SOSPETTI
Conte e la Massoneria, il siparietto rivelatore
Il divertente siparietto rivelatore a Carta Bianca con Mieli, Lerner e Cacciari sull'energia invicibile di Conte e sulla Massoneria, appena accennata, ma sufficiente per capire.
Per chi, come me, ha passato del tempo ad occuparsi di massoneria (I papi e la massoneria Ares 2007), la scanzonata sceneggiata andata in scena il 12 gennaio a Cartabianca ha qualcosa di surreale.
Ospiti di Berlinguer, Paolo Mieli, Massimo Cacciari e Gad Lerner discutono della sfida Renzi-Conte. Renzi ha fatto bene, dice Mieli, a costringere Conte ad una modifica profonda del piano di Recovery fund. Non lo dicevamo forse anche noi? Su questo tutti d’accordo.
Epperò, che conseguenze trarre da un simile apprezzamento dell’operato del fiorentino? Bisogna andare alle elezioni? Bisogna cambiare premier? Nemmeno per sogno, chiosa Mieli. E perché no? Perché Conte è “assolutamente invincibile”. Invincibile? E che vuol dire? A quel punto l’ex direttore del Corsera, fra un sorriso sornione e un imbarazzo (finto?), avanza la seguente motivazione: perché Conte “ha dietro di sé qualcosa che sfugge… una sorta di energia forte”.
Energia forte? E che nome avrebbe questa energia? chiede Berlinguer a Cacciari.
Eh.., anche lui evasivo, sorridente, spiega che non si può dire, che Mieli d’altronde lo sa meglio di lui, ma che lo stesso Mieli non lo può dire. A questo punto interviene Lerner che, dopo due o tre parole di convenevoli, svela il significato delle allusioni di Mieli e Cacciari e dà un nome alla forza innominabile: “una Massoneria nascosta, trasversale, che ha riferimenti interni e internazionali”. Lerner cerca di allontanare il sospetto avanzato da Cacciari e Mieli, che a sua volta prova a correggere il tiro.
Ecco però spiegato in due parole perché Conte, l’uomo “venuto dal nulla” per usare la definizione di Mieli, è ancora lì, come lo vediamo da mesi a tutte le ore, a fare il pensoso, seduto di sghembo con una mano appoggiata alla tempia, oppure a fare passeggiatine a giacca slacciata su e giù per i corridoi di Montecitorio.
Un siparietto davvero molto divertente, quanto imprevisto. Guardare per credere la puntata del 12 gennaio di Cartabianca, più o meno dal decimo minuto.Angela Pellicciari
https://lanuovabq.it/it/conte-e-la-massoneria-il-siparietto-rivelatore
Conte (e Mattarella?): Chi Tira le Fila. Parola a Mieli, Cacciari e Lerner…
16 Gennaio 2021 2 Commenti
Carissimi Stilumcuriali, ci sembra interessante pubblicare, come aiuto di comprensione ai tempi ben difficili per la libertà che stiamo vivendo, due contributi esterni. Il primo è un articolo, pubblicato oggi su La Nuova Bussola Quotidiana, a firma di Angela Pellicciari. Un articolo che apre uno spiraglio di comprensione sulla realtà politica del nostro sciagurato Paese, e sulle forse oscure che lo manovrano. Conte è il focus dell’articolo, ma non si può dimenticare che chi permette questa situazione, in totale spregio della volontà popolare, espressa in almeno una decina di consultazioni elettorali europee e locali, è l’inquilino del Quirinale. Che anche lui…?
Ma viviamo in un Paese democratico, no? Dove sono i giornalisti, i giornali, le televisioni quelli che devono sottolineare le prassi scorrette della politica. Allora leggete il secondo contributo, del collega Roberto Reale, e poi capite perché è meglio spegnere le TV e risparmiare i soldi del giornale; o meglio, scegliere i pochi giornali non asserviti ai ben noti poteri. Come La Verità. Buona lettura.
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Per chi, come me, ha passato del tempo ad occuparsi di massoneria (I papi e la massoneria Ares 2007), la scanzonata sceneggiata andata in scena il 12 gennaio a Cartabianca ha qualcosa di surreale.
Ospiti di Berlinguer, Paolo Mieli, Massimo Cacciari e Gad Lerner discutono della sfida Renzi-Conte. Renzi ha fatto bene, dice Mieli, a costringere Conte ad una modifica profonda del piano di Recovery fund. Non lo dicevamo forse anche noi? Su questo tutti d’accordo.
