E adesso, pover’uomo? La limpida "Verità" dalle parole stesse di Gesù Cristo. Ecco secondo il Vangelo, chi realmente si cela dietro le manovre della "Massoneria" fuori e dentro la Chiesa cattolica: "il Principe di questo mondo" di Francesco Lamendola
E adesso, pover’uomo?, è il titolo di un romanzo (allora) molto noto dello scrittore tedesco (allora celebre) Hans Fallada, pseudonimo di Rudolf Wilhelm Friedrich Ditzen (Greifswald, sulle coste del Mar Baltico, 1893-Berlino, 1947), apparso nel 1932 col titolo originale Kleiner Mann, was nun?, e tradotto in italiano l’anno dopo. Nel nostro Paese quest’opera è stata conosciuta da un vasto pubblico grazie alla riduzione televisiva di uno sceneggiato in 5 puntate, mandate in onda dalla RAI nel 1960-61 con la regia di Eros Macchi e il titolo Tutto da rifare, pover’uomo; il cast comprendeva Carla Del Poggio, Ferruccio De Ceresa, Luigi Vannucchi, Camillo Pilotto, Fanny Marchiò, Renzo Palmer, Carlo Romano, Laura Betti e Paolo Poli; gli ultimi due narravano, in veste di cantastorie, le vicende dei due protagonisti. Max è un onesto e laborioso borghese tedesco che discende nei gorghi della miseria a causa della spaventosa crisi economica che travolge il suo Paese; in controluce viene descritta con taglio realistico, ma accorato, l’intera società tedesca degli anni ’20 e dei primi anni ’30, alla vigilia dell’avvento del regime nazista. Ma quella domanda, e adesso, pover’uomo?, la si potrebbe porre a ogni essere umano il quale, soddisfatto e inorgoglito per i suoi successi, più o meno modesti, più o meno vistosi, ma pur sempre umani – troppo umani, come direbbe il buon Nietzsche - a un certo punto si trova di fronte al limite invalicabile di ogni cosa umana: lo scacco, l’impotenza, il naufragio.