ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 14 marzo 2013

BERGOGLIO: UN AUTENTICO, PERICOLOSO, GESUITA DI RAZZA

Il nuovo capo della Chiesa cattolica ha immediatamente posto i puntini sulle “i” come si è rivolto alla folla con discorso da gesuita coi controfiocchi: egli si è rivolto ai romani esibendosi in un’apparente e quasi ingenua captatio benevolentiae presentandosi come Vescovo di Roma. Questo, però, era solo un modo per liquidare il predecessore ancora in vita, che ha così potuto definire Vescovo Emerito, e non Papa Emerito come lo definiscono in molti. Insomma: di Papa in Roma c’è n’è uno ed uno solo, e quell’uno è il gesuita Bergoglio.
La ruffianeria verso le masse è, invece, stata nel parafrasare Wojtyła, il più mediatico dei Papi, quello che esordì definendosi «il nuovo Papa chiamato di un paese lontano», ma Bergoglio assimilandosi al polacco rimarca che lui è di più: perché lui «I fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo». 

Una elezione che ha spiazzato i bookmakers e i vaticanisti, perché il papa era entrato in Conclave sottotraccia e con abilità gesuitesca era, quindi, riuscito a restare a margine di ogni dibattito e possibili critiche o polemiche sull’opportunità del suo nome. E ce ne sarebbe stato ampio e motivato spazio: le relazioni di Bergoglio con la terribile dittatura argentina degli anni ’70 nascondono molte più ombre del semplice essere stato nella contraerea tedesca, fatto che fu aspramente rimproverato al “Vescovo Emerito di Roma”.

E proprio nella scelta sudamericana bisogna poi vedere le grandi capacità di analisi geopolitica della Chiesa. La coincidenza della recente scomparsa di Chavez, che lascia privo l’immaginario popolare latinoamericano di un punto di riferimento forte, dà un ulteriore valore aggiunto alla scelta dei cardinali: si offre un nuovo idolo cui rivolgersi. Nel continente dove la Chiesa cattolica pesca il maggior numero di adepti, inoltre, si andava creando un pericoloso asse socialisteggiante e laico cui andava posto argine. Le rivendicazioni socioeconomiche devono rientrare nell’alveo della carità ed il nome Francesco è la ciliegina sulla torta.

Viste le ombre di connivenza con la dittatura argentina, non è difficile prevedere quali saranno le linee di condotta di Papa Francesco, che saprà sicuramente comportarsi esteriormente, da buon gesuita, nello stile del poverello di Assisi, ma non dimentichiamo che il Santo nel suo tentativo di riformare la Chiesa non ebbe il coraggio di arrivare all’eresia e si piegò a servire il Papa di un Vaticano che continuava ad accumulare ricchezze. Una sconfitta, quella di Francesco, che oggi raggiunge le massime vette con lo schiaffo dato ai francescani dai loro arcinemici gesuiti, attraverso la scelta del suo nome da parte di Bergoglio.

Diversa, probabilmente, sarà la sostanza del messaggio, forse più tesa ad esaltare il pauperismo e la carità, anziché le giuste rivendicazioni sociali ed il benessere diffuso. Francesco era il nome quasi vietato, più ancora di Pietro, ma invocato da molti. E il raffinato gesuita ha saputo cogliere le istanze popolari: un segnale importante, ma di abilità politica e non di cambio di rotta; un vero Francesco non può controllare lo IOR, Papa Luciani insegna.

L’avversario di Ratzinger del penultimo Conclave, è dunque riuscito nel suo disegno e, quindi, se prima si poteva credere che Benedetto XVI si fosse dimesso per stanchezza ed età, ora ogni ipotesi di complotto diventa legittima, essendo il complotto tutt’altro che alieno dallo stile gesuita.

Bergoglio è riuscito in quello che sembrava impossibile: un gesuita al soglio di Pietro. Membro di un ordine quasi incontrollabile che per questo prendeva un ulteriore voto di obbedienza al Papa, l’unico a cui fossero sottomessi. Adesso, con Francesco Papa, sono però responsabili solo di fronte a se stessi e di Papi in Roma ne hanno due. Quello ufficiale e quello “nero”, come è infatti chiamato il Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolás Pachón.

Per i suoi interessi la Chiesa, o lo Spirito Santo secondo i credenti, non poteva fare scelta migliore. Sono tempi complicati e non c’è figura più adatta di un gesuita per gestirli, grazie alla raffinata preparazione dei membri della Compagnia, ma anche alla leggerezza morale di cui sono spesso accusati perfino all’interno della comunità dei credenti, fin dai tempi di Pascal.

