IL GRANDE INGANNO
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Telemaco Signorini - Pascoli a Castiglioncello |
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«Ma l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono.» Sal 48
Ero bambino, negli anni cinquanta, della generazione nata da genitori che hanno dovuto ricostruire, se non si apparteneva direttamente alla categoria dei vincitori, con le proprie mani, una vita dignitosa, una casa, un lavoro, un sistema di relazioni che la guerra prima, la guerra civile dopo, avevano disperso, se non del tutto demolito. La modernità, da noi, era arrivata solo in parte, in alcune zone, in alcune case. Ricordo molte donne di paese con la brocca in testa, dopo essersi rifornite di acqua alla fontana pubblica o trasportare, con il secchio di zinco, i panni da lavare al lavatoio. Ricordo i carri, alcuni bellissimi, trainati da una coppia di buoi, mentre trasportavano il fieno o il grano, da far macinare al molino a pietra, su cui noi bambini potevamo, se il contadino acconsentiva, salire al volo. E poi i fornelli a carbone, la lampada ad acetilene, le candele, perché la corrente era molto fioca e mancava spesso, le lunghe serate invernali, senza la televisione, che non era ancora arrivata, davanti al camino acceso che doveva assicurare le braci per scaldare il letto (la monaca e lu prete, per chi è di queste parti), l’acqua ghiacciata con cui dovevamo bagnarci il viso la mattina.