Domande e risposte sul Vaticano II
Oggi la Chiesa celebra il 50° anniversario del Concilio Vaticano II. Perché è considerato l’evento religioso più importante del XX secolo?È lo spartiacque che ha cambiato il volto della Chiesa. Fu un evento grandioso: tremila vescovi (2090 da Europa e continente americano, 408 dall’Asia, 351 dall’Africa e 74 dall’Oceania) riuniti in San Pietro per dialogare con la modernità. Annunciata il 25 gennaio 1959, la più grande assise che la cristianità abbia mai conosciuto si aprì l’11 ottobre 1962. Il Vaticano II, il ventunesimo concilio della Storia della Chiesa, terminò tre anni dopo, l’8 dicembre 1965. Voluto da Giovanni XXIII, sarà guidato e concluso da Paolo VI. Su quasi tremila partecipanti ne sono ancora vivi 96. Ratzinger era assistente dell’arcivescovo di Colonia Frings, antagonista del cardinale Ottaviani, prefetto del Sant’Uffizio e presidente della commissione teologica, che cercava di frenare le riforme.
Per Joseph Ratzinger quella di oggi è anche una ricorrenza «personale»?
Sì. Benedetto XVI, che ha promosso l’Anno della Fede per ricordare i 50 anni del Concilio, è anche uno degli ultimi protagonisti viventi di quell’evento, al quale l’allora 38enne sacerdote tedesco contribuì in veste di perito. «Ero un teologo giovane, senza grande importanza invitato chissà perché, ma ero in compagnia di tanti grandi», ha tenuto a sottolineare lo scorso 9 luglio Ratzinger, dando voce a una sensazione che sembra unire tutti i testimoni sopravvissuti. In un’intervista del 1977 Ratzinger affermò che il Concilio è stato «un terremoto e al tempo stesso una crisi salutare».
Come si collocava in Concilio Ratzinger?
Come perito conciliare era annoverato tra i «progressisti» e partecipava alle riunioni della «fronda» di lingua tedesca nel collegio romano di Santa Maria dell’Anima, ma come docente in Germania ha subito i contraccolpi del dopo-Concilio negli anni tesi della contestazione. La vita e la riflessione di Ratzinger sono intrecciati con il Concilio di cui è insieme protagonista, testimone e custode. In un discorso alla Curia nel dicembre 2005, la categoria che ha scelto per valutare il Vaticano II è quella della «riforma», di Giovanni XXIII e Paolo VI.
Fu un’assise «maschilista»?
Le donne, come anche i laici, non parteciparono attivamente al Concilio: le 23 donne ammesse ai lavori da Paolo VI, a partire dal 1964, erano uditrici senza diritto di parola. Ma la ricerca storica ha ricostruito il peso che queste donne, ammesse in aula con il velo nero in testa e che i padri sinodali chiamarono «madri», esercitarono nel sollecitare il Vaticano II a porsi problemi reali sulla condizione femminile e sui diritti delle donne. Anche per questo nella Chiesa cattolica ora esistono delle teologhe: grazie al Concilio è finito il monopolio maschile sulla teologia. La ricerca storica, che da oltre vent’anni ha prodotto risultati di rilievo grazie anche alla pubblicità degli atti del Concilio voluta da Paolo VI, ha contribuito al dibattito sulla «ermeneutica del Concilio», cioè sulla sua interpretazione: fu rottura o fu in continuità con la tradizione? Fu rivoluzione o fu riforma?
Come era la Chiesa prima del Concilio?
Prima del Vaticano II la messa era celebrata in latino, che oltre ai sacerdoti nessuno capiva, e con il prete che volgeva le spalle alle persone. La Bibbia era un oggetto sconosciuto per i fedeli, praticamente nessuno l’aveva a casa o era capace di leggerla. I non cattolici e le altre religioni erano guardati talora con diffidenza, e gli ebrei visti con ostilità e sospetto, benché per volontà di Giovanni XXIII non fossero più definiti «perfidi» in una preghiera liturgica. Lo sguardo di speranza sul mondo di Papa Roncalli non aveva conformato in profondità la Chiesa e la discussione teologica e culturale non era in auge tra clero e fedeli. Le Chiese del terzo mondo e i poveri non erano al centro dell’attenzione della Chiesa di Roma.
Cosa è cambiato dopo?
Fu un concilio ecumenico, tutti i vescovi del mondo cattolico in Vaticano, gli «stati generali» della Chiesa di fronte al mondo moderno. Ha modellato la Chiesa come la conosciamo oggi e come la vivono un miliardo di fedeli nel mondo. E questo anche se non è nato dal nulla, ma ha affondato le sue radici nei movimenti biblico, liturgico ed ecumenico che già ai primi del Novecento avevano mosso passi significativi. Il Concilio ha prodotto un profondo rinnovamento nella liturgia, negli studi biblici, nel dialogo con le altre Chiese. Ha riaffermato i diritti e tra questi quello alla libertà religiosa. Ha investito i laici di un nuovo e più partecipato ruolo nella Chiesa. Sarebbe sbagliato ridurre il Vaticano II ai documenti approvati, seppure in alcuni casi assolutamente innovativi sul piano ecclesiale e culturale. La nuova Messa, con l’uso delle lingue parlate, il protagonismo dei fedeli nell’assemblea liturgica, l’adozione di mezzi musicali e linguaggi musicali talvolta di rottura, ha trasformato in profondità la vita dei cattolici in tutto il mondo. Con l’approvazione nel dicembre 1963 della costituzione «Sacrosantum Concilium» che riforma la liturgia, iniziò una nuova epoca. La Chiesa non poteva essere più la stessa.
Giacomo GaleazziCittà del Vaticano
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