Queste doti, però, se saranno utili alla Chiesa non è detto che saranno un bene per il resto del mondo. Ricordiamo sempre che gli stati secolari spesso li cacciarono dai loro confini, riuscendo anche ad ottenerne una temporanea abolizione, per la loro pericolosità ed ingerenza negli affari del mondo. Un’accusa che ogni bravo gesuita sa facilmente rivoltare, facendo credere che ciò avveniva perché loro si schieravano contro l’oppressione del potere: ed è esattamente l’impressione che il Papa, nero come un Cuervo (Los cuervos, i corvi, così si chiamano i sostenitori del San Lorenzo di cui Bergoglio è tifoso: come «Papa Cuervo» è stato salutato sul sito della squadra), ha immediatamente voluto dare, da vero gesuita di razza.

Ferdinando Menconi
www.ilribelle.com


Per gentile concessione de “La Voce del Ribelle”

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Papa Francesco e le sue affinità con Wojtyla dietro la “cordialità” con Ratzinger

Ieri la telefonata con Benedetto XVI, oggi probabilmente l'incontro a Castel Gandolfo. Jorge Mario Bergoglio guiderà la Chiesa sotto lo sguardo del suo predecessore e con il rischio altissimo di "sconfessarlo in vita". Dal punto di vista teologico, filosofico, spirituale e pastorale la storia lo lega più a Giovanni Paolo II

San Pietro
Otto anni fa, infatti, erano stati proprio Bergoglio e Ratzinger “i ceci nella pentola”, ovvero i porporati che ottennero il maggior numero di voti, secondo la metafora del Papa buono, Giovanni XXIII, che a ogni votazione salivano e scendevano. Quelle ore gravi e drammatiche in cui i 115 cardinali elettori, proprio come oggi, sceglievano il successore del grande Papa polacco, che per ventisette anni aveva fatto “sognare” il mondo, furono segnate dalle lacrime. Quelle di Bergoglio che tremava all’idea di indossare la tiara dopo Karol Wojtyla. Nella quarta e risolutiva votazione di quel conclave alcuni voti passarono da Bergoglio a Ratzinger così da consentire la fumata bianca. Papa Francesco, che a differenza di Albino Luciani non vuole che il suo nome sia seguito dal numero primo, cita subito il “Vescovo emerito di Roma” nel suo primo saluto imbarazzato ed emozionato ai fedeli presenti da ore sotto la pioggia in piazza San Pietro. Benedetto XVI aveva preferito il titolo di “Papa emerito”, ma Bergoglio usa anche per sé la definizione di “Vescovo di Roma” e non di Papa o Sommo Pontefice. È un vescovo della Città eterna “preso quasi alla fine del mondo”, che cita il suo cardinale vicario per Roma, più che il capo della Chiesa cattolica ovvero universale. Ha la stessa età che aveva Giovanni XXIII quando fu eletto Papa, ovvero 77 anni. Un vescovo di Roma figlio di sant’Ignazio di Loyola che sceglie di chiamarsi come il poverello di Assisi.
Un Papa religioso dopo undici pontificati e quasi due secoli, chiamato a governare la barca di Pietro sotto lo sguardo del suo predecessore e il rischio altissimo di “sconfessarlo” in vita. Bergoglio è il Papa “battuto” da Ratzinger nel conclave del 2005 che riceve la tiara grazie alla rinuncia al pontificato di Benedetto XVI. Francesco è già il Pontefice dei record: il primo gesuita a sedere sul trono di Pietro, il primo Vescovo di Roma dopo più di mille anni che non proviene dal vecchio continente, il primo latinoamericano a indossare l’abito bianco e il primo cardinale creato da Karol Wojtyla a portare al dito l’anello piscatorio. Nel 2001, infatti, nel suo penultimo concistoro, il Papa polacco impose la berretta rossa sul capo di Bergoglio, da lui scelto per guidare l’arcidiocesi di Buenos Aires. C’è grande affinità teologica, filosofica, spirituale e pastorale tra Giovanni Paolo II e Francesco. Nel cuore di entrambi il sigillo mariano. Entrambi, fino all’elezione al soglio di Pietro, erano lontanissimi dai circuiti di governo e di potere della Curia romana. Entrambi, fino alla fumata bianca, erano vescovi residenziali, ovvero a capo di due importanti diocesi cardinalizie del mondo: Cracovia e Buenos Aires.
Un Papa, Francesco, che si presenta semplicemente vestito di bianco e saluta timidamente la folla con lo stesso tremore nel cuore di Wojtyla: la paura che un vescovo proveniente da così lontano possa non essere accolto dai romani. È troppo presto per dire quale sarà il pontificato di Francesco. La collegialità è, lo si comprende dalle sue prime parole e dai suoi primissimi gesti, al centro della sua agenda. Ma c’è la Curia romana post Vatileaks che aspetta il nuovo Papa. E forse è proprio per questo che Benedetto XVI ha voluto che il suo successore, prima di presentarsi al mondo, si soffermasse nella Cappella Paolina, in Vaticano. È qui che Papa Francesco ha pregato davanti a “La crocifissione di san Pietro” di Michelangelo Buonarroti. È qui che ha potuto ricordare che tutti i Pontefici hanno avuto nei secoli la loro “crocifissione”. Quella di Benedetto XVI ha avuto un doppio nome: lo scandalo dei preti pedofili e la vicenda Vatileaks. Come si chiamerà quella del successore Francesco? Forse è per questo che, stamane, alle otto del mattino, Papa Bergoglio si è fatto pellegrino nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore e ha pregato davanti all’icona di Maria salus populi romani.
Un gesto mariano che richiama quello compiuto da Giovanni Paolo II quando, proprio all’indomani della sua “nomina”, andò a pregare al santuario della Mentorella dedicato alla Madonna delle grazie. Lì era stato prima di entrare nella clausura del secondo conclave del 1978. Lì ritornò subito dopo l’habemus Papam per affidare il suo pontificato a colei che amava definire la “madre del mio maestro” e alla quale consacrò tutta la sua vita. Più tradizionalista, invece, Benedetto XVI che, il giorno dopo la sua elezione, rispettò il protocollo celebrando la mattina, nella Cappella Sistina, la prima Messa da Papa con i cardinali elettori. Francesco ha preferito posticiparla a oggi pomeriggio: l’abbraccio con il predecessore Benedetto XVI non può attendere.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/14/papa-francesco-e-sue-affinita-con-wojtyla-dietro-cordialita-con-ratzinger/529720/

