COVID E POTERE
Quel volantino "no vax" della Croce Rossa
Con il vaccino non cambia niente: mascherine e distanziamento resteranno. E' questo il senso di un volantino della Croce Rossa (e non di un militante no-vax), che riassume bene la mentalità dominante anche nel governo Draghi. Ci toccherà un lockdown permanente, anche dopo la campagna vaccinale?
Un volantino è comparso nelle nostre città e sulle bacheche dei social network. Ha il marchio della Croce Rossa Italiana. E’ diviso in due colonnine. In quella a sinistra leggiamo le regole che la persona non ancora vaccinata deve seguire: “usare la mascherina, mantenere la distanza e igienizzare le mani” e quel che potrebbe subire se non le seguisse bene: “essere contagiato” e “contagiare (se positivo)”. Nella colonnina di destra, leggiamo invece le regole che la persona già vaccinata deve seguire: “usare la mascherina, mantenere la distanza e igienizzare le mani” e quel che potrebbe subire se non le seguisse bene: “essere contagiato” e “contagiare (se positivo)”. No, non avete avuto un déjà vu e non è un errore di stampa. Il volantino della Croce Rossa è scritto veramente così (vedi foto).
Dopo una serie di accertamenti sulle fake news siamo giunti alla conclusione che il volantino non sia lo scherzo di un no vax, ma sia autentico: è stato pubblicato anche sulle pagine Facebook ufficiali della Croce Rossa. Il problema vero è che sono autentici anche i suoi contenuti. Soprattutto alla domanda “Ma allora cosa cambia?” la Croce Rossa risponde che “Vaccinandoti contro il Covid-19 riduci notevolmente il rischio di ammalarti gravemente”. Tutto qui? Tutto qui, anche se non è poco, considerando che liberare gli ospedali è il vero scopo del lockdown, della mascherina, del distanziamento e di tutte le altre misure più invasive del governo Conte e poi di quello Draghi.
Però, a questo punto, vengono smentite le premesse stesse della politica sin qui seguita dal governo che ha disincentivato ogni strategia alternativa al lockdown, limitandosi ad attendere la campagna vaccinale. Se da un lato viene smontata la tesi dell’onnipotenza dell’arma vaccinale per porre fine alla pandemia (atteggiamento che poi porta a chiedere l'imposizione dell'obbligo, l'introduzione di pass vaccinali, o l'intimidazione di chi non si fa vaccinare), dall’altro se ne sottovalutano gli effetti benefici già osservabili all’estero.
Il vaccino è “l’unica via di uscita” dalla pandemia, così è stato detto e ripetuto. Ma oggi il virologo Massimo Galli, onnipresente in televisione, arriva a dire che, con la variante inglese, il vaccino “funzionicchia”. L’epidemiologa Lucia Bisceglia, neo presidente dell’Associazione epidemiologi italiani, in una sua recente intervista al Corriere della Sera, si è opposta con gran determinazione alla politica delle riaperture. E del pass (che vale anche per 6 mesi dopo la vaccinazione) dice: “Avere il pass può indurre la sensazione di avere una protezione assoluta. Non è così”. A giudicare dalla politica del governo Draghi, con una ripartenza molto prudente e condizionata da nuove regole draconiane, è questa la linea che si è imposta, pur mitigata dalle inevitabili mediazioni politiche.
Tutti abbiamo visto le immagini del Regno Unito, dove hanno riaperto i locali pubblici e la gente è tornata serenamente a riempire le strade e i pub, dopo la prima fase della campagna vaccinale (con AstraZeneca, prima dose). Nel Regno Unito la pandemia è “finita”, secondo diversi esperti, alla luce di una drastica riduzione del contagio, pari al 90%. E per non parlare di Israele dove, a seguito della vaccinazione di massa della popolazione, sono stati riaperti tutti i locali, è iniziata la stagione balneare ed è finito anche l’obbligo di portare la mascherina. Nello Stato ebraico si inizia a parlare di immunità di gregge ormai a portata di mano. Regno Unito e Israele hanno scommesso seriamente sul vaccino e lo hanno somministrato ad una percentuale di cittadini (48% e 62% rispettivamente) molto superiore rispetto a quella dell’Italia (poco meno del 20%). Quindi è solo una questione di velocità della campagna vaccinale? In parte lo è, ma non solo.
