TARCISIO BERTONE |
Emiliano Fittipaldi per "L'Espresso"
Qualche giorno fa il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricevuto una relazione dal contenuto devastante: l'area sanitaria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, l'ateneo cattolico che controlla l'ospedale Gemelli, ha un debito complessivo che sfiora il miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il rischio di un crac è vicinissimo.
"L'Espresso" ha letto la nota riservata datata 17 maggio 2012, in cui Giuseppe Profiti, fedelissimo di Bertone e consigliere della Cattolica, spiega senza fronzoli la gravità della situazione. Causata da cattiva gestione e dal fatto che i crediti iscritti a bilancio che il management dell'ospedale sostiene di avere nei confronti della Regione Lazio (circa 820 milioni che in teoria pareggerebbero i debiti, soldi che comprendono i 257 milioni di un lodo arbitrale ancora in corso) sono, in gran parte, inesigibili.
giuseppe profiti La prospettiva, per il Gemelli, è da incubo. Taglio degli stipendi,
licenziamenti, scissione tra università e nosocomio e vendita
dell'ospedale. A dicembre la regione Lazio guidata da Renata Polverini
ha detto di voler concedere al Gemelli non più di 79 milioni, mentre
Profiti è più ottimista e spera che il tavolo appena aperto dal governo
porti in cassa il 50 per cento della somma richiesta. Ma anche se così
fosse il debiti residui non sarebbero "inferiori a 400 milioni di euro". Se la cifra fosse iscritta nel bilancio complessivo della Cattolica
le conseguenze potrebbero essere disastrose. "Impossibilità di accesso
al finanziamento bancario strutturato e l'esposizione a possibili
istanze di fallimento presso il tribunale di Milano da parte dei
creditori ovvero, qualora la situazione dell'Università venisse a
conoscenza del giudice, l'apertura della procedura fallimentare ex
officio. Pare il caso di segnalare", chiosa il "promemoria", "che il
tribunale di Milano ha sviluppato un atteggiamento molto aggressivo".
Come dimostra il caso del San Raffaele di Milano.
Qualche giorno fa il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricevuto una relazione dal contenuto devastante: l'area sanitaria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, l'ateneo cattolico che controlla l'ospedale Gemelli, ha un debito complessivo che sfiora il miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il rischio di un crac è vicinissimo.
"L'Espresso" ha letto la nota riservata datata 17 maggio 2012, in cui Giuseppe Profiti, fedelissimo di Bertone e consigliere della Cattolica, spiega senza fronzoli la gravità della situazione. Causata da cattiva gestione e dal fatto che i crediti iscritti a bilancio che il management dell'ospedale sostiene di avere nei confronti della Regione Lazio (circa 820 milioni che in teoria pareggerebbero i debiti, soldi che comprendono i 257 milioni di un lodo arbitrale ancora in corso) sono, in gran parte, inesigibili.
Sogno infranto. In Vaticano "mala tempora currunt". Tra corvi, fughe di documenti riservati e guerre tra fazioni opposte la Santa Sede è sconvolta da scandali inauditi. Ma presto verranno al pettine altri nodi cruciali, magagne che finora sono rimaste ben nascoste sotto il tappeto e fanno tremare la Curia, perché la nuova crisi travolgerà la Chiesa in uno dei settori a cui tiene di più: quello degli ospedali controllati dai religiosi.
Il salvataggio avrebbe dovuto essere il primo tassello di un'operazione più ardita, che comprendeva la creazione di un polo sanitario vaticano comprendente, oltre all'istituto fondato da Don Verzè, anche il Gemelli, l'Idi-San Carlo, il Bambin Gesù e la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Un colosso.
Gemelli crac Partiamo dal Gemelli. I sindacati ricordano che i problemi sono cominciati nel 2006, quando - nonostante nuovi accordi prevedessero che la Regione ripianasse solo le prestazioni sanitarie prodotte - l'ospedale ha invece continuato a spendere e a spandere, iscrivendo a bilancio (che non è pubblico ed è "compreso" in quello della Cattolica) crediti che "rappresentano piuttosto", si legge nella relazione, "pretese di ripiano a pie' di lista dei costi annuali del Policlinico". Anche nel 2011 la perdita non sarà inferiore a 60 milioni.
