In quel capolavoro di analisi psicologica e spirituale che sono I posseduti, Dostojevskij descrive l’ambiente dei rivoluzionari russi della seconda metà del XIX secolo, allora sparuta minoranza di individui senza scrupoli caratterizzati da un cinismo, una falsità, una violenza e un disprezzo smisurato nei confronti della verità, del bene, dell’ordine e della vita stessa, sacrificati alle loro assurde idee e a un’insaziabile volontà di auto-esaltazione. Questi erano d’altronde i frutti del loro cieco ateismo, che imponevano a se stessi con un tirannico razionalismo e mantenevano per partito preso con un volontarismo perverso, capace di soffocare anche la voce del cuore.
Guardando indietro dal nostro attuale punto di osservazione, ci rendiamo conto che – forse inconsapevolmente – l’insuperabile romanziere russo ha profeticamente descritto ciò che sarebbe diventata l’intera società occidentale, corrosa dall’interno da quella visione nichilistica che si è diffusa in essa come un cancro: la follia, la doppiezza, la perversione, l’insensibilità e la cattiveria dei cospiratori, motivate con ipocriti obiettivi sociali, sono oggi moneta corrente in questo mondo che, avendo cancellato il sentimento delle proprie origini e del proprio fine, vive così, senza ragione e senza scopo, soffrendo e facendo soffrire in modo disumano.