E’ anche e soprattutto una questione di propensione al rischio. Per fare qualche confronto: negli Usa Donald Trump incoraggiava gli Stati a riaprire appena possibile, anche quando il vaccino non era ancora stato brevettato. Successivamente, ha pianificato una campagna vaccinale basata sulla rapidità (il piano Warp Speed) sempre per permettere di riprendere una vita normale il prima possibile. Anche il più prudente Boris Johnson, che ha sposato la linea del lockdown fino al vaccino, accetta comunque il rischio di una copertura ancora insicura, data dalla prima dose di AstraZeneca, per dare il via libera ai suoi cittadini. In Italia, dall’inizio della pandemia viene applicata, invece, la più rigorosa interpretazione del principio di precauzione. Tutto chiuso fino al vaccino, poi ancora tutto chiuso fino all’immunità di gregge e già si sta preparando la nuova narrazione: tutto chiuso anche dopo la campagna vaccinale, perché riduce i rischi, ma non li elimina. Quindi si punterà maggiormente sulle cure? No, a giudicare dalla battaglia condotta in questi giorni dal ministro Speranza contro le cure domiciliari. Quindi, lockdown permanente?
Stefano Magni
https://lanuovabq.it/it/quel-volantino-no-vax-della-croce-rossa
Numeri ufficiali Covid-19 del 23 aprile 2021. Il Ministro della Sanità si dimetta! Subito!
“Inversione dell’onere della prova. Siamo noi a dover dimostrare che meritiamo la libertà e non loro a dimostrare perché ce la tolgono” (Nicola Porro @NicolaPorro – Twitter, 23 aprile 2021).
I dati Covid-19 ufficiali del Ministero della salute di oggi venerdì 23 aprile 2021
Ricoverati con sintomi: 21.440 (-654) (-2,96%) [Al 33%]
In terapia intensiva: 2.979 (-42) (-1,39%) [con 153 nuovi ingressi del giorno] [*] [Superata la soglia di allarme del 30%, al 33%]
Deceduti: 118.699 (+342) (+0,29%)
Vaccinati [**] e percentuale sulla platea da vaccinare (aggiornato al 23 aprile 2021 ore 22:10): 5.009.918 (9,80% di una platea di 50.773.718 persone da vaccinare)
La soglia del 30% per le terapie intensive e del 40% per le aree non critiche è individuata dal decreto del Ministro della Salute del 30 aprile 2020. Per area non critica si intendono i posti letto di area medica afferenti alle specialità di malattie infettive, medicina generale e pneumologia.
[*] Dato molto importante, perché permette di verificare al di là del saldo quante persone sono effettivamente entrate in terapia intensiva nelle ultime 24 ore oggetto della comunicazione.
[**] Persone che hanno completato la vaccinazione (prima e seconda dose; oppure monodose). Vaccinazione in tempo reale: QUI.
Il sistema “Tutor” per verificare il “trend” dell’epidemia
Media giornaliera dei decessi: 277 (-).
Tabella con i decessi al giorno, il totale dei decessi e la media giornaliera dei decessi [A cura dello Staff del “Blog dell’Editore”]: QUI.
Il punto della situazione a cura di Lab24
Le ormai imminenti riaperture, con il passaggio in zona gialla di numerose Regioni, pongono numerosi interrogativi sul futuro dell’epidemia: soprattutto considerando che in passato ogni periodo trascorso con l’applicazione delle zone gialle è stato propedeutico a una ripresa dell’infezione e ad ulteriori nuove restrizioni. Per la Regione Sardegna addirittura con un rapidissimo cambiamento da zona bianca a zona rossa. Da un punto di vista strettamente epidemiologico non ci sono le condizioni per immaginare un andamento diverso (la somma tra vaccinati e immunizzati per via naturale non offre per ora una sufficiente copertura della popolazione) e appare quindi inevitabile una nuova fase di crescita dei positivi individuati. A cambiare, però, potrebbe e si spera dovrebbe essere la manifestazione clinica dell’epidemia: con il progredire delle vaccinazioni nella popolazione più anziana (ricordiamo che oltre il 96% dei decessi si è verificato negli over 60, il 94% tra gli over 70) la Covid-19 dovrebbe avere un minore impatto in termini di ricoveri ospedalieri e soprattutto di decessi. Un passo avanti importante, che però non eliminerà nel breve periodo né le forme gravi sulla popolazione più giovane, né su quella anziana ancora da vaccinare, né tantomeno il rischio di una circolazione sostenuta del virus all’interno della popolazione più giovane con la possibile comparsa di varianti resistenti alla risposta immunitaria. L’abbandono delle misure di mitigazione e le riaperture in assenza di precise regole e di efficaci controlli sul territorio ci potrebbero spingere in una direzione simile, come abbiamo visto ieri, a quella degli Usa: dove a fronte di un numero altissimo di vaccinazioni quotidiane (circa il doppio delle nostre in rapporto agli abitanti) e con il 40% della popolazione già vaccinata, il Sars-CoV-2 continua ad aumentare la propria diffusione con una crescita finora inarrestabile (Fonte Lab24.ilsole24ore.com/coronavirus).
