ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 dicembre 2017

"Normale" quel che normale non è

VIAGGI "APOSTOLICI" PERCHE'? 


Viaggi "Apostolici" o per i "Diritti umani"? Qual è la ratio dei viaggi del papa ed è normale che vada in Myanmar ed elogi Buddha e mai Gesù? sotto la dicitura "Diritti umani" oggi se ne contrabbandano molti di anti-cristiani
di Francesco Lamendola  


  

Ormai ci siamo abituati, o ci stiamo abituando; e proprio questo è il male: che non ci facciamo più caso e consideriamo, più o meno, come "normale" quel che normale non è, assolutamente. Non è affatto normale che il papa vada in Myanmar ed elogi Buddha, ma non faccia neppure il nome di Gesù Cristo. Tuttavia, penserà qualcuno, ha nominato san Francesco d'Assisi: non è la stessa cosa? Certo che non lo è: la religione cattolica fa perno su Gesù Cristo, è la fede in Gesù Cristo, e solamente in Gesù Cristo; non nei Santi, pur tributando, e a ragione, un culto e una devozione per ciascuno di essi, e anche per loro tutti insieme (la comunione dei Santi). Oltre a questo, dalle parole del papa sembrava che Buddha e san Francesco fossero un po' equivalenti, due guide spirituali di valore equiparabile: il che, per un cattolico, è quanto meno fuorviante. Ma, obietterà ancora qualche irriducibile ottimista, il papa non si rivolgeva tanto ai cattolici, bensì agli "altri", visto che era in visita a ad un Paese non cristiano, e dove i cattolici sono veramente pochi. Già, il punto è proprio questo: cosa era andato a fare, il papa, nel Myanmar? Cosa va a fare, un sommo pontefice romano, nei Paesi del mondo, specie quelli di tradizione non cattolica? Va a fare del turismo culturale, della promozione filantropica, va a tenere discorsi sull'ambiente, la giustizia sociale, la pace nel mondo, come potrebbe fare un qualsiasi membro del  Club di Roma, o del Club di Budapest, o magari del Gruppo Bilderberg?

