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domenica 27 maggio 2012

Vaticano, in un archivio le carte rubate nuovi guai per il maggiordomo del Papa


Secondo indiscrezioni Paolo Gabriele avrebbe iniziato a collaborare. Chiusa l'istruttoria. Padre Lombardi: il reato è furto aggravato

Il nuovo maggiordomo del Papa, il secondo da sinistra, ieri con il Pontefice
di Franca Giansoldati
CITTA’ DEL VATICANO - Nell’ottocentesca palazzina della Gendarmeria dove si trova una stanza decorosa e pulita - provvista di un letto, una scrivania e una seggiola - con annesso un bagnettodi servizio, ovviamente piena di telecamere e guardata a vista dai gendarmi, il maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, ha trascorso la sua terza notte in completo isolamento. E’ provato, trova conforto nella preghiera e nella lettura del Vangelo. L’uomo che ha tradito la fiducia del pontefice resta a disposizione dei magistrati vaticani ma ufficialmente, da parte sua, non ci sarebbero ancora state ammissioni di sorta.


Paolo Gabriele prima o poi però dovrà spiegare molte cose agli inquirenti, ammesso non abbia iniziato già farlo come alcuni autorevoli monsignori sostengono dopo avere captato le pochissime (e frammentarie) notizie che filtrano dalla commissione dei cardinali. Nel suo appartamento mercoledì scorso sono stati sequestrati alcuni scatoloni di documenti riservati, sottratti allo studio del pontefice e persino del materiale fotografico piuttosto sofisticato utilizzato per riprodurre e archiviare carte importanti. Ad osservare i fatti nudi e crudi sembrerebbe effettivamente una vera e propria attività spionistica, inspiegabile per il ruolo e le mansioni svolti da un maggiordomo.

Il momento è molto delicato. I due avvocati che hanno avuto modo di parlare con lui gli avrebbero suggerito di seguire la via del silenzio, tuttavia nel tam tam delle indiscrezioni, a fronte della gravità delle accuse - furto aggravato di documenti riservati - Paolo Gabriele sembrerebbe essere pronto a fare nomi e cognomi. A cominciare da più importante: il destinatario di questo archivio. E poi: c’è qualcuno che lo ha incoraggiato in questa attività illecita? Magari qualche cardinale amico mosso da vecchie ruggini con l’attuale segretario di Stato Bertone e che per questo ha utilizzato il maggiordomo? Le carte avevano lo scopo di essere usate come arma di ricatto? Erano destinate a persone dentro al Vaticano o all’esterno? E Paolo Gabriele si è forse trovato a sua insaputa a fare parte di un meccanismo molto più grande di lui, di una partita dai contorni inquietanti? Difficile, tuttavia, pensare che questo accorto e premuroso padre di famiglia, orgoglioso del ruolo che occupava in Vaticano, abbia agito senza un progetto, un disegno.

Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa sede, ha precisato che la competenza della vicenda è interamente del Vaticano e non dell’Italia, come qualcuno erroneamente aveva avanzato in un primo momento. Sia perché il maggiordomo risiede in «territorio vaticano», sia perché possiede la cittadinanza vaticana essendo uno dei membri della famiglia pontificia, la cerchia più ristretta che segue Benedetto XVI. Il portavoce ha aggiunto inoltre che il promotore di giustizia, il professor Nicola Picardi ha attualmente concluso l’istruttoria formale e ha passato, per competenza, il fascicolo al giudice istruttore Piero Antonio Bonnet.

Fin qui le indagini. Ma lo sconcerto che è seguito alla notizia dell’arresto non abbandona i cittadini del piccolo Stato pontificio che non si capacitano di un tradimento simile. «Tutti lo conoscono qui - ha sottolineato Lombardi -. Certamente c'è stupore e dolore ma anche grande affetto nei confronti della sua famiglia, che è molto amata. L'augurio alla famiglia è che possa superare questa prova». Il che non sarà tanto facile, come fa sapere al telefono la moglie di Gabriele: «E’ stato un duro colpo per tutti noi. Dio ci aiuti». Sull’inchiesta in corso però preferisce glissare, seguendo il consiglio dei legali che difendono il marito. «Non posso confermare che Paolo non abbia risposto ai magistrati, non posso commentare in alcun modo». Intanto assieme ai tre figli, di cui uno adolescente, ha momentaneamente lasciato l’appartamento vaticano per trasferirsi ad Ostia da alcuni parenti.

Il caso va avanti. I tre cardinali che fanno parte della commissione d’inchiesta - Herranz, Tomko e De Giorgi - vengono informati su ogni passo dalla magistratura e dal comandante della Gendarmeria, Giani. Su sollecitazione del Papa l’indagine non dovrebbe avere tempi biblici. Tutto dipenderà dal giudice Picardi. «Gli avvocati di Paolo Gabriele hanno avuto la possibilità di incontrarlo e potranno assisterlo nelle successive fasi del procedimento. Egli gode di tutte le garanzie giuridiche previste dai codici penale e di procedura penale in vigore nello Stato della Città del Vaticano. La fase istruttoria proseguirà fino a che non sia acquisito un quadro adeguato della situazione oggetto di indagine, dopodiché il Giudice istruttore procederà al proscioglimento o al rinvio a giudizio», ha spiegato ancora Padre Lombardi.

Sconsolato il commento dell’Avvenire. «Sapevamo già da mesi - ha ricordato il direttore del giornale della Cei - che qualcuno, tra coloro che per lavoro e servizio più sono vicini al Papa, stava miseramente tradendo la sua fiducia. Sapevamo che qualcuno frugava nella sua corrispondenza, tra le sue carte. Sapevamo che qualcuno era arrivato a cedere ad altre persone documenti. E sapevamo che qualcuno aveva operato perché venissero pubblicati. Oggi sappiamo che qualcuno è stato trovato in possesso di carte riservate. Nulla di più di questo sappiamo, come nulla sappiamo di corvi e di altri animali da titolo di giornali e di tg». Come dire che bisogna aspettare fino alla fine di questa storia inquietante per capire cosa c’è dietro.

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