Sala Stampa della Santa Sede
Comunicazione ai giornalisti
Papa Francesco tra le persone in condizioni di necessità che attendevano di essere vaccinate
Oggi, nel giorno del suo onomastico, poco dopo le 10.30, Papa Francesco si è recato nell’atrio dell’Aula Paolo VI in visita alle persone in condizioni di necessità accolte e accompagnate da alcune associazioni romane mentre attendevano di essere vaccinate.
Il Papa ha salutato i presenti, lungo il percorso preparato nell’Aula per la vaccinazione, dall’ingresso fino all’area di attesa a procedura avvenuta. Al termine del tragitto si è fermato per offrire un uovo di cioccolata, che è stato distribuito a tutti dal personale volontario, nel rispetto delle misure sanitarie previste. Nell’uscire i presenti hanno intonato un canto di augurio per l’onomastico al Santo Padre, mentre si fermava a conversare con alcuni volontari, in un clima festoso e di affetto, ringraziandoli e raccomandando loro di “continuare nell’impegno!”. Tramite l’Elemosiniere, il Santo Padre ha rivolto parole di gratitudine a quanti hanno contribuito per la procedura di vaccinazione e per l’iniziativa del “vaccino sospeso” che permetterà di raggiungere tanti in attesa di vaccino nei paesi più poveri.
Poco dopo le 11:00 Papa Francesco è rientrato a Casa Santa Marta.
Nella giornata di oggi saranno vaccinate poco meno di 600 delle circa 1400 persone bisognose a cui è stata somministrata la prima dose nelle scorse settimane.
Foto di Vatican Media, diffuse dalla Sala Stampa della Santa Sede.
Tutti con mascherina, tranne il Sovrano, il Cardinale Krajewski, alcune persone al seguito, tra cui qualche infermiere della Direzione Sanità ed Igiene del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
Ripetiamo quanto già osservato ieri, e in diverse altre occasioni precedenti.
Degrado pontificio
Il fatto che non portano mascherine è menefreghismo e diseducativo, offre un pessimo esempio ai fedeli che vengono confermato nel pensare: se il Papa e il suo entourage non portano una mascherina, perché dobbiamo farlo noi?
Un pessimo esempio diseducativo, che va contro le regole emanate l”8 febbraio 2021 dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
Er Grillo del Marchese sempre zompa. Il Decreto SCV dell’ 8 febbraio 2021 rispettatelo voi. Mi dispiace, ma io so’ io e voi… – 28 febbraio 2021
Vogliamo le dimissioni del Ministro della Sanità. Subito!
IL MINISTERO SI OPPONE
Ora è chiaro: il nemico delle cure a casa è Speranza
Editoriale di Andrea Zambrano
Lanuovabq.it, 23 aprile 2021
Nonostante il Senato abbia impegnato il Governo a rivedere i protocolli di cura domiciliare, il Ministero ricorre al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che lascia libertà di cura ai medici di non utilizzare il protocollo della vigile attesa. È ormai chiaro che Speranza avversa le terapie domiciliari. Infatti nel suo libro “fantasma” non c’è alcuna traccia di Covid at home, ma c’è molto dell’utopismo e del paternalismo della Sinistra green.
Inutile giraci attorno: l’avversario numero uno delle cure domiciliari covid ha un nome: si chiama Roberto Speranza e di mestiere fa il ministro della Salute. La decisione di ricorrere al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar di marzo che confermava i medici che si oppongono al protocollo della vigile attesa con paracetamolo rappresenta non solo un’insensata opposizione del Ministero alla buona medicina, alla medicina coraggiosa che in questa pandemia ha sfidato gli scienziati da salotto per curare e non ricoverare la gente in ospedale. È anche la pietra tombale su ogni speranza che il governo guidato da Draghi potesse finalmente invertire la rotta nel considerare il covid una malattia da curare e non un pretesto per chiuderci in casa spaventando e facendoci andare in ospedale quando la situazione ormai è compromessa.
Ora che la notizia del ricorso è stata resa pubblica non c’è bisogno di aggiungere molto e si deve concludere che il Covid non si vuole curare: non solo non si voleva curare ieri, ma non lo si vuole curare tempestivamente oggi che abbiamo sufficienti nozioni mediche per poterlo fare con successo.
Scrivendo questo giornale di cure domiciliari da ormai un anno, da molto prima che l’argomento diventasse di dominio pubblico, e avendo seguito tutti i passaggi e raccontato tutte le esperienze in campo, possiamo avere in mano sufficienti indizi per affermare che il fallimento delle terapie domiciliari covid ha avuto nel ministero della Salute il suo principale artefice.
