Le questioni cruciali della Chiesa e quindi del mondo chiedono di essere prese sul serio, non a colpi di battute. Questo vale per gli opinionisti di peso; le battute, insomma, lasciatele al sottoscritto.
Traduco: ho molto gradito il recente articolo di Andrea Tornielli in difesa dell’ingiustizia perpetrata alla famiglia Gnocchi, e più in generale in difesa del papa. Diciamo che con questo articolo si riscatta dal più infelice motteggio sui pizzi e merletti dei tradizionalisti di qualche mese fa (davvero in nulla più sgradevoli della mania per incensi, balletti e lampade dei progressisti – o della sciatteria dei moderatisti).
Il punto non è difendere un’esteriorità fine a se stessa, col rischio di trasformare il rito in un gioco di ruolo o in una riserva degli indiani; dietro ai gesti e in essi si tramanda un significato profondo e necessario all’uomo e al suo incontro con Dio. Nel rito tradizionale era difeso molto bene questo tesoro.
Il disprezzo del rito tradizionale è andato di pari passo con la decadenza della liturgia e della fede in genere. Il fatto che perduri l’ostilità testimonia che è ancora viva l’ideologia anti-tradizionale, e che siamo lontani dal recuperare la giusta ricchezza di prospettive e di sensibilità cattoliche, la quale al contrario è testimoniata dalla capacità di accettare serenamente tutte le espressioni buone della tradizione. Ma quali sono le espressioni buone? Il caos post-conciliare rendeva difficile dirlo; il magistero di Benedetto XVI lo ha definitivamente chiarito circa l’ambito liturgico, con norme precise e universali.
Il disprezzo del rito tradizionale è andato di pari passo con la decadenza della liturgia e della fede in genere. Il fatto che perduri l’ostilità testimonia che è ancora viva l’ideologia anti-tradizionale, e che siamo lontani dal recuperare la giusta ricchezza di prospettive e di sensibilità cattoliche, la quale al contrario è testimoniata dalla capacità di accettare serenamente tutte le espressioni buone della tradizione. Ma quali sono le espressioni buone? Il caos post-conciliare rendeva difficile dirlo; il magistero di Benedetto XVI lo ha definitivamente chiarito circa l’ambito liturgico, con norme precise e universali.
Il minimo che si possa fare per combattere l’ideologia e restare nello spirito cattolico è rispettare le indicazioni del papa, almeno là dove siano espresse con chiarezza. Sulla liturgia è facile; è tutto nero su bianco; e poi non “obbliga” nessuno, bensì “concede” a chi lo desideri.
In quest’ottica – la difesa materiale di una ritrovata esteriorità, come veicolo di uno sforzo anti-ideologico per l’autentica santificazione del Popolo di Dio – apprezzo lo schieramento di Tornielli:
Quanto è capitato ad Alessandro Gnocchi, che si è visto negare in parrocchia la messa antica per le esequie del padre, rappresenta un fatto grave, che dovrebbe far pensare. Qui non c’entra il tradizionalismo, non c’entrano le beghe sul messale. C’entra l’obbedienza a una legge promulgata dal Papa che ha valore universale e non è (meglio, non dovrebbe) essere sottoposta a interpretazioni interessate che ne stravolgano il contenuto…
Sono convinto che acconsentire alle richieste, essere magnanimi, concedere queste celebrazioni quando vengono richieste, non percepire i tradizionalisti come dei marziani mentre si aprono le chiese ai fratelli separati ortodossi o protestanti e si cerca il dialogo con tutti, sia una questione di buon senso prima che di obbedienza alla legge della Chiesa.
Sono convinto che acconsentire alle richieste, essere magnanimi, concedere queste celebrazioni quando vengono richieste, non percepire i tradizionalisti come dei marziani mentre si aprono le chiese ai fratelli separati ortodossi o protestanti e si cerca il dialogo con tutti, sia una questione di buon senso prima che di obbedienza alla legge della Chiesa.
Oso precisare: il cattolico sa che è attraverso l’obbedienza che può prendere fecondamente forma il buon senso del suo quotidiano in Cristo; particolarmente nella temperie degli ultimi secoli di travaglio per la fede.
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