IL MODERNISMO COME “SETTA SEGRETA”
“Hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv., III, 19);
“Ho predicato sempre apertamente ed in pubblico e non ho mai detto nulla in segreto” (Gv. XVIII, 20).
* * *
Prologo
San Pio X definì il modernismo una “setta segreta”(‘motu proprio’ Sacrorum Antistitum o Giuramento anti-modernista, 1°settembre 1910)[1]. Tale carattere di setta segreta lo si risconta anche nel fenomeno dei marrani o falsi convertiti, che esteriormente facevano finta di essere cattolici mentre in privato praticavano segretamente il giudaismo. Di questo problema abbiamo già parlato e qui ci limitiamo a darne solo un breve cenno per aiutare il lettore a capire meglio il problema dell’ora presente, che è quello del neo-modernismo, il quale infiltratosi nella Chiesa di cui ha preso le leve di comando per cercare di cambiarla, se mai fosse possibile, dal di dentro. Ma “le porte dell’inferno non prevarranno”.
Anche alcuni protestanti del Cinquecento adottarono la mentalità esoterica dei marrani e, pur essendo totalmente passati alla pseudo-riforma luterana sino alle sue estreme conseguenze anti-trinitarie, rimasero pubblicamente nella Chiesa simulando o fingendo di essere ancora cattolici mentre continuavano a “protestantizzare” in privato. Nel presente articolo mi soffermerò su questo fenomeno, chiamato dagli storici “nicodemismo” da Nicodemo, che andò di notte e nascostamente a trovare Gesù, e cercherò di mettere in mostra le sue analogie non solo col marranesimo, suo padre, ma soprattutto col modernismo, suo figlio, per trarne le dovute lezioni.
Marranesimo “setta segreta”
Secondo le norme rabbiniche era lecito, per salvare la vita o per poter restare nei Paesi dove si erano stabiliti i propri avi, nascondere il proprio giudaismo, anzi rinnegarlo esteriormente. Di qui il problema del cripto-giudaismo, cioè di quei giudei che apparentemente si facevano cristiani, ma che, nel fondo del loro cuore, restavano fedeli alla religione talmudica.
La Chiesa Romana ha sempre condannato le conversioni coatte, anche se, senza l’uso della forza, ha cercato di convertire tutti al Cristianesimo. Quanto alle conversioni degli ebrei si è dovuto, purtroppo, registrare un certo numero di false conversioni, nel senso che i convertiti continuavano a praticare in segreto il giudaismo e, alla prima occasione favorevole, tornavano anche esteriormente alla “fede” talmudica. Qualcuno si faceva battezzare per infiltrarsi nella Chiesa e distruggerla dal di dentro; qualche altro, di fronte ad una seria difficoltà (per es. la minaccia di espulsione), pur senza esservi costretto, accettava il battesimo, ma senza un’adesione intima e sincera, dando così luogo al fenomeno del marranesimo. “Per la verità, la Chiesa […] condannava la conversione forzata […] i battesimi compiuti [forzatamente] generalmente non erano considerati validi. Ne diede esempio papa Gregorio Magno (590-604) […] condannando ripetutamente la conversione forzata, mentre, d’altra parte, accoglieva con entusiasmo i proseliti ottenuti con qualsiasi altro mezzo […]. Tuttavia non di rado le ingiunzioni papali venivano trascurate […]. La teoria secondo la quale la conversione forzata non era canonica in realtà non veniva messa in discussione, ma gli ebrei potevano essere minacciati di espulsione, fermo restando che il battesimo li avrebbe salvati. A volte accadeva che essi si piegassero alla necessità e la loro accettazione della fede cristiana […] veniva considerata spontanea”[2]. “In Spagna - ammette lo stesso Cecil Roth - erano stati solo i più deboli a cedere […] spesso anche in assenza di un pericolo immediato”[3]. I rabbini chiamavano “anusin” ossia “costretti” questi apostati “riluttanti” e riservavano loro un trattamento molto diverso da quello previsto per i “rinnegati” volontari, cioè per coloro che si convertivano sinceramente al Cristianesimo.