Ed è stupefacente notare come, mentre ieri si è tenuta l’udienza in consiglio di Stato in cui il governo conferma ancora una volta la volontà di insistere sulla vigile attesa, oggi il comitato dei medici che da mesi promuovono la revisione dei protocolli di cura domiciliare incontrerà Agenas. Comprensibile che l’avvocato dei medici, Erich Grimaldi, ieri si sia chiesto qual è il governo che deve considerare, quello che tratta con lui o quello che a lui si oppone?
Per la verità le avvisaglie di questa indisponibilità a considerare le cure domiciliari si erano avute un mese fa quando, alla revisione dei componenti del Cts, Speranza non aveva fatto inserire il professor Luigi Cavanna che delle cure domiciliari covid (e dell’uso dell’idrossiclorochina) è il pioniere e il clinico più autorevole. Era parso fin da subito che non c’era alcuna volontà di affrontare finalmente il tema delle cure precoci.
Ma l’aspettativa si era ripresentata quando l’8 aprile il Senato, su iniziativa della Lega di altri partiti con mozioni simili, aveva votato all’unanimità la mozione con la quale impegnava il governo a rivedere il protocollo vigile attesa e a modificare le linee guida per una vera terapia domiciliare covid che non prevedesse solo la Tachipirina nelle fasi iniziali dei sintomi. Proprio qualche giorno prima, il professor Giorgio Remuzzi del Mario Negri aveva pubblicato il primo studio sulle cure covid con l’utilizzo di antinfiammatori e una percentuale bassissima di ricoveri (appena il 2%).
Insomma, gli elementi per prendere coraggio e iniziare a dare ai 45mila medici di medicina generale delle linee guida chiare una volta per tutte con il solo scopo di curare e non mandare la gente in ospedale quando ormai la situazione è irrimediabilmente compromessa, c’erano tutti.
Invece…
Invece non solo si è atteso, ma si è anche evitato di affrontare il problema. Questo atteggiamento non può non essere una precisa strategia politica del governo Draghi che ha confermato pubblicamente la sua fiducia a Speranza, non può che essere il risultato di una programmazione che vede nella cura precoce del covid un ostacolo al raggiungimento di certi scopi. Quali? Sicuramente il vaccino che deve essere il primo e unico obiettivo delle attuali politiche sanitarie.
Si tratta di una strategia della quale si trova traccia nel libro scritto dal ministro della Salute e che è stato ritirato prima ancora di uscire in libreria nel settembre scorso.
In “Perché guariremo” non c’è un solo passaggio in cui Speranza abbozzi anche solo lontanamente alla cura precoce domiciliare come metodo migliore per non affollare gli ospedali.
Le copie “samizdat” che girano nelle redazioni mostrano chiaramente che lo Speranza-pensiero è un misto di utopismo da Internazionale socialista della salute, paternalismo di Stato e manifesto della sinistra green abilmente camuffato da diario di bordo di un ministro alle prese con la pandemia che coinvolge i medici di base soltanto quando deve pensare alle magnifiche sorti e progressive della sanità futura post covid.
Ma di come curare il covid tempestivamente a casa oggi con gli antinfiammatori e della coraggiosa esperienza dei medici che lo hanno fatto ricorrendo perfino ai giudici non c’è traccia. E il fatto che un ministro della salute non riporti nulla di tutto questo nelle sue res gestae è significativo del fallimento alla voce cure e della situazione attuale dove il covid è un emergenza ormai permanente senza alcuna prospettiva di fine.
“Così ho incastrato Speranza scovando un dossier segreto”
di Giuseppe De Lorenzo
Ilgiornale.it, 23 aprile 2021
Parla Robert Lingard, il giovane italiano emigrato a Londra che ha ripescato dalla rete il dossier Oms scomodo per il governo: “Speranza si dimetta”
Tutto il patatrac di questi giorni ha un punto di inizio. Una miccia che si è accesa in silenzio, un po’ per caso, a migliaia di chilometri dal ministero della Salute. Lo scandalo che sta facendo traballare Roberto Speranza sul dossier scomparso dell’Oms nasce a Londra, nella casa di un 30enne bresciano espatriato per lavoro, all’interno del pc utilizzato da Robert Lingard per scovare quel report che l’Oms pensava di aver fatto scomparire nel nulla. “Hanno fatto male i loro conti – dice lui al Giornale.it – Quello che pubblichi nel world wide web alla fine una traccia la lascia sempre”.
Ci dica: chi è Robert Lingard?
“Sono un emigrato che lavora a Londra e ha una sua agenzia di pubbliche relazioni”.
Un cervello in fuga?
(ride) “Direi più uno che si dà da fare”.
E come mai da Londra si è messo a indagare gli errori nella risposta italiana al coronavirus?
