Mons. Antonio Livi non fa parte di quelle correnti insipide della cosiddetta “teologia contemporanea” per la quale la parola teologia non significa affatto studio, amoroso, di Dio e della sua Parola-Legge, ma mero conseguimento di titoli accademici presso uno dei tanti pontifici istituti della Penisola. Eppure, di mons. Livi, già Decano e docente di Filosofia alla Lateranense, è impressionante la produzione teologica e filosofica, con decine di volumi pubblicati (l’ultimo e decisivo contributo è Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012).
Nato a Prato il 25 agosto 1938. Ordinato sacerdote nel 1963. Direttore spirituale del Seminario romano per le vocazioni adulte dal 1967 al 1971; Cappellano di Sua Santità dal 1998. Direttore spirituale del Seminario arcivescovile di Benevento dal 2000 al 2005. Attualmente fa parte del Clero romano ed è vice rettore della chiesa di Sant’Andrea del Vignola.
Incarichi culturali e attività accademiche: Caporedattore della rivista mensile Studi cattolici dal 1972 al 1982. Membro dell’«Arcipelago, International Society for the Unity of Sciences» a partire dalla sua istituzione nel 1990. Socio ordinario della Pontificia Accademica di San Tommaso dal 1992. Fondatore e presidente dell’Associazione internazionale “Sensus communis” (Roma) dal 1998. Fondatore e direttore (dal 1994) della “Grande Enciclopedia Epistemologica”, collana di monografie di argomento epistemologico, edita prima dalle Edizioni Romane di Cultura e poi dalla Casa editrice Leonardo da Vinci. Fondatore e direttore della rivista filosofica Sensus communis, Annuario di logica aletica (dal 1999). Docente di Logica e Filosofia della conoscenza nella Pontificia Università Lateranense (1993-1996); professore stabile ordinario della stessa materia dal 1996. Docente di Antropologia alla Libera Università “Campus Bio-medico” (Roma) nell’anno accademico 1993-1994. Visiting professor nell’Università di Navarra (Spagna) e nella Pontificia Università della Santa Croce (Roma) dal 1996. Professore di Filosofia presso lo Studio Teologico di Benevento, affiliato al Pontificio Ateneo “Antonianum” (Roma), dal 2000 al 2005. Direttore editoriale della Casa editrice Leonardo da Vinci (Roma) dal 1999. Direttore della rivista internazionale di filosofia Aquinas dal 2002 al 2008. Decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense dal 2002 al 2008. Collaboratore dei quotidiani L’Osservatore romano e L’Eco di Bergamo, nonché di vari periodici culturali, tra i quali Filosofia oggi (Genova) Rivista di filosofia neo-scolastica (Milano) Per la filosofia (Pisa-Roma) Doctor Communis (Città del Vaticano) Acta philosophica (Roma) Divus Thomas (Bologna) Tópicos (Città del Messico) Nova et vetera (English Edition, New York) Palabra (Madrid) Nuestro Tiempo (Pamplona)Istmo (Città del Messico) Humanitas (Santiago del Cile) Metafisica y Persona (Malaga, Spagna) Studi cattolici (Milano) Il Timone (Milano)Città di vita (Firenze) Sacerdos (Roma) Cultura & Libri (Roma)Espiritu (Barcelona) e Sapientia (Buenos Aires). Professore emerito della Pontificia Università Lateranense dal 2008. Collaboratore scientifico dei seminari filosofici organizzati dall’Ipe (Istituto per le attività educative) di Napoli. Direttore del Comitato scientifico per l’edizione delle opere complete del cardinale Giuseppe Siri, a cura di Fabrizio Serra Editore (Pisa-Roma), con i patrocinio della Fondazione Kepha.
Membro del Comitato scientifico della rivista on-line Metafisica y Persona (Malaga, Spagna), diretto da Tomás Melendo Granados. Membro del Comitato scientifico della Cattedra “Gloria Crucis”(promossa dai Padri Passionisti e operante presso la Pontificia Università Lateranense. Fondatore e presidente (dal 2010) di “Fides et ratio” – Unione apostolica per la difesa scientifica della verità cattolica.