Tutti gioiosi per Bergoglio, in particolare la Massoneria

Il Gran Maestro Raffi: “Con Papa Francesco nulla sarà più come prima. Chiara la scelta di fraternità per una Chiesa del dialogo, non contaminata dalle logiche e dalle tentazioni del potere temporale”
Uomo dei poveri e lontano dalla Curia. Fraternità e voglia di dialogo le sue prime parole concrete: forse nella Chiesa nulla sarà più come prima. Il nostro auspicio è che il pontificato di Francesco, il Papa che ‘viene dalla fine del mondo’ possa segnare il ritorno della Chiesa-Parola rispetto alla Chiesa-istituzione, promuovendo un confronto aperto con il mondo contemporaneo, con credenti e non, secondo la primavera del Vaticano II”. Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, commenta così l’inizio del pontificato di Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio.“Il gesuita che è vicino agli ultimi della storia – prosegue Raffi – ha la grande occasione per mostrare al mondo il volto di una Chiesa che deve recuperare l’annuncio di una nuova umanità, non il peso di un’istituzione che si arrocca a difesa dei propri privilegi. Bergoglio conosce la vita reale e ricorderà la lezione di uno dei suoi teologi di riferimento, Romano Guardini, per il quale non si può staccare la verità dall’amore”.
La semplice croce che ha indossato sulla veste bianca – conclude il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani – lascia sperare che unaChiesa del popolo ritrovi la capacità di dialogare con tutti gli uomini di buona volontà e con la Massoneria che, come insegna l’esperienza dell’America Latina, lavora per il bene e il progresso dell’umanità, avendo come riferimenti Bolivar, Allende e José Martí, solo per citarne alcuni. E’ questa la ‘fumata bianca’ che aspettiamo dalla Chiesa del nostro tempo”.
Roma, Villa il Vascello 14 marzo 2013 – Comunicato del Grande Oriente d’Italia, pubblicato sul sito ufficialewww.grandeoriente.it

1 commento:

  1. Gli atti e le parole di papa Francesco sono chiari, chiarissimi e trasmettono il vero messaggio evangelico. Gli eretici e fanatici invasati antipapisti non faranno strada: le loro stolte considerazioni vanno dritte nella pattumiera della Chiesa.

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