“Nella prima ondata ho perso due parenti e tre sono finiti in terapia intensiva. Uno di questi, dopo cinque mesi di ospedale, ha rischiato anche la paralisi. Volevo capire perché era successo”.
E perché non si è accontentato di chi diceva: “Non potevamo fare di più per impedirlo”?
“Sono appassionato di giornalismo investigativo. E so che in Italia il settore della sanità dal punto di vista amministrativo ha tanti scheletri nell’armadio. Poi a un certo punto ho notato una cosa strana…”.
Quale?
“In Italia siamo passati improvvisamente dallo sminuire il problema ad utilizzare una comunicazione dell’emergenza, bypassando a piedi uniti la comunicazione del rischio. Avevo l’impressione che le istituzioni stessero cercando di costruire una narrativa particolare…”.
Quale tipo di narrativa?
“Accomodante verso di loro e che le deresponsabilizzasse”.
Mi sta dicendo che quando ci raccontavano che è stato uno ‘tsunami’ imprevisto, mentivano?
“Credo di sì. Perché se ripeti questa bugia, e sostieni di essere in ‘guerra con il virus’, in realtà stai solo deresponsabilizzando te stesso perché sai che la gente il virus non può portarlo in tribunale. I governanti invece sì”.
È passata l’idea che l’Italia sia stato il primo Paese Ue investito dal morbo. Eppure altri focolai erano già esplosi in Francia e Germania. Perché allora siamo diventati una sorta di “vittima inerme” d’Europa?
“Anche questa storiella faceva comodo al governo e, documenti alla mano, ritengo si tratti di una campagna di disinformazione studiata a tavolino per costruire una narrativa compiacente”.
E quale è la verità?
“Questa: in Europa i primi focolai sono nati in altri Paesi, ma la pandemia – cioè la diffusione incontrollata del virus – è scoppiata qui”.
Perché?
“Perché noi eravamo totalmente impreparati”.
Che poi è quello che emerge dal dossier dell’Oms scritto dai ricercatori guidati da Francesco Zambon.
“La famosa risposta improvvisata, caotica e creativa”.
In questi giorni si parla molto di quel dossier che uscì il 13 maggio 2020 e 24 ore dopo venne ritirato. Nessuno ne seppe nulla finché a un certo punto lei l’ha tirato fuori dal cappello. Come ha fatto a sapere della sua esistenza?
“Ad inizio agosto entro in contatto con il generale Lunelli che aveva scritto un rapporto sulla risposta italiana al Covid confrontandola con quella di altri Stati. Il generale stimava che avremmo potuto risparmiare fino a 10mila morti se solo avessimo avuto un’adeguata preparazione”.
E poi?
“A quel punto chiamo un mio contatto al The Guardian per parlargli del report di Lunelli. Loro scrivono un pezzo e all’interno rivelano l’esistenza del dossier Oms scomparso. A quel punto inizio a cercarlo”.
Come riesce a trovarlo?
“Con un po’ di open source intelligence”.
In pratica smanettando su internet.
“Esatto”.
Lei è un esperto oppure l’Oms non ha nascosto bene le tracce?
“Beh, come si legge nella rogatoria dei pm, Ranieri Guerra si sarebbe adoperato personalmente per far rimuovere quel documento, inclusi i link in cui sarebbe stato possibile reperirlo. Ma quello che pubblichi nel world wide web alla fine una traccia la lascia sempre”.
Allora possiamo dire che lei è l’uomo che ha incastrato Speranza.
(ride) “Quello che siamo riusciti a fare è stato merito di un lavoro di squadra: mio, del team dei legali, di alcuni parlamentari, della stampa. Sicuramente, il fatto di averlo trovato ha permesso di far emergere le responsabilità politiche di quanto successo”.
A settembre 2020 lo avete presentato alla stampa.
“Esatto. E abbiamo fatto emergere i temi più scottanti: che non c’era una linea di comando ben precisa, che nessuno sapeva bene cosa doveva fare, che il piano pandemico era stato solo ‘riconfermato’ e non ‘aggiornato’ dal 2006”.
Perché quel dossier è così importante?
“Perché rappresenta una contro narrativa, vera e fattuale, rispetto a quella artificiosa venduta dalle istituzioni. Non dimentichiamo che quel rapporto è stato scritto da scienziati, i quali dati alla mano dimostrano la totale impreparazione italiana: basti pensare che nella prima ondata la raccolta dei dati della sorveglianza epidemiologica veniva fatta in alcuni casi con carta e penna e che il primo lockdown venne definito da un membro del Cts una misura di cieca disperazione”.
Però Speranza dice: “Alla fine tutti i Paesi hanno fatto come noi”.