Vale la pena di porsi queste domande, proprio perché ci stiamo abituando un po' troppo ad accettare ogni cosa come se fosse perfettamente naturale, mentre molte cose innaturali ci vengono propinate e spacciate per normalissime. Perciò, domandiamoci: qual è la ragion d'essere dei viaggi di un papa? Ricordiamo che, fino a qualche decennio fa, i papa non viaggiavano affatto: stavano a Roma, e chi voleva vederli coi suoi occhi, e udire la loro voce, andava a Roma. In tempi di radio, televisione e computer, la cosa è ancora più ovvia: non ci sarebbe alcun bisogno che il papa viaggiasse, perché basta accendere un pulsante per vederlo e per udire i suoi discorsi. Ammesso e non concesso che ciò sia così necessario, così importante: non basta leggere i suoi discorsi? E, soprattutto, non è più importante leggere e meditare il Vangelo? Qual è la Parola di cui il cristiano non può fare a meno: quella del papa o quella di Dio? Quel che dice il papa è importante, certo; ma cosa può dire di diverso da quel che dice il Vangelo? Nulla, assolutamente nulla. E se dice qualcosa di diverso, allora si può star certi che si tratta di un'eresia: perché il servo non può dire nulla di diverso dall'insegnamento del padrone. Il capo della Chiesa è Cristo, non il papa, il papa è solo il suo vicario. Non è poi così importante, quindi, pendere dalle labbra del papa; quanto al fatto di fare di lui una star, una superstar, di stampare addirittura dei giornali a lui specificamente dedicati, giornali dall'impostazione sfacciatamente adulatoria (come Il mio papa, cosa che appare già nel titolo), qui siamo in un terreno anormale, pericoloso, forse malsano: il terreno di una possibile idolatria. Il papa non è il modello a cui il cristiano deve ispirarsi; il modello è sempre e solo Gesù Cristo. Semmai, in seconda istanza, i modelli sono i Santi. Ma il papa, questo papa, non è santo, anche se ha preso, immodestamente, il nome di un grande santo, cosa che nessun papa prima di lui aveva osato fare; ma lui non è ancora santo, per lo meno. Non c'è nulla, in lui, che meriti più attenzione di quella che possiamo riservare a qualsiasi altro cristiano, se non quando parla come vicario di Cristo in terra: cioè quando parla ai cattolici e quando parla del cattolicesimo. Non quando parla di ambiente, di ecologia, d’immigrazione o di diritti sociali: in ciascuno di tali casi, la sua parola e le sue opinioni valgono quanto quelle di chiunque altro, a meno che faccia esplicitamente e direttamente riferimento a Gesù Cristo. Parrebbero cose ovvie, eppure è diventato necessario precisarle: prendiamo atto dell’anomalia, e andiamo avanti. Per un cattolico, né l’ambiente, né l’ecologia, né l’immigrazione, né qualsiasi altra questione sociale possono essere discussi facendo astrazione dal Vangelo di Gesù Cristo. Per un cattolico, qualsiasi cosa e qualsiasi situazione fanno riferimento a Gesù Cristo e interpellano la sua fedeltà a Gesù Cristo. E questo non è fanatismo o integralismo: questo è il normalissimo essere cattolici. Oppure qualcuno si scandalizzerebbe se un ebreo, un musulmano, eccetera, facessero altrimenti? Qualcuno troverebbe strano, indelicato, privo di tatto, il fatto che ad un ingegnere, guardando un fiume, venga in mente il pensiero istintivo di un ponte che lo possa scavalcare, o che un musicista, parlando con altre persone di educazione scolastica, pensi e dichiari che la musica dovrebbe assolutamente far parte di essa? Da quando in qua un cattolico dovrebbe astenersi dal pensare da cattolico, dal sentire da cattolico, ed auto-censurarsi in omaggio alle fedi altrui e al dialogo con gli altri? Ma questo è un vero e proprio capovolgimento del Vangelo! Gesù Cristo non ha mai insegnato ai suoi seguaci a comportarsi in una tale maniera; al contrario, ha imposto loro di andare a predicare il Vangelo, anche a rischio della vita; anzi: con la certezza di andare incontro a delle persecuzioni, proprio come è accaduto a Lui; e ha aggiunto che, se una città non li vuole ascoltare, essi devono andarsene, scuotendo la polvere dai loro calzari. Perciò, anche nel caso in cui un papa ritenga necessario parlare di questioni come l’ambiente, la politica, i diritti umani, le sue parole non possono essere difformi da quelle del Vangelo. È ben per questo che padre Sosa Abscal, nella sua malizia, ha insinuato che noi non sappiamo con certezza quel che Gesù ha detto a suo tempo; oltretutto, con quel discorso, egli ha fatto di Gesù un personaggio puramente storico, che parla in un certo contesto, e che si rivolge a un interlocutore specifico. Ma ciò è falso. Gesù si rivolge agli uomini di sempre, non solo a quelli del suo tempo, ma anche di oggi e di domani: la sua Parola è universale ed eterna. Chi nega questo, è fuori del cristianesimo e non è cattolico. Inoltre, Gesù non è un personaggio puramente storico per il fatto che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, in qualche luogo, dove c'è un sacerdote che celebra la santa Messa e anche un solo fedele che si reca a parteciparvi, lì, nel mistero del Sacrificio eucaristico, si rinnova la sua Presenza Reale. Dunque Gesù non è un uomo, e sia pure divino, vissuto in Palestina duemila anni fa; Gesù è Colui per mezzo del quale il mondo è stato creato, ed è Colui che è sempre presente accanto alle creature, sino alla fine del mondo, quando verrà per giudicare i vivi e i morti. Questo recita il Credo che ogni cattolico conosce e ripete nel corso delle santa Messa; che ciò piaccia o non piaccia ai falsi sacerdoti della neochiesa gnostica e massonica, come padre Sosa Abascal, che il papa non si è sentito in dovere di correggere prontamente, quando costui ha fatto quelle scandalose affermazioni, deleterie per milioni di credenti. Pertanto, il paradosso è questo: il papa che tace allorché dei membri in vista del clero dicono delle cose assolutamente non cattoliche, fuorvianti e persino contrarie al Vangelo di Gesù Cristo, poi, quando si tratta di rendere testimonianza a Gesù Cristo, per esempio nel corso dei suoi viaggi apostolici, o che tali dovrebbero essere (se i nomi delle cose hanno un senso, e quindi anche la parola “apostolico”), allora si rifiuta di farlo, tace, si auto-censura. Dunque, tace sia quando dei cardinali, dei vescovi o dei superiori di ordini religiosi pronunciano a sproposito il nome di Gesù, sia quando lui stesso dovrebbe fare quel nome, in quanto vicario di Cristo sulla terra. Oppure qualcuno s’immagina san Pietro che, recandosi in una città, in un Paese dove solo pochi hanno sentito nominare Gesù Cristo, si astiene dal nominarlo anche una sola volta? Sì: noi sappiamo quando san Pietro ha taciuto il nome di Gesù, anzi, quando ha negato di conoscerlo: allorché si trovava nel cortile del sommo sacerdote, la sera dell’arresto di Gesù, ed egli lo ha rinnegato, spergiurando, per tre volte.

