Otto anni fa, infatti, erano stati proprio Bergoglio e Ratzinger “i ceci nella pentola”, ovvero i porporati che ottennero il maggior numero di voti, secondo la metafora del Papa buono, Giovanni XXIII, che a ogni votazione salivano e scendevano. Quelle ore gravi e drammatiche in cui i 115 cardinali elettori, proprio come oggi, sceglievano il successore del grande Papa polacco, che per ventisette anni aveva fatto “sognare” il mondo, furono segnate dalle lacrime. Quelle di Bergoglio che tremava all’idea di indossare la tiara dopo Karol Wojtyla. Nella quarta e risolutiva votazione di quel conclave alcuni voti passarono da Bergoglio a Ratzinger così da consentire la fumata bianca. Papa Francesco, che a differenza di Albino Luciani non vuole che il suo nome sia seguito dal numero primo, cita subito il “Vescovo emerito di Roma” nel suo primo saluto imbarazzato ed emozionato ai fedeli presenti da ore sotto la pioggia in piazza San Pietro. Benedetto XVI aveva preferito il titolo di “Papa emerito”, ma Bergoglio usa anche per sé la definizione di “Vescovo di Roma” e non di Papa o Sommo Pontefice. È un vescovo della Città eterna “preso quasi alla fine del mondo”, che cita il suo cardinale vicario per Roma, più che il capo della Chiesa cattolica ovvero universale. Ha la stessa età che aveva Giovanni XXIII quando fu eletto Papa, ovvero 77 anni. Un vescovo di Roma figlio di sant’Ignazio di Loyola che sceglie di chiamarsi come il poverello di Assisi.
Un Papa religioso dopo undici pontificati e quasi due secoli, chiamato a governare la barca di Pietro sotto lo sguardo del suo predecessore e il rischio altissimo di “sconfessarlo” in vita. Bergoglio è il Papa “battuto” da Ratzinger nel conclave del 2005 che riceve la tiara grazie alla rinuncia al pontificato di Benedetto XVI. Francesco è già il Pontefice dei record: il primo gesuita a sedere sul trono di Pietro, il primo Vescovo di Roma dopo più di mille anni che non proviene dal vecchio continente, il primo latinoamericano a indossare l’abito bianco e il primo cardinale creato da Karol Wojtyla a portare al dito l’anello piscatorio. Nel 2001, infatti, nel suo penultimo concistoro, il Papa polacco impose la berretta rossa sul capo di Bergoglio, da lui scelto per guidare l’arcidiocesi di Buenos Aires. C’è grande affinità teologica, filosofica, spirituale e pastorale tra Giovanni Paolo II e Francesco. Nel cuore di entrambi il sigillo mariano. Entrambi, fino all’elezione al soglio di Pietro, erano lontanissimi dai circuiti di governo e di potere della Curia romana. Entrambi, fino alla fumata bianca, erano vescovi residenziali, ovvero a capo di due importanti diocesi cardinalizie del mondo: Cracovia e Buenos Aires.
Un Papa, Francesco, che si presenta semplicemente vestito di bianco e saluta timidamente la folla con lo stesso tremore nel cuore di Wojtyla: la paura che un vescovo proveniente da così lontano possa non essere accolto dai romani. È troppo presto per dire quale sarà il pontificato di Francesco. La collegialità è, lo si comprende dalle sue prime parole e dai suoi primissimi gesti, al centro della sua agenda. Ma c’è
la Curia romana post Vatileaks che aspetta il nuovo Papa. E forse è proprio per questo che Benedetto XVI ha voluto che il suo successore, prima di presentarsi al mondo, si soffermasse nella Cappella Paolina, in Vaticano. È qui che Papa Francesco ha pregato davanti a “La crocifissione di san Pietro” di Michelangelo Buonarroti. È qui che ha potuto ricordare che tutti i Pontefici hanno avuto nei secoli la loro “crocifissione”. Quella di Benedetto XVI ha avuto un doppio nome: lo scandalo dei preti pedofili e la vicenda Vatileaks. Come si chiamerà quella del successore Francesco? Forse è per questo che, stamane, alle otto del mattino,
Papa Bergoglio si è fatto pellegrino nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore e ha pregato davanti all’icona di Maria salus populi romani.
Un gesto mariano che richiama quello compiuto da Giovanni Paolo II quando, proprio all’indomani della sua “nomina”, andò a pregare al santuario della Mentorella dedicato alla Madonna delle grazie. Lì era stato prima di entrare nella clausura del secondo conclave del 1978. Lì ritornò subito dopo l’habemus Papam per affidare il suo pontificato a colei che amava definire la “madre del mio maestro” e alla quale consacrò tutta la sua vita. Più tradizionalista, invece, Benedetto XVI che, il giorno dopo la sua elezione, rispettò il protocollo celebrando la mattina, nella Cappella Sistina, la prima Messa da Papa con i cardinali elettori. Francesco ha preferito posticiparla a oggi pomeriggio: l’abbraccio con il predecessore Benedetto XVI non può attendere.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/14/papa-francesco-e-sue-affinita-con-wojtyla-dietro-cordialita-con-ratzinger/529720/
Tutti
gioiosi per Bergoglio, in particolare la Massoneria
Il Gran
Maestro Raffi: “Con Papa Francesco nulla sarà più come prima.
Chiara la scelta di fraternità per una Chiesa del dialogo, non
contaminata dalle logiche e dalle tentazioni del potere temporale”
“Uomo
dei poveri e lontano dalla Curia. Fraternità e voglia di dialogo le
sue prime parole concrete: forse nella Chiesa nulla sarà più come
prima. Il nostro auspicio è che il pontificato di Francesco, il Papa
che ‘viene dalla fine del mondo’ possa
segnare il ritorno della Chiesa-Parola rispetto alla
Chiesa-istituzione, promuovendo un confronto aperto con il mondo
contemporaneo, con credenti e non, secondo la primavera del Vaticano
II”. Gustavo
Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, commenta così
l’inizio del pontificato di Francesco, al secolo Jorge Mario
Bergoglio.“Il
gesuita che è vicino agli ultimi della storia –
prosegue Raffi – ha
la grande occasione per mostrare al mondo il volto di una Chiesa che
deve recuperare l’annuncio di una nuova umanità, non il peso di
un’istituzione che si arrocca a difesa dei propri
privilegi. Bergoglio
conosce la vita reale e ricorderà la lezione di uno dei suoi teologi
di riferimento, Romano Guardini, per il quale non si può staccare la
verità dall’amore”.
“La
semplice croce che ha indossato sulla veste bianca –
conclude il Gran Maestro di Palazzo Giustiniani – lascia
sperare che unaChiesa
del popolo ritrovi la capacità di dialogare con tutti gli uomini di
buona volontà e con la Massoneria che, come insegna l’esperienza
dell’America Latina, lavora per il bene e il progresso
dell’umanità, avendo come riferimenti Bolivar, Allende e José
Martí, solo per citarne alcuni. E’ questa la ‘fumata bianca’
che aspettiamo dalla Chiesa del nostro tempo”.
Roma,
Villa il Vascello 14 marzo 2013 – Comunicato del Grande Oriente
d’Italia, pubblicato sul sito ufficialewww.grandeoriente.it
Gli atti e le parole di papa Francesco sono chiari, chiarissimi e trasmettono il vero messaggio evangelico. Gli eretici e fanatici invasati antipapisti non faranno strada: le loro stolte considerazioni vanno dritte nella pattumiera della Chiesa.
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