“Mica tanto… Per utilizzare le parole di Kluge nell’introduzione al rapporto del team di Zambon: se ci hanno seguito è perché abbiamo terrorizzato il mondo”.
Altro appunto: il ministro sostiene che il piano pandemico del 2006, aggiornato o meno, era dedicato all’influenza e il Covid non è un’influenza. Quindi sarebbe stato inutile.
“Una delle tecniche di propaganda consiste nel creare confusione. E Speranza (e non solo lui) da molti mesi pare stia tentando di gettare nel caos il circolo della comunicazione mass mediatica e l’opinione pubblica italiana. L’Oms parla di pianificazione per l’influenza pandemica, ma non significa che si applica solo all’influenza stagionale. Gli Stati devono tenersi pronti per far fronte ai vari scenari pandemici con le terapie intensive, con i dispositivi di protezione individuale, con piani intermisisteriali da attivare in caso di emergenza, indipendentemente dal tipo di virus che provoca la pandemia”.
Guerra e Cristina Salvi provarono ad edulcorare il report dell’Oms. Come giudica questa ingerenza?
“È stato un tentativo di riscrivere la storia. Direi tanto vano quanto fallimentare, a questo punto. Hanno cercato di cancellare la verità sulla mancata pianificazione e di sminuire i meriti del Veneto per proteggere le mancanze romane e lombarde”.
Stando ad una mail di Guerra del 14 maggio, la pubblicazione del report provocò delle “turbolenze istituzionali” al ministero della Salute.
“Il giorno successivo l’Eurogruppo si riuniva per definire le linee guida del Recovery Fund”.
E quindi?
“Questo rapporto non era pensato per essere letto da Speranza. Ma per essere messo a disposizione delle autorità di salute pubblica di altri Paesi. Si potrebbe allora pensare che potesse mettere in discussione una narrazione funzionale alla strategia di Conte in Europa. Mi spiego. La ripartizione dei fondi avvenne in base ai danni subiti dai Paesi a causa del Covid: un rapporto scientifico simile poteva far traballare la tesi della ‘fatalità’ sostenuta da Conte e che è stata alla base della negoziazione per l’assegnazione dei fondi. Non credo che i “frugali” si sarebbero prestati”.
Ma Speranza dice che quel report fu “indifferente” al governo.
“Dal suo ufficio stampa dissero anche che nessuno del ministero lo aveva letto, e invece dalla rogatoria emerge tutt’altro…”.
Guerra in una chat scrive che ci fu un incontro con il capo di Gabinetto e con lo stesso ministro per parlare di come mettere mano al dossier.
“Magari di sua iniziativa non si sarà mobilitato per farlo sparire, ma Speranza ricopre una figura istituzionale su cui ricade il peso delle azioni dei suoi collaboratori”.
Perché Guerra era così interessato a modificarlo?
“Lui era a capo del dipartimento che avrebbe dovuto attivarsi per aggiornare il piano pandemico. Ma credo che la sua maggior preoccupazione fosse quella di non procurare il disappunto del ministro Speranza”.
Ma perché?
“Pare che Guerra fosse interessato ad un ruolo nel G20. E poi c’è quella mail in cui lui parla di un’Oms come ‘consapevole foglia di fico’ per le scelte impopolari del governo in cui si fa accenno al fatto che, dopo anni di magra, l’Italia avesse finalmente deciso di destinare 10 milioni di euro di finanziamento proprio all’Oms”.
Ha letto il libro di Speranza?
“Alcune parti”.
Cosa l’ha colpita?
“Quando sostiene non ci fosse un manuale di istruzioni contro la pandemia: un manuale c’era, e si chiamava piano pandemico attorno a cui costruire delle capacità fondamentali che noi non abbiamo mai sviluppato”.
Eppure l’Italia con le sue autovalutazioni ha sempre detto all’Oms e all’Ue di essere pronta.
“Bugie documentate su cui pure la Procura di Bergamo mi risulta stia indagando”.
A che punto è la verità su quanto successo un anno fa?
“Un pezzo di verità storica è emersa. Ormai è chiaro che le istituzioni, negligenti, hanno delle responsabilità su quanto successo. Per questo oltre a risponderne dal punto di vista penale (se e dove ci saranno gli estremi) è necessario che lo Stato si adoperi per risarcire le famiglie delle vittime del Covid. A partire dai parenti in causa presso il Tribunale civile di Roma”.
Speranza si fregia del fatto di aver fatto della trasparenza la sua stella polare. È così?
“Bisogna chiederlo agli onorevoli di Fdl, che per riuscire a ottenere il piano segreto o i verbali della task force sono dovuti ricorrere al Tar. E vorrei dire una cosa in merito…”.