Si dice perfino che abbia contribuito, da par suo, alla redazione della magnifica enciclica, oggi rimossa, Fides et ratio (1998). Da tempo poi, collabora con varie iniziative di apologetica cattolica, come laBussola quotidiana. Su quest’ultima rubrica ha appunto pubblicato recentemente (13 marzo 2012) un’importante critica teologica verso l’auto-nominatosi “profeta di Bose”, quel fratel Enzo Bianchi che, oltre ad essere autore di molte opere discusse e discutibili, è stato altresì iniziatore di una comunità religiosa, di stampo eterodosso, verso la fine del Vaticano II.
Bianchi appartiene, se si vuole, all’ultima generazione del neo-modernismo post-conciliare, in compagnia di vari teologi e intellettuali cattolici che si caratterizzano da un lato per l’eterodossia delle posizioni (tutti gli autori censurati dal Magistero negli ultimi anni, da Küng a padre Sobrino, sono di questa corrente spuria) e dall’altro per l’enorme presenza sui media, purtroppo anche cattolici (“Avvenire” e “Famiglia Cristiana” in primis).
Con questa doppiezza né profetica né cristiana, il Bianchi è riuscito ad avere una popolarità incredibile che lo candida ad “anti Papa” viste le sue posizioni lontane dal Magistero e in opposizione frontale con la Tradizione. Impossibile ripercorrerle tutte! Si oppose, negli ultimi anni, al celibato sacerdotale, alla dichiarazione Dominus Jesus, al motu proprio Summorum Pontificum, e perfino alla Madonna di Fatima la quale, condannando tra le ideologie moderne il comunismo (ideologia con cui solitamente simpatizzano modernisti e semi-modernisti), non sarebbe credibile!!
Qualche giorno prima mons. Livi, con la medesima acribia teologica e filosofica, aveva espresso alcune serissime riserve nei riguardi del teologo Piero Coda, certamente meno conosciuto del Bianchi, ma ben noto, come un capofila del progressismo cattolico. In questo lungo testo, pubblicato dal blog Disputationes Theologicae, Livi stila preventivamente 10 criteri per distinguere gli errori dal dogma cattolico: si tratta di punti di fondamentale importanza teologica che non abbiamo lo spazio di riprendere qui. Ma che certamente dovranno essere sapientemente valutati da chi non vorrà proporre una nuova Professio fidei che voglia escludere le ambiguità teologiche più diffuse, anche in connessione con la giusta interpretazione o applicazione delle novità conciliari.
Livi accusa Coda di essere dipendente dall’idealismo di Hegel e di identificarsi «volutamente con il metodo di quella ‘filosofia religiosa’ moderna e contemporanea» che egli ha «denunciato altrove come fonte dell’inquinamento metodologico della teologia cattolica del Novecento».
Anche Coda, come Enzo Bianchi, Hans Küng, e prima di loro Karl Rahner, ha ribaltato l’ermeneutica tradizionale: non legge infatti la filosofia e le opinioni del tempo alla luce del Vangelo, ma reinterpreta le categorie bibliche e teologiche, alla luce della modernità immanentista ed anti-teista.
Infine, secondo Livi, mons. Coda ignora «le differenze dottrinali tra cattolicesimo, ortodossia e protestantesimo». Cosa, in verità, né innocente, né rara nella teologia accreditata come scientifica nel post-Concilio. Auspichiamo che questa di Livi sia la prima di una serie di ormai indispensabili messe in guardia che dimostrino come la lettura del Concilio alla luce della Tradizione sia la strada obbligata per depurare la teologia cattolica dagli abbagli della modernità.
(MaLa, da: Fabrizio Cannone, Corrispondenza Romana, 27 marzo 2012)
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