendosi conto di quel che avveniva, indusse un imprenditore barese, Pietro Morcavallo, a lasciare il suo commercio di scarpe perché era in vendita un albergo, e gli chiese di assumerne la gestione, applicando però prezzi onesti. Più noto è l’episodio dei lavori di Casa Sollievo della Sofferenza iniziati durante la Seconda Guerra Mondiale. Le offerte a Padre Pio si erano ridotte per cui non c’erano soldi sufficienti per iniziare i lavori. Nonostante ciò, Padre Pio chiamò don Peppino Orlando, a cui chiese di realizzare un ospedale. Don Peppino rimase basito in quanto non c’era neanche un progetto, ma Padre Pio insistette consigliandogli di iniziare a costruire una strada. Padre Pio, dato che la guerra aveva messo in ginocchio tutti, volle contribuire a creare lavoro per garantire un po’ di entrate alle famiglie. C’erano giovani che gravitavano intorno al convento sperando che la ripresa dei pellegrinaggi potesse dar loro la possibilità di portare soldi a casa, ma lui non la riteneva una cosa dignitosa; così mandò il superiore da molti suoi devoti benestanti per far sorgere un centro di formazione professionale, che contribuì a qualificare nell’arco di 25 anni circa 3.000 giovani che trovarono lavoro.
Una grande opera di carità…
Sì, non era un santo distaccato dalla realtà. Nel momento in cui il suo essere “fenomeno”, cosa di cui si vergognava, poteva contribuire a fare del bene dal punto di vista economico alla povera gente non esitava a mettersi in gioco. C’è una famosa battuta che lo riguarda, di quando, appoggiato alla finestra del coro dell’antica chiesetta dove era solito pregare, sentì parlare un venditore di sue foto. Ridendo, commentò: “Nostro Signore l’hanno venduto per trenta denari, a me per due soldi”. La scena della fiction a lui ispirata, in cui butta all’aria la bancarella con le sue immagini, è pura fantasia. Ha scelto per sé la povertà assoluta, ma non voleva che gli altri compromettessero la loro dignità umana.
Mariangela Agrusti
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