Epperò, che conseguenze trarre da un simile apprezzamento dell’operato del fiorentino? Bisogna andare alle elezioni? Bisogna cambiare premier? Nemmeno per sogno, chiosa Mieli. E perché no? Perché Conte è “assolutamente invincibile”. Invincibile? E che vuol dire? A quel punto l’ex direttore del Corsera, fra un sorriso sornione e un imbarazzo (finto?), avanza la seguente motivazione: perché Conte “ha dietro di sé qualcosa che sfugge… una sorta di energia forte”.
Energia forte? E che nome avrebbe questa energia? chiede Berlinguer a Cacciari.
Eh.., anche lui evasivo, sorridente, spiega che non si può dire, che Mieli d’altronde lo sa meglio di lui, ma che lo stesso Mieli non lo può dire. A questo punto interviene Lerner che, dopo due o tre parole di convenevoli, svela il significato delle allusioni di Mieli e Cacciari e dà un nome alla forza innominabile: “una Massoneria nascosta, trasversale, che ha riferimenti interni e internazionali”. Lerner cerca di allontanare il sospetto avanzato da Cacciari e Mieli, che a sua volta prova a correggere il tiro.
Ecco però spiegato in due parole perché Conte, l’uomo “venuto dal nulla” per usare la definizione di Mieli, è ancora lì, come lo vediamo da mesi a tutte le ore, a fare il pensoso, seduto di sghembo con una mano appoggiata alla tempia, oppure a fare passeggiatine a giacca slacciata su e giù per i corridoi di Montecitorio.
Un siparietto davvero molto divertente, quanto imprevisto. Guardare per credere la puntata del 12 gennaio di Cartabianca, più o meno dal decimo minuto.
(Angela Pellicciari, da La Nuova Bussola Quotidiana)
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Roberto Reale (da un suo post su Facebook)
La crisi della nostra previdenza vede ormai volare gli stracci. Sotto accusa finiscono un po’ tutti: Inpgi, Fnsi, Ordine, Governo. Ma quasi mai si mettono nel mirino gli editori, forse i principali responsabili del disastro. Provo ad elencare:1) In Italia quasi tutti gli editori sono “impuri”. Non puntano a fare utili con un’informazione sana e democratica ma usano i media per fare politica e ottenere benefici per il loro business. Piangono sulle perdite delle copie invendute, mentre i miliardi spremuti alla collettività per auto, cemento, energia non compaiono come attivo nei loro bilanci. Difficile immaginare che i Paperoni dell’industria comprino una testata giornalistica per guadagnare qualche euro. In effetti, dei lettori a loro non importa affatto. I veri interlocutori siedono a Palazzo Chigi.2) Per decenni – con la complicità della politica – i proprietari dei media hanno usato l’Inpgi come un Bancomat, versando due o tre punti in meno di contribuzione rispetto al regime Inps. Hanno ristrutturato aziende sane grazie a norme compiacenti sui prepensionamenti e, approfittando dell’inerzia del sindacato, sono riusciti a sfruttare migliaia di colleghi con abusivismo, compensi ridicoli, falsi co.co.co e false partite Iva. Le aziende fuorilegge sono spesso recidive: ad ogni ispezione vengono trovate con le mani nella marmellata.3) Nonostante i controlli e una miriade di cause in tribunale, sono state evase negli anni contribuzioni per centinaia di milioni di euro, crediti che l’Inpgi ha dovuto in parte svalutare e in buona parte non riesce a recuperare. Perché non si comincia ad agire con richieste di pignoramento sui beni dei proprietari delle aziende pirata? Incredibile nella patria del dirittto: con lo scudo Fieg, gli editori si sono fatti beffe perfino di un istituto contrattuale come l’ex fissa, per cui migliaia di giornalisti vantano un credito senza che si riesca ad identificare chi è il debitore. E ancora oggi sfruttano compiacenza e asservimento della politica per ottenere, a carico della categoria, risanamenti di aziende editoriali che sono incapaci di gestire: come la Rai, impresa pubblica in continuo calo di audience ma pronta a scaricare sulla previdenza di categoria il costo di milioni di euro per un nuovo esodo di giornalisti prepensionati.Non “Cavalieri del lavoro” dunque, ma troppo spesso cavalieri dello sfruttamento e della disoccupazione. Perché nessuna delle voci più autorevoli e indipendenti della categoria afferma l’esigenza di un’informazione veramente libera (che non risiede nell’autonomia dell’Inpgi ma nell’indipendenza dei giornalisti) mobilitando su questo tema l’opinione pubblica? Fino a quando, divisi in misere beghe tra maggioranza e opposizione, Fnsi e Ordine si inginocchieranno davanti a politicanti e finti editori?