Padre Sosa Abascal capo dei gesuiti, (come Francesco) è ancora Cattolico?

E adesso torniamo ai viaggio del papa. Sono viaggi "apostolici"? Ebbene, in tal caso devono ispirarsi all'insegnamento preciso di Gesù Cristo: Andate in tutto il mondo a battezzare  e predicare il Vangelo: chi crederà sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Gesù non ha raccomandato ai suoi discepoli di andare in giro per il mondo ad altro scopo se non quello di annunciare il Vangelo. Inoltre, come abbiamo visto, non è necessario che i viaggi apostolici li faccia il papa; il papa, stando a Roma, può fare tutto quello che è necessario per essere un buon papa. Tutti i papi, prima del Concilio Vaticano II, nessuno escluso, sono rimasti a Roma o, comunque, in Italia, a meno che non fossero trascinati fuori con la viva forza (come accadde, per esempio, sotto Napoleone). Oppure qualcuno si sente in diritto di affermare che Pio XII, per esempio, non sia stato un buon papa, per il fatto che non compì alcun viaggio al di fuori dell’Italia (e che, fra parentesi, non fece nessuna delle riforme della Chiesa che i cattolici progressisti desideravano, e che gli suggerivano di fare)? Papa Giovanni XXIII arrivò fino a Loreto e Assisi: e parve già tanto. Eravamo al principio di ottobre del 1962. Il primo papa ad uscire dall’Italia è stato Paolo VI: dunque, per millenovecento anni, nessun papa ha sentito la necessità di viaggiare all’estero per predicare la Buona Novella. E tuttavia ammattiamo che ciò, ai nostro tempi, sia considerato assolutamente indispensabile: resta da vedere quanto e, soprattutto, a quale scopo. Giovanni Paolo II ha stabilito un primato: ben centoquattro viaggi apostolici fuori dell’Italia, e per la maggior parte fuori dell’Europa, nel corso del suo pontificato. Papa Francesco non sembra volergli restare indietro: ne ha fatti, sinora, venti; venti viaggi, compreso l’ultimo nel Myanmar, ad un ritmo estremamente sostenuto. Francesco è stato eletto papa quattro anni e mezzo fa; il pontificato di Giovani Paolo II era durato ventisette anni: dunque, facendo le proporzioni, questo papa sta viaggiando ad un ritmo ancora più sostenuto del pontefice polacco. Il quale ultimo, introducendo una tale frequenza nei viaggi apostolici da parte del santo padre, ha creato un precedente: ed è stata una delle tre cose più negative del suo pontificato (le alte due sono state la deliberata spettacolarizzazione della sua stessa figura, spostando l’attenzione dei media e delle folle su se stesso anziché su Gesù Cristo, e il coinvolgimento della Chiesa, altrettanto deliberato, nelle trame politiche miranti a scalzare il comunismo in Polonia, attraverso il sindacato Solidarnosc: il che ha comportato tutta una serie di compromessi e di ambigue transazioni con il mondo sinistro della massoneria e dei banchieri criminali, Calvi, Ortolani, Sindona, e la contaminazione del Vaticano con operazioni finanziarie assolutamente non evangeliche, come nel caso di Paul Marcinkus). Il papa attuale ha ereditato le due tendenze suddette, quella di viaggiare molto, anche in maniera un po’ convulsa e confusa, e di porre la propria immagine al centro di tutto, fino ai limiti dell’incoraggiamento all’idolatria delle folle verso lui stesso. Resta perciò la domanda: questi viaggi hanno, almeno, una ragion d’essere condivisibile o, per non dir altro, che sia compatibile con i fini e la natura della Chiesa, e particolarmente con le specifiche funzioni del sommo pontefice?

Qual è la ratio dei viaggi apostolici del papa?

di Francesco Lamendola
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