I marrani erano caratterizzati, come afferma Léon Poliakov, dalla “ossessione della segretezza” e da una “inevitabile doppiezza”. Molti di essi, anzi, “si facevano monaci […] altri andavano alla corte pontificia”[4]. “I marrani portoghesi, molto più incalliti dei ‘conversos’spagnoli nella pratica del cripto-giudaismo, si sparsero in gran numero per tutta la Penisola. Superlativamente allenati nella lotta contro l’ Inquisizione, essi mantenevano a Roma una specie di lobby permanente che […] otteneva dei perdoni collettivi…”[5]. “Essere Marrani - continua il Poliakov - voleva anche dire essere affiliato ad una vasta società segreta di protezione e di mutua assistenza”[6]. Il marrano era, ed è ancor oggi, più “inquietante ed esasperante” (per usare i termini del Poliakov) dell’ebreo manifesto; poiché sembra un cristiano, mentre, in realtà, è un nemico di Cristo, così come il modernista o il nicodemista.
Per combattere adeguatamente la società segreta dei cripto-giudei, che si infiltrava progressivamente nel seno della Cristianità, la Chiesa dovette servirsi di informatori, come evidenzia anche il Poliakov, che taccia di “spionite cronica di tipo religioso” la legittima difesa della Chiesa contro il Giudaismo occulto che cercava di penetrare in essa: “Invitava i buoni cattolici a denunciare gli individui sospetti […] i nomi dei testimoni […] venivano tenuti rigorosamente segreti”[7]. Come fece la Controriforma tramite l’Inquisizione nei riguardi dei nicodemisti e poi San Pio X con il “Sodalitium Pianum” di mons. Umberto Benigni nei confronti dei modernisti.
Protestantesimo occulto nel Cinquecento
Carlo Ginzuburg ha scritto un’ opera intitolata Il nicodemismo. Simulazione e dissimulazione religiosa nell’Europa del ‘500 (Torino, Einaudi, 1970), in cui tratta diffusamente il problema dei protestanti, anche i più radicali, che praticavano e teorizzavano la liceità di mostrarsi cattolici in pubblico, per poter continuare a vivere privatamente da protestanti. Ginzuburg scrive: «Nicodemisti: così Calvino chiamò polemicamente coloro che, dopo essersi convertiti interiormente alla Riforma, celavano la propria fede, continuando a partecipare alle cerimonie della Chiesa di Roma, assistendo alla Messa e ricevendo i Sacramenti»[8]. Il problema ha un’ importanza attuale enorme, poiché la stessa tattica è stata ripresa dai modernisti e soltanto ad essi (a differenza dei marrani e dei nicodemisti) è riuscito di portarla quasi a termine, soprattutto negli anni Sessanta quando i caporioni della nouvelle théologie, condannati dall’ Enciclica Humani generis (12 agosto 1950) di Pio XII ed espulsi dall’ insegnamento, vennero chiamati da Giovanni XXIII quali periti o teologi ufficiali al Concilio Vaticano II, che risente in larghissima parte della loro falsa dottrina.
I due grandi storici del “marranesimo” protestantico in Italia (Delio Cantimori) e in Europa (Carlo Ginzuburg) spiegano che, se la simulazione (di essere cattolici) e la dissimulazione (di essere protestanti) avevano soprattutto motivi pratici (la paura del “martirio”), «tuttavia su queste motivazioni pratiche immediate s’innestavano precise giustificazioni di carattere teologico»[9].