Prego.
“Vorrei dare atto all’onorevole Galeazzo Bignami di FdI di essere stato l’unico esponente del mondo della politica (locale, regionale e nazionale) ad entrare in contatto con i familiari delle vittime non per interessi di parte, ma al solo scopo far emergere la verità su quanto successo”.
Mi dica: secondo lei Speranza dovrebbe dimettersi?
“Sono valutazioni politiche. Ma sarebbe un atto di trasparenza istituzionale e di rispetto nei confronti dei familiari delle vittime. Se lo facesse significherebbe ammettere che in Italia non è andato tutto bene e che la sua gestione, sia nella prima che nella seconda fase, è stata decisamente carente. Basta fare il confronto con gli altri Paesi. E poi lo dice pure il Global Preparedness Monitoring Board dell’Oms: la prima lezione appresa dalla Covid è che la leadership politica fa la differenza. E lui l’ha fatta in negativo”
Covid e Estate 2021, per le spiagge le stesse regole del 2020
A dirlo è Marco Scajola, coordinatore del tavolo interregionale sul Demanio, dopo una riunione con le Regioni sulle linee guida per l’avvio della stagione balneare. Le indicazioni dello scorso anno, secondo il ministro Massimo Garavaglia, “sono quelle da cui ripartire”, ha detto (Fonte SkyTG24).Et voilà!
Meloni: “Garante privacy boccia ‘certificazioni verdi’”
“Il Garante per la privacy boccia le cosiddette “certificazioni verdi” introdotte dal Governo Draghi e critica duramente il decreto “riaperture”, che non rappresenta una base normativa idonea e presenta gravi criticità sul trattamento e la protezione dei dati personali dei cittadini. È l’ennesima falla di un decreto inaccettabile, che calpesta le più elementari libertà degli italiani e che Fratelli d’Italia contrasterà con forza in Parlamento e non solo”. Lo dichiara il Presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni (Fonte SkyTG24).
Celotto: “Intasamento burocratico con pass vaccinale”
Più che un problema di privacy, che pure esiste, quello che verrà scatenato dal pass vaccinale sarà un vero e proprio “intasamento burocratico, è un pass che dovrebbe riguardare oltre 55 milioni di italiani e che andrebbe rinnovato di continuo”. Lo dice il professor Alfonso Celotto, costituzionalista, professore di Diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’università Roma Tre, commentando l’avvertimento formale al governo da parte del Garante della privacy, che ha rilevato gravi criticità nella norma per la creazione e la gestione delle “certificazioni verdi” (Fonte SkyTG24).
PROFANAZIONE A PADOVA
Vaccino in chiesa: falsa carità, vera idolatria
A Padova il vescovo acconsente senza batter ciglio alla richiesta di un medico di vaccinare in chiesa, contravvenendo alle stesse disposizioni della Cei. Non c'erano altri luoghi? «Sì, ma io frequento quella parrocchia», dice il medico alla Bussola. Una falsa carità che svela come ormai il vaccino sia un idolo di fronte a cui inginocchiarsi.
Quando il vaccino chiama tutti si mettono sull’attenti. Un esempio di come la campagna vaccinale rappresenti ormai una priorità su tutto e tutti ci arriva da Padova dove il parroco della chiesa di San Paolo ha messo a disposizione la chiesa per effettuare gli inoculi. “Vaccino in chiesa”, titolano entusiasti i giornali locali. Non è la prima volta che accade, ma è la continuazione di quella che ormai sta diventando un’abitudine che calpesta il sacro ed eleva il siero a nuovo idolo di fronte al quale tutto si deve fermare e tutto si deve regolare senza neppure interrogarsi.
Siamo nel quartiere Sant’Osvaldo di Padova. È qui che il parroco don Paolo Rizzato ha ricevuto la richiesta di un medico di medicina generale di poter utilizzare la chiesa per effettuare le vaccinazioni dei suoi pazienti. Il sacerdote, ben contento della richiesta e per nulla dubbioso circa l’inopportunità della cosa, oltre che la sua legittimità secondo le norme canoniche, ha sottoposto il quesito al vescovo patavino Claudio Cipolla e in men che non si dica, la dottoressa ha ottenuto il placet di poter vaccinare i suoi pazienti dentro il tempio. Appuntamento per questa mattina, tra le due messe del giorno.
Problemi? Neanche uno, stando a quanto riferisce Daniela Toderini alla Bussola. Tutto avviene sull’onda della vaccinocrazia che come un rullo compressore schiaccia tutto, figuriamoci le perplessità.
