Il 13-14-15 aprile, si tiene il Convegno ecclesiale di Aquileia: «Le Chiese del Nordest, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, intendono, attraverso il Convegno "Aquileia 2" chiedersi come annunciare Gesù Cristo oggi, nell’attuale contesto socio-culturale del territorio».
Niente da fare. Con profonda tristezza annoto che, a poche ore dal Convegno, il mantra è sempre il medesimo: il solito sociologo parla di «ascolto», «camminare insieme», «accoglienza», «dare la parola».Vengono sempre invitati esponenti del neomodernismo. E il progetto d’apostolato, che non tocca mai i contenuti, si riduce a problema di trasmissione dati. C’è solo una monotona e paranoica ricerca di non si sa bene quale «linguaggio» nuovo per comunicare con «gli uomini e le donne del nostro tempo». Ma comunicare cosa? Non c’è alcun contenuto da comunicare.
Il grande teologo ha in testa solo questo: «usare i mezzi di comunicazione», perché secondo lui la questione capitale è il «linguaggio». E ancora sullo «stile» del Vaticano II, che voleva il «dialogo», che «non ha condannato nessuno», che è «stato amichevole». Insomma, «il linguaggio deve cambiare». Ma se da cinquant’anni ripetono sempre questo! Sempre e solo questo.
«Si ascoltano ancora parole dure verso il mondo», dice. Ma questa è una bugia. La Chiesa si è rammollita già da tempo ed è in gran parte secolarizzata. L’inciucio con il mondo è diffusissimo e si hanno solo parole zuccherine.Eppure bisogna continuare il piagnisteo e insistere a chiedere il riconoscimento del divorzio e della bigamia che - sempre a parere del grande teologo - nel Vangelo di Marco sembrava tollerata (ma quando mai!).
E ancora storicismo a ruota libera: «le soluzioni del passato non valgono più per il presente» - dogma indiscutibile.
Gran finale. Riabilitazione della modernità da parte del docente di storia moderna. Finalmente, dopo Giovanni XXIII, la Chiesa ne ha inglobato alcuni valori. Poi, ovviamente, nella competizione tra «principi evangelici» e «divenire del tempo», la gara la vince il tempo. Mai un tempo quieto, beninteso, ma sempre sospinto da «accelerazioni» inquietanti. Quindi la Chiesa «deve fare i conti con la storia», che ha visto mutare i «principi non negoziabili». E pensare che, viceversa, è il mondo che ha sempre fatto i conti con la Chiesa.
Il sociologo sente nell’aria «la voglia di cambiamento». Questa la sua priorità. Non la salvezza delle anime, non la gloria di Dio. «Deve cambiare la Chiesa», sentenzia. E un altro piagnisteo: c’è «mancanza di rinnovamento conciliare», cioè un «freno» ha interrotto bruscamente le «grandi speranze» moderniste di saccheggiare il deposito della salvezza.
«In questo contesto il Convegno di Aquileia si rivela provvidenziale», dice il cronista. A buon intenditor…
I vescovi tacciono (colpevolmente) e, quindi, acconsentono.
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silvio
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