Nel "comitato permanente" che tutto comanda, Bertone è in netta minoranza: la presidenza del Toniolo - che il braccio destro del papa voleva assegnare manu militari all'amico Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte costituzionale - è invece passata per volontà di Ratzinger dalle mani di Dionigi Tettamanzi a quelle di Angelo Scola. Che ora, con l'aiuto di ruiniani di ferro come Dino Boffo, dovrà gestire la patata bollente.
La spaccatura nel Toniolo e nel cda della Cattolica sulle soluzioni anti crac è totale. Le proposte di Bertone e Profiti (negoziazione a oltranza con la Regione Lazio, passo indietro dell'Università per dare maggiori poteri al nuovo direttore del Policlinico "affinché inizi l'operazione di razionalizzazione dei costi e di innalzamento della produttività") sono rispedite al mittente dalla maggioranza vicino a Tettamanzi e Scola, e considerate letteralmente un "tentativo di disegno egemonico sull'Università e il Policlinico" da parte della Santa Sede.
Lo scorso novembre un'inchiesta de "l'Espresso" raccontò lo stato di salute del nosocomio di proprietà dei Figli dell'Immacolata Concezione, con 1.500 dipendenti e un buco record di circa 300 milioni di euro. A dicembre i pm di Roma hanno aperto un fascicolo, cercando di capire come può rischiare il default un istituto che fattura circa 80 mila euro al giorno. E' la gestione del management che desta critiche: sprechi, investimenti sballati, strani finanziamenti.
Dopo gli articoli dei giornali il gruppo dirigente è stato (apparentemente) sostituito con nomi nuovi: Bertone ha spedito un visitatore apostolico, ma pare non sia stato lui a nominare, lo scorso 5 aprile, il nuovo direttore Giuseppe Incarnato. La scelta è singolare: il manager napoletano, classe 1971, è stato licenziato in tronco da Unicredit il 29 ottobre 2010, come si evince dalle missive ottenute da "l'Espresso".
Lettere in cui la direzione generale del colosso bancario contesta a Incarnato comportamenti che avrebbero "esposto la Banca a rilevantissimi rischi, anche reputazionali, tuttora in fase di definizione". Nel marzo del 2008, secondo la banca, Incarnato avrebbe prima raccomandato all'istituto un suo amico avvocato "eliminando" poi una segnalazione di sofferenza che gravava su di lui, e a dicembre dello stesso anno avrebbe effettuato delicate operazioni contabili in modo arbitrario. I guai non finiscono qui: il manager, denunciato penalmente da Unicredit, nel 2010 è stato rinviato a giudizio per concorso in truffa.
Miracolo a Foggia. L'ultimo tassello del progetto infranto di Bertone è in Puglia. A San Giovanni Rotondo sorge la Casa Sollievo della Sofferenza, fondata da Padre Pio nel 1956. Uno dei più grandi ospedali del Sud (57 mila ricoveri l'anno, di cui il 17 per cento extraregionali), un centro d'eccellenza controllato - questo sì - direttamente dalla Santa Sede.
La Regione Puglia a fine dicembre 2011 ha annunciato che pagherà 8 milioni in meno di quanto previsto (l'ospedale riceverà circa 230 milioni) e sull'anno la perdita toccherà i 13 milioni. "Abbiamo impugnato al Tar le tariffe che ci rimborsa la Regione, molto più basse di quelle che avremmo se applicassero le leggi nazionali. In un secondo ricorso pendono altri 148 milioni. Ma difficilmente vinceremo", spiega con onestà un manager. "Peccato, con quei soldi potremmo fare investimenti". Alla fine, il debito nei confronti dei fornitori è di "appena" 90 milioni di euro. Un rosso coperto dal patrimonio dell'ospedale. Di questi tempi, numeri così sembrano un vero miracolo.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-altro-che-comprarsi-il-san-raffaele-il-policlinico-gemelli-rischia-la-bancarotta2-qualche-39741.htm
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