Chi vuole la rivoluzione protestante nella Chiesa? Tutto partì dal Concilio Vaticano II, utilizzato e strumentalizzato a tale scopo da una minoranza di teologi e "vescovi massoni"; e fece leva sui "sensi di colpa" dei cattolici
di Francesco Lamendola
Nella Chiesa cattolica è in pieno svolgimento una rivoluzione di tipo protestante: e chi non ha capito questo, non ha capito nulla. La rivoluzione è stata messa in atto a partire dal Concilio Vaticano II, che è stato utilizzato e strumentalizzato a tale scopo da una minoranza di teologi e vescovi massoni e ultraprogressisti, liberali e filo-comunisti; e concordato con settori del giudaismo, come il B’nai B’rith, volti a sfruttare al massimo i sensi di colpa dei cattolici, peraltro del tutto ingiustificati, per le tragiche vicende del popolo ebreo, che allora erano relativamente recenti (dalla liberazione di Auschwitz, nel 1945, all’annuncio della convocazione del concilio, nel gennaio del 1959, erano passati appena quattordici anni). I fermenti di protestantesimo, comunque, esistevano da prima, in particolare si erano intravisti con la crisi modernista nei primi anni del 1900, pur se vigorosamente combattuti da san Pio X, ma niente affatto scomparsi, solo divenuti più guardinghi e propensi a una penetrazione più lenta e capillare nel clero.