Marco Tosatti
Philippe Bas – già segretario generale dell’Eliseo al tempo di Jacques Chirac e senatore prima dell’Ump e poi dei Repubblicani e oggi questore del Senato della Repubblica Francese – ha scritto il 14 gennaio 2021 un articolo su Le Figaro che rimarrà nella storia e in cui afferma che “Le système politique issu de la Ve République est en ruine”. Il contenuto si potrebbe riassumer così: il Parlamento è stato svuotato via via d’ogni sua prerogativa legiferante, il Presidente della Repubblica ha via via assorbito in sé le funzioni e le prerogative del Primo ministro, così distruggendo il dualismo del regime presidenziale e indebolendo il sistema di contrappesi costituzionali che ne costituiva la forza.
Un processo assai simile nei risultati sta succedendo negli Usa e nel Regno Unito, dove il Parlamento è stato via via indebolito a partire dal referendum sulla Brexit. E, di converso, si pensi a ciò che sta succedendo nei regimi parlamentari non presidenziali come la Spagna, l’Italia e la Germania e si comprenderà perché anch’essi sono in una crisi profonda che la pandemia non ha fatto e non fa che ampliare. La Spagna non riesce a contemperare le diversità nazionali nell’unitarietà statuale perché i partiti si sono sgretolati via via e la Monarchia anch’essa è andata in rovina per il crescente discredito. La Germania, dopo i quindici anni della cancelleria Merkel, non riesce a trovare un baricentro politico che consenta una transizione verso un nuovo orizzonte, nel lento processo di delegittimazione del centro politico cristiano e insieme della socialdemocrazia, erosa dalla perdita di quella identità welfarista che ne aveva fondato le fortune dopo Bad Godesberg.
In Italia, dopo quel processo di delegittimazione della politica iniziato con Tangentopoli e la sostituzione del potere giudiziario al potere politico, anche quella sostituzione si è frantumata con gli effetti terribili provocati dal crollo di quel potere giudiziario, discreditato anch’esso dalla sua interna decadenza, che lambisce i più alti gradi della piramide allargata repubblicana. Il cemento che teneva unite le pietre della piramide, ossia i partiti scelti dall’elettorato e non dalle loro interne oligarchie, si è da tempo sciolto come neve al sole.
Dopo il 2011, dopo quello che fu una sorta di colpo di stato internazionale a livello europeo contro il governo Berlusconi-Tremonti, la macchina dei partiti non poteva che polverizzarsi via via. Da un lato, la nascita dell’aggregazione temporanea che io ho chiamato “mucillagine peristaltica” dei Cinque Stelle e, dall’altro lato, la trasformazione in compagnie di ventura degli eredi del Partito democratico e degli altri partiti minori. La sinistra democristiana aveva di già dilavato del programma e della dignità ciò che rimaneva della tradizione comunista che si era – come aveva previsto Augusto Del Noce – rapidamente trasformata, da Berlinguer in poi, in un partito radicale.
Ma ciò che accadde non fu la trasformazione di ciò che rimaneva del Pci in partito radicale di massa, come pareva a Del Noce. La massa s’era dispersa e frantumata in piccoli gruppi disperati, perché il processo di secolarizzazione da un lato e il politically correct dall’altro avevano otturato e invaso tutte le arterie e le vene del sistema politico.
E veniamo all’oggi. Alla farsa oggi in corso. La disgregazione italiana ha assunto ormai una forma specifica e irreversibile: la concentrazione del potere nelle mani di un Primo ministro senza che la Costituzione lo preveda e che nessuno a ciò si opponga veramente. Tutti pensano di trarne un profitto e per questo le conseguenze saranno terribili, vista anche la pandemia in corso. Il processo è iniziato, però, nella seconda metà del decennio Novanta del Novecento, al tempo delle privatizzazioni senza liberalizzazione, modello Eltsin-Prodi-Menem. Un processo di distruzione dell’economia e del potere politico costituzionale reso agevole dai governi di ampia coalizione dell’Ulivo, proprio per la loro instabilità e la loro permeabilità a tutte le pressioni poliarchiche internazionali, finanziarie e oligopolistiche (mentre predicavano – invece – liberalizzazione e creazione delle authorities che agivano da schermo e da velo dei processi di dilavazione delle ricchezze private e pubbliche in corso).
Le maggioranze instabili, del resto, sono le forme delle macchine caciquistiche che in Europa e nel mondo prevalgono nei confronti dei passati processi di costituzionalizzazione politica, come documentano le vicende sudamericane, nordamericane, giapponesi e indiane – anch’esse caratterizzate dalla crisi degli storici partiti politici (l’Apra in Perù, il Partito Repubblicano negli Usa, il Partito Liberale in Giappone e quello del Congresso in India ne sono gli esempi più preclari).