«Anzitutto non è una location insolita – spiega la dottoressa -. L’hanno fatto anche a Palermo e poi ricordo che in alcune chiese sono stati accolti molti senza tetto in passato, i quali hanno bivaccato per diversi giorni. Il mio ambulatorio non è capiente a sufficienza mentre la chiesa possiede le caratteristiche ideali».
Chiediamo perché non si sia rivolta all’Asl di Padova, lei che ne è dipendente, oppure all’hub vaccinale allestito in Fiera a Padova. Risposta: «Perché i miei pazienti sono anziani e non voglio scomodarli con i mezzi pubblici e poi io sono un medico di medicina generale e non vado a vaccinare in hub».
Insistiamo: nei paraggi del suo ambulatorio c’è anche un cinema, il Rex, che guarda caso è chiuso e anche una bocciofila, anch’essa chiusa, oltre a un circolo tennis. Insomma: anche ammesso di non poter ricorrere all’hub in Fiera, ci sarebbero altre strutture che potrebbero ospitare i suoi pazienti. «Sì, il cinema potrebbe andare bene – prosegue -, ma la chiesa ha caratteristiche ancora più adatte, areazione, uscite etc… e poi: frequento la parrocchia e conosco il parroco. Mi è venuto più semplice chiedere a lui».
Ecco svelato l’arcano. Non essendo in uno sperduto villaggio del Burundi, dove la chiesa spesso è l’unico luogo coperto da un tetto e igienicamente accettabile, ma in una delle città più importanti del Veneto, che bisogno c’era di utilizzare una chiesa?
È chiaro che tutte le motivazioni che hanno animato la dottoressa Toderini avrebbero dovuto essere vagliate dall’autorità ecclesiale che si sarebbe dovuta chiedere se fosse opportuno aprire le porte di un luogo di culto per questo scopo, se proprio, insomma, non c'era altra strada da percorrere per evitare una profanazione come quella che invece avverrà stamattina.
Ma questa domanda, se non è obbligatorio che se la faccia un medico, dovrebbe essere di rigore da parte dell’autorità ecclesiastica. Invece a Padova, dal vescovo in giù sono apparsi tutti d’accordo: il vaccino è la cosa più importante, se un medico chiama, bisogna accontentarlo perché questo è ciò che conta davvero oggi. E bisogna accontentarlo anche se le motivazioni della richiesta, la comodità o la vicinanza per i pazienti, non stanno in piedi. Anzi, per certi versi appaiono quasi come una pretesa scientista: siccome io sono medico e il vaccino è il nuovo idolo, fatevi da parte e non discutete.
Il comunicato stampa della diocesi sprizza entusiasmo da ogni poro e anche al telefono la portavoce del vescovo si stupisce delle nostre domande insistenti non appena le ricordiamo che la stessa Cei, nell’invitare il cardinal Bassetti tutti i vescovi e i parroci a mettere a disposizione le parrocchie, si è premurata di specificare che i luoghi di culto erano esclusi dalla campagna vaccinale. Invece, come abbiamo visto anche altrove, qualcuno fa finta di niente oppure pensa di potersi giustificare dietro una scusa sempre più valida della regola, tanto nessuno controllerà e nessuno interverrà, soprattutto se c’è il timbro della benedizione episcopale.
La storia di Padova condensa in un solo fatto di cronaca tre elementi ormai portanti di una Chiesa di Stato ormai senza più alcuna identità: anzitutto il vaccino come idolo al quale piegarsi senza fare domande, proni a qualunque tipo di richiesta come se all'infuori del vaccino non ci fosse nient'altro, neppure la ragione. In secondo luogo la chiesa come luogo polivalente per qualunque tipo di servizio come è stato evidenziato dalla campagna #salviamolechiese: si è cominciato con i pranzi di solidarietà, si è proseguito con gli spettacoli, ora il convento passa le vaccinazioni.
Infine il falso solidarismo che spaccia per carità cristiana quello che è invece è solo opportunismo e disinteresse verso le stesse regole che i vescovi si sono dati. Un quadro desolante che proietta la Chiesa e le chiese di mattoni nell’irrilevanza più totale, che oggi vengono usate per uno scopo e domani verranno richieste per altri.
La diocesi ha precisato che la mini-campagna durerà solo per oggi e per una cinquantina di pazienti che si vaccineranno stamattina, ma si è resa disponibile a riaprire la chiesa qualora ce ne fosse la necessità. A precisa domanda, la dottoressa Toderini ci ha detto di avere mille vaccini da fare. Campa cavallo…
Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/vaccino-in-chiesa-falsa-carita-vera-idolatria
Cure domiciliari coronavirus: la decisione a sorpresa del Consiglio di Stato che ribalta quella del Tar di marzo. A tal proposito rilanciamo un articolo di Francesco Servadio, pubblicato su buongiornosuedtirol.it
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