L’editorialista del Figaro si interroga sul vero significato della recente Nota sull’Anno della Fede inaugurato proprio nell’anniversario del Vaticano II
JEAN-MARIE GUÉNOISROMASe non si tratta di una vendetta della storia, poco ci manca. Il cinquantesimo anniversario del Concilio Vaticano II che sta per essere celebrato nella Chiesa cattolica nel 2012, potrebbe segnare paradossalmente il tramonto dello..."spirito del Concilio" che ne fu tuttavia la grande promessa.
Lo "spirito del Concilio" rappresentava "l'apertura" della Chiesa cattolica verso il mondo e verso le altre religioni. "Lo spirito del Concilio" costituiva "La" firma del Concilio Vaticano II, il suo carattere distintivo. Era il motore di ciò che è stato definito da circa mezzo secolo il "progressismo" nella Chiesa.
Un recente dibattito su "l’ultimo dei Mohicani" animato da Mons. Daucourt vescovo di Nanterre ,illustra in modo esatto questo spirito e i suoi limiti.
Tuttavia si profila una sorta di limitazione dell’apertura. Solo frutto di immaginazione? Non proprio. Per rendersene conto è sufficiente studiare la "nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede" che è stato pubblicato a Roma sabato 7 gennaio dalla Congregazione per la Dottrina della fede. Questo testo segna la direzione dell’"anno della fede", lanciato da papa Benedetto XVI.
Quest’anno speciale è destinato a rinvigorire la fede dei cattolici nel mondo. Sarà infatti inaugurato l’11 ottobre 2012... giorno dell’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. E non è un dettaglio insignificante.
Ecco alcune citazioni che permettono di farsi un’idea precisa:
- La nota chiede "un impegno rinnovato per un’adesione convinta e cordiale all’insegnamento del Successore di Pietro".
- Insiste sulla "conoscenza dei contenuti della dottrina cattolica", "l'approfondimento dei principali documenti del Concilio Vaticano II" e "lo studio del Catechismo della Chiesa cattolica".
- Attende la "preparazione di strumenti di lavoro di carattere apologetico" (quindi di difesa della religione cattolica ndr) come risposta "alla sfida delle sette, ai problemi legati alla secolarizzazione e al relativismo".
- Auspica la correzione dei catechismi nazionali che non sarebbero "in pieno accordo con il Catechismo o manifesterebbero delle lacune".
- Fissa come priorità "l'annuncio del Cristo resuscitato, la Chiesa sacramento della salvezza, la missione dell’evangelizzazione nel mondo di oggi".
- Incoraggia il ricorso più frequente al "sacramento della penitenza". Con un’attenzione ai "peccati contro la fede".
- Vuole un’intensificazione della "celebrazione della fede nella liturgia e nell’Eucaristia".
- E spera nelle omelie basate sull’"incontro con il Cristo, i contenuti fondamentali del Credo, la fede e la Chiesa"...
In breve, l’idea principale, si potrebbe dire l’asse politico di questo documento, è quello di realizzare un "approfondimento della dottrina cattolica" e di impegnarsi nella nuova evangelizzazione tramite un’adesione più convinta al Signore Gesù". Fine della storia.
Certamente, si troveranno qua e là delle raccomandazioni ecumeniche o interreligiose, ma leggendo meglio, manca il cuore. Questi assi non sono, non più, delle priorità.
Si può sempre sottovalutare il valore di questa "nota" che non ha l’autorità di un’enciclica. Ciò è vero sul piano tecnico. Ma questa è tuttavia molto di più di una semplice nota perché non è nient’altro che la realizzazione programmatica di una politica che papa Benedetto XVI aveva già annunciato nel 2005. La politica del suo pontificato.
Nove mesi dopo la sua elezione aveva indicato, come linea d’azione, un’"interpretazione" del Concilio Vaticano II non più secondo "l'ermeneutica della discontinuità e della rottura" ma secondo "l'ermeneutica della riforma", ossia, "in continuità" con la grande tradizione della Chiesa.
Non si tratta più di un voto di fede ma di un programma ormai ben organizzato che ha come obiettivo la realizzazione di una riforma interna della Chiesa, lenta ma certa. Sincronizza gli orologi dottrinali nella Chiesa cattolica. E suggerisce la fine di una certa "ricreazione dottrinale" in cui era possibile tutto e il contrario di tutto nella grande casa cattolica.
Questo programma sarà seguito? Innanzitutto sarà ampiamente criticato: negli ambienti progressisti sarà l’affossatore del "vero concilio"; negli ambienti integralisti sarà il complice di un "falso concilio". E’ difficile il mestiere di Papa!
Al di là di questa dialettica semplicistica, non bisogna perdere di vista l’evoluzione di fondo che sta caratterizzando oggi la Chiesa cattolica. Per questa volta, questa visione si sposa con lo spirito di questa nota e la anima. Alcuni vi vedono un semplice ritorno alla normalità, si tratta piuttosto di un asse strategico: la Chiesa cattolica sta cominciando a reagire al suo declino occidentale. Il nuovo concistoro che vedrà la nomina di 22 nuovi cardinali il 18 febbraio prossimo, conferma questa direzione.
Se "lo spirito del Concilio" muore, sarebbe "lo spirito cattolico" a ritornare?
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