L’Europa senza Costituzione governata dai poteri di fatto e senza un Parlamento compulsivo (non fa leggi, ma applica o respinge solo direttive tecnocratiche) è il centro di diffusione di tale processo. La chiave del processo in corso e di cui in Italia assistiamo in vitro alla decantazione, ormai da anni è la trasformazione del rapporto tra economia e politica, promosso dalla centralizzazione capitalistica necessaria per rispondere alla caduta del tasso di profitto e dei salari, provocata dalla deflazione secolare e dallo spostamento del reddito dal lavoro al capitale in misura gigantesca, erodendo in tal modo le basi stesse del consenso democratico. Esso non può più esercitarsi nelle forme classiche del secondo dopoguerra e di tutto il Novecento. I partiti di massa, davanti alla disgregazione sociale, non possono più né esistere, né rappresentare alcunché, perché essi, proprio per la loro natura, hanno bisogno di stabilità sociale e, di fatto, di crescita economica. Ma la crescita economica da quarant’anni è stata sostituita dalla crescita finanziaria e dal debito pubblico e privato. La democrazia sociale non ha più le sue basi materiali.
La crisi politica in corso in Italia non è la crisi del Governo Conte. Tale Governo da tempo non ha più legittimazione né costituzionale, né politica perché è sostenuto da un Parlamento che ha negato se stesso, dimezzando i suoi componenti e continuando a fingere di legiferare sotto la gragnola di colpi dei decreti del presidente del Consiglio.
Ben si comprende, se si coglie la sostanza profonda del processo, perché la crisi politica in corso sia un prodotto di conflitti poliarchici – e quindi di spartizione delle risorse (ora ci sono quelle europee, domani ce ne saranno altre, sempre di natura debitoria, mutulizzata o meno) – tra le compagnie di ventura che si presentano alle masse come partiti politici, mentre invece sono caucus di interessi personali e di piccoli gruppi a base elettorale. La più aggressiva, una sorta di replica farsesca del Lodovico il Moro di machiavelliana memoria, è quella guidata da Matteo Renzi, che non a caso appena avvicinatasi al bottino si sta di già disgregando, consentendo così, come volevasi dimostrare, la continuazione del Governo Conte. Così continuerà sino alla rielezione del presidente della Repubblica, Presidente che è il punto archetipale – non può non esserlo, nella distruzione di tutti gli altri punti di appoggio del processo politico – del rapporto con la macchina tecnocratico-politica dell’erogazione delle risorse europee, delle risorse da spartirsi.
Sino a quando le contraddizioni non esploderanno, la centralizzazione capitalistica oggi in corso non lascerà il posto a una lotta fratricida, che sarà però inevitabile nel prossimo futuro. Cosa rimarrà, allora, dell’Italia? È una domanda che non ha risposta.
La Cei: “Governo, è il tempo dei costruttori”. Sembra chiaro l’appoggio ad un governo Conte ter
Questa mattina il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Gualtiero Bassetti, è tornato a Roma nel suo ufficio, dopo essersi rimesso dalla malattia per il COVID-19. Tra i primi appuntamenti, un colloquio con i direttori dei media CEI per esprimere, simbolicamente a tutti gli organi d’informazione, gratitudine per la vicinanza e l’attenzione dimostrate durante il ricovero. Conversando con loro il Cardinale Presidente si è soffermato sull’attualità italiana:
«Sono ore d’incertezza per il nostro Paese. In questo momento guardiamo con fiducia al Presidente della Repubblica che con saggezza saprà indicare la strada meno impervia. Trovo un forte stimolo nelle parole pronunciate proprio dal Presidente Mattarella nel messaggio di fine anno: “Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori”. Aggiungo: questo è anche tempo di speranza! Ci attendono mesi difficili in cui ricostruire le nostre comunità. Per questo, lo sguardo deve puntare a uscire dall’emergenza sanitaria e alle fondamenta di una nuova stagione che non lasci indietro nessuno».
La Conferenza Episcopale Italiana, dunque, richiama il tema dei “costruttori”, facendo implicito riferimento ad un termine molto usato nelle ultime ore per identificare i nuovi “responsabili” che dovrebbero appoggiare un governo Conte ter. Sembra, dunque, chiaro che la Cei abbia voluto mandare un messaggio subliminale, schierandosi con Conte per il prosieguo della propria esperienza alla guida dell’esecutivo, anche dopo l’abbandono di Renzi e di Italia Viva. I vescovi sembrano aver fatto la propria scelta.
Sì, ma a volte le "energie cosmiche", come il vento, cambiano di direzione...
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