La prima formulazione della liceità di simulare di essere cattolici, pur essendo protestanti, la si trova nel Pandectarum veteris et novi Testamenti, libri XII, di Otto Brunfels, apparsi nel 1527 a Strasburgo, editi dallo stampatore J. Schott. Nell’ideologia nicodemista rientra anche un certo spirito elitario ed esoterico, che distingue «tra la religione dei semplici, delle masse, e la religione dei pochi eletti, consapevoli della vanità delle cerimonie e delle apparenze, pronti quindi a simulare pratiche ritenute irrilevanti. […]. Era un atteggiamento che attingeva la sua giustificazione da una religione più pura e meno sensibile, intimamente aristocratica, in cui l’ eredità esoterica dell’umanesimo neoplatonico si mescolava ad anticipazioni quasi deistiche. Di qui il suo fascino per uomini come Lefèvre d’Etaples o Sebastian Franck»[10]. Ora neoplatonismo umanistico vuol dire cabala e deismo vuol dire massoneria, due correnti che si ritrovano anche nel modernismo (cfr. sì sì no no, Antonio Fogazzaro, luglio 2009, pp. 1-3).
Brunfels, nato a Magonza verso il 1488, a vent’anni circa entrò nella Certosa di Strasburgo e si fece monaco. Tuttavia i suoi maestri non furono i santi benedettini, ma gli umanisti erasmiani[11]: «Accanto al nome di Erasmo, spicca quello di Melantone, con cui Brunfels era entrato in rapporti epistolari, […] Poliziano, Ficino, Lefèvre d’Etaples, Gemistio Pletone, Lorenzo Valla»[12]. Il protestantesimo erasmiano di Brunfels era caratterizzato da una notevole avversione alla scolastica e al tomismo cui contrapponeva, proprio come i “neomodernisti”, i Padri greci, il disprezzo per il Papato e l’amore per la filologia ebraica[13]e per l’astrologia[14]. Brunfels reputava la Messa una semplice commemorazione dell’Ultima Cena, negava la presenza reale di Cristo nell’ Eucarestia, l’inerranza biblica, rivalutava i vangeli apocrifi e l’Antica Legge[15], e non è forse un caso che proprio a Magonza nel 1981 Giovanni Paolo II pronunciò il famoso discorso sulla “Antica Alleanza mai revocata”. Per Brunfels occorreva “dissimulare e aspettare”[16] in vista della «purificazione del cristianesimo, della sua riduzione ad un nucleo ristretto di verità fondamentali. […]. Il cristianesimo semplificato da lui proposto tendeva naturalmente a una riunificazione delle religioni esistenti sulla base di una fede estranea a dogmi e istituzioni»[17]. La Chiesa, per lui, è totalmente spirituale e si trova non a Roma ma, “ovunque vi siano dei fedeli”[18]. In Italia le sue eresie si diffusero in Piemonte, specialmente nelle valli valdesi (Dronero), a Bologna e Ferrara[19]. Come non rapportare tali teorie a quelle conciliariste e post-conciliariste? (v. Unitatis redintegratio e Assisi 1986 e 2011).
Modernismus “clandestinum foedus”
Continua sull'edizione cartacea....
[1] Cfr. C. Fabro, voce “Modernismo”, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, in XII voll., 1948-1954.
[2] C. Roth, Storia dei marrani, Serra e Riva ed., Milano 1991, pag. 21.
[3] C. Roth, op. cit, pag. 22.
[4] L. Poliakov, Storia dell’antisemitismo, La Nuova Italia, Firenze, 1974, vol. II, pagg . 189-191.
[5] Ibidem, pag. 235.
[6] Ibidem, pag. 256.
[7] Ibidem, pag. 203.
[8] Carlo Ginzuburg, cit., p. XI. Cfr. D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento. Ricerche storiche, Firenze, 1939.
[9] Ibidem, p. XIII.
[10] Ib., pp. XV-XVI.
[11] Ib., p. 4.
[12] Ivi.
[13] Ib., pp. 6-7.
[14] Ib., p. 10.
[15] Ib., pp. 12-13.
[16] Ib., p. 48.
[17] Ib., p. 54.
[18] Ib., p. 91.
[19] Ib., pp. 162-163.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.